La Pubblica Amministrazione: appunti di Scienze delle Finanze

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Categoria:Scienze Delle Finanze

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Testo

LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
IN GENERALE
ATTIVITA’ POLITICA E ATTIVITA’ AMMINISTRATIVA
Per raggiungere i fini che lo Stato si propone, è necessario che le scelte politiche e le disposizioni di legge vengono concretamente messe in pratica, in modo operativo, caso per caso.
L'attività politica consiste nel definire gli obiettivi dell'azione dello Stato ed è un attività sostanzialmente libera: l'unico limite che incontrano governo e Parlamento nel definire una politica del paese è costituito dalle norme costituzionali che sono poste al di sopra di essi.
L'attività amministrativa consiste nel clan per tutti quegli atti che permettono di realizzare in concreto le finalità decise in sede politica legislativa: è dunque un attività subordinata alla prima nel senso che deve svolgersi nel quadro degli indirizzi formulati in sede politica ed espressi in norme di legge.
LA BUROCRAZIA
Quel complesso di organi ed enti pubblici che hanno il compito di svolgere l'attività amministrativa formano la pubblica amministrazione.
Vi è una sostanziale differenza tra questi organi ed enti pubblici e gli ordini costituzionali che hanno il compito di definire l'indirizzo politico del paese.
Questi ultimi sono, infatti apparati politici.
Essi derivano tutti, direttamente o indirettamente, dalla sovranità popolare: in modo diretto il Parlamento, in modo indiretto il governo, il presidente della Repubblica e, in parte, la corte costituzionale; i membri delle apparati politici sono scelti in base al loro orientamento politico; il loro incarico è sempre temporaneo.
Tali apparati sono il principale campo di azione dei partiti politici.
La pubblica amministrazione è invece formata da apparati burocratici.
E personali di tali apparati non è scelti in base al proprio orientamento politico, ma in base alla propria competenza tecnica e professionale e viene impiegato in modo stabile.
Esso non viene eletto dal popolo, né direttamente né indirettamente.
Chi compie scelte politiche deve possedere una visione generale dei problemi interni e internazionali e, in uno Stato democratico, deve agire secondo i bisogni, le idee e gli interessi dei cittadini.
Coloro che devono invece curare l'attuazione concreta di quelle scelte devono possedere soprattutto competenze tecniche professionali e devono poter esercitare tali funzioni in modo continuativo.
LEGALITA’, EFFICIENZA ED EFFICACIA
La pubblica amministrazione è sottoposta al principio di legalità.
Ciò significa che gli organi della pubblica amministrazione devono agire secondo le norme stabilite dalla legge, rispettando i diritti dei cittadini.
L'esistenza del principio di legalità permette di definire il nostro Stato come Stato di diritto.
Per garantire che questo principio sia effettivamente rispettato sono previsti controlli amministrativi (effettuati all'interno dell'amministrazione) e controlli giurisdizionali (effettuati dall'autorità giudiziaria) sugli atti emanati dalla pubblica amministrazione: gli atti illegittimi possono essere annullati.
Il principio di legalità comporta 2 importanti conseguenze esplicitamente enunciate dalla costituzione:
• La prima riguarda il principio di imparzialità. Esso afferma che l'amministrazione deve trattare tutti cittadini in modo eguale senza favoritismi e discriminazioni. Tale principio ha anche una rilevanza pratica: gli atti emanati in violazione del principio di imparzialità sono considerati illegittimi e possono pertanto essere annullati dal giudice.
• La seconda riguarda il principio enunciato dall'art. 97 c. 3 della costituzione secondo cui “gli impieghi nelle proprie che amministrazione si accede mediante concorso”. L'amministrazione ha quindi il dovere di scegliere i propri dipendenti attraverso esami che accertino in modo obiettivo le capacità professionali dei candidati e a cui tutti cittadini, che possiedono i requisiti richiesti, possono partecipare in condizioni di parità. Si vuole con questo impedire al amministrazione di effettuare assunzioni in modo clientelare, cioè in base a raccomandazioni, ha conoscenze personali, familiari o politiche.
L’EFFICIENZA E L’EFFICACIA
Il rispetto delle leggi da parte dell'amministrazione è una condizione assolutamente necessaria, ma non sufficiente.
