BIG BANG

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Testo

Gli astrofisici di tutto il mondo sono ormai concordi nel sostenere che l‘universo sia nato da un‘immane esplosione che ha portato alla creazione dell‘universo. Nel 1929 Edwin Hubble annunciò la scoperta dell‘espansione dell‘universo. Osservando un gran numero di galassie aveva scoperto che la maggior parte di loro si stava allontanando da noi poiché i loro spettri risultavano spostati verso il rosso. Osservò inoltre che più era grande la loro distanza dalla Terra e più era alta la loro velocità di allontanamento. Non dobbiamo tuttavia ritenere di essere in una posizione privilegiata dell‘universo solo perché ci sembra che tutti i corpi si stiano allontanando da noi ;infatti la stessa impressione l‘avrebbe un qualunque altro osservatore posto in una qualunque altra parte dell‘universo. Questa situazione è spiegata dal primo principio cosmologico che afferma: la struttura e le proprietà dell‘universo su larga scala sono ovunque ed in tutti i tempi le stesse.
Questa osservazione di Hubble viene riassunta : v = H r. Dove v è la velocità di allontanamento, r la distanza e H un numero detto costante di Hubble che vale 53 Km/s per ogni milione di parsec.
Questa osservazione metteva in crisi la concezione dominante di universo stazionario. Infatti essendo questo in espansione la sua densità doveva variare. La teoria venne quindi modificata affermando che vi doveva essere una continua creazione di materia pari ad un atomo di idrogeno per ogni centimetro cubo una volta ogni milione di miliardi di anni.
In seguito si ipotizzò che l‘universo fosse nato da un‘esplosione avvenuta 15 miliardi di anni fa e che il moto di allontanamento fosse la conseguenza di questa esplosione. Questa prese il nome di Big Bang. Prima di tale evento tutto l‘universo era concentrato in una sfera, con temperature e densità infinite, nella quale era presente un plasma, uno stato della materia in cui nuclei ed elettroni sono liberi di muoversi caoticamente su scala macroscopica, costituito da quark e gluoni. I quark sono i componenti fondamentali dei protoni e dei neutroni e vengono tenuti insieme non soltanto dalla forza elettromagnetica ma anche da una forza più intensa detta di iterazione forte che confinandoli all‘interno di protoni e neutroni li rende invisibili. Il confinamento si spiega con il fatto che la forza che lega i quark aumenta al crescere della distanza che li separa. I gluoni (dall‘inglese glue =colla) tengono uniti i quark impedendo loro di allontanarsi.
Essendo tale situazione molto instabile la sfera è esplosa. Le fasi seguenti a tale esplosione vengono così divise:
• Era dell‘età quantistica dal tempo zero a 10-34 s con una temperatura di 10-32 K detta anche tempo di Plank in cui le moderne teorie non valgono.
• Istante zero con densità e temperature infinite.
• Grande unificazione da 10-43 a 10-34 s .
• Era elettrodebole da 10-34 a 10-10 s. Ha inizio l‘inflazione cosmica in cui l‘universo neonato incomincia ad espandersi. Si verificano i monopoli magnetici ed inizia la nucleosintesi dell‘elio.
• Era dominata dalla radiazione da 10-10 a 100 s in cui si verificano da 10-6 a 10-4 secondi il confinamento dei Quark con formazione di protoni, neutroni, antiprotoni ed antineutroni; da 10-4 a 1 si ha il disaccoppiamento tra materia e radiazione (si separano iterazione forte e iterazione elettrodebole e si formano le prime particelle), e da 1 secondo a 100 secondi si verifica la sintesi dell‘elio.
• Era dominata dalla materia in cui tra 100 secondi e 30000 anni dal Big Bang si ha la formazione egli atomi (entro i primi tre minuti si ha la creazione di atomi di idrogeno e di elio).
• Da 30000 anni ad un miliardo di anni l‘universo diventa trasparente incominciano a formarsi le galassie e a 5 miliardi di anni si verificano le prime supernove.
• A 15 miliardi di anni dal Big Bang, ovvero al giorno d‘oggi, la temperatura si è ridotta a 3° K.
Nel 1962 Arno Penzias e Robert Wilson scoprirono la radiazione di fondo per caso con un‘antenna per ricevere le microonde. Tale radiazione non poteva avere origine da eventi che si verificavano solo sulla Terra o solo in una piccola parte dell‘universo perché veniva ricevuta ovunque si puntassero i radiotelescopi. Si capì che questa emissione, di 2.7° K, era il fossile del Big Bang che si era verificato 15 miliardi di anni prima.
A partire da questo periodo, sembrando il Big Bang una certezza, si evolvettero tre teorie:
a. l‘universo avrebbe continuato ad espandersi fino ad un certo punto e poi avrebbe arrestato il proprio ingrandimento restando così com’era;
b. la velocità alla quale l‘universo si espande si sarebbe dovuta ridurre e l‘accelerazione arrivata a 0 sarebbe diventata negativa portando ad un Big Crunch e ritornando allo stato di singolarità(questo fenomeno sarebbe già potuto accadere molte volte prima che fosse creato il nostro universo e dopo il Big Crunch il procedimento si sarebbe potuto verificare nuovamente);
c. l‘universo avrebbe continuato ad espandersi all‘infinito.
Fu proprio quest‘ultima teoria, proposta da Alan Guth nel 1984, a soddisfare tutte le verifiche sperimentali e ad essere accolta con favore dai più. Solo adesso si è riusciti a trovare le verifiche sperimentali del Big Bang inflattivo. Questa teoria sostiene che immediatamente dopo l‘esplosione l‘universo assunse una velocità esponenziale immensamente superiore da quella deducibile oggi dallo spettro luminoso delle galassie. La prova che conferma questa teoria si è avuta trovando delle infinitesimali variazioni della temperatura nell‘ordine di qualche milionesimo di grado della radiazione di fondo presente nell‘universo e traccia della fluttuazione quantistica che ha innescato l‘esplosione. Proprio questa distribuzione della temperatura di tipo gaussiano (ovvero non uniforme) conduce ad un universo “piatto” che continuerà ad espandersi all‘infinito senza ripiegarsi su se stesso a causa della forza di gravità. Tale forza viene infatti contrastata da una non meglio definita forza repulsiva che aumenta all‘aumentare della distanza tra due corpi che spinge l‘universo ad accelerare la propria espansione. Queste disomogeneità della temperatura è la traccia di quella verificatasi nei primi 35 secondi tempo che viene definito come tempo di Planck. Se anziché la curva statistica delle temperature fosse stata di tipo irregolare questo avrebbe fatto ipotizzare un universo con dei difetti topologici.

Big Bang
Accertata l'espansione dell'universo, i modelli che hanno cercato di spiegare la sua nascita e la sua evoluzione, sono stati soprattutto due: il modello stazionario e quello inflazionario. Il primo, proposto fino alla fine degli anni sessanta, ed ormai caduto praticamente in disuso, prevedeva l'esistenza di un universo in espansione, ma caratterizzato da una continua creazione di materia che ne garantiva così il mantenimento delle medesime proprietà fisiche.
Invece nel secondo, nel quale si rispecchia la teoria del Big Bang, formulata da A. Friedmann nel 1929, e poi completata da A. Gamow nel 1940, l'universo non è sempre esistito, ma sembra che sia nato all'incirca 15 miliardi di anni fà da quella gigantesca deflagrazione che diede inizio ad un viaggio della materia dall'infinitamente piccolo, come era subito dopo l'esplosione, all'infinitamente grande, come la vediamo oggi.
Una teoria attualmente molto accreditata, che è anche suffragata da due importanti scoperte: la legge di HUBBLE e la radiazione cosmica di fondo. Della prima abbiamo già detto, mentre riguardo a quest'ultima possiamo dire che essa fù individuata dai due ricercatori americani, A. Penzias ed R. W. Wilson, che nel 1965 intercettarono l'eco di quella remota esplosione, una sorta di rumore primordiale che proveniva in maniera uguale da ogni direzione dello spazio.
Un evento dunque che diede inizio alla scala del tempo e dello spazio, su cui ora inesorabilmente l'universo si muove. Di conseguenza in origine tutto doveva essere concentrato in un minuscolo punto, dalla densità e gravità infinite, dove il tempo e lo spazio erano appunto pari a zero e la temperatura dell'ordine di miliardi di miliardi di gradi. Cosa ci fosse prima rimane per ora un mistero, visto che nemmeno gli scienziati avanzano ipotesi, ritenendo i momenti anteriori a tale istante come inconoscibili ed inspiegabili da qualsiasi teoria.
Dopo una piccola frazione di secondo questa indescrivibile entità, da molti definita come una "palla di fuoco", iniziò a crescere, e raggiunte le dimensioni di giorni luce l'universo era già un miscuglio di particelle (neutroni, protoni, elettroni, antielettroni, fotoni, neutrini ed altre) che cominciavano ad interagire fra di loro.
