Arte greca e arte Romana

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Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

L’arte greca e l’arte romana

L’architettura greca e quella romana presentano delle sostanziali differenze, in relazione anche con la società del tempo , sebbene abbiano molte analogie in quanto l’architettura romana trae molti elementi da quella greca. Per quanto riguarda altri generi architettonici va sottolineata l’idea dell’arte greca e romana confrontata alla visione che essi avevano della loro popolazione e della politica.
Le poleis greche erano chiuse in sé stesse , non avevano rapporti col mondo esterno e si potrebbero paragonare ad una linea , che ha un inizio ed una fine. Al contrario a Roma abbiamo una politica espansionistica , in quanto l’impero cerca di estendersi sempre di più. Si pensi cosi’ alla figura del cerchio ,che non ha né un inizio né una fine.
L’architettura greca è cosi’ rettilinea mentre quella romana è curvilinea , usando molto l’arco e la volta per costruire gli edifici in altezza scaricando cosi’ il peso equamente , su tutta la struttura.
Ricordiamo che l’architettura romana mira ,più che all’eleganza, all’utilità di un’opera e infatti tra le tante opere architettoniche romane abbiamo molte opere di utilità pubblica quali acquedotti e fognature.
L’ architettura greca invece si è sempre proposta di raggiungere nelle sue opere l’eleganza , la bellezza e le proporzioni , che furono i principali obiettivi degli architetti e , in generale , di tutti gli artisti di quel tempo.

La conquista della Magna Grecia, prima, e la sottomissione della Grecia (146 a.C.), poi, portarono a un diretto contatto con la raffinata e complessa civiltà ellenistica, le cui forme trovarono nell'ambiente di Roma pronta adesione, penetrandovi profondamente, sia con l'esportazione di un gran numero di opere d'arte e di copie, sia con il trasferimento in Italia di artisti greci, cosicché Roma stessa divenne ben presto uno dei massimi centri di produzione dell'ellenismo. Tra la fine del I sec. a.C. e l'inizio del I d.C., si sviluppano forme architettoniche sempre più rispondenti a una visione spaziale tipicamente romana, mentre si delineano una corrente aulica ellenizzante d'indirizzo neoclassico, caratteristica dell'arte colta e ufficiale (rilievi dell'Ara Pacis; ritratto di Augusto), e una latino - italica, naturalistica e narrativa, che continuamente affiora in tutta una serie di ritratti e nelle manifestazioni artistiche minori o provinciali (insegne di botteghe, rilievi tombali, stele funerarie).
Con l'arte del periodo augusteo si chiude l'ultima fase della secolare esperienza figurativa ellenistica, mentre, a partire dall'età flavio-traianea (69-117), la dialettica tra la corrente di gusto tradizionale e gli influssi della cultura figurativa greca si risolve nella creazione di un linguaggio artistico romano autonomo e originale. Nascono i tipi architettonici della basilica civile, dell'anfiteatro, dell'arco trionfale e della colonna commemorativa e contemporaneamente si sviluppano grandi costruzioni di carattere funzionale, come terme, mercati, ponti, acquedotti ecc. Anche nel campo della scultura, rappresentata soprattutto dal rilievo storico e dal ritratto, assolutamente nuovi e originali sono la trattazione pittorica e chiaroscurale delle masse, nonché il movimento scenico e la profondità spaziale e illusionistica che caratterizzano, ad esempio, i rilievi dell'Arco di Tito e quelli della Colonna Traiana. Dopo una ripresa di tendenze classicheggianti e di maniera (soprattutto nel campo della scultura) sotto il regno di Adriano, sia con la produzione di copie e di calchi di opere classiche, sia con l'accademica compostezza dei rilievi inseriti nell'Arco di Costantino o dei numerosi ritratti di Antinoo, l'arte tardoromana (secc. II-IV) manifesta caratteri diversi e spesso contrastanti per il continuo alternarsi e confluire della corrente orientale e di quella occidentale, della tendenza espressionistica e popolaresca e di quella classicheggiante e aulica, variamente operanti e affioranti poi anche nell'arte cristiana. Generalmente rivolta a effetti pittorici e illusionistici di gusto barocco è l'architettura, che assume forme sempre più complesse e grandiose dal tempio di Bacco a Baalbek alle terme romane di Diocleziano e di Caracalla, dal palazzo imperiale di Spalato alla Basilica di Massenzio a Roma; effetti di drammatico pittoricismo, tendenti al dissolvimento del volume in colore, caratterizzano la scultura dell'epoca degli Antonini (rilievi della Colonna aureliana) e dei Severi (rilievi dell'Arco di Settimio Severo), mentre reazioni classicheggianti si avvertono sotto Gallieno e Teodosio; dimensioni colossali, semplificazione dei volumi, ieraticità chiusa e solenne sono i tratti salienti della produzione imperiale del III-IV sec.; essenzialità di trattazione pittorica e vigorosi impasti di colore sono alla base dell'immediatezza espressiva dei ritratti funerari del Fayyum (II sec.); l'isolamento delle figure con la scansione geometrica degli spazi caratterizza le pitture che ornano le catacombe cristiane, plastico e possente è lo stile dei mosaici delle Terme di Caracalla, vivace e ricco di audaci scorci quello dei mosaici di Piazza Armerina.

