Evoluzione stellare: dalla nascita allo stadio finale

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Testo

Nascita ed evoluzione stellare
La nascita di una stella
Per permettere la nascita e l’evoluzione di una stella la sua massa iniziale deve essere compreso tra 0,1 e 60 / 120 masse solari.
Al di sotto delle 0,1 masse solari la contrazione gravitazionale non è in grado di innescare le reazioni di fusione termonucleare e quindi il corpo che si origina diventerà una nana bruna mentre al di sopra delle 60/120 masse solari la stella esploderà appena si forma.
Cosa c’è nello spazio interstellare?
Tra le stelle e i sistemi planetari associati lo spazio non è vuoto ma sono presenti gas che svolgono un ruolo importantissimo nel processo di formazione delle stelle.
Come abbiamo visto l’elemento più abbondante nello spazio interstellare è l’idrogeno ma nel mezzo interstellare esistono anche altri elementi, ioni e molecole quali CO, H2O, NH3, H2S, CH3CH2OH, HCOH, e radicali quali OH- e CN-.
Il mezzo interstellare, oltre ai gas, presenta delle polveri, che sono costituite da minuscole particelle di ghiaccio (con diametro inferiore al μm), con al loro interno impurità di ferro (Fe), grafite (C) e silicati. Questa polvere cosmica emette nel campo dell’infrarosso (diffonde la luce delle stelle in maniera dipendente dalla lunghezza d’onda, per cui la luce violetta viene più diffusa di quella rossa. Ciò significa che uno strato di polvere fra noi e una stella non solo ne indebolisce la luce, ma quella violetta viene indebolita di più di quella rossa).
I gas e le polveri presenti nel mezzo interstellare non sono omogeneamente distribuiti e possono aggregarsi a formare delle nubi attraverso diversi meccanismi, quali: instabilità termica, collasso gravitazionale, onde di densità causate da rotazione delle braccia della galassia, fenomeni di ionizzazione, esplosione di materiale stellare, effetto di campi magnetici.
Regioni particolari dello Spazio interstellare.
Abbiamo già detto che nello spazio l’elemento più importante è l’idrogeno e i radiotelescopi sono in grado di rivelarne la presenza all’interno delle enormi nubi di idrogeno stabile, chiamate Regioni HI (accauno), la cui densità è inferiore a 10 atomi per cm3 e non riflettendo né assorbendo luce visibile sono difficili da osservare.
La temperatura dell'idrogeno neutro, presente in queste regioni, varia da 25 a 250 K (da -248 a -23 °C), ed è quindi troppo bassa perché possa emettere radiazioni visibili. Comunque la sua radio emissione alla lunghezza d'onda di 21 centimetri ha reso possibile tracciare la mappa dell'idrogeno neutro nella nostra Galassia e in altre galassie vicine.
Questa lunghezza d’onda di 21 cm è dovuta alla differenza che c’è tra i due stati energetici in cui si trovano gli atomi di idrogeno nello spazio interstellare (nel primo, a energia maggiore, protone ed elettrone hanno spin parallelo mentre nel secondo, ad energia minore, protone ed elettrone hanno spin antiparallelo). Nello spazio interstellare i 3\4 dell’idrogeno sono nella forma a maggior energia e spontaneamente decadono per collisione emettendo un segnale radio a 21 cm.
Vicino a stelle O e B ed associate alle nebulose ad emissione abbiamo invece regioni ad idrogeno ionizzato (o H+), chiamate Regioni HII (accadue). Queste sono nubi discretamente calde, approssimativamente sferiche e grandi oltre 600 anni luce. In questo caso i fotoni provenienti da stelle calde collidono con gli atomi di idrogeno strappando loro elettroni e formando così ioni idrogeno. Se lo ione incontra un elettrone libero nella nebulosa si riforma idrogeno neutro e la differenza delle energie può venire liberata sotto forma di un fotone a 656 ηm (rosso).
