Inquinamento Idrico

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Testo

INQUINAMENTO IDRICO
L’inquinamento delle acque marine e quello delle acque continentali sono strettamente collegati fra loro perché, tutte le acque che scorrono sulla superficie e in profondità giungono, attraverso i corsi d’acqua al mare. Le principali cause di questo fenomeno sono:
-GLI SCARICHI URBANI;
-GLI SCARICHI INDUSTRIALI;
-LE ACQUE UTILIZZATE IN AGRICOLTURA;
-IL PETROLIO;
-LE SCORIE RADIOATTIVE.
Gli SCARICHI URBANI consistono nelle acque di rifiuto delle città che, smaltiti verso le fognature, raggiungono i corsi d’acqua e, da questi, vengono trasportati al mare.
Queste acque contengono grandi quantità di sostanze organiche, di minerali, di detergenti sintetici che contengono elementi come il fosforo e l’azoto (detersivi).
Nelle grandi città queste acque vengono convogliate in depuratori che a volte, non riescono a smaltire l’enorme quantità di elementi inquinanti; nelle zone in cui gli scarichi urbani raggiungono il mare si concentrano grandi quantità di batteri e di virus, agenti di malattie come il colera, il tifo, l’epatite….
A volte, l’accumulo di elementi, come l’azoto e il fosforo, causano il fenomeno dell’ EUTROFIZZAZIONE, cioè eccessivo sviluppo di alghe microscopiche che, non essendo smaltite dai consumatori primari producono l’aumento dell’attività batterica con forte diminuzione dell’ossigeno e conseguente morte dei pesci per asfissia. Questo fenomeno si verifica nei fiumi, nei laghi o nei mari poco profondi, fino a qualche chilometro di distanza dalla costa. Questo “evento” ha interessato paesi esteri, ad esempio il lago ERIE al confine fra Usa e Canada, ma anche nel nostro paese: il lago di Varese, il lago di Caldonazzo, le coste dell’Adriatico.
Qui, alla fine degli anni 80 si è verificato il fenomeno della mucillagine, prodotto gelatinoso delle Diatomee (un tipo di alghe), che si è accumulato formando chiazze giallastre sulla superficie dell’acqua. Il fenomeno si è ripetuto per alcuni anni impedendo la balneazione.
Gli SCARICHI INDUSTRIALI riversano nelle acque grandi quantità di metalli pesanti, come piombo, rame, nichel, cromo, mercurio e di sostanze tossiche come i cianuri.
Negli anni 50 a Minamata, in Giappone, una fabbrica scaricò in mare una notevole quantità di cloruro di mercurio: si verificò una grave intossicazione della popolazione locale che si nutriva prevalentemente di molluschi e pesci, con centinaia di morti.
Le acque superficiali dei fiumi e quelle sotterranee contengono disciolte le sostanze che vengono
utilizza te in agricoltura: i FERTILIZZANTI CHIMICI, che servono a favorire la crescita delle piante; i PESTICIDI, che distruggono i parassiti; i DISERBANTI, che fanno morire le erbe infestanti; tutte queste sostanze in parte vengono assorbite dalle piante e in parte portate via dall’acqua piovana e trasportate al mare; essendo in maggior parte prodotti chimici, non sono biodegradabili, cioè non vengono decomposti dai bioriduttori e si accumulano in modo crescente negli anelli delle catene alimentari, arrivando in fine all’uomo.
Un’altra causa di inquinamento è il PETROLIO che si disperde in mare durante le operazioni di scarico e carico dei serbatoi delle petroliere o quando essi vengono sottoposti a lavaggi.
Anche gli incidenti ai pozzi petroliferi o i naufragi delle petroliere contribuiscono alla dispersione in mare di migliaia di tonnellate di greggio.
Le acque possono essere contaminate anche dalla dispersione di SCORIE RADIOATTIVE.