Ara Pacis Augustae, Roma e Altare di Zeus, Pergamo
Ara Pacis Augustae Monumento edificato a Roma per celebrare la pace stabilita dall'imperatore Augusto dopo le campagne in Spagna e in Gallia. La costruzione dell'altare fu decisa dal senato nel 13 a.C.; venne dedicato nel 9 a.C. e collocato nel Campo Marzio. Era costituito di un podio rettangolare (11x10 m), che faceva da supporto all'altare propriamente detto, circondato da un recinto con accessi soltanto dai lati corti, di cui solo quello anteriore era dotato di scalinata. La parte interna, molto sobria, simula, nella parte inferiore, una staccionata di legno, probabilmente a testimoniare la vera staccionata che era presente prima della costruzione marmorea. Nella parte superiore sono invece scolpiti dei festoni, appesi a dei bucrani (ovvero dei teschi, o crani, di buoi); al di sopra di ogni festone vi è raffigurata una coppa, che serviva per versare dei liquidi sugli altari, durante i sacrifici. L'esterno è organizzato in una maniera estremamente più complessa rispetto all'interno, e non ne è collegata nè come stile nè come temi.
I portali sono affiancati da quattro rilievi, di cui solo due ci sono giunti per intero: essi rappresentano la scena del ritrovamento di Romolo e Remo e l'allattamento da parte della Lupa, che richiamava alla mente la fondazione di Roma, e quindi la rinascita di Roma, avvenuta con Augusto, Enea che offre un sacrificio ai Penati, che richiamava le origini di Augusto, la Gens Iulia, da Iulo, figlio di Enea. la personificazione della Terra, posta tra il Cielo e l'Acqua, per simbolizzare la posizione degli elementi e la ricchezza della terra, abbondante di frutti, e la dea Roma seduta su un cumulo d'armi, forse questo sta a significare il fatto che Roma si sia guadagnata la gloria eterna combattendo.
Il fregio storico invece occupa la totalità dei lati lunghi. Probabilmente esso rappresenta la cerimonia di inaugurazione dell'Ara Pacis del 9 a.C., ma la presenza di alcuni personaggi, come Agrippa, morto prima del 9 a.C., o il rappresentare alcune situazioni, come Augusto in veste di Pontefice Massimo, carica che ebbe solo dopo il 13 a.C., possono rendere questo fregio più un'opera di glorificazione a livello storico della famiglia di Augusto, poichè rappresenta fati ed eventi fuori tempo, in discordanza con la storia.

Altare di Zeus, Pergamo Eretto da Eumene II (197-159 a.C.), re di Pergamo, tra il 166 e il 156 a.C. costituisce uno degli edifici più monumentali dell'età ellenistica ed è conservato nel Pergamon-Museum di Berlino. E' dedicato a Zeus Soter (salvatore) e ad Athena Nikephoros (portatrice di vittoria, da nike, vittoria e forein, portare). Si compone di un alto podio quadrangolare dotato di una gradinata, che regge un colonnato di stile ionico; nel cortile interno era l'altare vero e proprio. I lati del podio sono decorati da un fregio a rilievo lungo 120 metri che rappresenta, con uno stile drammatico e barocco, la lotta tra gli dei dell'Olimpo e i Giganti, allusiva alle guerre condotte dai re di Pergamo. Probabilmente l'autore delle meravigliose sculture fu Firomaco, già nell'antichità annoverato tra i sette più noti scultori greci, assieme a Mirone, Policleto, Fidia, Prassitele, Skopas e Lisippo.
Le sculture ad altorilievo sono realizzate esprimendo la massima naturalezza del movimento e delle passioni, grazie a cneh ad un avanzatissimo studio dell'anatomia umana, compiuto dagli artisti greci del periodo Classico. Nel cortile vi era un secondo fregio (lungo 87 metri) con le storie di Telefo, mitico fondatore di Pergamo e simbolo delle fortune della dinastia.

Augusto di Prima Porta
la figura di Augusto riprende il Doriforo di Policleto. A differenza dell’opera greca Augusto non è nudo, vista la sua figura importante e così egli ha una corazza, che fa vedere comunque il fisico. Augusto non è poi in movimento ma il suo gesto di comando statico indica la sua potenza e la sua immortalità. Ma l’arte romana ha due facce: quella aulica, dei patrizi, e quella plebea, più attaccata all’arte italica.

