I Virus

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I VIRUS

1 INTRODUZIONE
Virus (biologia) Agente infettivo di dimensioni ultramicroscopiche, costituito da acido nucleico circondato da un rivestimento protettivo proteico.
Virus Vengono detti virus i parassiti cellulari composti da materiale genetico (DNA o RNA) non protetto da alcun rivestimento proteico. Inerti finché si trovano all'esterno della cellula ospite, diventano attivi al suo interno, quando ne monopolizzano gli enzimi e le strutture per riprodursi. La replicazione virale avviene generalmente con danno dell'ospite: l'herpes, l'idrofobia, l'influenza, la poliomelite e la febbre gialla sono tutte malattie di origine virale. Dei 1000-1500 tipi di virus conosciuti, circa 250 causano patologie umane e altri 100 patologie animali.
Virus dell'AIDS Il virus dell'immunodeficienza umana (HIV), che si trasmette sessualmente o per contatto con sangue infetto, si insedia nei linfociti T-4 danneggiando il sistema immunitario. Ne risulta un'incapacità dell'organismo di difendersi da qualunque infezione virale, batterica, o da qualunque altro microrganismo. I sintomi sono perdita di peso, complicazioni neurologiche e deperimento generale e possono manifestarsi anche dopo diversi anni dal contagio. La principale causa del decesso dei malati di AIDS è la polmonite, ma è alta anche l'incidenza di alcune forme di cancro.
Virus della varicella Il virus della varicella zoster (VZV), alla cui azione patogena sono particolarmente esposti i bambini di età inferiore ai 10 anni, viene trasmesso per via aerea causando febbre e pustole su tutto il corpo e all'interno della bocca. In alcuni casi il virus può rimanere latente all'interno delle cellule nervose e manifestarsi a distanza di tempo sotto forma di fuoco di sant'Antonio. Classificato nella famiglia degli herpes, è imparentato con il virus della mononucleosi, della rosolia e degli herpes orale e genitale.Martin Rotker/Phototake NYC
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Virus della rabbia Il meccanismo di trasmissione del virus della rabbia all'uomo è il morso degli animali infetti, generalmente dei cani. Dopo un periodo di incubazione che può durare da una decina di giorni a un anno appaiono i sintomi: febbre, difficoltà respiratorie, spasmi muscolari e, allo stadio avanzato della malattia, idrofobia. La morte sopraggiunge nella maggior parte dei casi dopo tre-venti giorni dall'inizio delle manifestazioni sintomatiche. Vista la potenza del virus, l'unico sistema efficace contro la rabbia è la prevenzione, che in diversi paesi consiste nell'obbligo di vaccinazione annuale e in misure restrittive sull'importazione degli animali.
Virus dell'epatite B Il virus dell'epatite B (HBV), facilmente riconoscibile al microscopio per la presenza di virioni rotondeggianti (particelle di Dane) accompagnati da formazioni tubolari cave, agisce sul fegato e si manifesta causando itterizia e un insieme di sintomi simili a quelli dell'influenza. L'epatite B diventa spesso cronica e favorisce l'insorgenza di patologie epatiche più gravi, come la cirrosi e il cancro al fegato.

Batteriofago T4 Quest'immagine ottenuta al microscopio elettronico mostra il batteriofago T4, un virus che infetta unicamente batteri (in questo caso Escherichia coli), sfruttandone le strutture riproduttive per potersi replicare. Aderendo alla parete cellulare del batterio con la sua coda ramificata, il batteriofago inietta il materiale genetico all'interno dell'ospite che, entro 25 minuti dall'infezione, si rompe liberando un centinaio di copie del virus padre.
2 CENNI STORICI
Il termine deriva dal latino virus, "veleno" e venne usato per la prima volta alla fine del XIX secolo per indicare particelle patogene più piccole dei batteri. L'esistenza dei virus fu accertata nel 1892, quando lo scienziato russo Dmitrij Iosifovič Ivanovskij scoprì delle particelle microscopiche, conosciute in seguito come virus del mosaico del tabacco. Il termine virus fu attribuito a queste particelle infettive nel 1898, dal botanico olandese Martinus Willem Beijerinck. Pochi anni dopo, anche nei batteri furono isolati dei virus, denominati batteriofagi. Nel 1935 il biochimico statunitense Wendell M. Stanley riuscì a cristallizzare il virus del mosaico del tabacco e dimostrò che era formato solo da un acido nucleico, l'acido ribonucleico (RNA), e da un rivestimento proteico. Negli anni Quaranta, lo sviluppo della microscopia elettronica rese possibile la visualizzazione dei virus, mentre il successivo sviluppo di centrifughe ad alta velocità permisero di concentrare e purificare il materiale di origine virale. Lo studio di questi agenti infettivi compì una svolta con gli esperimenti di Avery e con la scoperta dei virus che infettano soltanto batteri, denominati batteriofagi. I batteriofagi, per le loro proprietà, furono in seguito largamente impiegati negli studi di genetica: in particolare, furono oggetto delle ricerche degli scienziati Salvatore Luria, Alfred Hershey e Max Delbrück. Negli anni Sessanta e Settanta si poterono determinare le caratteristiche fisiche e chimiche della maggior parte dei virus.
3 CARATTERISTICHE GENERALI
Virus: struttura anatomica La struttura fondamentale dei virus è formata da un filamento di acido nucleico racchiuso in un capside proteico. Vi sono poi altri elementi, come una coda proteica o un involucro di natura lipidica. Ad esempio, il fago T4 è un virus parassita dei batteri costituito da cinque proteine, ciascuna corrispondente a una parte anatomica diversa (testa, coda, collo, piastra basale e fibre della coda). Il virus dell'influenza invece ha una struttura molto più semplice: un involucro lipidico avvolge il capside proteico che, come nel batteriofago, circonda il materiale genetico arrotolato. Dall’involucro sporgono due strutture proteiche, emagglutinina e neuraminidasi, che determinano le proprietà infettive del virus. Queste ultime mutano continuamente, determinando ogni volta un tipo di influenza diversa a cui le cellule del sistema immunitario devono adeguarsi.