Gli esempi di inquinamento idrico non mancano, basta sfogliare un quotidiano…
UN “TUFFO” NELLA CRONACA
10 APRILE 1991: LA TRAGEDIA DI MOBY PRINCE
Il traghetto, ancorato nel porto di Livorno, viene investito da 2700 tonnellate di petrolio fuoriuscito da una cisterna squarciata della Agip Abruzzo e prende immediatamente fuoco: delle 141 persone a bordo se ne salva una sola, il mozzo Alessio Bertrand. È la più grave tragedia che ha colpito la flotta italiana nel dopoguerra.Dopo quattro giorni la petroliera brucia ancora e un’onda nera minaccia l’isola di Gorgonia, il peggio è comunque scongiurato. C’è chi sostiene che sia stata colpa della fitta nebbia, chi parla di errore umano e chi dice che a quell’ora nella rada ci fosse un intenso traffico di navi, tra cui alcuni mercantili americani carichi di armi e che una bettolina abbia tagliato la strada alla Moby Prince, costringendola una manovra di emergenza che avrebbe poi provocato l’incidente. Il disastro ambientale conseguente a questo incidente è immenso, trattandosi certamente della più grave catastrofe ecologica della storia del mar ligure, forse dell’intero Mediterraneo.

11 APRILE 1991: L’ESPOLSIONE DELLA PETROLIERA HAVEN
Alle 12:10 dell’11 aprile 1991 sulla petroliera cipriota Haven, durante le operazioni di riequilibriamento del carico, avviene uno scoppio che causa la morte di cinque membri dell’equipaggio più il capitano.
Al momento del disastro trasporta 144 mila tonnellate di greggio iraniano.
Ad originare il disastro è probabilmente una scintilla, che sviluppatasi da una delle pompe durante il travaso della stiva dalla stiva 1 alla stiva 3, incendia in pochi istanti il petrolio incamerato in una delle cisterne.
Questa prima esplosione viene seguita, alle ore 12:25 circa;, da un secondo, violentissimo scoppio, che fa divampare sulla nave un immenso rogo, costringendo i restanti membri dell’equipaggio, circondati da fiamme altissime, a cercare scampo in mare.
Recuperati dalle motovedette, subito accorsi sul luogo dell’incidente, trenta di questi risultarono ustionati, alcuni in condizioni disperate.
L’incendio della Haven si protrae per ben 3 giorni, inarrestabile, con densissime colonne di fumo nero che si levano dalla nave fino a 4000 metri di altezza, giungendo a tratti ad oscurare il sole, mentre il greggio, fuoriuscendo dal relitto dà avvio alla più grande catastrofe ECOLOGICA mai verificatasi nel Mediterraneo.
Dalla petroliera, spaccatasi in 2 con la seconda esplosione, sono sgorgate infatti tonnellate di petrolio, che sono andate a formare un fronte infuocato lungo cento metri ed una macchia larga 10 chilometri, proprio di fronte a Arenzano, ad un miglio e mezzo dalla costa.
L’immensa rogo che colpì infatti la petroliera, pur causando una inevitabile EUTROFIZZAZIONE delle acque, riuscì tuttavia a ridurre a “solo” 20 mila tonnellate il carico inquinante, disperdendo nell’aria gli elementi volati e lasciando solo quelli più inerti, mentre altre 7 mila tonnellate di BITUME, ancora imprigionate nel relitto, furono poi aspirate, grazie ad un tempestivo progetto di recupero, costato 90 miliardi, condotto da società dell’ENI e dell’IRI.
VOZROZDENIE:l’isola della morte al centro del lago d’Aral
Al centro del lago Aral, in Uzbekistan, c’è l’isola di Vozrozdenie, sulla quale per decenni, fino al 1992, è stata attiva la base segreta russa, più volte oggetto dei rapporti dei servizi segreti americani negli anni ’70 e ’80.
In questa base oltre trecento scienziati sovietici hanno studiato e sperimentato per decenni armi batteriologiche, in grado di produrre peste, vaiolo siberiano, tularemia e morbi vari.
Gli esperimenti furono condotti su conigli e cavie.
Il pericolo più grave, però, dal punto di vista sanitario e ambientale è rappresentato dalle tonnellate di bacillas antracis, che sono state sepolte nei bunker della base segreta, prima del suo abbandono nel 1992. Questi batteri causano una malattia infettiva dei ruminanti che può essere trasmessa all’uomo per incubazione diretta, attraverso ferite superficiali o lesioni della pelle. L’antrace deve essere curato tempestivamente con antibiotici per non risultare letale. I bacilli non sono stati fabbricati a Vozrozdenie ma vi furono portati nel 1988 dai lavoratori di Sverdlovsk, negli Urali.