Subito dopo entrarono in gioco le forze fondamentali dell'universo, ed alla già esistente forza gravitazionale, che regola l'attrazione fra le masse, si aggiunsero le altre tre che insieme a questa governano l'universo: la forza debole, che agisce a livello atomico, la forza forte che governa i nuclei atomici, la forza elettromagnetica responsabile di tutti i fenomeni elettromagnetici quali la luce, le onde radio, ecc...
Passati alcuni secondi, mentre la densità andava sempre piu' scemando sotto la spinta inflazionistica della deflagrazione iniziale, l'universo entrava nella cosiddetta "era della radiazione" interamente dominata dai fotoni strettamente accoppiati alla materia. Nel frattempo anche la temperatura scendeva fino a raggiungere il milione di gradi, così che i protoni ed i neutroni iniziarono ad aggregarsi fra loro creando le prime quantità di deuterio ed elio, e questo ne spiega la loro grande diffusione nell'universo.
Dopo alcune centinaia di migliaia di anni, l'universo era divenuto ancora meno denso e più freddo, avveniva la "ricombinazione", i protoni e gli elettroni si combinavano per creare i primi atomi di idrogeno. Finiva a quel punto la prima parte della storia dell'universo, quella dominata dalla radiazione, ed iniziava "l'era della materia" che vedeva l'aggregazione delle particelle nelle prime forme atomiche, mentre i fotoni, liberi ormai da ogni vincolo, potevano così irradiarsi in tutte le direzioni sotto forma di radiazione cosmica di fondo.
Dopo qualche milione di anni si erano già formati i primi agglomerati di materia, che aggregandosi a loro volta per l'attrazione gravitazionale, daranno vita qualche miliardo di anni dopo alle protogalassie, che una volta che si saranno evolute in galassie formeranno le stelle e tutti gli altri corpi celesti.

Universo - Cenni di cosmologia
Nel corso della storia diversi filosofi si sono posti il problema dell'origine e dell'evoluzione dell'universo, fornendo quasi sempre come soluzione, quella dell'esistenza di una entità infinita ed incommensurabile, spesso identificata con la nostra stessa galassia. L'ipotesi di una pluralità di universi-isola, fù invece postulata per la prima volta nel 18° secolo da E. Kant, secondo il quale il sistema solare era contenuto in un immenso contenitore di stelle (la Via Lattea), che insieme ad altre analoghe strutture popolavano l'intero cosmo.
Ambedue le ipotesi furono ampiamente discusse dagli studiosi fino ai primi 20 anni del secolo scorso, finchè non arrivò la scoperta dello spazio extragalattico, ad opera di E. Hubble nel 1924, che dettando la parola fine sulla questione, disegnava l'immagine completamente nuova di uno spazio immenso e sconfinato suddiviso a sua volta in diversi "universi-isola", le galassie, ognuna delle quali composta da centinaia di miliardi di stelle ed altri oggetti celesti.
Nasceva così la moderna cosmologia, una scienza dedita allo studio delle origini e dell'evoluzione dell'universo, la quale ci fornisce tuttora, la configurazione di un gigantesco sistema strutturato in livelli gerarchici. Partendo infatti dalla Terra, che non è un punto privilegiato, ma solo il nostro posto d'osservazione, arriviamo al Sole, e quindi al sistema solare, giungendo poi, attraverso la nostra galassia, agli ammassi di galassie ed ai superammassi, sino ad arrivare concettualmente ai "confini dell'universo", da dove questo appare in maniera isotropa ed omogenea, uguale in ogni direzione ed in ogni luogo (principio cosmologico).
composizione di foto NASA - NSSDC
Alla luce di queste considerazioni, nasceva allora l'esigenza di determinare se l'universo fosse o meno dotato di limiti. In passato infatti, è stato fatto rilevare da uno studioso del diciottesimo secolo, che se esso fosse infinito nel cielo dovremmo vedere un numero grandissimo di stelle sparse in ogni direzione e illuminanti a giorno la volta celeste. Oggi però sappiamo che non è così, la soluzione del "paradosso di Olbers" consiste infatti nel fatto che tutte le galassie si stanno allontanando fra di loro e che dunque facciamo parte di uno spazio in espansione.
La prova di ciò la fornì ancora una volta Hubble, il quale aveva notato che nello spettro di alcune galassie osservate, le righe spettrali apparivano spostate verso il rosso in maniera tanto piu' marcata quanto esse fossero deboli (lontane). Tutto questo, noto anche come redshift, era dunque dovuto all'effetto doppler (causato dall'allontanamento della sorgente luminosa rispetto all'osservatore), ragion per cui nel 1929 pubblicò la legge che porta il suo nome (legge di Hubble) e secondo la quale:
- tutte le galassie si allontanano fra loro con una
velocità che è direttamente proporzionale alla loro distanza -
V = H x D
• V = velocità di allontanamento di una galassia in km/sec;
• D = distanza misurata in megaparsec
• H = costante di Hubble
La costante tuttora non è stata quantificata con esattezza, ma dividendo la velocità della luce per il valore calcolato dagli studiosi, si ottiene una distanza di circa 15 miliardi di anni-luce, appunto l'età dell'universo teorizzata dagli scienziati, che viene definita anche come orizzonte di Hubble.
Dunque un'universo in espansione che va sempre piu' mutando le proprie proprietà fisiche, divenendo meno denso e piu' freddo, anche se c'è da considerare ora la densità media della materia, che essendo maggiore, minore od uguale ad un valore cosiddetto critico, determinerebbe rispettivamente tre possibili configurazioni:
Chiuso - se la quantità di materia costringerebbe a rallentare e bloccare la sua crescita, facendolo richiudere poi su se stesso in un grande crollo, il Big Crunch.
Chiuso (No JavaScript)
Aperto - la materia non riuscirebbe a frenare la spinta primordiale, causando quindi una espansione all'infinito.
Aperto (No JavaScript)
Piatto - con un valore esattamente uguale l'espansione sarebbe ancora infinita, ma in continuo rallentamento.
Piatto (No JavaScript)
Secondo le nostre attuali conoscenze nell'universo non c'è tanta materia quanta ne sarebbe sufficiente ad innescare la prima ipotesi, la densità di quella visibile viene infatti quantificata in circa il 2% di quella necessaria. Viene comunque vagliata la possibilità della sua esistenza sotto forma di materia oscura, invisibile, le prove sono fornite dalle galassie e dagli ammassi di galassie, i cui movimenti e le relative velocità sembrano derivare da effetti gravitazionali dovuti a quantità di materia ben maggiori di quelle sinora osservabili.

IL BIG BANG E L'ESPANSIONE DELL'UNIVERSO
La grande esplosione da cui ha avuto origine l'Universo in cui viviamo e' avvenuta 15-20 miliardi di anni fa, ha lasciato una eco sotto forma di radiazione fossile a -270 gradi centigradi, chiamata `radiazione cosmica di fondo'.
10-43 secondi (0.0000000000000000000000000000000000000000001 secondi) dopo il Big Bang. L'Universo e' caldissimo, 1032 gradi (100000000000000000000000000000000 gradi) e piccolissimo 10-33 cm (0.000000000000000000000000000000001 cm).
10-36 secondi dopo il Big Bang. Si creano le prime particelle: i quark. L'Universo e' ancora caldissimo 1030 gradi e misura 10-26 cm. Inizia l' espansione `violenta' dell'Universo, epoca conosciuta come `era dell'inflazione'.
10-4 secondi dopo il Big Bang. I quark formano protoni e neutroni, gli antiquark formano antiprotoni e antineutroni. La temperatura dell'universo e' di 1000 miliardi di gradi.
1 secondo dopo il Big Bang: compaiono i primi elettroni.
3 minuti dopo il Big Bang iniziano a formarsi i nuclei di elio.
300.000 anni dopo il Big Bang gli elettroni si legano ai protoni e ai nuclei di elio formando atomi di idrogeno ed elio.
10 milioni di anni dopo il Big Bang si formano le prime galassie.
15 miliardi di anni dopo il Big Bang: L'Universo in cui viviamo.
Secondo le teorie attuali, nell'universo originario non esisteva nessuna delle quattro forze fondamentali che si osservano oggi, ma ne esisteva una sola unificata. Mano a mano che l'universo si espandeva e si raffreddava esse si sono diversificate nella seguenti forze: gravitazionale, elettrodebole, elettromagnetica e forte.
Le profondita' dell'Universo e la materia oscura
Edwin Hubble scopri', sul finire degli anni '20, che le galassie si stanno allontanando le une dalle altre tanto piu' velocemente quanto maggiore e' la loro distanza.
