Finanza straordinaria e debito pubblico: appunto sintatico

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Categoria:Scienze Delle Finanze
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Testo

LA FINANZA STRAORDINARIA E IL DEBITO PUBBLICO

La distinzione tra finanza ordinaria e straordinaria è puramente teorica in quanto a differenza di ciò che è stato detto dalla scuola finanziaria classica non è detto che le spese ordinarie debbano essere per forza coperte dalle entrate ordinarie. Il debito pubblico (fonte di entrare straordinarie) infatti, nelle finanze moderne, è lo strumento utilizzato per soddisfare i bisogni della finanza ordinaria: questo perché per quanto riguarda il deficit dei bilanci statali le entrate ordinarie non sono in grado di coprire il fabbisogno corrente della pubblica amministrazione.
Le più importanti fonti di entrata straordinaria sono:
• L’imposta straordinaria: consiste nell’istituzione di una nuova imposta nel sistema tributario, oppure nell’inasprimento delle aliquote di un tributo preesistente. E’ preferibile la seconda soluzione, sia per evitare nuove spese di accertamento e di controllo sia perché è psicologicamente + accettabile da parte dei contribuenti. Essa deve comunque avere la caratteristica della temporaneità: tuttavia nella finanza moderna spesso accade che essa rimanga + anni nel sistema tributario e si trasformi di fatto in un’entrata ordinaria. L’imposizione dell’imposta straordinaria si può realizzare tramite un’imposta sul patrimonio o mediante l’inasprimento dei tributi vigenti (un esempio è l’addizionale ‘una tantum’ istituita nel 97 sull’irpef, la tassa per l’europa);
• I prestiti pubblici: vengono contratti tramite l’emissione di titoli di natura obbligatoria, il cui possesso da diritto al rimborso del capitale alla scadenza + la corresponsione degli interessi. I prestiti pubblici costituiscono il debito pubblico e i titoli vengono offerti attraverso il ricorso al mercato finanziario o venduti ai risparmiatori tramite l’intermediazione bancaria. I sottoscrittori possono essere piccoli risparmiatori, istituti di credito, società commerciali o enti finanziari. Nelle moderne finanze la sottoscrizione dei prestiti pubblici consiste in un contratto di mutuo che non è + assistito da garanzie reali. I presiti pubblici in relazione alle modalità di sottoscrizione si distinguono in:
• Prestiti volontari: quando il risparmiatore è libero di sottoscriverli o meno in base a criteri di convenienza economica;
• Prestiti patriottici: se contratti dal risparmiatore non per fini di lucro ma per sentimenti di solidarietà nazionale;
• Prestiti forzosi: sono imposti dallo stato, per un ammontare proporzionato alle possibilità economiche dei sottoscrittori.
In base al modo di collocarli sul mercato si distinguono in:
• Prestiti pubblici a emissione diretta: sono offerti direttamente dallo stato ai risparmiatori;
• A emissione indiretta: se collocati sul mercato finanziario attraverso l’intermediazione delle banche in cambio di una provvigione;
• A emissione mista: se offerti in parte direttamente e in parte tramite l’intermediazione bancaria.
Il sistema + frequente è l’emissione indiretta perché attraverso il ricorso agli istituti di credito lo stato riesce normalmente a collocare sul mercato tutti i titoli emessi.
In relazione ai prezzi di emissione:
• Prestiti emessi alla pari: se il prezzo di emissione è pari al valore nominale (in tal caso saggio di interesse nominale = saggio di rendimento effettivo);
• Prestiti emessi sotto la pari: se il prezzo di emissione è inferiore al valore nominale (in tal caso saggio di rendimento effettivo > saggio di interesse nominale).
In genere si ricorre all’emissione sotto la pari per rendere il titolo + allettante per il sottoscrittore, ma ciò comporta un maggior onere per l’emittente.
In relazione alle modalità di intestazione dei titoli:
• Titoli nominativi: intestati al proprietario, li riscuote solo esso.
• Titoli al portatore: se non compare su di esso il nome del sottoscrittore e in tal caso è trasferibile con la semplice consegna.
• Titoli misti: se sono nominativi per quanto riguarda il capitale e al portatore per la riscossione degli interessi.
La distinzione dei titoli nominativi da quelli al portatore oggi non ha + un significato pratico: infatti dal 1999 con l’introduzione dell’euro si è proceduto alla dematerializzazione delle azioni, delle obbligazioni e dei titoli pubblici. Il loro supporto cartaceo è stato infatti sostituito da semplici scritture contabili.
In base alla remunerazione del titolo:
• Prestiti a interesse: se sul loro importo è corrisposto un interesse. Sono i + diffusi;
• Prestiti a premio: se al sottoscrittore viene pagato un premio a sorteggio annuo;
• Prestiti misti: se remunerati sia con un modesto interesse, sia con un sorteggio a premio.
In relazione al mercato in cui vengono collocati i titoli:
• Prestiti interni: se collocati sul mercato finanziario nazionale e destinati ai risparmiatori o agli enti finanziari e creditizi residenti in Italia;
• Prestiti esteri: se i titoli vengono offerti a governi, a imprese o a risparmiatori stranieri.
In relazione alla loro durata:
• Prestiti del debito fluttuante: vengono emessi per importi che variano continuamente in relazione al fabbisogno finanziario corrente. Sono prestiti a breve o media scadenza, e tra + importanti risultano i Bot e i Cct. Il debito fluttuante in genere serve a far fronte a momentanee deficienze di cassa per questo motivo sono a breve o media scadenza.
• Prestiti del debito consolidato: sono destinati a coprire disavanzi cronici di bilancio e sono a lunga o indeterminata scadenza. Il debito consolidato viene contabilizzato nel bilancio statale in ogni esercizio finanziario sia per l’importo del capitale sia per l’ammontare degli interessi. Possono essere: redimibili (se lo stato si impegna a rimborsarli. Il rimborso può avvenire a scadenza fissa, e in tal caso l’erario dovrà rimborsare l’intero ammontare del titolo entro un determinato termine; a rimborso graduale, quando tutti i titoli emessi vengono rimborsati ogni anno per una parte comprensiva di capitale e interesse; mediante cartelle ammortizzabili, se ogni anno viene rimborsato interamente un dato numero di titoli tramite estrazione a sorte) che prendono il nome di obbligazioni e irredimibili (quando lo stato non ne garantisce il rimborso ma si obbliga solo alla corresponsione degli interessi) che prendono il nome di rendite.
Con l’introduzione dell’euro le funzioni di emissione della moneta e di governo delle politiche monetarie dei paesi dell’UE vengono attribuite alla banca centrale europea. Si assiste quindi ad una unificazione dei tassi di interesse all’interno del mercato unico: il differenziale (il spread) tra i tassi di interesse vigenti nei paesi + virtuosi e quelli + elevati vigenti nei paesi caratterizzati da una maggiore instabilità economica-finanziaria tende sin da ora ad annularsi.
La spinta verso il basso dei tassi italiani fa dunque ben sperare nella possibilità di ridurre notevolmente gli oneri dell’indebitamento e di realizzare avanzi di bilancio. Dal 98 il bilancio dello stato ha evidenziato un saldo attivo nella sua sezione corrente e il deficit è stato ulteriormente ridotto nel 2003. Tuttavia il debito è ancora superiore al PIL.
Lo spread ha 3 importanti significati:
• Indica le differenze del costo di denaro esistenti tra 2 o + paesi;
• Misura le aspettative di inflazione delle banche centrali nei rispettivi stati;
• E’ un significativo indicatore delle + o meno elevate spese correnti che gli stati devono pagare per fare fronte agli interessi del loro debito pubblico.