La Domus Aurea
La Domus Aurea di Nerone è una sontuosa villa, costruita nel cuore di Roma dopo l’incendio del 64 d.C. L’originalità della Domus Aurea consisteva, più che nell’architettura, nella sua ambientazione nel centro affollato di Roma, e nella grandiosità e ricchezza degli ornamenti. Vi erano sale da pranzo con soffitti coperti da lastre di avorio mobili e forate dalle quali cadevano fiori e profumi. La residenza, disposta a terrazza sul pendio dell’Esquilino, al di sopra di un lago artificiale su cui fu poi innalzato il Colosseo, era costruita a volte di calcestruzzo e rivestita da una profusione di marmi, stucchi, ori e mosaici. La pianta era quella convenzionale delle contemporanee ville sul mare, con la facciata a portico che si apriva su una terrazza. L’unica innovazione nella pianta era la sala che occupava il centro dell’ala orientale: una sala ottagonale contornata da stanze radiali sui cinque lati, mentre gli altri tre si aprivano direttamente o indirettamente sul portico frontale. Tutto il complesso era coperto da volte: la sala centrale da una volta ottagonale che si arrotondava in una cupola con foro rotondo nel mezzo, e le stanze radiali da volte a botte e a crociera. Le stanze radiali erano animate da nicchie decorative e sull’asse principale da una cascatella ed erano illuminate da un ingegnoso sistema di finestre strombate verso il basso, che si aprivano su un pozzo di luce poco profondo fra l’estradosso della cupola centrale e l’estensione verticale dei muri dell’ottagono interno.