Nelle profondita' dell'Universo si trovano i "quasars": oggetti ancora misteriosi, sono probabilmente nuclei attivi di galassie lontanissime, nello spazio e nel tempo, ospitanti nelle loro parti piu' interne giganteschi buchi neri, la cui massa puo' essere un miliardo di volte quella del Sole.
Ma la materia che compone i nostri corpi, le stelle, le galassie e' forse solo l'1% del totale. Il restante 99% e' materia "invisibile" che sfugge all'osservazione diretta: gli astronomi la chiamano "materia oscura". La natura della materia oscura e' ancora un mistero, ma essa si fa "sentire" tramite la propria attrazione gravitazionale.
L'espansione dell'Universo.
Con i grandi telescopi riusciamo ad esplorare le porzioni piu' lontane dell'Universo, osservando corpi celesti che ci hanno inviato la loro luce miliardi di anni fa. Li vediamo dunque come erano allora, compiendo cosi' un viaggio all'indietro nel tempo. (JPEG, 66 K)
(Disegno Michelangelo Miani)
Questa immagine, ottenuta con il telescopio spaziale Hubble, rappresenta la piu' remota porzione di Universo mai vista. Le galassie piu' deboli, lontane circa 12 miliardi di anni luce, mostrano l'Universo come era quando la sua eta' era meno del 10% dell'eta' che ha oggi. Esse sono 4 miliardi di volte piu' deboli del limite della visione umana. Ciascun lato dell'immagine corrisponde a 1.500.000 anni luce. La luce proveniente dalla galassie piu' lontane e' uguale a quella emessa da una lampadina da 100 Watt posta a 16 milioni di km di distanza. (JPEG, 894 K)
(NASA-STScI)
Le lenti gravitazionali
L'effetto lente gravitazionale e' una conseguenza del fatto che la gravita' e' in grado di `piegare' la luce, cioe' di deviarne il percorso rettilineo. Puo' accadere che la luce inviata da un quasar lontanissimo sia deviata dal campo gravitazionale di una galassia interposta tra il quasar e l'osservatore. Si formano cosi' intorno alla galassia diverse immagini dell'oggetto lontano. (JPEG, 39 K)
(Disegno D.Berry, STScI)
La lente gravitazionale.
L'immagine del quasar appare all'osservatore non piu' singola ma multipla, come in questa immagine del Telescopio Spaziale, formando la cosiddetta `croce di Einstein'. (JPEG, 130 K)
(NASA-STScI)
BbbBig Bang
BIG BANG=gigantesca esplosione di materia ed energia, con la quale si pensa abbia vuto inizio la storia del nostro universo. La materia era inizialmente concentrata in uno spazio infinitesimo, a temperature e densita' elevatissime; dopo l'esplosione, man mano che l'universo si espandeva, essa e' diventata via via piu' fredda e rarefatta.
La nascita della cosmologia moderna
La cosmologia e' la scienza che studia l'origine e l'evoluzione dell'Universo.
Nella storia del pensiero scientifico occidentale, essa ha avuto un ruolo molto importante e in qualche modo legato alla filosofia e alla religione. Fino a pochi secoli fa, l'universo conosciuto era descritto dal Sistema Tolemaico, secondo il quale il cosmo era perfetto ed immutabile ed aveva il suo centro nella Terra.
Con Copernico, Galileo e Keplero termino' la concezione geocentrica dell'universo e si passo' ad una concezione eliocentrica. Non si tratto' solo di un semplice cambiamento di prospettiva, ma dell'avvio di una vera e propria rivoluzione nella scienza, perche' da allora in avanti il dogma lascio' il posto alla sperimentazione.
Oggi sappiamo che la Terra non e' al centro dell'Universo, ma fa parte di un sistema planetario; questo a sua volta e' parte della Via Lattea, la quale non e' altro che una delle moltissime galassie presenti nell'Universo.
Tuttavia, fino a pochi decenni fa si credeva che la nostra Galassia costituisse l'intero cosmo e che tutte le stelle e le nebulose visibili ne facessero parte.
Soltanto negli anni '20, l'astronomo Edwin Hubble scopri' che alcune di quelle stelle e nebulose sono esterne alla Via Lattea e sono in realta' galassie molto distanti
L'espansione dell'Universo e il Big Bang
Nel 1929, Hubble scopri' anche che tutte le galassie sembrano allontanarsi da noi, infatti la radiazione che esse emettono e' spostata verso il lato rosso dello spettro, cioe' presentano il fenomeno del redshift:
nello spettro della luce visibile, il colore e' funzione della lunghezza d'onda. Intorno ai 4.000 Angstrom la luce ha un colore violetto, che al crescere della lunghezza d'onda passa al verde, al giallo e poi al rosso, intorno ai 7.000 Angstrom. Quando una sorgente si avvicina o si allontana da un osservatore, la luce che essa emette si comporta come le onde acustiche. E' noto che quando un treno si avvicina il suo fischio diventa piu' acuto, perche' le onde arrivano ad intervalli sempre piu' brevi man mano che la sorgente si avvicina; viceversa il tono diventa piu' grave quando il treno si allontana. Questo e' il cosiddetto "effetto Doppler". Allo stesso modo, quando una sorgente di luce si avvicina, e' come se il numero di oscillazioni per unita' di tempo dell'onda elettromagnetica aumentasse, cosi' la lunghezza d'onda decresce e si dice che la luce si sposta verso il blu ("blueshift").
Se invece la sorgente si allontana dall'osservatore, la lunghezza d'onda sembra aumentare e si ha lo spostamento della luce verso il rosso (in inglese "redshift"). Lo spostamento e' direttamente proporzionale alla velocita' della sorgente luminosa.
Il redshift si calcola per mezzo di alcune righe spettrali facilmente identificabili, misurando la differenza tra la loro lunghezza d'onda e quella avrebbero se venissero emesse da una sorgente in quiete, essendo quest'ultima conosciuta.
Misurando la velocita' delle galassie tramite il loro redshift, e la loro distanza, Hubble stabili' che esse si allontanano da noi ad una velocita' tanto maggiore quanto piu' grande e' la loro distanza, secondo quella che e' ora conosciuta come "legge di Hubble":
V=Ho d
dove V e' la velocita' di allontanamento della galassia, d la sua distanza e Ho e' la costante di Hubble. L'Universo, dunque, e' soggetto ad un moto di espansione.
Questo fatto da' l'impressione che la Terra sia il centro di un moto generale di recessione, mentre in realta' esso non ha un centro. Pensiamo ai punti disegnati su un palloncino che viene gonfiato; essi si allontanano l'uno dall'altro con velocita' proporzionale alla loro distanza: ogni punto puo' essere considerato come il centro dell'espansione. Allo stesso modo, noi non siamo al centro dell'espansione dell'Universo, ma in un suo punto qualsiasi: un altro osservatore, posto in un punto qualsiasi su un'altra galassia, vedrebbe esattamente le stesse cose che vediamo noi. Un altro duro colpo per l'orgoglio dell'uomo...
Il cielo profondo esplorato dal Telescopio Spaziale Hubble. Vi si distinguono centinaia di galassie giovani di vari tipi. (HST)
La constatazione che l'Universo si espande ha posto un problema nuovo: quello della sua nascita. Il fatto che le galassie si stiano allontanando l'una dall'altra implica che, se ritornassero indietro con la stessa velocita', dopo qualche miliardo di anni si rincontrrebbero, e tutta la materia che compone l'Universo formerebbe un agglomerato densissimo e molto caldo.
Questa considerazione ha condotto alla teoria evolutiva del "Big Bang", cioe' di un'enorme esplosione iniziale che diede origine all'Universo e che ne causo' l'espansione che ancora oggi osserviamo. Secondo questa teoria, l'Universo primordiale sarebbe stato composto di materia densissima e caldissima, concentrata in uno spazio infinitesimo. Il suo stato fisico era cosi' estremo che e' difficile perfino da immaginare; solo la fisica teorica e' in grado di descriverlo. Esso sarebbe poi esploso e si sarebbe espanso, diventando sempre meno caldo e meno denso, fino ad assumere gradatamente l'aspetto con il quale oggi lo conosciamo.
Dalla legge di Hubble si deduce che l'Universo e' nato 15-20 miliardi di anni fa; in realta', la determinazione della sua eta' e' molto piu' complessa e rappresenta uno dei problemi principali che la cosmologia moderna si trova ad affrontare.
Il valore della costante di Hubble attualmente accettato e' compreso tra i 50 e i 100 Km/sec per Megaparsec; ovvero, le galassie si muovono con velocita' che crescono di 50-100 Km/sec per ogni Megaparsec di distanza da noi.