Un'amministrazione potrebbe infatti astenersi da qualsiasi comportamento vietato dalla legge e seguire scrupolosamente le norme dettate a tutela dei diritti dei cittadini, e nello stesso tempo fornire servizi di cattiva qualità o utilizzare male le risorse a sua disposizione.
L'azione amministrativa deve perciò essere guidata, dai principi di efficienza e di efficacia:
• l'efficienza (o economicità) riguarda i mezzi impiegati dal amministrazione nella propria attività. Un'amministrazione è efficiente quando adotta i mezzi più adatti e meno costosi per svolgere i propri compiti. Un'amministrazione che impiega più personale, più denaro e più tempo di quelli necessari, è una amministrazione che agisce in modo inefficiente o non economico. Il principio di efficienza ha in sostanza lo scopo di evitare gli sprechi;
• l'efficacia riguarda i risultati effettivamente conseguiti. Un'amministrazione è efficace se riesce a conseguire risultati di buona qualità che corrispondono agli obiettivi stabiliti in sede politica.
IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’
Gli Stati che vogliono attuare un grado particolarmente alto di decentramento si ispirano al principio di sussidiarietà.
Esso stabilisce che i poteri devono essere assegnati al livello di governo più basso possibile e che i livelli di governo superiore possono intervenire soltanto quando un determinato problema non può essere convenientemente trattato dal livello di governo più basso.
Il loro intervento è in altre parole sussidiario rispetto a quello dei livelli di governo inferiori.
Ciò significa che tutti poteri di governo vanno assegnati in linea di principio ai comuni.
Le province intervengono sulle questioni che i comuni, data la loro piccola dimensione, non sono in grado di affrontare.
Le regioni intervengono sulle questioni che richiedono una visione più ampia e che non possono essere affrontate dalle province.
E infine allo Stato restano soltanto quelle competenze che richiedono una visione nazionale e che non possono essere gestite dalle regioni.
Il principio di sussidiarietà capovolge l'impostazione degli Stati unitari centralizzati.
In questi ultimi tutti poteri spettano in linea di principio al centro, ossia allo Stato, che può poi trasferirli in parte ai livelli di governo inferiori.
In base al principio di sussidiarietà, invece, avviene esattamente il contrario: lo Stato svolge solo le funzioni strettamente indispensabili, ossia quelle che richiedono un punto di vista nazionale.
Tutte le altre spettano ai livelli di governo inferiori.
GERARCHIA E DECENTRAMENTO
Una profonda innovazione introdotta dalla costituzione riguarda l'affermazione del principio di decentramento come cardine della struttura amministrativa.
La portata innovativa di tale principio sta nel fatto che lo Stato italiano ha sempre avuto tradizionalmente una struttura amministrativa molto accentrata, con una forte concentrazione del potere decisionale al vertice dell'apparato amministrativo cioè nel governo dei ministri.
Tale accertamento amministrativo appare difficilmente compatibile con i principi democratici più realistici sanciti dalla costituzione.
Perciò la costruzione, operando una notevole svolta rispetto alla tradizione amministrativa italiana, ha sancito formalmente il principio opposto: quello del decentramento.
L’at. 5 contiene due disposizione che prevedono due tipi diversi di decentramento:
• con la prima disposizione: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali”, la costituzione si riferisce al decentramento agli enti territoriali ossia al trasferimento dei poteri allo Stato centrale alle regioni e agli enti locali;
• con la secondo disposizione: “La Repubblica […] attua nei servizi che dipendono dallo stato il più ampio decentramento amministrativo”, la costituzione promuove il decentramento amministrativo, ossia l’attribuzione di specifici poteri o spazi di autonomia agli ordini periferici dell’amministrazione statale, attraverso un’attenuazione del principio gerarchico.
SEGRETEZZA E TRASPARENZA
Tradizionalmente l'attività della pubblica amministrazione era coperta da segreto.
I cittadini venivano a conoscenza delle decisioni una volta che esse erano state adottate e comunicate nella forma prescritta, ma in linea di principio non avevano il diritto di sapere come esse erano state prese, né di essere informati sull'andamento delle procedure che li riguardavano.
Ma, ovviamente, il segreto è nemico della democrazia: più numerose sono le attività coperte da segreto, più difficile sarà per i cittadini difendersi dagli eventuali abusi dell'amministrazione, farsi un'opinione sull'operato dei pubblici poteri e partecipare in modo consapevole alla vita del paese.