Il problema, con il passare del tempo, tende ad aggravarsi; se infatti il livello del Mare di Aral continuerà ad abbassarsi, l’isola di Vozrozdenie si congiungerà presto alla costa dell’Aral, creando un facile passaggio per insetti, roditori e rettili, peraltro già presenti sull’isola, che potrebbero trasportare le spore dell’antrace sulla terraferma. A quel punto sarebbe estremamente difficile impedire la propagazione del terribile bacillo.
LO SCEMPIO DEL LAGO D’ARAL
Il lago Aral rappresenta uno dei peggiori disastri ambientali che si ricordi.Il sistema di canali, costruito nel 1960 per irrigare i campi di cotone voluti da Mosca, ha deviato almeno i ¾ dell’acqua destinata al lago d’Aral.Circa 35000 km quadrati che una volta erano lago, sono ora un’area ricoperta di polvere salata e contaminata che minaccia la salute di circa 5.000.000 di persone.
I problemi della regione del lago Aral hanno aspetti ambientali, economici e sanitari. Il clima è stato negativamente influenzato dal prosciugamento di oltre il 50% del lago, e tempeste di sale inquinato sconvolgono periodicamente i villaggi circostanti.
Il fragile sistema economico ne è risultato devastato e le tradizionali attività di pesca sono ormai quasi del tutto scomparse. Quello che è rimasto oggi del lago Aral è dunque il risultato di decenni d’interventi umani che hanno stravolto un prezioso ambiente naturale, annullando secoli di storia e di tradizioni. I due grandi fiumi, Amu e Syr Darya, che alimentano il lago, sono stati violati, incanalati, drenati, prosciugati.
I pianificatori sovietici avevano previsto tutto, anche la morte del lago. I villaggi di pescatori si trovano ormai a 50km e più dalle rive, il livello dell’acqua è sceso talmente che il lago si è diviso in 2 e la situazione si aggravava sempre di più. Non a può tornare indietro, poiché sono sorti diversi insediamenti umani lungo i canali, nelle terre dove il clima arido e impietoso rende difficile e poco redditizia l’agricoltura, anche i diserbanti e pesticidi, evaporando insieme al sale, rendono sterile e malato il terreno.
DISASTRO IN BRASILE
A San Paolo il 18 luglio 2000, oltre 4 milioni di litri di greggio fuoriuscirono da un condotto di una raffineria dell’ente petrolifero statale Petrobras, formano una marea nera che si estese per almeno 40km lungo il fiume Iguazù, nel centro-sud del Brasile. Il governo del Brasile diramò un comunicato in cui sottolineava che erano in corso tutti gli sforzi possibili per impedire che il greggio oltrepassasse i confini nazionali “verso Uruguay, Poreguay, Argentina”, circa 1000 uomini furono impegnati per questo motivo.
Sembrava che la situazione sfuggisse al controllo dei biologi, tanto da temere che il petrolio raggiungesse le famose cascate di Iguazù.
Infine, l’agenzia per la protezione dell’ambiente dello stato brasiliano annunciò che avrebbe camminato alla compagnia Petrobas, responsabile dell’incidente, una multa di 56 miliardi di lire.
Furono in pericolo molte specie di animali della zona, ma non solo, a soli 200 km dall’onda nera, si trovava la città Uniao da Vittoria, i cui abitanti utilizzano come acqua potabile quella dell’Iguazù.
Gli interventi riuscirono a salvare le cascate di Iguazù e gli abitanti di Uniao da Vittoria e parte degli animali catturati dal petrolio, ma i danni si faranno sentire per molti anni.
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DISASTRO NEL BACINO DEL DANUBIO: fiumi al cianuro
Il 31 gennaio del 2001 almeno 100000 metri cubi di acqua fortemente inquinata da cianuro si sono riversati dalla miniera d’oro di Aurul in Romania, nel fiume Lopos, quindi nel Samos e nel Tibisco, hanno attraversato la Romania e l’Ungheria per raggiungere la Serbia e hanno annientato ogni forma di vita lungo il percorso.