Colosseo
Il più grande anfiteatro mai edificato a Roma e simbolo stesso della romanità fu eretto ad opera degli imperatori Flavi e perciò chiamato Amphiteatrum Flavium; il nome di Colosseo gli fu attribuito solo a partire dal Medioevo per la vicinanza della colossale statua bronzea raffigurante Nerone (Colosso di Nerone) come il dio Sole che si ergeva nel luogo dove era sorto il vestibolo della Domus Aurea.
La costruzione del Colosseo fu intrapresa dall’imperatore Vespasiano nel 70 d. C. nella valle tra Celio, Palatino ed
I lavori iniziarono nei primissimi anni del regno di Vespasiano e nel 79 d.C. l’edificio giungeva solo ai primi due ordini esterni con le prime tre file di gradini all’interno. Il suo completamento fino alla quarta e quinta fila di gradini si deve a Tito, figlio e successore di Vespasiano, e fu inaugurato nell’80 d.C. con spettacoli e giochi grandiosi durati cento giorni. In quella occasione vi trovarono la morte centinaia di gladiatori e migliaia di belve delle quali ne perirono cinquemila in un solo giorno. Marziale compose per la circostanza il suo “Liber de spettaculis” che dedicò all’imperatore. L’anfiteatro non era però completamente finito e fu Domiziano che lo portò all’aspetto e alle dimensioni attuali, aggiungendo la parte terminale dell’edificio con le ultime gradinate e portando a termine i lavori di rifinitura e di perfezionamento. Infatti secondo le fonti egli giunse ad clipea, ossia a porre gli scudi bronzei che decoravano l’attico, aggiungendo il maenianum summum, il terzo ordine interno realizzato a gradinate di legno. Inoltre fu lui a far costruire i sotterranei dell’arena, cosa che impedì da allora di far svolgere nel Colosseo le “naumachie” (spettacoli di battaglie tra navi, per le quali era necessario inondare l’arena), che avevano qui avuto luogo precedentemente, come sappiamo dalle fonti letterarie.
L’edificio è di forma ellittica e misura in lunghezza m. 188 x 156 ai limiti esterni e m. 86 x 54 a quelli interni, mentre l’altezza è di quasi m. 49. La facciata esterna è realizzata interamente in travertino, una pietra bianca porosa largamente diffusa in Roma, e si presenta su quattro ordini, i primi tre costituiti da 80 arcate ciascuno, inquadrate da pilastri con addossate semicolonne, tuscaniche nel primo piano, ioniche nel secondo e corinzie nel terzo. Essi sono coronati da un attico che funge da quarto piano, scandito da lesene corinzie tra le quali compaiono alternativamente una finestra quadrangolare e uno spazio, adesso vuoto, che conteneva gli scudi dorati; una serie di fori tra mensole alloggiavano la travatura di sostegno del grande velario, “velarium”, una grande copertura di stoffa che doveva proteggere gli spettatori dal sole o dalla pioggia, manovrato da una squadra della flotta militare di Miseno.
Gli archi del piano terreno erano numerati per consentire l’accesso ai diversi ordini di posti della cavea. All’estremità degli assi fondamentali del complesso si trovavano i quattro ingressi d’onore, non numerati, riservati a personaggi di rango, quali magistrati, membri di collegi religiosi, Vestali; in particolare l’ingresso del lato nord era preceduto da un protiro (portichetto a due colonne) e da esso si raggiungeva la tribuna imperiale attraverso un corridoio decorato con stucchi.
Dalle arcate esterne si accedeva a un doppio corridoio anulare da cui si dipartivano le scale che congiungevano agli sbocchi, vomitoria (centosessanta), interni della cavea; al secondo piano si aveva un analogo doppio ambulacro, e così al terzo piano, ma di altezza inferiore ai primi due, mentre due singoli corridoi sovrapposti correvano all’altezza dell’attico.
All’interno la cavea era separata dall’arena da un podio alto quasi quattro metri, dietro il quale si trovavano posti d’onore; essa era ripartita orizzontalmente in tre settori, maeniana, gallerie , separate da opere in muratura, baltei.
Ai vari settori di posti della cavea si accedeva per classi sociali con ordine decrescente d’importanza dal basso in alto: il palco imperiale si trovava all’estremità meridionale dell’asse minore e qui sedevano anche i consoli e le Vestali; all’estremità settentrionale era posto il palco che ospitava il prefetto della città (Praefectus Urbis) assieme ad altri magistrati. I gradini più vicini dell’arena erano riservati ai senatori. Infatti le iscrizioni che possiamo leggere su alcuni gradini che si sono conservati ci informano della loro precisa destinazione a particolari categorie di cittadini.
Due ingressi, situati ai due lati opposti, lungo l’asse maggiore, davano l’accesso diretto all’arena, che era lo spazio più basso, cosparso di sabbia, per l’appunto in latino detta arena, che era in origine ricoperta al centro da tavole di legno che si potevano togliere quando le varie operazioni attinenti agli spettacoli lo richiedevano. A protezione degli spettatori della cavea, in caso di cacce ad animali feroci, veniva innalzata una rete metallica che terminava con zanne di elefante e con rulli ruotanti posti in posizione orizzontale, per impedire alle belve di farvi presa con le zampe.
I sotterranei dell’arena contenevano tutto il necessario all’allestimento degli spettacoli: gabbie per le belve, scenografie, depositi di armi per i gladiatori, macchinari etc. . Per la costruzione del Colosseo fu sfruttata razionalmente la presenta della depressione artificiale del lago della Domus Aurea che, una volta prosciugato, consentì di gettare le fondamenta, risparmiando un enorme mole di lavori di scavo. In una grande platea ellittica di calcestruzzo furono posti i pilastri di travertino a formare un’intelaiatura fino al terzo piano, mentre i muri radiali a blocchi di tufo e laterizio vennero inseriti tra essi. Era così possibile un lavoro contemporaneo nella parte inferiore e in quella superiore, tanto che l’edificio fu suddiviso in quattro settori realizzati simultaneamente da quattro differenti cantieri.
Nel Colosseo venivano dati diversi generi di spettacoli: i munera, ossia i combattimenti tra gladiatori, le venationes, cioè le cacce di animali feroci, e le già citate naumachie. Queste ultime furono abbastanza presto trasferite in altri appositi edifici, per la difficoltà che presentava l’allagamento dell’arena dell’anfiteatro: celebre è rimasta la ricostruzione voluta da Tito della battaglia navale tra Corinzi e Corciresi, che impegnò tremila uomini.
I combattimenti gladiatorii si svolgevano in forma di duello, tra schiere contrapposte, il più delle volte fino alla morte di uno dei due contendenti. Nelle venationes, date al Colosseo da Domiziano, il quale , secondo le cronache del tempo, si divertiva egli stesso, dall’alto del suo palco e con grande gioia della plebe, a colpire le fiere con grande abilità, si esibivano, come varianti delle cacce, i gladiatori, spesso disarmati e per lo più condannati a morire. Memoria di sanguinosi esiti di questi spettacoli ci rimane negli scrittori antichi che ci parlano tra l’altro di diecimila gladiatori e undicimila animali feroci impiegati da Traiano per i giochi in occasione del trionfo sui Daci e del numero impressionante di belve fatte cacciare da Probo sempre in occasione del suo trionfo.
In questo genere di spettacoli notevolmente curata era la parte scenica per cui si provvedeva perfino alla costruzione posticcia di collinette, di piccoli boschi, corsi d’acqua, deserti ecc. che servivano a dare più immediata l’illusione della realtà e ad ambientare le varie bestie nel paesaggio in cui vivevano naturalmente.
Accanto a questi due tipi di spettacoli, ce n’era un altro, particolarmente gradito al popolino, che consisteva in parodistiche rievocazioni di episodi della leggenda, del mito o anche della storia, scelti fra quelli più spettacolari e soprattutto cruenti.
C’era , infine tutta un altra serie di rappresentazioni minori che andavano dalla rappresentazione di animali esotici o di animali addomesticati.
Un ultimo aspetto da considerare è il numero di spettatori che il Colosseo poteva contenere: le opinioni sono controverse, ma la cifra dovrebbe oscillare intorno ai 50.000 posti.
Le mutate condizioni della città di Roma nel Medioevo, diminuita d’importanza e ridotta di popolazione, trasformarono il Colosseo, oltre che in oggetto di grande meraviglia, anche in cava e deposito di pietra che , contrariamente alle cave naturali, offriva materiale già lavorato e pronto per l’uso!