La Nebulosa di Orione è una gigantesca regione HII ed è una fra le nebulose più vicine. Non va dimenticato che l’idrogeno ionizzato è presente anche nei residui di supernova e negli scudi di nebulose planetarie.
Dove nascono le stelle?
Ad esempio, stelle di massa pari al nostro Sole, o di poco superiore, nascono da globuli di materia relativamente fredda presenti all’interno di Regioni HI del mezzo interstellare quando la densità di un volume anche minimo raggiunge le 10.000 particelle per cm3 in modo che le collisioni tra molecole di idrogeno e di CO avvengano con frequenza tale da far emettere al CO radio onde. Si parla in questo caso di nube progenitrice.
Nella nube , sotto l’azione della gravità, si possono formare degli addensamenti che cominciano a contrarsi sotto il loro stesso peso. Con l’aumento della densità si arriva alla formazione di una struttura sferica detta protostella che è ancora inviluppata dalla nube progenitrice e possiede temperature intorno ai 100K (la temperatura è bassa in quanto all’inizio il calore creato dalla contrazione viene dissipato nello spazio circostante).
Nella progressiva contrazione la temperatura del nucleo centrale della protostella raggiunge il milione di gradi e a questo punto sia la temperatura che la pressione del nucleo sono tali da permettere l’innesco della catena protone-protone, la cui energia prodotta arresta la contrazione gravitazionale. A questo punto, infatti, la stella ha terminato la sua “fase prenatale” e si trova in uno stato detto di “equilibrio idrostatico”, in cui le due forze opposte, forza di gravità e forza di pressione, si equilibrano perfettamente.
La stella si trova ora posizionata nella sequenza principale del diagramma H-R e diventa visibile quando la polvere che la circonda viene allontanata (le stelle più massicce emettono un alto numero di fotoni nell’ultravioletto capaci di ionizzare il gas circostante producendo così Regioni HII). Il progressivo consumo di combustibile e l’incremento del tasso di fusione sostengono la luminosità stellare che aumenta lentamente e può considerarsi praticamente stabile (5 miliardi di anni fa, al momento della sua formazione, la T del Sole era di circa 5500 gradi con una luminosità intorno all’80% di quella attuale).
Terminato il preludio di sequenza principale inizia la vera e propria evoluzione stellare.
Stelle con massa simile a quella solare
In stelle di massa circa uguale al Sole (tra 1 e 5 masse solari), consumato l’idrogeno del nocciolo, le reazioni di fusione si esauriscono e la stella riprende a contrarsi. In questo momento il nocciolo della stella è costituito da elio e contraendosi, spinge la combustione dell’idrogeno in una shell (involucro) esterna. L’energia liberata dalla contrazione gravitazionale dell’elio interno può fare aumentare la luminosità della stella di circa 1000 volte in circa 500 milioni di anni, provocando così una diminuzione della temperatura della fotosfera, che scende a 3500K. In presenza di queste condizioni la stella ricade nel ramo delle Giganti Rosse, che si trova nel diagramma H-R in alto a destra. Ad esempio, il nostro Sole aumenterà il suo raggio di circa 100 volte (oltre l’orbita descritta da Mercurio intorno al Sole) e apparirà in cielo come un disco di 50° di diametro impiegando più di tre ore a sorgere e tramontare.
Cosa accade quando la stella termina di bruciare idrogeno?
Una volta che la gravità superficiale si riduce, il vento stellare aumenta e la stella disperde materiale nello spazio mentre, al centro, il core (nocciolo) continua a contrarsi fino a raggiungere densità intorno al milione di grammi per cm3. A questo punto il gas è completamente degenere e P e T diventano tra loro indipendenti (il collasso di una stella sotto il proprio peso viene impedito dalla pressione prodotta dall’energia generata nel suo interno. Una volta che le reazioni di fusione nucleare non possono più aver luogo, il nucleo è destinato a contrarsi sotto il peso degli strati soprastanti. La spinta alla contrazione gravitazionale deve quindi essere drasticamente fronteggiata ed esiste un particolare tipo di pressione che è in grado di resistere con successo alla compressione. Questa pressione viene definita di degenerazione ed è dovuta a una resistenza intrinseca delle particelle materiali nei riguardi di una compressione esterna. La materia degenere è estremamente densa, circa 106 g/cm3).