Un funzionario del ministero dell’ambiente romeno ha riferito che è stato riscontrato un livello di cianuro 700 volte superiore al normale. Secondo alcuni esperti, nel Tibisco sono stati sterminati il 90% degli organismi viventi, pesci (carpe giganti, pesci siluro,una specie di storione, chiamato Amur), plancton, piante, insetti, uccelli, falco pescatore “L’intera catena alimentare è stata annientata”.
Il Tibisco confluisce nel Danubio tramite un sistema di canali, pertanto si teme la contaminazione delle falde da cui molte città, compresa Belgrado, attingono l’acqua potabile. Le autorità serbe hanno inizialmente assicurato che i filtri sono sufficienti a evitare ogni rischio e che il cianuro è già molto diluito.Il minisero dell’Agricoltura e delle risorse idriche ha diffuso un comunicato in cui avverte “I cittadini, in particolare gli abitanti della zona lungo il Tisa (nome tedesco del Tibisco) che l’acqua non può essere utilizzata per nessuno scopo, così come il pesce”.
L’allarme è cresciuto anche in Serbia, si tratta di un vero e proprio avvelenamento.
Secondo alcune stime il cianuro scomparirà dalle acque del fiume in circa due mesi, ma metalli pesanti rimarranno nel letto del corso e c’è chi dice che ci vorranno dieci anni per tornare alla normalità. Più dell’80% della vita anomale nel Tisa sta per estinguersi
Per fronteggiare questa situazione sono state istituite delle squadre di pronto intervento, inoltre la situazione potrebbe diventare critica alla diga di Becej, dove potrebbe ammassarsi un gran numero di pesci morti.
Il disastro è stato provocato dal disgelo delle nevi attorno alla miniera di Aurul: si è aperta una falla in una diga in cui viene smaltito il cianuro usato per l’estrazione dell’oro e una cascata fortemente contaminata si è riversata nel fiume Lopas; in alcuni tratti del suo viaggio, l’onda ha raggiunto chilometri di lunghezza.

PRIMAVERA 2001 DISASTRO GALAPAGOS
La nave equadoregna Jessica viaggiava “senza rete” nel mare più prezioso del mondo, senza mappe a bordo e senza copertura assicurativa Le ultime notizie che arrivano dall’arcipelago rendono disperata e paradossale una situazione già grave legata al rilascio del combustibile al largo delle isole Galapagos.
I danni che il petrolio produrrà sulla preziosissima fauna dell’arcipelago restano incalcolabili. L’altissima specializzazione delle centinaia di specie di animali (molte delle quali “endemiche”, esistenti esclusivamente lì) presenti sulle isole renderà ancora più difficile qualunque loro adattabilità alle nuove condizioni ambientali che il disastro provocherà.
Al combustibile “Bunker” e diesel che la nave sta riversando in mare si stanno aggiungendo quelli prodotto dalle migliaia di litri di solventi utilizzati per disciogliere il petrolio: sarebbe stato meglio intervenire aspirando il petrolio fuoriuscito.
La popolazione delle isole non riceverà nemmeno una lira.
Al danno quindi si aggiungerà per gli equadoregni la beffa di non poter avere dalle industrie petrolifere i fondi per risanare questo patrimonio mondiale.
Una petroliera come la Jessica non sarebbe mai potuta entrare negli Stati Uniti, quindi tutte le petroliere dovrebbero avere garanzie dal punto di vista assicurativo e finanziario e sui contratti rispetto alle società che intervengono in corso di inquinamento.
Oltre all’applicazione severa di queste regole l’unica speranza di salvezza per gli ultimi paradisi naturali come le Galapagos resta la dichiarazione di queste zone come “aree particolarmente sensibili” e interdette a qualunque traffico di navi pericolose o inquinanti com’è avvenuto già per la Grande Barriera Corallina australiana.
CATASTROFE AMBIENTALE AL LARGO DELLE COSTE SPAGNOLE: 14/11/02
È questo l’ultimo, disastro ecologico, in ordine di tempo. Il 14/11/02 al largo della Spagna di fronte alle coste della Galizia si è verificato una tragedia: la petroliera “PRESTIGE” forse in seguito ad una avaria (guasto meccanico) è andata alla deriva. La nave, che trasportava un carico di circa 77 mila tonnellate di greggio, ha già versato in mare circa 3000 tonnellate di nafta.