Il primo a proporre lo scenario di un'esplosione iniziale fu l'abate G.Lemaitre nel 1927, ma solo negli anni '40 il fisico G.Gamow lo affronto' in modo piu' quantitativo. Egli ipotizzo' che i nuclei atomici piu' leggeri (idrogeno, elio, deuterio e litio) si siano formati nei primi istanti di vita del cosmo. Successivamente e' stato verificato che le quantita' di tali elementi presenti nell'Universo corrispondono con quelle previste dalla teoria, confermandone la validita'.
Un'altra conferma e' giunta nel 1965 con la scoperta casuale di una debole radiazione che permea tutto l 'Universo, proveniente da tutte le direzioni. Essa ha un massimo di intensita' alla lunghezza d'onda di 2.6 cm e viene detta radiazione di fondo cosmica. Si pensa che sia il residuo della radiazione intensissima ed altamente energetica che si e' prodotta poco dopo il Big Bang.
Un ammasso di galassie lontano 9 miliardi di anni luce. L'immagine copre una distanza di due milioni di anni luce. (HST)
Storia dell'Universo dal Big Bang alla formazione delle galassie
La teoria del Big Bang consente di spiegare un gran numero di osservazioni e percio' viene considerata un'ipotesi di lavoro attendibile; anche se presenta ancora qualche problema ed e' stata piu' volte messa in discussione, attualmente non vi sono valide teorie alternative.
Ma che cosa e' successo nelle prime fasi della vita dell'Universo?
L'Universo secondo i fisici non comincio' all'istante zero, bensi' ad un istante detto "tempo di Planck", 10-43 secondi dopo il Big Bang. Prima di questo istante, esso e' completamente inaccessibile, perche' tutta la materia e l'energia che lo componevano erano cosi' concentrate da costituire una "singolarita'": uno stato estremo, nel quale lo spaziotempo della Relativita' non ha nemmeno senso, e che non fa parte della fisica che conosciamo.
Al tempo di Planck, l'Universo era caldissimo (T=1032 gradi) e aveva una dimensione di 10-33 cm.
Successivamente si formarono le prime particelle, i quark, dai quali nacquero poi neutroni e protoni, con le relative antiparticelle. Materia e antimateria infatti sono sempre state presenti entrambe nell'Universo.
Dopo 10-23 secondi, l'Universo era ancora piccolissimo, delle dimensioni di un protone. Da questo momento fino a 10-6 secondi dopo il Big Bang, protoni e antiprotoni si annichilarono, cioe' si fusero trasformando le intere loro masse (m) in energia elettromagnetica (E), secondo l'equaizone di Einstein E=mc2. In seguito comparvero elettroni ed antielettroni, che si annichilarono anch'essi.
Queste annichilazioni produssero enormi quantita' di energia, sotto forma di radiazione elettromagnetica. L'Universo era dominato dalla radiazione e percio' questo periodo prende il nome di "era radiativa".
Ad 1 minuto di eta' si formarono i primi nuclei atomici (deuterio, elio e litio): la temperatura dell'Universo era scesa sotto i 10 miliardi di gradi, cosi' i protoni e i neutroni rimasti cominciarono ad urtarsi con violenza minore e a dar luogo alle prime reazioni di fusione nucleare.
Dopo qualche migliaio di anni, l'Universo non era piu' dominato dalla radiazione, ma dalla materia; questa era pero' ancora immersa in una radiazione molto intensa ed energetica. La tempeartura era ancora molto alta a quindi materia ed energia erano accoppiate, cioe' si trasformavano continuamente l'una nell'altra.
Si dovette attendere fino a 300mila anni dopo il Big Bang perche' la temperatura scendesse ancora ed esse si disaccoppiassero: da quel momento l'Universo divento' trasparente alla radiazione.
Nel frattempo, gli elettroni si unirono ai nuclei per formare gli atomi.
Galassie giovani. Nel primo riquadro, una piccola regione nella costellazione dello Scultore. Nel secondo, un'immagine del piu' distante ammasso di galassie rivelato dal Telescopio Spaziale Hubble (dista 12 miliardi di anni luce e contiene 14 galassie). Nel terzo riquadro, la galassia piu' distante mai osservata, dista da noi 12 miliardi di anni luce ed ha un redshift di 3.33. A distanze maggiori si osservano soltanto quasars. (HST)
Dopo qualche centinaio di milioni di anni, la temperatura era scesa sotto i 4000 gradi; gli elettroni si combinarono con i nuclei: la materia divenne in gran parte elettricamente neutra e la sua interazione con la radiazione divento' molto meno frequente. La materia pote' quindi cominciare ad aggregarsi ed in seguito si formarono le prime protogalassie: gigantesche nubi di gas freddissimo (-220 oC) che dettero origine alle galassie, per collasso gravitazionale, nel miliardo di anni successivo.
Dopo circa 2-3 miliardi di anni dal Big Bang, le galassie cominciarono a riunirsi in ammassi e a 4 miliardi di anni si formarono le prime stelle.
L'Universo nel frattempo si era espanso e raffreddato, la radiazione era diventata molto meno energetica, cioe' si era spostata a lunghezze d'onda maggiori: il tutto aveva cominciato ad assumere l'aspetto con il quale oggi lo conosciamo.
Questa sequenza di immagini di galassie distanti offre una panoramica della possibile evoluzione delle galassie ellittiche e spirali. (HST)
Il Big Bang. I primi attimi dell'Universo.
(G. Giacomelli)
Secondo il modello del Big Bang, l'Universo ebbe origine con un' "esplosione", che riempì tutto lo spazio, a partire da un punto materiale. Dopo questo momento ogni particella cominciò ad allontanarsi velocemente da ogni altra particella. Nei suoi primi attimi l'Universo si può considerare come un gas caldissimo di particelle elementari in rapida espansione.
Una completa conoscenza della fisica delle particelle elementari, in particolare dei costituenti ultimi e delle forze, è necessaria per comprendere cosa avvenne allora. Le teorie sull'unificazione delle forze fondamentali, sviluppate nel contesto della fisica delle particelle elementari senza alcuna connessione con la cosmologia, sono state applicate per descrivere l'evoluzione dell'Universo a cominciare da tempi piccolissimi dopo il Big Bang. Per i fisici delle particelle i primi attimi dell'Universo costituiscono un acceleratore senza limiti di energia e costo. Per gli astrofisici l'utilizzazione delle teorie fisiche rappresenta l'unico modo per capire cosa accadde nei primi attimi dell'Universo.


Fig.1: Rappresentazione intuitiva dell'espansione dell'Universo
Per visualizzare la natura dell'espansione si ricorre all'esempio dell'espansione di un palloncino sulla cui superficie sono disegnati dei punti. Gonfiando il palloncino, la distanza fra due punti qualsiasi aumenta. Un ipotetico osservatore a due dimensioni spaziali che stia su di un punto della superficie del palloncino vedrebbe tutti gli altri punti allontanarsi da lui in tutte le direzioni. Un altro osservatore bidimensionale situato in un altro punto del palloncino giungerebbe a una conclusione analoga. Per questi esseri non esiste un osservatore privilegiato: l'espansione non ha un centro sulla superficie e il loro Universo è una superficie sferica; tale Universo è finito e illimitato, nel senso che un essere piatto può muoversi in una direzione fissa e proseguendo può tornare al punto di partenza.
Secondo la relatività generale, l'espansione del nostro Universo avviene nello spazio-tempo, in quattro dimensioni; ma è per noi difficile visualizzare la quarta dimensione come per l'essere a due dimensioni è difficile visualizzare la terza dimensione.
Si è giunti all'ipotesi del Big Bang sulla base di tre fatti sperimentali: (i) la recessione delle galassie (il nostro Universo si sta espandendo e raffreddando); (ii) la radiazione cosmica di fondo e (iii) il rapporto di abbondanza elio-idrogeno. Si sono poi aggiunte le seguenti considerazioni: (iv) le galassie distanti, situate a qualche miliardo di anni luce da noi, sono più "giovani" di quelle vicine; (v) la curvatura dello spazio-tempo sembra essere collegata al contenuto di materia e di energia nel nostro Universo.
È da ricordare che la teoria del Big Bang descrive come sta evolvendo il nostro Universo , non come ha avuto inizio. Non sappiamo nulla su che cosa "facesse" il nostro Universo prima che iniziasse ad espandersi.
Di solito si assume che le quantità fisiche che si conservano fossero tutte nulle all'inizio dell'Universo. Per la carica elettrica ciò significa che all'inizio dell'Universo e in ogni istante successivo il numero di cariche elettriche positive era ed è esattamente uguale al numero delle cariche negative.
I risultati ottenuti negli ultimi anni hanno permesso di discutere su base scientifica i primissimi attimi dell'Universo. Presenteremo l'evoluzione dei primi attimi dell'Universo con il metodo dei "fotogrammi", cioè con una serie di "fotografie istantanee" scattate a tempi crescenti. Bisogna ricordare che la nostra conoscenza diminuisce con l'avvicinarsi al momento del Big Bang. Il quadro che attualmente si può fare è quello seguente, vedi Figura.