Senza trasparenza non può esistere un effettivo controllo democratico.
L'impostazione tradizionale è stata rovesciata dalla legge 241/90, che introduce uno principio che la costituzione non prevedeva ancora: il principio della pubblicità o della trasparenza.
Ciò significa che l'amministrazione non deve più agire come un corpo chiuso ma deve permettere al pubblico di informarsi sulle sue attività.
La stessa legge stabilisce le concrete modalità attraverso cui l'amministrazione deve garantire la pubblicità dei propri atti.
La principale innovazione consiste in questo: a tutti cittadini che ne abbiano interesse viene riconosciuto, in via generale, il diritto di accesso ai documenti amministrativi, elaborati dalla pubblica amministrazione o semplicemente utilizzati e conservati da essa, di qualunque genere essi siano.
L'accesso si realizza attraverso l'esame gratuito di tali documenti e la possibilità di fotocopiarli.
Questo non significa che sia del tutto pulite segreto.
Una trasparenza totale potrebbe infatti essere di ostacolo alla realizzazione dei fini pubblici che l'amministrazione deve perseguire.
D'altra parte la rivelazione indiscriminata di informazioni raccolte dall’amministrazione su singole persone potrebbe violare il diritto degli individui alla riservatezza.
Per questo il diritto d'accesso rimane escluso:
• per documenti coperti da segreto di Stato, ossia quei documenti la cui diffusione può nuocere all'integrità e all'indipendenza dello Stato; non può essere però posto il segreto di Stato su attività di carattere eversivo anche se vi siano coinvolti apparati pubblici;
• per tutti gli altri documenti, espressamente indicati dal governo con proprio decreto, la cui conoscenza potrebbe compromettere la sicurezza la difesa nazionale, la politica monetaria, l'ordine pubblico e il diritto alla riservatezza delle persone.
La regola è ormai quella della pubblicità.
In segreto è un'eccezione e può essere fatto valere soltanto nei casi esplicitamente previsti.
LA SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE
Le procedure amministrative sono spesso lunghe e complicate.
Le pratiche subiscono un lungo processo di istruzione, passano da un ufficio all'altro prima di arrivare sul tavolo dell’autorità che ha il potere di prendere la decisione finale, si bloccano per mesi o anni in attesa di un parere o di un'autorizzazione, talvolta devono riprendere il loro cammino da capo per qualche difetto formale.
La complessità delle procedure è, in linea di principio, posta a garanzia del cittadino.
È infatti interesse di tutti che l'amministrazione decida con ponderazione e giudizio, dopo aver assunto tutte le informazioni necessarie, vagliato gli aspetti tecnici e ascoltato il parere dei soggetti interessati.
Ma spesso l'effetto pratico è, all'opposto, quello di allungare a dismisura i tempi delle decisione costringendo i cittadini a penose attese o impedendo lo sviluppo di iniziative di attività per cui occorre un provvedimento preventivo dell'amministrazione.
Negli ultimi anni, si è cominciato ad affrontare questo problema attraverso l'imponente programma di interventi legislativi diretti a semplificare le procedure amministrative.
Numerose procedure sono state definite in modo da eliminare passaggi inutili e da accelerare la decisione finale.
I principali strumenti che sono stati introdotti a questo fine sono:
• l'autocertificazione: nei casi in cui è richiesta la presentazione di un certificato per l'adozione di un provvedimento, il cittadino ha diritto di presentare, in sostituzione del certificato, una dichiarazione in cui afferma sotto la sua responsabilità il possesso dei requisiti richiesti. L'autocertificazione, introdotta più di vent'anni fa, dalla legge 15/1968, non è stata mai seriamente applicata, tanto che è stata ribadita con forza dalla legge 241/1990. Si tratta di un'innovazione molto importante perché capovolge in modo tradizionale il modo di operare della pubblica amministrazione. Nel passato l'amministrazione basava il suo rapporto con i cittadini sulla sfiducia e sul sospetto. Ora è tenuta a dare loro fiducia.