La scelta tra debito pubblico e imposta straordinaria deve essere effettuata in relazione agli effetti che queste 2 fonti di entrate finanziare possono provocare sulle variabili economiche e cioè:
• Sull’accumulazione del capitale e quindi sul risparmio e investimenti: secondo la scuola classica è preferibile il debito pubblico qualora si intenda favorire l’accumulazione dei capitali, presupposto necessario per gli investimenti produttivi. Infatti, mentre il debito pubblico assorbe il risparmio e lo sottrae agli investimenti privati, l’introduzione di un’imposta straordinaria induce il contribuente a ridurre i consumi senza intaccare il suo risparmio. Questa tesi (sostenuta da Ricardo) provocando una contrazione dei consumi e quindi della domanda globale e un eccessivo risparmio provocherebbe una parziale disoccupazione dei fattori produttivi.
• Sulla distribuzione del reddito: applicando un imposta straordinaria sul patrimonio sarebbero danneggiati i titolari di grandi patrimoni immobiliari e in molti casi essi sarebbero costretti a vendere parte dei loro beni per far fronte al pagamento, mentre ricorrendo al debito pubblico l’erario sarebbe indotto a inasprire le imposte sui redditi per procurarsi i mezzi necessari al pagamento degli interessi. Un aumento della pressione tributaria danneggerebbe particolarmente i contribuenti a reddito fisso che normalmente appartengono ai ceti sociali medio-bassi, quindi la scelta tra debito pubblico e imposizione straordinaria dovrebbe essere operata tenendo conto degli obiettivi di politica sociale dei governi.
• Sulla politica anti-ciclica: nelle fasi depressive, caratterizzate da una scarsa domanda globale da carenza di investimenti e da disoccupazione, è preferibile il ricorso al debito pubblico: esso incide in maniera irrilevante sui consumi e consente il finanziamento della spesa pubblica con un conseguente incremento della domanda. Nelle fasi di espansione invece in presenza di un’eccessiva domanda accompagnata da tendenze inflazionistiche sarebbe + opportuna l’introduzione di un’imposta straordinaria che causerebbe una contrazione dei consumi e della domanda ed eserciterebbe un’azione deflazionistica.