Se si dovesse riversare in mare tutto il carico, si tratterebbe di una delle più grandi fuoriuscite di petrolio mai avvenuto nel mondo. Le ripercussioni di questo disastro sono devastanti sia sulla vita marina sia su quella degli umani

ALLARME ICEBERG IN ANTARTIDE DIC. 2002
Un gigantesco blocco di ghiaccio, grande due volte la Liguria, sta per staccarsi dall’Antartide, a causa del riscaldamento globale della terra.Le dimensioni dell’iceberg sono tali che il ghiaccio caduto in mare al Polo sud potrebbe interrompere la corrente del Golfo e cambiare il clima sino in Gran Bretagna e nel resto dell’Europa settentrionale. C’è un periodo di massima in cui il distacco della montagna di ghiaccio potrebbe compiersi,forse nel giro di due anni. A causa del progressivo riscaldamento della Terra, dovuto anche all’inquinamento atmosferico, ai Poli le temperature salgono a un ritmo cinque volte maggiore della media.Entro un centinaio di anni le rare zone costiere che in estate si coprono di erba verdeggiante, potrebbero estendersi notevolmente verso l’interno.
L’isola, la Groenlandia, grande otto volte l’Italia quasi sempre coperta da neve e ghiaccio, fu chiamata > dal vichingo Eric il rosso, per spingere i connazionali a colonizzare. L’annunciato disastro dell’iceberg, per Aldo Iacomelli, responsabile del settore energia e clima del WWF, ci conferma che è necessario adottare le sia pur deboli misure contro i cambiamenti climatici stabilite a Kyoto.Il problema dell’arretramento dei ghiacciai, ha spiegato Iacomelli, riguarda tutto il pianeta. Nelle Alpi europee, ad esempio, le masse di ghiaccio hanno ridotto il loro volume quasi della metà dal 1850 ( una quantità pari al Lussemburgo ).In Canada l’arretramento dei ghiacciai ha provocato numerosi decessi di renne. Il problema riguarda anche l’Italia: nel bellunese, ad esempio, ha precisato il responsabile del clima del WWF, la ritirata dei ghiacci ha creato problemi di habitat a diverse specie di uccelli.
I GHIACCIAI SI STANNO RITIRANDO
Tutti i ghiacciai della terra, con alcune eccezioni in Antartide si stanno ritirando. Nelle Alpi ci sono esempi eclatanti come il Vedretta Lunga nel bacino dell’Adige, che tra il 1998 ed il 2000 ha lasciato scoperti 67 metri di valle. Ma i ghiacciai nel corso della loro storia hanno avuto cicli di ritiro indipendenti dall’attività umana. A questo proposito spiega Mercalli, presidente della società meteorologa italiana:>.Le conseguenze sarebbero tragiche.
In termini assoluti la quantità di acqua presente sul pianeta è sempre la stessa. Non ostante ciò, circa un miliardo e cento milioni di uomini hanno serie difficoltà nell’approvvigionamento di acqua potabile; e 2.4 miliardi hanno problemi nel trovarne un’adeguata quantità per sopravvivere dal punto di vista igienico. In numerose aree dell’Africa donne e bambini devono compiere in media 7 km. al giorno a piedi per trovare l’acqua. Se nei prossimi anni questo scenario non cambierà, gli esperti prevedono che l’acqua potabile raggiungerà l’intera popolazione africana non prima del 2050, quella dell’America latina non prima del 2040 e quella asiatica non prima del 2025.
Se la Corrente del Golfo dovesse entrare in sciopero sarebbero dolori: la verde Irlanda prenderebbe il colore del ghiaccio e l’Islanda verrebbe inghiottita dal Polo nord e dovrebbe essere abbandonata. Naturalmente, altre zone del pianeta diventerebbero più ospitali, sicuramente Russia e Canada guadagnerebbero territorio fertile per la loro agricoltura,ma ciò non ci tranquillizza perchè il conto complessivo sarebbe molto salato: centinaia di milioni di persone si troverebbero senza una casa e senza una terra.