"Fino a quando esisterà il Colosseo, Roma esisterà. Quando il Colosseo crollerà, crollerà anche Roma e, con essa, il mondo intero."
Questa profezia fu annunciata nell'VIII secolo d.C., quando ormai sull'antico anfiteatro Flavio era calata l'oscurità nel Medioevo e gli splendidi, cruenti spettacoli che avevano affascinato generazioni di Romani non erano che un ricordo.
L'Anfiteatro Flavio, o Colosseo, è il più grande e il più insigne dei monumenti romani, considerato attraverso i secoli come l'emblema della Roma pagana, il simbolo dell'eternità dell'Urbe, una città che aveva conquistato il mondo e formato una grande civiltà.
Il nome Colosseo, con cui lo si cominciò a definire sin dal Medioevo, secondo alcuni deriva dall'imponenza della sua mole, secondo altri invece dal Colossus Neronis, la colossale statua di Nerone (la più grande mai costruita in bronzo, oggi distrutta), che in origine si trovava nel vestibolo della Domus Aurea e che Adriano fece trasportare nei pressi dell'anfiteatro.
Sorge alla convergenza del Colle Palatino, del Celio e dell'Esquilino, in un'area paludosa che precedentemente aveva fatto parte dell'immensa Domus Area neroniana. Fu il maggior edificio adibito a spettacoli dell'antichità, nonché il più grande anfiteatro della storia antica. Per costruire questo enorme edificio si impiegarono più di 100.000 metri cubi di travertino.
Il Colosseo deve la sua primitiva denominazione di anfiteatro Flavio agli imperatori, appunto, della dinastia Flavia (dal 69 al 96 d.C.), per impulso dei quali fu iniziato e compiuto: la costruzione fu ordinata dall'imperatore Vespasiano nel 72 d.C., e fu inaugurato nell'80 d.C. dal figlio Tito Flavio. Domiziano gli aggiunse l'ultimo ordine di gradinate.
I lavori cominciarono appunto nel 72 d.C., e poiché la zona prescelta era quella occupata dal laghetto della Domus Aurea, il primo problema fu quello di prosciugare il terreno. Il sistema fognario che si costruì fu così perfetto che il Colosseo non ebbe mai, nel corso della sua lunga vita, cedimenti dovuti ad infiltrazioni d'acqua nelle fondamenta.
L'anfiteatro (cioè il doppio del teatro greco che era a pianta semicircolare e che era adibito a spettacoli tragici) ha una forma ellittica, vale a dire una forma quasi circolare chiusa. Rispetto al teatro greco, di cui rappresenta un logico svolgimento, presenta la differenza di avere un perimetro doppio per la ripetizione del semicerchio ed inoltre di presentarsi liberamente spaziante nell'aria (il teatro greco si presentava invece appoggiato alla collina quale naturale sostegno). In effetti in questa costruzione, come in altre di notevole valore, abbiamo il predominio assoluto della linea curva, che i Romani derivarono dagli Etruschi, ma che seppero sfruttare per l'acquisizione di un nuovo e più grandioso e solenne senso spaziale.
Con questo grandioso monumento si ebbe veramente la possibilità di poter far fronte a tutte le esigenze, sia di spettacolo, sia di spettatori.
Sconosciuto resta l'autore, anche se si attribuisce l'ideazione e la costruzione all'architetto Rabirio.
I diametri della cavea sono di m.188 e m.156, quelli dell'arena m.77 e m.47. La sua altezza era di circa m.57. La costruzione ellittica ha il perimetro esterno di m.527. Fu costruito in laterizio rivestito, in tutte le sue parti visibili, in pietra tiburtina, data la non molto grande distanza dalle cave di travertino, e in tufo, mentre i gradini erano in parte marmorei.
Si calcola che oltre 68.000 persone potessero trovare posto a sedere e 5.000 in piedi; uno dei problemi dell'architetto fu perciò quello di svuotare rapidamente e senza incidenti la cavea e costruì per questo scopo 80 vomitòria, cioè grandi scalinate d'uscita: grazie a queste scalinate anche quando il Colosseo era del tutto pieno il pubblico poteva lasciare l'edificio in circa 3 minuti.
In cima all'edificio correva una striscia libera, dove stavano appostati gli arcieri pronti a colpire le belve che fossero fuggite.
Quattro erano gli ingressi in corrispondenza degli assi principali; quello settentrionale, l'unico conservato, era l'ingresso principale e portava alla tribuna imperiale, collocata al centro del lato settentrionale.
Attraverso le 80 arcate del piano terreno, mediante scalinate si accedeva ai vari settori della cavea (spazio destinato agli spettatori): il pubblico non si disponeva a proprio piacimento, ma secondo regole precise, che dovevano servire a sottolineare il diverso ruolo che ogni classe sociale rivestiva nella società romana:
- il maenianum summum, o alta cavea, cioè la parte più alta delle gradinate, con gli ultimi gradini in legno, destinata alla plebe;
- il maenianum secundum, o media cavea, più basso, destinato alle fasce medie della popolazione;
- il maenianum primum, o bassa cavea, destinato alle cariche militari dello stato;
- il podium, destinato ai magistrati e ai senatori (le più alte cariche politiche); esso ospitava anche i palchi speciali, in marmo, dell'imperatore, delle sacerdotesse e dei dignitari di corte.