I virus si possono considerare parassiti intracellulari. Essi sono costituiti di acidi nucleici, o da RNA o da DNA, per cui si distinguono virus a DNA e virus a RNA. L'acido nucleico è racchiuso da un rivestimento protettivo di proteine. L'acido nucleico è, in genere, una molecola unica, a singolo o doppio filamento, anche se in alcuni virus può essere diviso in due o più frammenti. Il rivestimento proteico è detto capside e le subunità proteiche del capside, sono dette capsomeri. Insieme, acido nucleico e capside formano il nucleocapside. Altri virus hanno un ulteriore involucro, che generalmente viene acquisito quando la particella virale fuoriesce per gemmazione dalla membrana della cellula infettata. La particella completa del virus è detta virione.
3.1 Forma e dimensioni
Hanno forma e dimensioni molto variabili, e in base alla loro struttura possono essere suddivisi in tre gruppi: i virus isometrici; quelli bastoncellari; e quelli formati dall'unione di una testa e una coda, come alcuni batteriofagi. I virus più piccoli hanno forma icosaedrica e sono lunghi circa 18-20 nanometri (un nanometro è uguale a un milionesimo di millimetro). I virus più grandi hanno, invece, forma bastoncellare e alcuni raggiungono una lunghezza di diversi micron, ma sono, comunque, larghi meno di 100 nanometri. Pertanto, anche i virus più grandi hanno una larghezza inferiore ai limiti di risoluzione del microscopio ottico, usato per studiare i batteri e gli altri microrganismi di dimensioni maggiori.
Molti dei virus con una struttura elicoidale interna hanno un rivestimento esterno (detto anche envelope), composto di lipoproteine, glicoproteine o entrambi i tipi di molecole. Questi virus sono grossolanamente sferici e hanno un diametro variabile da circa 60 a più di 300 nanometri. Virus complessi come alcuni batteriofagi presentano una testa e una coda tubulare, usata per attaccarsi al batterio ospite, mentre gli herpesvirus hanno simmetria cubica e sono composti di proteine complesse. Queste due categorie rappresentano, tuttavia, delle eccezioni, in quanto la maggior parte dei virus ha forma semplice.
4 RIPRODUZIONE

Ciclo litico e ciclo lisogenico Il ciclo litico e il ciclo lisogenico rappresentano le due modalità di replicazione dei virus batteriofagi, che infettano cellule batteriche. Nel ciclo litico, la cellula ospite (il batterio) viene rapidamente distrutta dalle particelle virali neosintetizzate; nel ciclo lisogenico, la cellula batterica incorpora nel proprio patrimonio genetico il filamento di DNA virale, e può dividersi dando luogo a molte successive generazioni cellulari. Il filamento virale può quindi fuoriuscire dall’anello cromosomico del batterio, e presiedere alla sintesi di nuove particelle virali, determinando un nuovo ciclo litico.