Fig. 2: Illustrazione della storia dell'Universo
1. Tempo cosmico t1 = 0 , circa 15 miliardi di anni fa. Avviene il Big Bang, la singolarità che ha prodotto l'Universo. Da questo momento l'Universo inizia ad espandersi. Lo stato iniziale aveva tutti i numeri quantici conservati uguali a zero. Probabilmente anche l'energia totale era (ed è) nulla, perchè l'energia cinetica, cioè l'energia di moto, è uguale e di segno opposto all'energia potenziale gravitazionale.
2. Prima transizione di fase a t2 = 10-43 s, (tempo di Planck); la temperatura è T2 ~ 5·1031 K; l'energia cinetica media di ogni particella è < E2 > ~ 6 ·1018 ~ 1019 GeV. t2 può essere considerato il momento in cui vengono create le particelle. Prima di questo momento le fluttuazioni quanto-meccaniche non permettevano di parlare di particelle come entità separate. Per tempi più piccoli del tempo di Planck, da t1 a t2, ci dovrebbe essere stata l'Epoca dell'unificazione della forza GrandUnificata con quella gravitazionale. Fino a quest'istante le onde gravitazionali emesse venivano subito assorbite; da questo momento sono invece libere di propagarsi.
3. Da 10-43 s a 10-35s. Se i quark e i leptoni sono veramente i costituenti ultimi della materia si può pensare che l'Universo fosse un gas di quark e leptoni, di antiquark e antileptoni e di bosoni X, Y mediatori della forza di Grande Unificazione. I leptoni e i quark si comportano come membri di un'unica famiglia; un quark può essere trasformato in un leptone (o viceversa).
4. Seconda transizione di fase a t4 ~ 10-35 s, T4 ~ 5·1027 K, < E4 > ~ 6 ·1014 ~ 1015 GeV per particella. Termina l'Epoca della Grande Unificazione (GUT) dell'interazione forte con quella elettrodebole (che va da t2 a t4) e si ha una transizione di fase: si passa da uno stato in cui le interazioni che cambiavano un quark in un leptone (o viceversa) erano probabili come quelle tra quark e quark (o tra leptone e leptone) a una situazione in cui ciò non è più vero. Il quark diventa molto diverso dal leptone. Il passaggio tra questi due stati è la transizione GUT, durante la quale possono essere state create nuove particelle, come i monopoli magnetici, cioè particelle dotate di carica magnetica. A t = t4 inizia l'Epoca Elettrodebole. Secondo alcuni modelli, la transizione di fase a t = t4 ha avuto inizio con un'iperespansione dell'Universo (inflazione). L'inflazione dovrebbe avere ridotto il numero di monopoli magnetici prodotti, reso l'Universo "piatto", isotropo e causalmente connesso. L'inflazione dovrebbe aver aumentato a velocità superluminale una regione del diametro di circa 10-25 cm sino ad alcuni metri in una piccolissima frazione di tempo.
5. Da 10-35 s a 10-10 s. La forza forte e quella elettrodebole sono diverse; i quark e i leptoni si comportano come oggetti diversi; i bosoni X,Y decadono in quark e leptoni. Il loro decadimento porta a una lieve asimmetria tra materia e antimateria, con una lieve prevalenza della prima. Quest'Epoca (Epoca Elettrodebole) ha una durata temporale breve, ma che corrisponde a un grande intervallo di energie. Molti fisici parlano di deserto. Può darsi che il deserto "fiorisca", cioè può darsi che possano esistere nuove particelle (per es. le particelle supersimmetriche) con masse dell'ordine di 1000 GeV. In tal caso questo intervallo di tempo sarebbe composto di vari periodi, con possibili altre transizioni di fase.
6. Terza transizione di fase a t6 = 10-10 s, T6 ~ 1.5 · 1015 K, < E6 > ~ 200 GeV. Termina l'Epoca elettrodebole: dopo quest'istante la forza debole e quella elettromagnetica sono diverse l'una dall'altra. Inizia un'altra Epoca.
7. Quarta transizione di fase a t7 = 10-6 s; avviene l'annichilazione quark-antiquark. Come risultato dell'annichilazione q anti(q) prima, e di quella e+e- poi, si ha la scomparsa dell'antimateria, lasciando un numero (relativamente limitato) di quark e elettroni. Prima di t7 , si aveva un plasma di quark, antiquark, gluoni; da questo momento si ha un plasma di quark e gluoni (più elettroni).
8. Quinta transizione di fase a t8 = 10-4 s, T8 ~ 1.5 · 1012 K, < E8 > ~ 0.2 GeV. Si ha il confinamento dei quark per formare protoni e neutroni. Fino a questo istante si poteva parlare di quark come particelle libere. Ora i quark si uniscono in tripletti per formare protoni e neutroni (forse si uniscono in tripletti i pochi anti(q) rimasti per formare anti(p) e anti(n). Alla differenza nel numero di quark e antiquark corrisponde ora una differenza fra il numero di p e quello di anti(p) (e fra n e anti(n) ).
9. Da 10- 4 s a 1.1 s. Nell'Universo abbondano le particelle con massa inferiore a 6 MeV: elettroni, positroni, neutrini, antineutrini e fotoni. L'Universo è ancora così caldo e denso che anche i neutrini interagiscono rapidamente e sono in equilibrio termodinamico con e-, gamma. Il numero di questi tipi di particelle è di poco diverso uno dall'altro. Invece il numero di p e di n è molto piccolo, circa uno ogni miliardo di gamma, (o e- o n). Il numero di n è quasi uguale a quello dei p.
10. Sesta transizione di fase a t10 = 1.1 s, T10 ~ 1.4 · 1010 K, < E10 > ~ 2 MeV: si ha il disaccoppiamento dei neutrini. L'energia media dei neutrini è diminuita, come è diminuita quella di qualsiasi altra particella. Come conseguenza è diminuita per i neutrini la loro probabilità di interagire; questo, connesso al fatto che la densità della materia diminuisce con l'aumentare del tempo, fa sì che i neutrini non interagiscano più con il resto della materia e diventino indipendenti. Il fatto che il neutrone abbia una massa lievemente superiore a quella del protone non aveva importanza quando le energie tipiche erano elevate: nelle collisioni, un neutrone poteve trasformarsi in un protone con la stessa probabilità con cui avveniva la reazione inversa. Alle energie cinetiche di questo periodo, la differenza di massa tra n e p produce una differenza nei tempi di reazione. Per esempio poco prima del disaccoppiamento dei neutrini la reazione netrino(e) + n in e-+ p era più probabile della reazione inversa. Si è avuto quindi un aumento di protoni rispetto a quello dei neutroni. A t = 1.1 s si aveva circa il 24% di neutroni e il 76% di protoni. In una collisione pn si può formare un nucleo di deuterio, (n+ p in d + gamma) che viene rapidamente spezzato nei suoi costituenti in una successiva collisione con un fotone (gamma + d in n + p) .
11. Settima transizione di fase a t11 = 4 s, T11~ 4 · 109 K, < E11 > ~ 0.5 MeV per particella. : annichilazione delle coppie e+ e-. I fotoni hanno un'energia al di sotto dell'energia richiesta per produrre coppie e+ e-. Quindi non vi è più una compensazione alla perdita di elettroni e positroni, dovuta alla loro annichilazione. Gli e- ed e+ scompaiono rapidamente; resta solo un piccolo numero di elettroni, quelli che erano in numero lievemente superiore agli e+. Il numero degli elettroni che restano è esattamente uguale a quello dei protoni. L'energia che si libera nel processo di annichilazione riscalda le particelle che sono accoppiate fra loro, per esempio i fotoni, ma non i neutrini. I fotoni vengono quindi ad avere una temperatura del 35% superiore a quella dei neutrini. Il numero di neutroni continua a diminuire per lo stesso motivo illustrato nel paragrafo precedente.
12. Da 4 a 200 s. I positroni sono scomparsi dall'Universo. I neutroni continuano a trasformarsi in protoni a causa di reazioni varie che favoriscono la particelle di massa inferiore. A ciò va ad aggiungersi il decadimento spontaneo (n in p + e- + antineutrino(e)). Il rapporto n/p è ora di 14% neutroni e 86% protoni. In questa fase, i componenti principali dell'Universo sono gamma, neutrino, antineutrino disaccoppiati con (relativamente) piccolissime percentuali di e-, p, n (un elettrone per qualche miliardo di fotoni).
13. Ottava transizione di fase a t13 = 200 s, T13 ~ 109 K, < E13 > ~ 140 keV per particella: è il momento in cui avviene la nucleosintesi di elio, deuterio e altri elementi leggeri; da questo momento vi è materia nucleare composta in peso per il 24% di elio e per il 76% di protoni.