• Il silenzio-assenso: normalmente quando l'avvio di una attività privata è subordinato a una preventiva autorizzazione, il cittadino deve presentare una domanda e attendere che l'amministrazione adotti il relativo provvedimento. La legge 241/1990 ha invece stabilito che per alcuni casi la domanda si intende automaticamente accolta se l'amministrazione non si esprime ed un certo tempo. Per altri casi ancora il cittadino ha facoltà di intraprendere direttamente l'attività dandone comunicazione all'amministrazione: l'attività si intende autorizzata se l'amministrazione nulla vieta esplicitamente entro un certo termine. In entrambe le circostanze in silenzio equivale a un assenso. In casi in cui il silenzio-assenso è stato effettivamente ammesso sono ancora molto limitati, ma indubbiamente la strada stata aperta.
• La conferenza dei servizi: numerose procedure sono rese particolarmente complesse dalla necessità di acquisire il parere o l'assenso di amministrazioni diverse che hanno qualche specifico interesse sull’oggetto della decisione ho particolari competenze tecniche. Questo si verifica soprattutto per le grandi opere pubbliche che interessano più comuni e più ministeri. Secondo il procedimento tradizionale ogni amministrazione deve pronunciarsi separatamente in forma scritta, di modo che il ritardo di una di esse può ripercuotersi sull'intera procedura. La legge 241/1990 ha stabilito che in tali casi è possibile riunire tutte le amministrazioni attorno al tavolo per concordare, all'unanimità, la decisione finale.
L’ORGANIZZAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
La pubblica amministrazione si presenta come un insieme, quanto mai eterogeneo, di apparati che svolgono funzioni di tipo assai differenziato e hanno diverse configurazioni giuridiche e organizzative.
Non esiste una sola pubblica amministrazione, ma esistono diverse pubbliche amministrazioni.
Dal punto di vista giuridico possiamo distinguere tra gli apparati amministrativi che dipendono direttamente dallo Stato e gli apparati amministrativi che dipendono da enti pubblici diversi dallo Stato.
Lo Stato è considerato giuridicamente come un ente cioè come un'organizzazione che può essere titolare di diritti e doveri e che può compiere atti giuridici.
Esso è, inoltre, un ente pubblico nel senso che perseguire finalità che riguardano la collettività nel suo insieme e che ha perciò una posizione di superiorità rispetto agli altri soggetti dell'ordinamento: ha su di essi un potere di imperio.
Ma lo Stato non è l'unico ente pubblico.
Esistono infatti numerose altre organizzazioni, distinte dallo Stato anche se poste, in vario modo, sotto il suo controllo che perseguono finalità di carattere pubblico e sono dotate, quando necessario, del potere di imperio tipico dello Stato.
Gli enti pubblici diversi dallo Stato si distinguono a loro volta in 2 gruppi principali:
• Gli enti pubblici istituzionali hanno il compito di svolgere funzioni particolari e specifiche. I loro organi decisionali non vengono eletti dal popolo, ma sono nominati, per lo più, dal governo e quindi dipendono più strettamente dallo Stato, pur essendo giuridicamente distinti da esso;
• Gli enti pubblici territoriali vengono così chiamati perché esercitano funzioni pubbliche su un dato territorio che costituisce un loro elemento essenziale. Essi sono le regioni, le province e i comuni. Essi posseggono una caratteristica che li distingue nettamente dagli altri enti pubblici: i loro organi decisionali sono eletti direttamente dal popolo e dunque essi realizzano una forma di autogoverno dei cittadini sul piano regionale e locale.
L'attuale configurazione dell'organizzazione della pubblica amministrazione in Italia è la seguente:
• L'amministrazione dello Stato è formata da ministeri: si tratta del nucleo più antico della pubblica amministrazione; anche esso ha subito una notevole espansione nel tempo; i ministeri erano 8 al momento della formazione del regno d'Italia, attualmente sono 14.
• L'amministrazione degli enti pubblici istituzionalI è formata da numerosissimi enti pubblici che si distinguono a loro volta in enti pubblici non economici ed enti pubblici economici.
• L'amministrazione degli enti pubblici e degli enti territoriali è formata dagli apparati amministrativi delle regioni, delle province e dei comuni, e dalle aziende municipali. A essi vanno aggiunte le aziende sanitarie locali che dipendono dalle regioni.
Le pubbliche amministrazioni nel loro complesso occupano 3,4 milioni di addetti pari al 17% della forza lavoro in Italia.
Ciò significa che 1 occupato su 6 lavora nel settore pubblico.
Poco più della metà dei pubblici dipendenti è impiegata direttamente nell'amministrazione dello Stato.