Riproduzione dei virus All'esterno di una cellula ospite i virus sono particelle del tutto inerti e incapaci di riprodursi. Essi diventano attivi solo quando riescono a penetrare in una cellula e a sfruttarne i meccanismi riproduttivi per replicarsi. Vengono poi considerati patogeni quando, nel lasciare la cellula ospite, i virus creati la danneggiano o la distruggono.
I virus sono incapaci di replicarsi autonomamente; all'interno delle cellule possono invece duplicarsi numerose volte. Le modalità di replicazione dei virus sono state particolarmente studiate nei batteriofagi, nei quali è stato descritto un ciclo di replicazione litico e un ciclo lisogenico. Le particelle virali generalmente non contengono enzimi, né i precursori metabolici necessari per riprodursi e quindi devono ricavare queste molecole dalle cellule che infettano. La riproduzione dei virus comprende, pertanto, una fase di sintesi delle varie componenti e una fase di assemblaggio della nuova particella virale. Questi processi hanno inizio quando il virus penetra nella cellula ospite e dirige la sintesi delle proteine specificate dal materiale genetico virale. Quindi viene duplicato l'acido nucleico e sono sintetizzate le subunità proteiche che costituiscono il rivestimento virale. Infine, queste due componenti sono assemblate in un nuovo virus. Da una singola particella virale possono avere origine migliaia di nuovi virus, che possono essere liberati per distruzione della cellula infetta oppure per gemmazione dalla membrana cellulare, senza uccidere la cellula.
4.1 Virus a RNA
Struttura del virus HIV Il virus HIV è un retrovirus, cioè appartiene a un gruppo di virus che possiedono come patrimonio genetico un filamento di RNA. L’enzima trascrittasi inversa permette la sintesi di DNA a partire dall’RNA virale, che viene usato come stampo, quando l’HIV infetta una cellula (in particolare, un linfocita T, suo bersaglio nell’uomo). Il filamento di acido nucleico è protetto da un involucro proteico, il capside, e da una membrana che deriva dalla membrana plasmatica della cellula ospite. Sulla superficie esterna del virus sporgono molecole di glicoproteine che svolgono una funzione di riconoscimento delle cellule bersaglio e facilitano la penetrazione dell’HIV.

I virus a RNA si distinguono da quelli a DNA per alcune particolarità nel sistema di replicazione. Un gruppo particolare di questi virus è rappresentato dai retrovirus, che comprendono l'HIV, l'agente eziologico dell'AIDS. In questi virus, prima della replicazione avviene la sintesi di DNA a partire dall’RNA virale, mediante l’azione di un enzima detto trascrittasi inversa.
5 MALATTIE DA VIRUS NELL’UOMO E NEGLI ANIMALI

Non vi è gruppo animale o vegetale che non possa essere colpito da un’infezione virale. Malattie virali pericolose, e a volte addirittura fatali, comprendono la rabbia, la febbre emorragica, l'encefalite, la poliomielite, la febbre gialla, l'epatite e la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). La maggior parte dei virus causa, tuttavia, malattie che in genere provocano solo disturbi acuti, a meno che il paziente non sviluppi gravi complicazioni. Alcune di queste malattie sono il raffreddore, che colpisce milioni di persone ogni anno, l'influenza, il morbillo, la parotite, l'herpes simplex e zoster, la varicella, alcune malattie respiratorie, la diarrea acuta e le verruche. Altri virus, come il virus della rosolia e il citomegalovirus, possono provocare gravi anomalie o morte del feto. Alcuni ceppi virali che infettano l'uomo sembrano essere correlati a specifiche forme di cancro. Sempre maggiori prove indicano, inoltre, che alcuni virus possono essere coinvolti in patologie croniche come la sclerosi multipla e altre malattie degenerative.
5.1 Vie di infezione
Trasmissione del virus Ebola Il virus Ebola, agente di una forma di febbre emorragica a esito fatale, è altamente contagioso e può diffondersi attraverso l'impiego di aghi non sterilizzati, mediante il contatto diretto con un individuo che ne è portatore o per contatto con il cadavere di un paziente deceduto per l'infezione virale. L'incubazione della malattia dura circa 5-10 giorni; vengono inizialmente colpiti il sangue e le cellule epatiche (1); con il progredire dell'infezione, il virus determina la degenerazione dei reni e del fegato (2), e forti emorragie interne (3). La morte sopraggiunge dopo circa dieci giorni, in genere per shock e arresto cardiaco. Una bassa percentuale di individui riesce comunque a sopravvivere alla malattia, per cause che non sono ancora ben conosciute e malgrado la gravità delle lesioni ai tessuti interni. Per l'infezione da virus Ebola non si conosce attualmente alcuna cura; ai pazienti possono essere somministrate soluzioni reidratanti e anti-shock.