Sui gradini superstiti alcune iscrizioni indicano ancora oggi le categorie a cui erano riservati.
I diversi meniani erano separati tra loro da corridoi anulari, in senso orizzontale, detti praecinctiones. In senso verticale invece le divisioni fra meniano sottostante e sovrastante, venivano denominate baltei ed erano attuate per mezzo di muri. Su questi ultimi erano aperte numerose porte che, assieme ai vomitoria, servivano per l'accesso all'interno dell'anfiteatro.
L'arena, cioè la parte centrale del Colosseo, dove si svolgevano i giochi, era sorretta da un tavolato semicircolare, oggi perduto, che copriva un complesso sistema di sotterranei, dai quali potevano emergere le belve feroci e i gruppi di gladiatori. Era possibile, per mezzo di un complesso sistema idraulico, perfino far affluire le acque nel bacino dell'anfiteatro, trasformandolo in un lago per le finte battaglie navali (naumachiae). Vi era anche una speciale camera dove si portavano i combattenti morti o feriti, chiamata spoliarium. Un alto muro completamente liscio (per evitare che le bestie potessero arrampicarsi), protetto da una cancellata metallica, circondava l'arena in tutta la sua estensione e preservava dai pericoli delle bestie i gradini più bassi, dove siedevano i personaggi più autorevoli (cavalieri e senatori). Al momento dello spettacolo veniva fissata inoltre una robusta rete di protezione sormontata da zanne di elefante. Botole e pozzi mettevano in comunicazione l'arena con i sotterranei.
Ma nel Colosseo, oltre a battaglie navali e lotte fra gladiatori, avvenivano anche fatti ben più cruenti: infatti qui vennero suppliziati i primi cristiani, essendo in quei tempi la religione cristiana ancora contraddicente con le leggi dello stato. Pertanto, tutti coloro che erano stati condannati come appartenenti a tale culto e a cui era stata inflitta la pena di morte, venivano uccisi in questa arena, fornendo agli spettatori romani un nuovo svago e nuove emozioni. Essi venivano gettati nell'arena e abbandonati agli animali affamati che, tuttavia, non essendo abituati a cibarsi di carne umana, spesso si limitavano a mutilare i corpi senza finirli completamente. La morte sopraggiungeva poi, lenta e atroce, per dissanguamento. Il Colosseo perciò rappresentò un luogo di divertimento ideale che richiamava molto spesso una folla enorme da tutta la città e da quelle vicine.
Riassumendo, i principali spettacoli che ebbero luogo all'interno furono:
- i ludi gladiatori, cioè le lotte tra gladiatori, o tra gladiatori e bestie. A seconda del tipo di lotta e del modo di affrontarla i gladiatori avevano armi ed attrezzature diverse: vi erano, ad esempio, i retarii armati di tridente e di una rete con cui dovevano avviluppare l'avversario ed ucciderlo, i samnites con scudo e spadino. Chi usciva vincitore da questi scontri all'ultimo sangue diventava il beniamino del pubblico, riceveva ricchi premi e godeva di una larghissima popolarità. Non solo: poiché egli era, in genere, uno schiavo, un prigioniero di guerra o un criminale, spesso la sua abilità sull'arena gli fruttava anche la libertà.
- le venationes, cioè spettacoli di caccia. Erano condotte dai bestiari, cacciatori professionisti armati di una lunga lancia accuminata, che affrontavano ed abbattevano qualunque tipo di animale.
- le naumachie, cioè battaglie navali.
L'esterno del Colosseo è composto da quattro ordini sovrapposti, separati da cornicioni, così suddivisi:
- al piano terra 80 semicolonne con capitelli tuscanici (variazione etrusca del capitello dorico);
- al primo piano 80 semicolonne con capitelli ionici;
- al secondo piano 80 semicolonne con capitelli corinzi;
- all'ultimo piano un ambulacro coperto interno che è costituito esternamente da un muro pieno, con 40 finestre, scandito da lesene (semicolonne a fusto piatto) con capitelli corinzi.
La parte ultima della facciata, l'attico, era sormontata da statue oggi scomparse.
Era inoltre stato allestito un complesso sistema composto da 240 pali, sostenuti da una serie di mensole fissate all'ultimo piano, che reggevano le funi e i teli del velarium, un enorme telone che riparava i romani dal sole o dal cattivo tempo. Le funi del velarium erano fissate a terra a particolari sostegni.
Tra gli importanti spettacoli che si tennero nel Colosseo, famoso risulta quello dell'inaugurazione che durò 100 giorni e durante il quale perirono oltre 5.000 belve e qualche centinaio di gladiatori.
Celebri sono stati anche i giochi in occasione del primo Millennio della Fondazione di Roma, che si tennero nel 249: vi combatterono oltre 1.000 coppie di gladiatori e si sterminarono oltre 200 fra elefanti, tigri, alci, leoni, iene, giraffe, asini, cavalli selvatici, zebre ed ippopotami.
Una galleria sotterranea collegava il Colosseo con il Ludus Magnus, principale caserma e luogo di addestramento dei gladiatori, situata immediatamente ad est.