E’ noto che uno dei fondamentali requisiti previsti dai trattati di Maastricht ai fini dell’accesso all’UE è il rispetto del 60% nel rapporto debito pubblico/PIL.: tuttavia si tratta di un obiettivo tendenziale che può essere cioè raggiunto anche gradualmente nel tempo. Il rapporto tra debito pubblico/PIL viene indicato nel documento di programmazione economica. L’espansione dell’indebitamento pubblico pone delle problematiche economiche, in particolare sottrae il risparmio agli impieghi produttivi i cui + importanti canali di investimento sono le banche e la borsa. Un debito pubblico eccessivo causa:
• Se lo stato ha un debito elevato necessita una continua sottoscrizione dei titoli da parte dei risparmiatori: a tal scopo dovrà offrire loro alti tassi di interesse per assicurare adeguati rendimenti. Questi alti rendimenti comportano un aumento delle spese per il pagamento degli interessi che aggrava il deficit della pubblica amministrazione. E un deficit elevato causa un maggiore indebitamento, di conseguenza: il debito causa un aumento del deficit e il deficit causa un aumento del debito;
• Gli alti interessi offerti dallo stato spingono in alto tutti i tassi di interesse praticati sul mercato. In pratica gli enti finanziari privati cercano di sostenere la concorrenza dello stato offrendo rendimenti + elevati sui loro impieghi. Ma tale aumento sulle operazioni passive determina un aumento dei tassi attivi, ossia comporta il pagamento di maggiori interessi da parte della clientela. Questo aumento del costo del denaro scoraggerà gli investimenti deprimendo la produzione e l’occupazione.

Un’altra importante fonte delle entrate straordinarie è l’emissione di carta moneta: è il metodo + semplice ed efficace che permetta allo stato di procurarsi mezzi di pagamento. Tuttavia i mezzi di nuova emissione gonfiano la circolazione monetaria e causano l’inflazione: essa oltre ai danni nel sistema economico causa squilibri e distorsioni che ripercuotono sull’ordinamento tributario e in particolare sulla ripartizione del carico tributario. In questo senso l’inflazione produce i seguenti effetti dannosi:
• Fa gonfiare artificialmente i redditi accentuando così la progressiva delle imposte (fiscal drag);
• Causa un aumento dei prezzi dei beni e dei servizi e una lievitazione delle imposte indirette sui consumi che sono commisurate ad essi. Poiché le imposte sui consumi hanno effetti regressivi l’inflazione penalizza i consumi dei soggetti meno abbienti inasprendo ulteriormente le disuguaglianze economiche e sociali esistenti tra le classi;
• Favorisce un ulteriore espandersi della spesa pubblica che genererà altra inflazione.

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