Per provocare nuovi casi di una malattia, i virus devono essere trasmessi da persona a persona. Molti, come quelli responsabili dell'influenza e del morbillo, sono trasmessi attraverso le vie respiratorie, nelle goccioline emesse nell'aria con starnuti e colpi di tosse. Altri virus, come quelli che provocano la diarrea, sono trasmessi per via oro-fecale. Altri ancora, come i virus della febbre gialla e i cosiddetti arbovirus, sono trasmessi tramite vettori animali come gli insetti. Le malattie virali possono essere endemiche o epidemiche.
5.2 Possibili terapie
Attualmente non esiste alcun trattamento completamente soddisfacente delle infezioni virali, poiché la maggior parte dei farmaci che distrugge i virus danneggia anche la cellula ospite.
Un agente antivirale molto promettente sembra essere l'interferone, una molecola con funzioni antivirali, prodotta naturalmente dalle cellule di molti mammiferi e impiegata nella terapia di alcune forme di epatite cronica. Oggi si sta valutando l'uso dell'interferone anche nel trattamento di alcune forme di cancro. Solo fino a qualche tempo fa, questi studi erano limitati dalla scarsa disponibilità di questa molecola in forma pura, mentre oggi, grazie alle tecniche di ingegneria genetica, è possibile ottenerne rapidamente grandi quantità.
Il solo metodo efficace per prevenire le infezioni virali è l'uso dei vaccini. Eclatante è il caso della vaccinazione antivaiolosa che, estesa su scala mondiale, ha determinato la scomparsa della malattia e, nel maggio 1980, l’annuncio da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità di avvenuta eradicazione del poxvirus responsabile della patologia. La maggior parte dei vaccini antivirali è stata sviluppata per l'uomo o per altri animali; fra quelli umani vi sono i vaccini contro il morbillo, la rosolia, la poliomielite e l'influenza. L'immunizzazione con un vaccino antivirale stimola il sistema immunitario dell'organismo a produrre anticorpi specifici, diretti contro il virus immunizzante. I virus impiegati per elaborare i vaccini vengono prima alterati o uccisi, in modo da non risultare patogeni.
6 MALATTIE DA VIRUS NELLE PIANTE
I virus possono provocare una grande varietà di malattie delle piante, che spesso causano gravi danni ai raccolti. I più comuni virus patogeni per le piante sono quello del mosaico giallo della rapa, il virus X della patata e il virus del mosaico del tabacco. Le cellule vegetali hanno pareti cellulari rigide che le particelle virali generalmente non riescono ad attraversare; pertanto questi virus sono trasmessi soprattutto da vettori animali, come gli insetti o i nematodi, che si cibano di vegetali infetti. Il metodo di infezione utilizzato da questi virus limita anche gli studi delle interazioni tra particelle virali e cellule vegetali, poiché in assenza del vettore animale non è sempre facile riprodurre l'infezione in laboratorio.
I virus delle piante possono accumularsi in enormi quantità all'interno delle cellule contagiate; ad esempio, il virus del mosaico del tabacco può costituire anche il 10% del peso secco di una pianta infetta.
7 IMPORTANZA DEI VIRUS NELLA RICERCA
Lo studio dei virus e delle loro interazioni con la cellula ospite ha avuto grande rilevanza per lo sviluppo della biologia a livello molecolare. Ad esempio, l'esistenza dell'RNA messaggero, la molecola responsabile della trasmissione delle istruzioni contenute nel DNA all'apparato cellulare che sintetizza le proteine, fu scoperta nel corso delle ricerche sulla duplicazione dei batteriofagi. Inoltre, la comprensione dei meccanismi di controllo della moltiplicazione dei virus è fondamentale per lo studio dei processi biochimici degli organismi superiori.
I virus possiedono un patrimonio ereditario di piccole dimensioni e diverso da quello della cellula ospite; ciò consente ai ricercatori di studiare un sistema di replicazione più piccolo e più semplice di quello della cellula ospite, ma funzionante in base agli stessi principi. Gran parte delle ricerche sui virus è finalizzata a comprenderne i sistemi di duplicazione e a cercare metodi per controllarne la crescita e, pertanto, sconfiggere le malattie da essi provocate. Gli studi sulle malattie virali hanno, inoltre, fornito enormi contributi alla comprensione della risposta immunitaria dell'organismo agli agenti infettivi. Alcuni dettagli della funzione degli anticorpi presenti nel sangue sono stati, ad esempio, caratterizzati studiando le reazioni di queste molecole alle infezioni virali. Attualmente un grande interesse scientifico è concentrato sui progetti che cercano di isolare alcuni geni virali, che possono essere usati per produrre, con le tecniche di ingegneria genetica, le corrispondenti proteine virali, da impiegare, a loro volta, per produrre vaccini.

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