Poco meno della metà né nelle amministrazioni locali e la parte rimanente negli enti pubblici istituzionali.
GLI ORGANI AMMINISTRATIVI
Ciascun ente pubblico è formato da organi amministrativi che agiscono a suo nome secondo la competenze stabilite dalla legge.
Gli organi possono essere monocratici, se sono formati da una sola persona, come per esempio il preside, al provveditore agli studi, oppure collegiali, se sono formati da più persone che devono esprimere congiuntamente la volontà dell'organo, come per esempio il consiglio d'istituto con il collegio dei docenti.
Gli organi amministrativi si possono inoltre distinguere per la natura delle funzioni che sono chiamati a svolgere.
All'interno del pubbliche amministrazioni esistono, da questo punto di vista, 4 tipi di organi amministrativi:
• gli organi di amministrazione attiva che hanno il compito di provvedere in modo diretto alla cura di interessi pubblici negli specifici ambiti in cui essi operano;
• gli organi consultivi che hanno il compito di fornire pareri ai primi circa l'attività che essi devono svolgere;
• gli organi di controllo che hanno il compito di verificare la legittimità, l'efficienza o l'efficacia delle attività svolte dall'ardente amministrazione attiva;
• le autorità indipendenti che hanno il compito di vigilare sul rispetto delle leggi in specifici settori, imposizione di imparzialità rispetto allo stesso governo.
L’ORGANIZZAZIONE CENTRALE DEI MINISTERI
I ministeri hanno una struttura organizzativa fatta a piramide al cui vertice sta il ministro e in cui organi sono disposti dall'alto verso il basso lungo la scala gerarchica.
Accanto a un'organizzazione centrale, con sede a Roma, per affrontare questioni di competenza del ministero su scala nazionale, esistono, in alcuni ministeri, organi periferici che hanno una competenza territoriale più limitata.
A capo di ogni ministero vi è un ministro.
Egli ha il potere di adottare i regolamenti e i provvedimenti amministrativi più importanti che riguardano la materia di competenza del ministero, mediante l'adozione dei decreti ministeriali.
Tali atti sono efficaci verso l'esterno: non vincolano solo il grado inferiore dell’amministrazione, ma anche i privati cittadini a cui sono destinati.
Il ministro può inoltre impartire direttive e istruzioni agli organi sottoposti mediante circolari ministeriali.
Esse sono efficaci soltanto all'interno del ministero e non vincolano i privati cittadini.
Il ministro è coadiuvato dal uno o più sottosegretari, che sono anch'essi di nomina politica, e dal gabinetto del ministro che si compone di una serie di uffici che operano in stretto collegamento con il ministro stesso.
Al di sotto del ministro e dei sottosegretari opera la struttura burocratica del ministero.
Essa può essere organizzata secondo due modelli diversi:
• il modello delle direzioni generali: è il modello tradizionale che dopo la riforma è rimasto soltanto in 3 ministeri (esteri, difesa e comunicazioni). L'apparato del ministero è suddiviso in numerose direzioni generali, ciascuna delle quali si occupa di un particolare settore di competenza del ministero. L'unità d'indirizzo del ministero nel suo complesso è assicurata da un segretario generale che è un dirigente dello Stato;
• il modello dei dipartimenti: è il modello più moderno che dopo la riforma è adottato dagli altri 11 ministeri. L'apparato del ministero è suddiviso in pochi grandi dipartimenti, non più di 4 o 5 per ogni ministero, che corrispondono alle grandi aree d'intervento del ministero. Ciascun Dipartimento ha una grande autonomia nella gestione delle proprie politiche e del proprio personale. Non esiste la figura del segretario generale.
GLI ORGANI PERIFERICI DELLO STATO
IL PREFETTO
E’ il rappresentante dello Stato nell'ambito della provincia e risiede nel capoluogo di provincia.
Viene designato dal consiglio dei ministri è nominato con decreto del presidente della Repubblica.
Il governo ha ampia discrezionalità nella destituzione e nei trasferimenti dei prefetti che così risultano strettamente subordinati a esso.
Il prefetto è inquadrato nel ministero dell'interno da cui gerarchicamente dipende, ma rappresenta il governo nel suo insieme.
In quanto massima autorità della provincia, il prefetto ha il compito di coordinare tutte le attività amministrative svolte dallo Stato in quell'ambito territoriale.