14. Da 200 s a 10000 anni. L'Universo contiene principalmente fotoni e neutrini. Vi sono anche elettroni, protoni ed elio; non ci sono più neutroni liberi. La radiazione continua a raffreddarsi e così pure la materia.
15. t15 = 10000 anni, T15 ~ 140000 K, < E15 > ~ 18 eV. Termina l'Era della radiazione (che aveva avuto origine subito dopo il Big Bang) e inizia l'Era della materia (che prosegue fino ad oggi). Per radiazione si intendono sia onde che particelle, queste ultime però con energie cinetiche molto superiori all’energia connessa con la loro massa. In quest'era, l'energia è dominata dalla materia, cioè dall'energia connessa con la massa (W=mc2). A t = t15 non si possono ancora formare atomi: infatti, ogni volta che un protone cattura un elettrone e forma un atomo di idrogeno, poco dopo avviene una collisione con un fotone che rompe l'atomo.
16. Nona transizione di fase a t16 = 300000 anni, T16 ~ 4000 K, < E16 > ~ 0.5 eV per particella: è il momento della formazione degli atomi. L'energia dei fotoni è diventata così bassa che i fotoni non sono più in grado di distruggere gli atomi che si vanno formando. In un tempo relativamente breve gli elettroni si uniscono ai protoni formando atomi di idrogeno; i nuclei di elio con gli elettroni formano atomi di elio. Come conseguenza, l'Universo diventa trasparente alla radiazione elettromagnetica, che da questo momento si disaccoppia dalla materia e ha vita autonoma. Un fotone interagisce con una carica elettrica, quale quella dell'elettrone, ma interagisce molto poco con un atomo neutro. Prima di questo momento l'Universo era costituito di un gas di particelle elettricamente cariche (protoni e elettroni). Un plasma di elettroni e protoni è un quarto stato della materia, dopo quello solido, liquido e gassoso; uno stato molto abbondante anche nell'Universo attuale, perché è lo stato dominante dentro le stelle. L'Universo che era diventato buio torna a risplendere di nuovo, ma con la luce delle stelle (la lunghezza d'onda media della radiazione cosmica di fondo era diventata grande, corrispondente a raggi infrarossi).
17. t17 = 1 miliardo di anni: formazione delle galassie. Si formano galassie e ammassi di galassie, poi le prime stelle. Si erano create disomogeneità spaziali nella distribuzione della materia: si formano delle nubi di materia e per effetto gravitazionale le protogalassie; entro queste si formano poi le protostelle. Con il passare del tempo la nube di gas di una protostella diviene più piccola, la temperatura all'interno aumenta finchè diventa così elevata che possono iniziare le reazioni termonucleari, dove si brucia idrogeno, ottenendo elio come "cenere" (nelle stelle massiccie anche l’elio brucia dando luogo a carbone, ossigeno e infine ferro). L'Universo che era diventato buio torna a risplendere di nuovo, ma con la luce delle stelle (la lunghezza d'onda della radiazione cosmica di fondo era diventata grande, corrispondente a raggi infrarossi).
Sotto sono riportate le fotografie di una galassia a spirale (sinistra) e di un ammasso di galassie (destra).

Fig. 3: Una galassia a spirale e un piccolo ammasso di galassie
18. t18 ~ qualche miliardo di anni. Esplodono le prime supernovae. Conseguenza di questa esplosione è il lancio nello spazio interstellare di una grande quantità di materia contenente elementi pesanti sintetizzati all'interno di stelle pesanti.
19. t19 ~ dieci miliardi di anni. Si forma la nube dalla quale per contrazione gravitazionale nascono il sole e i suoi pianeti, fra i quali la terra. Il materiale raccolto dalla nostra nube contiene in prevalenza idrogeno ed elio, cioè il materiale prodotto all'inizio dell'Universo ; sono presenti però anche quantità significative di materiali come il ferro, sintetizzati in precedenza in una stella massiccia che poi è esplosa; dopo l'esplosione questo materiale ha viaggiato e in qualche modo è giunto sino a noi.
20. t20 ~ 15 miliardi di anni , circa un milione di anni fa, si sviluppa l'homo sapiens che inizia a domandarsi come è fatto questo nostro Universo.
Fig. 4: Un uomo medievale immagina di vedere cosa c'è al di là dell'Universo.
La discussione dei primi attimi di vita dell'Universo ha messo in evidenza le connessioni profonde fra cosmologia e fisica subnucleare. Per questo si dice che studiare l'estremamente piccolo significa studiare e comprendere la nascita dell'Universo.
Come illustrato nella Fig. 1 la storia dell'Universo primitivo è divisa in due Ere e in più Epoche: Era della radiazione, Era della materia; Epoca della Grande Unificazione, Epoca Elettrodebole, ecc.
Le transizioni fra Epoche sono chiamate transizioni di fase, riprendendo il linguaggio della termodinamica. Abbiamo considerato la transizione prevista dalle teorie della Grande Unificazione (GUT) a 10-35 s, la transizione elettrodebole a 10-10 s, la transizione quark in adroni a 10-6 s, la nucleosintesi a 200 s, la formazione degli atomi a 300000 anni, la formazione delle galassie a 1 miliardo di anni, ed altre.
Ci si può chiedere: cosa c'era prima del Big Bang? Non può esserci ovviamente nessuna risposta che abbia senso fisico perché non è possibile ottenere alcuna informazione fisica per tempi prima del Big Bang.
E che cosa si può dire per quanto riguarda l'evoluzione futura dell'Universo? Se la densità attuale di materia è inferiore a un certo valore l'Universo si espanderà per sempre, se fosse superiore l'Universo raggiungerebbe un'espansione massima, comincerebbe a contrarsi, diventerebbe sempre più piccolo fino a giungere ad un'implosione finale. Vi sono indicazioni sperimentali nuove che suggeriscono che l'espansione dell'Universo stia accentuandosi (queste indicazioni vanno ulteriormente verificate).
Le stelle dopo aver finito il loro combustibile nucleare, debbano spegnersi una dopo l'altra; quindi l'Universo dovrebbe tornare ad essere buio, senza luce visibile. Nel futuro, più lontano, dovrebbero esservi decadimenti dei protoni e ancora più tardi "evaporazioni" di buchi neri.
Nell'ipotesi che vi sia stata un'Epoca Inflazionaria (vedi il punto 4 e la Fig. 1), ci si può chiedere che cosa è avvenuto delle altre parti dell'Universo che forse esistevano prima del tempo di 10-35 s. Alcuni fisici teorici hanno parlato di possibili "universi paralleli": anche su questi non si può sperimentare e quindi queste considerazioni sono al di fuori della scienza
Alla teoria del Big Bang è stata contrapposta la teoria dell'Universo Stazionario: l'Universo esiste da sempre e continuerà ad esistere mantenendo una stabilità costante. Dato che l'Universo si espande, si deve accettare l'idea che si possa creare di continuo della materia dal nulla, in modo da garantire una densità costante. Molti fatti sperimentali favoriscono la teoria del Big Bang.
Ai punti 5, 7 e 11 si è spiegato come dovrebbe essere scomparsa l'antimateria, giungendo a un Universo di sola materia. Ma potrebbero anche esserci lontane "isole sperdute" di sola antimateria, anche se ciò sembra molto impropabile. Se l'antimateria venisse in contatto con la materia si avrebbe una rapida annichilazione che provocherebbe la reciproca distruzione.
Se il Big Bang fosse una favola
Dopo la scomparsa di Hoyle
C’era una volta, circa 14 miliardi di anni fa, una "pallina terribilmente densa" il cui "grande scoppio" avrebbe dato origine al nostro universo, con i suoi ammassi e le sue galassie, con stelle soli e pianeti; e su almeno uno di questi ultimi sarebbe un giorno comparsa la vita. Un esordio del genere sarebbe piaciuto a Sir Fred Hoyle, che per polemica aveva battezzato Big Bang lo scenario che abbiamo abbozzato, dal momento che a suo parere era "una favola", ben raccontata da George Gamow e dagli altri che l’avevano inventata (1948), ma "disperatamente lontana dal vero". Sir Fred non aveva peli sulla lingua: fedele "alla concezione sia di Newton sia di Einstein di un universo sostanzialmente statico, non amava quel "modello evolutivo" che prospettava una sorta di dispiegamento del cosmo da uno scoppio originario. Certo, anche questo modello derivava da soluzioni delle equazioni della relatività einsteiniana - una sorta di "curiosità matematica" escogitata da un "bolscevico" degli anni Venti del ’900, Aleksandr Fridman; e bene si accordava con la scoperta (sul finire degli stessi anni) dell’americano Erwin Hubble della "deriva" delle galassie. Gamov, un altro russo, aveva ripreso l’idea una volta venuto in Occidente: "l’uomo giusto al momento giusto", diceva polemicamente Hoyle. Intanto lui e gli altri che condividevano l’idea di un universo statico (la "teoria dello stato stazionario"), in particolare H. Bondi e T. Gold facevano i loro conti matematici, poi passavano qualche sera al cinema: fu guardando un horror movie che presero lo spunto per immaginare una sorta di "storia ciclica" dell’universo, evinta dal fatto che, visto casualmente l’ultimo episodio per primo, la trama dell’intero spettacolo manteneva una sua coerenza.