A causa della continua contrazione del nucleo, composto ormai essenzialmente da elio, la temperatura raggiunge circa 100 milioni di gradi e a questo punto l’elio fonde in modo esplosivo (Helium Flash).
Con una nuova sorgente di energia dovuta alla ripresa delle reazioni di fusione nucleare il nucleo si espande ed esce dalla degenerazione facendo proseguire la combustione dell’elio in carbonio in modo più regolare (la gigante rossa rimane per un breve periodo in una situazione di stabilità/equilibrio). Successivamente la fusione dell’elio produce un nucleo di carbonio e ossigeno e la contrazione del core riprende lasciando la fusione dell’ elio in un guscio più esterno. Ancora una volta gli strati esterni si raffreddano e la stella va incontro ad una nuova ascesa verso le giganti e con due shell di fusione (elio e idrogeno). La liberazione di energia è tale da far aumentare ancora raggio e luminosità della stella: il nostro Sole raggiungerà in questa situazione l’orbita della Terra e arriverà ad avere una temperatura della fotosfera attorno ai 3500 - 2500K.
Questo aumento di luminosità rende le shell di fusione instabili producendo un effetto valvola simile a quello delle Cefeidi e facendo diventare la stella una variabile del tipo Mira Ceti (periodi da 100 giorni a 5 anni con differenze di magnitudine anche di 10).
Gli shock causati dalle pulsazioni possono portare la stella a perdere massa fino all’80% ed a questo punto rimane completamente circondata da un alone in espansione che si arresta terminata la combustione dell’elio. La stella è ora costituita da un nucleo di Carbonio e Ossigeno circondato da uno strato di Elio sterile, da uno strato di Idrogeno in fusione e da uno strato di Idrogeno sterile (Struttura a cipolla).
I venti stellari hanno velocità tale da far comprimere la materia espulsa e farle raggiungere T superiori ai 30.000 K; si genera così una nebulosa planetaria, al cui interno è presente una piccola stella molto luminosa, che prende il nome di nana bianca.
(Se la stella ha una massa superiore alle 5 masse solari la stella subisce un lungo periodo di raffreddamento seguito da un aumento delle dimensioni di circa 50 volte e a questo punto passerà prima attraverso lo stato di Cefeidi, Giganti gialle).
In entrambi questi casi, la stella conclude la sua vita evolutiva diventando una nana bianca con raggio intorno ai 15.000 km. Dato che il tempo richiesto da una nana bianca per raffreddarsi completamente è maggiore dell’età della galassia non è stato ancora possibile osservare le fasi evolutive successive a questa.
Queste stelle si raffreddano senza subire ulteriore contrazione in quanto la pressione di degenerazione si oppone indefinitivamente alla gravitazione. Infatti, il gas che costituisce le nane bianche si trova in estreme condizioni di degenerazione.
Una nana bianca ha un diametro molto piccolo, paragonabile a quello terrestre, mentre possiede una densità assai elevata, circa 109Kg/m3.
IMPORTANTE!!!
Se la massa della materia degenere fosse superiore a 1,44 masse solari (Limite di Chandrasekhar: limite calcolato da un astrofisico statunitense di origine indiana, S. Chandrasekhar) le nane bianche non potrebbero esistere.
Per avere una massa inferiore a questo limite le nane bianche derivano da stelle con massa iniziale inferiore a 8 masse solari e per masse superiori l’evoluzione è totalmente diversa.