"Taccia Menfi il miracolo barbarico delle piramidi; i Babilonesi cessino di vantare le loro mura; non si glorino gli Ioni effeminati per il gran tempio di Diana non sia vanto di Delo l'ara irta di corna, i Carii non portino alle stelle il mausoleo d'aerea struttura: ogni altra costruzione non regge al confronto dell'anfiteatro Flavio e la Fama nei secoli futuri parlerà solo di quest'opera."
(Marziale, Liber de spetaculis, I, 1)

La Colonna Traiana
La Colonna Traiana è esempio di rilievo celebrativo. Eretta nel Foro Traiano tra il 110 e il 113 d.C. per celebrare la vittoria di Traiano in Dacia, in Romania. E’ formata da un toro e da 17 rocchi di marmo e dal capitello con la base e la statua, che è stata sostituita a quella di Augusto, di Pietro. Sulla colonna un rilievo a nastro spiega le due guerre vinte. La sua spirale denomina la colonna coclide. Forse è stata creata da Apollodoro di Damasco, che usa un rilievo molto basso, pittorico, con alcuni particolari incavati. Il contorno dà forza alle figure e le rende più visibili.
Le colonne vengono usate dai Romani anche come monumenti, per ornamento della città; non più quindi con funzione di sostegno di pareti o volte, ma con un chiaro valore simbolico: la colonna si trasforma quindi in monumento commemorativo di grandi imprese imperiali.
La Colonna Traiana e una colonna di marmo alta più di 35 metri con un diametro di 6 metri circa, posta nel Foro di Traiano, allo interno del Foro Romano (il centro politico e commerciale di Roma). Alla base, di forma quadrangolare, si trova una cella ove furono poste le ceneri dell'Imperatore, mentre in alto vi era originariamente una statua dello stesso Traiano, sostituita nel 1587 con una immagine bronzea di San Pietro.
La colonna aveva funzione funeraria e celebrativa insieme: funeraria perché alla base si conservavano i resti dell’imperatore, celebrativa perché i bassorilievi scolpiti, che la ricoprono interamente, salienti dal basso verso l'alto, celebrano le sue imprese, in particolare le 2 vittorie da lui conseguite nel 101-102 e nel 105-106 contro i Daci, una popolazione barbara che abitava il territorio corrispondente all'attuale Romania.
All'interno della colonna, una scala a chiocciola permetteva di salire fino alla terrazza posta in cima, e di apprezzare la mole degli enormi lavori voluti dall'imperatore per costruire il foro, che porta anch'esso il nome del "principe". La colonna Traiana è la prima colonna coclide, cioè con la scala interna fatta a chiocciola e il fusto con decorazione spiraliforme; fu quindi dal punto di vista tipologico, una novità assoluta.
Il fusto è formato da 17 rocchi di marmo greco, sui quali, a opera montata, fu eseguito il rilievo, che si svolge in 23 giri per circa 200 metri di lunghezza. A mano a mano che sale, la striscia figurata cresce in altezza, per contrastare l'effetto ottico della distanza; cosi, viste dal basso, tutte le fasce appaiono uniformi.
Il grande complesso di bassorilievi, è il più grande capolavoro della scultura romana, e si presenta ancor oggi in eccellente stato di conservazione. Non se ne conosce l'autore, ma si sa che il progettista dell'intera area e degli edifici del Foro di Traiano fu il grande architetto Apollodoro di Damasco: è quindi probabile che le sculture spettino a lui o, al massimo ad uno, o più, dei suoi collaboratori.
I rilievi, che contengono più di 2500 figure e rappresentano almeno 150 episodi delle 2 guerre daciche, condotte oltre il Danubio e le Alpi Transilvaniche sino ai Carpazi orientali, non lasciano dubbi sul fatto che l'esecuzione dei disegni e la supervisione delle maestranze siano da attribuirsi a un unico, grande artista, il cosiddetto Maestro della Colonna Traiana.
Egli fu per Traiano ciò che Fidia fu per Pericle: l'interprete del sentimento etico-politico di un'epoca e al tempo stesso il creatore di un linguaggio formale nuovo. Un linguaggio che rappresenta il punto d'arrivo di una cultura artistica ormai pienamente padrona di tutti i mezzi espressivi elaborati nel corso della sua tradizione. Il naturalismo ellenistico, il realismo della ritrattistica e dei rilievi storici, in parte anche alcuni caratteri dell'arte popolare: tutto questo contribuì a formare lo stile pittoricistico rapido e lampeggiante di questi rilievi scarsamente plastici, fatti di forme appiattite che sembrano sciogliersi nella luce e nell'aria. Minuziose descrizioni di avvenimenti e figure si alternano a motivi allegorico-mitologici. Tutti gli spazi sono riempiti, tutto sembra animato da un'intensa energia vitale. Ma è importante notare come lo artista abbia voluto trasmettere - a maggiore gloria del principe e del potere romano - anche un senso di profonda umanità e giustizia, di pietas, di rispetto per il nemico vinto: nelle immagini di Traiano non vi è mai adulazione né esaltazione.
Le sculture della colonna (che narrano le vicende delle 2 guerre di Traiano contro i Daci) iniziano dal basso "srotolandosi", è il caso di dire, a spirale e senza interruzioni lungo tutto il fusto della colonna; al centro, tra la prima e la seconda guerra, vi è la figura della Vittoria Alata che scrive su uno scudo il nome di Traiano: evidente simbolo della gloria dell'imperatore vittorioso.La narrazione è attenta e scrupolosa, e corrisponde ai fatti storici così come noi li conosciamo: vediamo i Romani passare il Danubio su un ponte di barche e costruire fortificazioni, Traiano celebrare i sacrifici rituali, parlare alle truppe; vediamo le battaglie, l'opera di soccorso ai feriti, la conquista dei villaggi nemici, la resa degli avversari. Sempre, appare un Traiano deciso, ricco di personale carisma, un "comandante" cui l'esercito è obbediente e devoto: ma anche il capo dei Daci, Decebalo è visto come un grande ed eroico guerriero, cui va tributato l'onore delle armi: i Romani vincono su un grande avversario.
Lo stile di questo straordinario ciclo scultoreo è caratterizzato da un forte realismo: si riconoscono le fattezze di Traiano, e di alcuni suoi collaboratori; lo scultore è attento a descriverci i luoghi dove si sono svolti i fatti, ad esempio il Danubio, oppure a sottolineare taluni aspetti delle vicende (il disboscamento, la costruzione di fortificazioni, l'incendio di villaggi, ecc...), con mano felice ed attenta ai particolari.