Ma egli è soprattutto il massimo responsabile dell'ordine pubblico: da lui dipendono le questure e le forze di polizia della provincia; può anche disporre l'intervento dell'esercito.
In caso di calamità naturali dirige e coordina le operazioni di soccorso.
Non ha più, però, il potere di controllare gli atti dei comuni e delle province.
Gli rimane tuttavia un potere d'intervento sugli organi degli enti locali: nei casi previsti dalla legge può proporre al governo lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali.
Gli uffici che dipendono dal prefetto costituiscono la prefettura.
Va aggiunto che anche il sindaco, pur essendo organo del comune e non dello Stato, agisce in determinati casi come ufficiale del governo e quindi sotto le dirette dipendenze del governo stesso o del prefetto.
Tale circostanza si verifica quando egli svolge quelle funzioni statali che lo Stato stesso delega ai comuni.
Lo stesso accade per il presidente della giunta regionale per le funzioni che gli vengono delegate dallo Stato.
GLI ORGANI PERIFERICI DEI MINISTERI
Accanto agli organi periferici dello Stato, che agiscono come rappresentanti del governo nel suo insieme, esistono organi periferici che dipendono dai singoli ministeri e svolgono, a livello locale, le attività specifiche di ciascun ministero.
Essi sono:
• le questure, che dipendono dal ministero dell'interno, coordinano le forze di polizia presenti nella provincia; hanno alle proprie dipendenze i commissariati di pubblica sicurezza;
• le soprintendenze per i Beni Culturali, che dipendono dall'omonimo ministero, si occupano della tutela della gestione dei musei, dei monumenti, degli archivi, degli scavi archeologici.
Anche ministero degli esteri ha propri organi periferici, che si trovano al di fuori del territorio nazionale: essi sono le ambasciate ei consolati.
GLI ORGANI CONSULTIVI
Gli organi di amministrazione attiva, prima di prendere una decisione possono, e talvolta devono, chiedere il parere di appositi organi costituiti all'interno dell'amministrazione che hanno particolare competenza in campo giuridico, amministrativo o tecnico.
Tali organi vengono chiamati consultivi perché il loro compito non è quello di decidere, ma di consigliare; essi non prendono provvedimenti, ma esprimono pareri.
Per tale motivo essi non sono inquadrati all'interno della scala gerarchica e in certi casi sono dotati di particolari garanzie di indipendenza.
Gli organi consultivi esprimono i propri pareri soltanto su una specifica richiesta proveniente da un organo di amministrazione attiva e sempre, ovviamente, in modo preventivo, ossia prima che l'atto, su cui devono pronunciarsi, sia stato emanato.
Di regola gli organi di amministrazione attiva sono liberi di rivolgersi o meno a un organo consultivo per averne parere: in questo caso il parere viene detto facoltativo.
In casi particolari, la legge stabilisce che l'organo di amministrazione attiva debba necessariamente sentire il parere dell'organo consultivo prima di prendere un provvedimento: in tal caso il parere viene detto obbligatorio e se l'atto viene emanato senza che tale parere sia stato acquisito, l'atto stesso è illegittimo e quindi soggetto all'annullamento.
Di regola l'organo di amministrazione attiva non è tenuto a rispettare, nella sua decisione, il parere che è stato fornito.
In questo caso il parere viene detto non vincolante.
Quando però la legge prescrive che un determinato parere è vincolante, l'organo di amministrazione attiva, se vuol prendere quel provvedimento, deve necessariamente attenersi al parere ricevuto; l'unica libertà che gli è concessa è quella di non adottare quel provvedimento.
L’organo di amministrazione attiva può chiedere il parere sulla legittimità dell'atto che intende adottare, cioè sulla corrispondenza alle norme di legge (parere di legittimità), oppure sull'opportunità del provvedimento stesso (parere di merito).
Gli organi consultivi sono numerosi.
Ve ne sono alcuni presso quasi tutti ministeri, a livello centrale: sono i consigli superiori ed i consigli nazionali; ve ne sono altri a livello locale.
Spesso, inoltre, le leggi istituiscono appositi organi consultivi competenti a dare pareri su una particolare materia.
Due di essi, però, hanno una competenza di carattere generale e sono previsti dalla stessa costituzione come organi ausiliari: sono il Consiglio di Stato il consiglio nazionale dell'economia del lavoro.