Ma forse anche questa è leggenda. "Non è che si negasse il Big Bang" spiegò poi Hoyle; "per così dire, però, lo si ridimensionava" facendone un evento locale piuttosto che globale. In particolare, proprio per salvare le leggi di conservazione della fisica e giustificare l’espansione cosmica scoperta da Hubble, Hoyle e i suoi amici introdussero una sorta di creazione continua, senza compromettersi con una "creazione" della materia tutta d’un colpo come invece sembrava esigere la teoria di Gamow. "Forse un tipo di creazione è più ostico che un altro?", chiese sarcasticamente una volta Hoyle. Coloro che vedono nel Big Bang "l’istante" della creazione biblica "hanno già deciso la questione senza guardare all’esperienza". Evidentemente, Sir Fred non amava troppo la Genesi , per lui forse era meglio qualche principio tratto dall’induismo o dal buddhismo. Era più "piacevole alla mente" l’idea di un cosmo nel suo complesso eterno, "qua e là" sottoposto a creazione e distruzione. Ma, riconosceva, la questione andava risolta sul piano dell’osservazione scientifica. E si sa come le cose andarono; negli anni Sessanta la scoperta da parte di Penzias e di Wilson della cosiddetta "radiazione di fondo" venne interpretata quasi subito come "il residuo cosmico del Big Bang". La teoria dello stato solido venne così relegata nell’archivio delle belle e purtroppo sbagliate. Gli stessi contributi di Hoyle alla comprensione della formazione, entro le stelle, degli elementi chimici superiori, doveva venire incorporata nella "storia ufficiale" dell’universo dei teorici del Big Bang.
"Ho amato il Big Bang - mi confidò Karl Popper - quando i suoi sostenitori andavano coraggiosamente controcorrente. Ora che è diventato la nuova ortodossia, prego per una rinascita di un vivace dissenso in cosmologia". E se a Sir Karl piacevano gli eretici nella scienza, a Sir Fred non mancavano le certezze: era sicuro che la sua "eresia" fosse la verità. Il grande astrofisico testé scomparso ha lavorato fino all’ultimo a nuove versioni della sua concezione: così è nata la teoria detta dello stato "quasi" stazionario, messa a punto insieme a uno sparuto drappello di entusiasti come G. Burbidge e J.V. Narlikar. Ma nella comunità scientifica la maggioranza era rimasta scettica. Solo l’applicazione di condizioni quantistiche al "cosiddetto Big Bang", a detta di Hoyle, aveva cambiato un po’ la situazione. Ancora un anno fa, Hoyle sottolineava come il Big Bang poteva essere una parte della verità, "ma non certo la Verità". Altre voci "dissenzienti" si erano unite al coro dei suoi sparuti seguaci: per alcuni "il Big Bang semplicemente non c’è mai stato" (come vuole H.C. Arp); per altri (come A. Linde) esso riguarda soltanto l’universo in cui viviamo "uno dei tanti che costituiscono un eterno Multiverso".
Speculazioni? Quel che contava, per Sir Fred, era non arrendersi mai. Del resto, oltre che sull’origine del cosmo, aveva opinioni eterodosse anche sulla comparsa della vita sulla Terra. Se l’era presa niente di meno che con Darwin o, meglio, con i suoi eredi. "No, la vita non è dovuta a qualche scarica elettrica nell’atmosfera di una Terra primordiale": era convinto che i primi "germi" di vita fossero giunti dalle stelle con i meteoriti. Una concezione che legava di più la Terra ai cieli, la comparsa della vita alla chimica del cosmo, l’emergere dell’intelligenza umana alle strutture base che matematicamente garantiscono "l’Armonia delle Sfere". Questa sua idea dell’"origine cosmica" della vita gli aveva naturalmente alienato non pochi settori della comunità scientifica. Ma lui aveva continuato con la consueta testardaggine, come il personaggio del suo racconto di fantascienza, La nuvola nera , che intuisce che nel nostro sistema solare è entrata una struttura perturbante capace non soltanto di sconvolgere le orbite dei pianeti ma anche di penetrare nei recessi delle nostre anime. Per ironia della sorte Sir Fred è mancato il 20 agosto, nei giorni in cui la comunità degli studiosi celebrava l’anniversario di Thomas Digges, il primo grande assertore del copernicanesimo e dell’universo infinito in Gran Bretagna, che la tradizione vuole discutesse con Bruno e con Shakespeare della possibilità che stelle e pianeti fossero abitati da spiriti e corpi.
[Magari Giordano Bruno incontrasse il piccolo ET
Martin Rees, scienziato e abile divulgatore, disegna le frontiere della cosmologia incrociando filosofia e fisica, esplora la possibilità di altri infiniti mondi abitati
SCIENZA millenaria, nobilmente seduttiva tra pensiero filosofico e agganci teologici, tra fisica e metafisica, la cosmologia vanta negli ultimi decenni un picco portentoso di attrazione anche in virtù delle incalzanti meraviglie tecnologiche. Con un non trascurabile scarto culturale, tuttavia; e cioè che i candidi amatori di fenomeni celesti, così come coloro che avanzano domande di maggior peso circa l’origine e i misteri dell’universo, si immergano in sinossi amabilmente semplificate e colorate o in proiezioni avveniristiche dedotte da volatili ipotesi di laboratorio. Consigliabile, perciò, una scelta in bianco e nero che ci aiuti a capire, grazie a un ragionevole linguaggio tecnico, sia i lavori in corso, i fallimenti e gli esiti felici della ricerca, sia gli orizzonti concettualmente possibili ma non ancora (o forse mai) subordinati al potere investigativo dell’uomo. Una recentissima guida in tal senso la vedo al n. 37 della Biblioteca Scientifica Adelphi e mi affretto a segnalarla: Il nostro ambiente cosmico dell’autorevole Martin Rees, professore all'Università di Cambridge e Astronomo Reale d’Inghilterra. Il libro è frutto di una serie di conferenze tenute a Princeton, luogo consacrato dei cosmologi che mette in fibrillazione l’illustre ospite e lo induce a confessare di essere stato ben temerario ad accogliere l’invito avendo di fronte «persone più competenti di me»; ma poi, con anglico humour, si giustifica e dichiara il suo specifico intento: «descrivere una certa attività di frontiera oggi molto vivace, mettendo in evidenza alcune idee nuove e rendendole accessibili al grande pubblico». E dunque, il meglio che si possa ottenere nella comunicazione: lo scienziato in veste di divulgatore. Martin Rees muove dall’interrogativo retorico di Einstein: «Dio avrebbe potuto creare il mondo in modo diverso?» (e argomenterà con maliziosa leggerezza il suo «sì che poteva»), ritesse la parabola del Big Bang, si sofferma sulla singolarità dell’habitat che ci riguarda, e rende omaggio alle geniali intuizioni di Giordano Bruno che cinque secoli addietro configurava infiniti mondi, infiniti spazi, e forniva precoce sostegno a una rivoluzionaria teoria di fine Novecento, il «multiverso», in cui ciò che per tradizione definivamo unico, assoluto, assume valore «locale», guadagnandosi comunque un magnifico titolo: «oasi di fertilità». Giordano Bruno è altresì fervido sostenitore di mondi, oltre che multipli, «abitati», e Martin Rees raccorda quella fantasiosa preveggenza cinquecentesca alle aspettative odierne, senza eludere la nota obiezione di Enrico Fermi: «Come mai gli extraterrestri, qui, non si vedono?». Problematico, talora agnostico, e sempre pronto a misurarsi con germi speculativi non immediatamente percettibili, l’autore spiega: 1) l’assenza di prove non è prova di assenza; 2) può darsi che Soli lontanissimi splendano su mondi altrettanto intricati e complessi del nostro, ma ognuno avrebbe un suo percorso evolutivo; 3) è più facile che due scimmie, battendo a casaccio su una tastiera, arrivino a comporre la stessa commedia di Shakespeare, che due ecosistemi siano la replica esatta l’uno dell’altro. Aggiunge però: se il «multiverso» fosse infinito, qualunque cosa, anche la più improbabile, potrebbe verificarsi, compresa l’apparizione degli extraterrestri. Asserto che riaccende l’entusiasmo di quanti, al risveglio, vorrebbero incontrare un E.T. battente bandiera marziana. Se però così non fosse, se la ricerca di ignoti confratelli risultasse fallimentare, l’essere umano avrebbe almeno tre motivi per confortarsi: solitudine eroica e privilegiata; più alta opinione di sé; orgoglio e responsabilità nel gestire l'ambiente di stretta appartenenza. Particolarmente efficaci e comprensibili ai non addetti, le pagine che trattano i buchi neri, il dialogo interstellare, il collasso totale e, al vertice delle aspirazioni, la teoria unitaria di tutte le forze che governano universi e microcosmo. In attesa di questo evento («il massimo trionfo intellettuale di ogni tempo»), l’autore lancia un appello che immagino abbia ricevuto calorosi applausi nelle aule di Princeton: «Aver caro il confortevole pianeta» in cui (per caso?) ci troviamo insediati. «Aver caro il nostro tenue puntino azzurro sperduto nell’immensità del cosmo e non compromettere (ulteriormente) il futuro della vita».