UNA SORPRESA AL POLO NORD
La scoperta d’acqua al Polo Nord da parte di una nave da crociera rompighiaccio a metà Agosto di quest’anno ha sorpreso molti nella comunità scientifica. Questa scoperta, insieme a due studi recenti dimostra non solo che lo strato di ghiaccio della terra si sta sciogliendo, ma anche che si sta sciogliendo a un ritmo sostenuto. Uno studio di due scienziati norvegesi prevede che tra 50 anni l’Oceano Artico potrebbe ritrovarsi privo di ghiaccio durante l’estate, un altro gruppo di americani riferisce che il vasto strato della Groenlandia si sta sciogliendo. Lo strato di ghiaccio si è ridotto del 42% durante gli ultimi decenni e la diminuzione dello spessore e della superficie hanno ridotto la massa d’acqua dell’Oceano di quasi la metà. L’enorme isola della Groenlandia sta perdendo circa 51 miliardi di metri cubi di ghiaccio.
ANCHE L’ANTARTIDE STA PERDENDO GHIACCIO
Al contrario del Polo Nord, che è coperto dal Mare Artico, il Polo Sud è coperto dal Continente Antartico. Le sue sporgenze di ghiaccio, che sono lastre di ghiaccio che si estendono nei mari, stanno rapidamente scomparendo. Un gruppo di scienziati americani e inglesi avevano riferito già nel lontano 1999 che il ontinente antartico si stava ritraendo e gli iceberg, di enormi dimensioni minacciavano le navi che navigavano in quei mari: essi avevano notato che c’era un aumento della temperatura in quella regione.
NON SOLO AI POLI
Questi però non sono gli unici esempi di scioglimenti dei ghiacciai; ciò che spaventa è che si stanno sciogliendo ad un ritmo sostenuto. Il ghiaccio o la neve si stanno sciogliendo nelle catene delle maggiori montagne mondiali. Nell’India orientale il ghiacciaio Dokriani Bamak si è ritirato di 16 metri nel 1992-97 e nel 1998 di 20 metri.
A RISCHIO I RIFORNIMENTI IDRICI DELLE CITTA’ E L’IRRIGAZIONE
DELLE CAMPAGNE
Si ha quasi la certezza che, nelle regioni montagnose, possono aumentare drammaticamente le precipitazioni e il risultato è quello di maggiori alluvioni e minore neve che alimenta i fiumi e le falde idriche tutto a causa dell’aumento della temperatura. Questo danneggerà il rifornimento d’acqua delle città e l’irrigazione. Se l’enorme ghiacciaio dell’Himalaya dovesse sciogliersi, influenzerà il rifornimento d’acqua di gran parte dell’Asia
E IL LIVELLO DEL MARE SALE
A causa dello scioglimento dei ghiacciai il livello del mare è salito negli ultimi secoli di 20-0 cm. e potrebbe danneggiare la metà delle risiere del Bangladesh e molti paesi dovrebbero evacuare.
IL MEDITERRANEO
Tra i sicuri perdenti della rivoluzione climatica c’è il Mediterraneo; questa regione, che per secoli è stata invidiata per le temperature moderate e per l’alternarsi delle stagioni, in genere, clementi, sarà sempre di più investita dal vento tropicale.
Come già vediamo, non arriveranno uragani tipo quelli che ogni anno si abbattono sul continente americano, ma la pioggia tenderà a diventare “pesante” come quella di un monsone. I periodi di siccità prolungata si alterneranno a tempeste che scaricheranno, in poco tempo, quantità d’acqua che la terra non sarà in grado di assorbire. Purtroppo basta guardare l’andamento delle alluvioni di questi ultimissimi anni per capire che si tratta di un processo già in atto, agevolato dall’urbanizzazione selvaggia che ha diminuito la capacità di assorbimento del terreno.
Ma l’acqua costituirà una minaccia non solo quando viene dal cielo ma anche quando sale dal mare. Con l’aumento di tre gradi previsto dall’ IPCC, il gruppo di oltre duemila scienziati organizzato dall’ONU, il Mediterraneo salirà probabilmente di una ventina di cm, il che vuol dire che il sale si infiltrerà in alcune delle falde che assicurano il ricambio dell’acqua potabile e che intere zone cambieranno fisionomia. Tra le aree a maggior rischio ci sono, oltre a Venezia, il delta del Po, la laguna di Orbetello, molte spiagge meridionali. Una ricerca afferma che solo in Italia 11 mila chilometriquadrati potrebbero essere “conquistati” dal mare.

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