IL CONSIGLIO DI STATO
Il Consiglio di Stato ha due distinte funzioni:
• una funzione consultiva in materia giuridico-amministrativa;
• una funzione giurisdizionale in materia di giurisdizione amministrativa.
COMPOSIZIONE
i membri del Consiglio di Stato vengono nominati con decreto del presidente della Repubblica: per metà dei giudici dei Tar, per un quarto attraverso concorsi pubblici e per un quarto su decisione del consiglio dei ministri.
I PARERI DEL CONSIGLIO DI STATO
Il consiglio dei ministri e i singoli ministri possono chiedere il parere del Consiglio di Stato in materia giuridica o amministrativa su ogni altro essi intendano compiere; in linea generale, si tratta di pareri facoltativi.
Tuttavia il parere del Consiglio di Stato deve essere richiesto dal governo prima di deliberare alcuni tipi di atti, tra i quali:
• i regolamenti governativi;
• i decreti con cui vengono decisi i ricorsi straordinari al capo dello Stato.
I pareri espressi dal Consiglio di Stato non sono vincolanti.
Il governo è quindi libero di discostarsi dal parere ricevuto, anche se in questo caso è necessaria una deliberazione del Consiglio dei Ministri: il singolo ministro non può, da solo, adottare un provvedimento difforme dal parere ricevuto.
Tuttavia casi di questo genere si verificano, nella pratica, molto raramente: data l'autorevolezza del Consiglio di Stato, di solito il governo tenda a conformarsi alle sue indicazioni.
I CONTROLLI AMMINISTRATIVI
All'interno del pubblica amministrazione esistono speciali organi amministrativi, detti organi di controllo, che hanno il compito di controllare l'attività degli organi di amministrazione attiva.
I controlli possono riguardare:
• la legittimità dell'attività amministrativa, ossia la sua conformità alle norme di legge (controlli di legittimità);
• il corretto impiego delle risorse, denaro personale (controlli di efficienza);
• la qualità dei risultati effettivamente conseguiti (controlli di efficacia).
L’AMMINISTRAZIONE PER GLI ENTI: SVILUPPO E PROBLEMI
Numerose funzioni amministrative sono affidate agli enti pubblici istituzionali.
Si tratta di organizzazioni distinte e separate dallo Stato, anche se poste sotto il suo controllo.
Essi sono dotate di personalità giuridica: hanno la proprietà dei beni a loro disposizione, possono essere titolari di diritti e doveri e stipulare contratti a proprio nome.
Non sono, quindi, organi dello Stato.
Dato il loro carattere pubblico, tali organizzazioni sono dotate, quando le loro funzioni lo richiedano, nel potere di comando tipico dello Stato.
MOLTIPLICAZIONE DEGLI ENTI
L'amministrazione per enti, si è andata sviluppando nel corso del 900 con la progressiva estensione della sfera pubblica: in molti casi lo Stato ha preferito affidare nuovi settori di attività a organizzazioni speciali,gli enti pubblici, appositamente istituite e dotate di particolare autonomia gestionale e contabile, anziché gestirli direttamente all'interno della tradizionale organizzazione dei ministeri.
CRITICHE AGLI ENTI
Il processo di moltiplicazione degli enti pubblici ha suscitato crescenti critiche.
Un primo ordine di critiche riguardo la scarsa efficienza di questo sistema di amministrazione.
Poiché la proliferazione degli enti pubblici è avvenuto in modo disorganico, spesso sotto la pressione di spinte contingenti e attraverso interventi legislativi scoordinati, è accaduto che competenze simili fossero attribuite a decine di enti diversi, determinando doppioni, sprechi di denaro pubblico, erogazione di servizi differenziati per diverse categorie di cittadini, trattamento disuguali tra i dipendenti degli enti stessi.
In questo quadro si è anche sviluppata la polemica contro gli enti inutili: vi sono infatti enti che, pur avendo ormai esaurite le funzioni per cui erano nati, continuano a rimanere in vita con inutile dispendio di denaro pubblico.
Un secondo ordine di critiche riguardano la scarsa democraticità del sistema.
In questo modo, infatti, una parte rilevante della pubblica amministrazione finisce per sfuggire al controllo del Parlamento, che non è in grado di seguire adeguatamente l'attività di una miriade di enti, su cui spesso non possiede informazioni sufficienti.