[Una sonda della Nasa ha fotografato le origini del cosmo e ne ha stabilito l'età, che è di 13 miliardi e 700 milioni di anni
L'universo bebè
L'età dell'universo è un dato attorno al quale i cosmologi hanno sempre dibattuto. L'universo, infatti, sembrava comportarsi come quelle persone che per civetteria amano nascondere la loro vera età e in effetti in quasi tutti i libri di divulgazione astronomica l'età dell'universo era stimata in circa 15 miliardi di anni, un dato che non poggiava su nessuna verifica sperimentale ma che, come vedremo, metteva d'accordo due "correnti" di pensiero. Oggi, finalmente, siamo giunti alla soluzione del rebus, perché, se saranno confermati i dati, una sonda della Nasa del programma Wmap, scrutando le profondità del nostro universo, è giunta a determinarne esattamente l'età. Non più incertezze, dunque: il nostro universo ha la bella età di 13 miliardi e 700 milioni di anni. Complimenti! L'importante annuncio, come ha spiegato John Bahcall dell'Istituto di studi avanzati dell'Università di Princeton, è da consider are una vera pietra miliare nella storia della cosmologia, un "rito di passaggio dalla speculazione alla scienza esatta". È noto che il nostro attuale universo ha avuto origine dal "big bang", una "grande esplosione" all'inizio del tutto i cui effetti sono ancora osservabili e misurabili. Le galassie, infatti, come mise in evidenza Edwin Hubble nel 1929, si stanno allontanando le une dalle altre e il tasso dell'espansione è regolato da un numero, una "costante" alla quale è stato dato proprio il nome di Hubble. Questa costante è importantissima in cosmologia perché il suo "reciproco" (vale a dire il suo "inverso") corrisponde all'età esatta dell'universo. Il fatto è che i cosmologi non si sono mai trovati d'accordo sul valore da attribuire a questa costante e pertanto si sono formate due correnti di pensiero che, sostenendo due diversi valori di questo importantissimo numero, portavano a due età differenti. Secondo una scuola l'età dell'universo era di 20 miliardi di anni, secondo l'altra di "appena" dieci miliardi. Nessuna delle due scuole poteva avvallare argomenti probanti a proprio favore e così, per non far torto a nessuno, si decise per una "media" dei due valori e nei testi che raccontavano le vicende della cosmologia si trovava scritto che l'universo aveva 15 miliardi di anni. Ora la sonda Nasa avrebbe scoperto che quel "valore medio" che pareva un compromesso, in realtà si avvicinava molto alla vera realtà. L'équipe che lavora con la sonda Wmap sarebbe riuscita, in definitiva, a "scattare" una immagine dell'universo appena nato, un "universo bebè" da mettere nella prima pagina dell'album di famiglia dell'universo. E si tratta di una foto importantissima, perché nel frattempo consente di determinare altre importanti proprietà, come ad esempio che le prime stelle si accesero 200 milioni di anni dopo il "big bang". Le fotografie, inoltre, evidenziano una struttura "ovale" in cui le zone a diversa temperatura sono caratterizzate da variazioni cromatiche (soprattutto il rosso e l'azzurro). Il nostro "universo bebè" è tutto qui: un ovetto colorato che da quasi 14 miliardi di anni ci manda il "vagito" della sua esistenza.

Dopo il Big Bang, la prima aurora dell'universo
In espansione, vecchio di 13,7 miliardi di anni, composto al 73 per cento da energia scura la cui natura ancora sfugge agli scienziati. La nuova mappa del cosmo disegnata dalle rilevazione del satellite Map
Sembra proprio che le ipotesi che gli scienziati stanno formulando sull'età e sulla forma dell'universo siano quelle giuste. La conferma questa volta non viene dalla stratosfera, come con il pallone Boomerang che dai cieli dell'Antartide ha disegnato il profilo dell'universo bambino. Arriva piuttosto da molto più in alto: è il frutto di un anno di lavoro del satellite americano Map (Microwave anisotropy probe), lanciato nell'estate del 2001 per disegnare una mappa di tutto il cielo alle frequenze delle microonde. Con i dati raccolti durante un anno di osservazioni, gli scienziati della Nasa sono stati in grado di costruire una immagine a macchie del cielo, dove ogni macchia indica maggiori o minori differenze di temperatura fra i diversi punti. Cioè le «anisotropie» che hanno disegnato le galassie. Map è figlio del primo importante satellite per la cosmologia: si tratta del satellite Cobe (Cosmic microwave background explorer), lanciato sempre dalla Nasa nel 1989 e che nel 1992 fornì agli astronomi la conferma inoppugnabile che non viviamo in un universo stazionario - come sosteneva fra gli altri Fred Hoyle - ma che la teoria del Big Bang è quella in grado di spiegare meglio l'universo che osserviamo. Non che prima gli scienziati avessero molti dubbi: al contrario, le prove a favore della grande esplosione primordiale da cui avrebbe avuto origine ogni cosa si stavano lentamente accumulando. Ma Cobe fornì l'impronta digitale del Big Bang: misurò precisamente la temperatura, residuo dell'esplosione, e osservò - pur se con risoluzione bassa - le tracce lasciate dalla formazione delle grandi strutture dell'universo, come le galassie e gli ammassi di galassie.
Ora Map fa un passo in più e misura i parametri fondamentali dell'universo, come l'età, la composizione, la densità, il tasso di espansione. Molti di questi risultati sono in parte noti: l'età per esempio si conferma essere di circa 13,7 miliardi di anni. Il più importante costituente rimane l'energia scura (dark energy), che costituisce ben il 73% del contenuto dell'universo. Un po' inquietante, a pensarci, dato che non è del tutto chiara neppure ai fisici la natura profonda di questa quantità, prevista solo come costante cosmologica nelle formule. Il 23% poi è costituito da materia scura, mentre solo il 4% è costituito da materia come la conosciamo, sotto forma di atomi.
«Il principale merito di Map è quello di aver osservato tutto il cielo», dice Paolo de Bernardis, capo del progetto Boomerang, «e di averne quindi fornito una mappa completa. I loro dati sono più precisi, perché hanno potuto calibrare meglio gli strumenti. Abbiamo confrontato la loro mappa con le zone di cielo dove abbiamo effettuato le nostre misure: e torna tutto. Anche noi quindi siamo molto contenti di questi risultati: confermano che il quadro cosmologico è in linea con quello che ci stiamo immaginando».
Ma il satellite americano sta regalando agli scienziati anche un risultato inedito. Si tratta della registrazione del momento in cui si sono accese le prime stelle. «Ci si aspettava che i primi oggetti a formarsi - dice ancora de Bernardis - fossero stelle molto massicce, luminose soprattutto nell'ultravioletto. L'immagine che vediamo oggi nelle microonde proviene da un momento circa 380mila anni dopo il Big Bang, quando la radiazione luminosa si disaccoppiò dalla materia. Ma prima di arrivare a noi, una parte di questa luce venne di nuovo bloccata da queste stellone, circa 200 milioni di anni dopo il Big Bang. Map è riuscito a stabilire il momento in cui questo è avvenuto».
«I risultati di Map - commenta Fabio Governato, dell'università di Washington a Seattle - confermano che i modelli basati sull'ipotesi di una materia scura fredda sono quelli che funzionano meglio. Si tratta di particelle esotiche sconosciute (anche se ci sono dei candidati), che sono immobili e subiscono solo la forza di gravità, grazie alla quale si formano mano a mano tutte le strutture».
Ma la ricerca va avanti: il gruppo di de Bernardis è al lavoro sui dati della seconda spedizione di Boomerang, che potranno confermare come l'universo si sia espanso dopo il Big Bang. Tra l'altro, il pallone è rimasto in Antartide, perché è atterrato in una zona impervia. Lo recupereranno solo la prossima estate australe. Anche l'Agenzia spaziale europea prevede nel 2008 il lancio di un satellite cosmologico, Planck, che misurerà con maggiore precisione di Map le perturbazioni nella radiazione di fondo.

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