L’arco di Costantino
L’Arco di Costantino si conclude tra il 312 e il 315 e si conclude anche quel processo che vede l’arte plebea trionfare su quella patrizia. Il rilievo celebrativo infatti è qui plebeo. L’arco ha tre fornici, un attico e colonne su plinti addossati a pilastri. Tipico esempio di edificio di spoglio, edificato con elementi preesistenti. Ci sono infatti rilievi dell’età di Traiano, di Adriano e Marco Aurelio. Non c’è prospettiva, proporzione (figure disegnate in maniera egizia, per importanza) e la prospettiva è ribaltata (il popolo che dovrebbe essere davanti a Costantino si trova in parte).
L’arco ha tre fornici, un attico e quattro colonne estere di stile corinzio.
Per la prima volta nella storia della costruzione degli archi di trionfo troviamo spazio per decorazioni di arte celebrativa plebea. Il bassorilievo centrale, dove è rappresentato l’imperatore Costantino circondato dai suoi sudditi, è un esempio di quest’arte provinciale che non subì nei secoli cambiamenti dovuti all’influenza dell’arte greca su quella romana.
Per la prima volta l’arte romana plebea è presente negli archi di trionfo.

- Composizione paratattica, semplice e geometrizzata.
- La struttura compositiva planimetrica è semplice e simmetrica.
- La facciata principale è semplice e presenta un asse di simmetria verticale.
- Le superfici sono aggettanti e scanalate per quanto riguarda le colonne, mentre vi sono bassorilievi pressoché su tutta la superficie dell’opera.
- I caratteri stilistici presenti sono colonne di stile greco corinzio e bassorilievi di stile romano plebeo.
- Il tetto piatto è tutt’uno con l’opera.
- Non vi è alzato interno.
- Il colore è grigio pietra.

Esempio