Stelle di massa superiore alle 9 masse solari
Una stella con massa compresa tra le 9 e le 40 masse solari evolve dalla sequenza principale al ramo delle Supergiganti rosse: la T del nucleo raggiunge e supera i 150 milioni di gradi permettendo lo sviluppo del triplo processo alfa (esempi sono: Antares e Betelgeuse).
Una stella con massa superiore a 40 masse solari, durante la fusione del carbonio diventa invece una Supergigante blu che espulso lo strato esterno di idrogeno diventa stella di classe spettrale W.
Nelle supergiganti la fusione è talmente veloce che una stella intorno alle 20 masse solari consuma l’idrogeno in 8 milioni di anni e l’elio in circa un milione: terminato l’elio il nucleo si contrae fino a raggiungere temperature vicine al miliardo di kelvin e prosegue con la fusione del neon, del magnesio, dell’ossigeno e la fusione dell’ossigeno in silicio e zolfo entro 20 anni.
In una settimana il silicio fonde in ferro con temperature superiori ai 3 miliardi di gradi nel core e la fusione libera energia soprattutto legata ai neutrini.
Dal momento che il nucleo dell’atomo di ferro ha la più alta energia di legame, la sua fusione in elementi più pesanti non è consentita: la contrazione della parte centrale provoca un catastrofico collasso.
La stella ha così vissuto circa 10 milioni di anni e in meno di un decimo di secondo il suo nucleo si contrae, ad una velocità pari ad un quarto di quella della luce, fino alle dimensioni di 100 km: la densità e la pressione all’interno sono tali da spingere gli elettroni a fondersi con i protoni formando neutroni: la T centrale è intorno ai 200 miliardi di gradi e la rapida implosione del nucleo genera un’onda d’urto tale da causare l’esplosione della stella : è il fenomeno della supernova.
La supernova è una stella che esplode violentemente, aumentando anche di un miliardo di volte la sua luminosità; questo improvviso aumento di luminosità può durare alcune ore, giorni o al massimo mesi.
Durante queste fasi i processi di cattura neutronica generano gli elementi più pesanti fino all’Uranio. La materia espulsa durante l’esplosione della stella origina una nebulosa da supernova (Crab Nebula nella costellazione del Toro, resto della supernova del 1054).
Al termine dell’esplosione, al posto della supernova rimane il nucleo collassato (molto caldo e denso) che a seconda della massa darà origine a una stella a neutroni o a un buco nero.
Il nocciolo diventerà una stella di neutroni se la sua massa sarà compresa fra le 1,44-3 masse solari; una stella appartenente a questa categoria ha un diametro di circa 10-20 km con densità intorno ai 108-109g/cm3 (a tale densità la Terra avrebbe un diametro di poche centinaia di metri!).
La legge della conservazione del momento angolare costringe la stella a ruotare a velocità vertiginosa (intorno agli 800 giri al secondo): il forte campo magnetico provoca una accelerazione degli elettroni lungo l’asse del campo producendo un flusso di radiazione elettromagnetica uscente dai poli magnetici. A causa della rotazione, tale radiazione giunge all’osservatore in modo alternato (effetto faro) dando origine ad una pulsar.
La pulsar è quindi una stella di neutroni (l’asse di rotazione e l’asse del campo magnetico sono inclinati l’uno rispetto all’altro) in rapida rotazione che emette impulsi elettromagnetici (più frequentemente nel dominio radio, talvolta anche nell’ottico, ultravioletto, raggi X e gamma) con periodi estremamente costanti compresi fra pochi secondi e millesimi di secondo.
Se anche un sistema a stella di neutroni non è stabile e la massa è così elevata da supporre valori di densità ancora superiori, la gravità superficiale può avere valori tali da prevedere velocità di fuga superiore a quella della luce. La radiazione non abbandona la superficie stellare e la stella darà origine ad un buco nero, argomento che approfondiremo con la cosmologia. Solitamente un buco nero si forma se dopo lo stadio di supergigante rossa e supernova, i resti che collassano hanno una massa maggiore alle 3 masse solari.

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