Gli enti pubblici si trovano così a dipendere esclusivamente dal governo e quindi dai partiti della maggioranza ai quali spetta, in definitiva, la designazione e la sostituzione dei loro dirigenti.
È evidente che questa situazione può costituire un terreno fertile per pratiche clientelari: i dirigenti degli enti pubblici finiscono per rispondere del loro operato ai partiti che li hanno designati e quindi per amministrare propri enti in modo da favorire gruppi politici particolari, dando luogo a un sistema che, in senso dispregiativo, è stato chiamato di sottogoverno.
IL RIORDINO DEGLI ENTI
Di fronte a queste critiche, a partire dagli anni 70 è iniziato un processo di riordino degli enti pubblici: riorganizzazione degli enti esistenti, soppressione degli enti inutili, unificazione di enti aventi competenze simili.
Tale processo si è mosso però con lentezza difficoltà a causa dei notevoli interessi in gioco e delle resistenze delle stesse burocrazie degli enti coinvolti.
REGIME GIURIDICO E TIPI DI ENTI PUBBLICI
Mentre gli enti territoriali hanno tutti l'identica organizzazione stabilita per legge, non esiste nulla di simile per gli enti pubblici istituzionali.
Ognuno di essi ha una propria regolamentazione specifica, che varia considerevolmente da un ente all'altro.
In generale si può dire che la maggioranza degli enti pubblici è posta sotto la vigilanza del ministro che è competente nel settore in cui essi operano.
Tale vigilanza comporta, per il ministro, il potere di dare direttive all'ente e di nominarne gli organi dirigenti.
Gli enti sono comunque soggetti alle norme di diritto pubblico: i loro dipendenti sono inquadrati nel pubblico impiego; le controversie relative loro atti sono di competenza dei giudici amministrativi e non dei giudici ordinari; quando essi ricevono contributi fissi dallo Stato, i loro bilanci sono sottoposti al controllo successivo della corte dei conti.
Gli enti previdenziali riscuotono i contributi per le pensioni, per l'assistenza sanitaria e antinfortunistica, per la cassa integrazione guadagni ecc.. ed erogano i relativi servizi.
Questi compiti sono concentrati in due grandi enti: l'Istituto nazionale della previdenza sociale e l'Istituto nazionale assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro.
Vi sono, inoltre, numerosi enti preposti ad attività culturali, sportive, turistiche e a servizi di pubblico interesse.
Tra di essi ricordiamo: l'automobile club d'Italia, il Club alpino italiano, il comitato olimpico nazionale, gli enti gestori dei parchi nazionali, la biennale di Venezia, gli enti lirici.
Tra gli enti di ricerca scientifica e sperimentazione ricordiamo il consiglio nazionale delle ricerche, che coordina e finanzia le ricerca scientifica, l’Istituto nazionale di statistica che elabora e pubblica le statistiche ufficiali di carattere demografico ed economico, l'ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente, l'agenzia per la protezione dell'ambiente e servizi tecnici.
Anche le università sono costituite sotto forma di enti pubblici, sotto la vigilanza del ministero dell'istituzione, dell'Università e della ricerca scientifica.
Sono egualmente enti pubblici gli ordini professionali che curano la tenuta degli Albi professionali, sotto la vigilanza del ministero di giustizia.
Lo Stato si serve inoltre di numerosi enti pubblici per intervenire nell'economia con funzioni di controllo, indirizzo e promozione.
In questo settore un ruolo di primo piano è svolto dalla Banca d'Italia che è l'ente a cui lo Stato affida l'emissione della moneta e nello stesso tempo compiti di controllo sulla circolazione monetaria e sul credito.
La Banca d'Italia agisce in stretto contatto con il ministro dell'economia delle finanze.
A compiti analoghi, per quanto riguarda il controllo sulle importazioni ed esportazioni e sul mercato dei cambi, sono preposti due altri enti pubblici: l'Istituto per il commercio estero e l'ufficio italiano cambi.
Altrettanto importanti e numerosi sono gli enti che agiscono in ambito locale.
Tali sono per esempio le aziende sanitarie locali e gli ospedali, che organizzano, sotto il controllo delle regioni, tutti servizi sanitari pubblici.
Sempre sul piano locale, compiti di promozione di vigilanza sull'attività delle imprese sono affidati alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che sono presenti in ogni provincia.
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