Andrea Palladio (architetto del 500)

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ANDREA PALLADIO (ARCHITETTURA DEL 500)

Palladio (Andrea di Pietro dalla Gondola, detto il), architetto italiano (Padova 1508 - Vicenza 1580). Di umili origini, per sedici anni lavorт come scalpellino, e questo spiega bene la sua eccezionale sensibilitа per la qualitа dei paramenti, delle strutture, dei tagli delle luci, valorizzata dal fatto che Palladio predilesse materiali poveri come cotto, stucco, legno. Risale, molto probabilmente, al 1537 l'incontro decisivo con il letterato Gian Giorgio Trissino, che lo utilizzт nella costruzione della sua villa, che egli stesso aveva forse progettato, a Cricoli, presso Vicenza, e lo volle con sй in viaggi nel Veneto prima (a Verona Palladio vide per la prima volta le antichitа) e a Roma poi (1541), dove l'incontro con l'antichitа fu piщ impegnativo e determinante: i rilievi delle fabbriche classiche, compiuti da Andrea in questo e negli altri viaggi romani (1541, 1545, 1547, 1549, 1554), mostrano non un interesse erudito per particolari e frammenti, ma una volontа di ricostruzione e di reintegrazione dell'antichitа attualizzata in rapporto alla propria ricerca architettonica: non a caso le fabbriche antiche che piщ gli interessavano furono le terme, gli edifici cioи di maggiore complessitа spaziale e urbanistica. A Roma Palladio conobbe direttamente anche la grande architettura romana dei primi decenni del Cinquecento, in particolare di Bramante e di Raffaello. Fondamentali furono anche i contatti avuti, in un periodo immediatamente precedente, a Padova, con l'ambiente di Luigi Cornaro e del suo architetto G. M. Falconetto.
Tale complessa formazione culturale e architettonica si riflette solo parzialmente negli inizi dell'attivitа costruttiva dell'artista, da porsi intorno al 1540: i primi disegni di villini, le ville Godi a Lonedo, Marcello a Bertesina, Cerato a Montecchio mostrano piщ che altro un'adesione a modelli di villa, diffusi dal Serlio, mentre nelle fabbriche immediatamente successive Palladio si accostт ai problemi dell'architettura manierista in senso specifico, soprattutto di Giulio Romano (palazzo Thiene a Vicenza, giustamente riportato di recente agli anni intorno al 1545, e in parte villa Poiana a Poiana, con l'influsso anche dell'espressionismo decorativo dell'ultimo Bramante) e meno del Sammicheli (casa Civena a Vicenza; retro della villa Pisani a Bagnolo). Nel 1549 Palladio vinse il concorso per la sistemazione definitiva del duecentesco palazzo della Ragione (la Basilica) a Vicenza: l'annoso problema della recinzione dell'edificio medievale era stato affrontato anche da Jacopo Sansovino (1538), dal Serlio (1539), dal Sammicheli (1541 e 1542) e da Giulio Romano (1543). Il rivestimento a portici e logge, ideato da Palladio, costituisce un arricchimento, e non un'imitazione, della Libreria del Sansovino a Venezia, nel contrasto dialettico tra il concreto legame strutturale in profonditа con la compatta massa muraria gotica (l'elemento-base della serliana non и qui la triplice apertura, praticata nel muro, rasa alla parete, ma и struttura volumetrica isolata nello spazio) e l'ideale contrapposizione formale su due dimensioni.
Dopo il 1550 la visione palladiana giunge a piena maturitа, non solo nella logica distributiva e volumetrica delle ville e dei palazzi, ma anche nella coscienza urbanistica con cui le fabbriche sono inserite nel contesto circostante; coscienza urbanistica totale, in quanto preoccupata anche dei valori funzionali e simbolici dell'edificio: valore economico-sociale nel caso delle ville, spesso centro agricolo di proprietari terrieri dell'entroterra veneto; valore simbolico- politico dei palazzi di cittа nella prospettiva urbana. Cosм la villa- fattoria si estende in vasti spazi agricoli, ove il ritmo delle barchesse abbraccia o si distende dal nucleo privato (di abitazione) della villa vera e propria nella campagna circostante con un serrato rapporto organico tra architettura e natura, abbinato a un trionfante cromatismo veneto: basti ricordare in questo senso la villa Badoer a Fratta Polesine, la villa Emo a Fanzolo fino al capolavoro assoluto della villa Barbaro a Maser (tutte degli anni Cinquanta). Esemplificativi invece del rapporto tra edificio e spazio urbano i palazzi vicentini Chiericati (1550) e Iseppo da Porto (1552 circa), che variamente si integrano con le diverse situazioni urbane della strada o della piazza. Diverso и il problema affrontato da Palladio nella Rotonda (1550) a Vicenza, non palazzo nй villa-fattoria, ma villa suburbana, utopisticamente ideata come villa-tempio classico: simbolica al tempo stesso dell'attualitа storica dei modelli classici e dell'idea della centralitа e della simmetria assolute. La stessa tipologia viene ripresa piщ liberamente nella villa Pisani a Montagnana, elaborata in senso naturalistico e pittoresco nella Malcontenta presso Mira e in senso monumentale e solenne nella villa Cornaro a Piombino Dese (intorno al 1560). In questi anni cominciт ad assumere rilievo l'attivitа di trattatista del Palladio, mai tuttavia astrattamente teorica, ma sempre in funzione dell'incessante attivitа creativa: nelle illustrazioni dei Quattro libri, pubblicati nel 1570, le fabbriche da lui costruite sono a posteriori classicisticamente depurate, assumendo quasi valore di modelli didascalici.
Dal 1560 l'orizzonte personale e professionale del Palladio si ampliт; i grandi impegni a Venezia lo conducevano in un clima di piщ vasto respiro culturale e sociale. Le chiese veneziane di San Giorgio Maggiore (1565), con il refettorio, di San Francesco della Vigna e, soprattutto, la chiesa del Redentore (1576) mostrano il superamento delle forme precedenti attraverso la scenografia della luce-spazio infinita. D'altra parte di fondamentale importanza per l'ultimo ventennio di attivitа palladiana fu la profonda presa di coscienza dell'elemento, recentissimo, di drammatica crisi introdotto dall'architettura michelangiolesca in Roma, che si riflette nella concitazione espressionistica dei palazzi Valmarana e Barbarano (negli anni Sessanta) e nella ricchezza decorativa della loggia del Capitanio a Vicenza. Il Teatro Olimpico, nella stessa cittа, costituisce una contestazione dei risultati acquisiti dalla tecnica teatrale del tempo; tentando una restaurazione del teatro vitruviano, Palladio costruм una cavea ellittica, sormontata da un magnifico colonnato corinzio, e una scena fissa composta da scorci immaginari di strade vicentine; proscenio e cavea si affrontano senza integrarsi (si veda l'incoerente sutura fra i due soffitti), sicchй quest'ultima opera palladiana и stata definita un capolavoro mancato; resta perт il fatto che il suo vero significato и messo in forse dalla questione, ancora irrisolta, dei successivi interventi dello Scamozzi.

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