Tettonica delle placche

Materie:Appunti
Categoria:Scienze Della Terra
Download:473
Data:17.06.2008
Numero di pagine:29
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
tettonica-placche_8.zip (Dimensione: 22.54 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_tettonica-delle-placche.doc     83 Kb


Testo

LA TETTONICA DELLA PLACCHE
LA RICERCA DI UN MODELLO
Siamo partiti dall’esame dei materiali che costituiscono la crosta, la parte più esterna del pianeta, per arrivare a riconoscere l’esistenza di un ciclo litogenetico ; la crosta è quindi il prodotto di continue trasformazioni , che coinvolgono giganteschi volumi di rocce e grandi quantità di energia. La possibilità di ricostruire l’evoluzione della crosta, ha messo in luce l’esistenza di un ciclo geologico di cui il ciclo litogenetico è solo una componente. Per comprendere il significato di questi cicli e l’origine dell’energia che li sostiene ci si è rivolti ai fenomeni vulcanici e sismici , che si manifestano in superficie ma sono il riflesso di grandi processi attivi all’interno del pianeta. L’esame dei fenomeni vulcanici ha messo in luce che all’interno della terra si formano continuamente magmi diversi in condizioni diverse, ma in settori ben delimitati del pianeta. Anche la distribuzione geografica degli eventi sismici non è casuale ma segue settori ben definiti , percui la parte esterna della terra appare percorsa da una serie di fasce particolarmente attive , che delimitano aree più tranquille. L’esame dei fenomeni sismici, infine ci ha consentito di spingere le osservazioni fino al centro della terra e di mettere in luce una struttura globale fatta di gusci concentrici di materiali diversi. Negli ultimi quattro decenni del XX secolo le scienze della terra hanno elaborato un modello globale , la tettonica delle placche, che sembra avere molto successo.
L’INTERNO DELLA TERRA
L’esatta misura delle dimensioni del nostro pianeta ha permesso di calcolare il suo volume ;le leggi della fisica sull’attrazione gravitazionale tra i corpi hanno permesso a loro volta di determinare la massa della terra . Dal rapporto tra massa e volume è possibile ricavare la densità media di essa: poiché le rocce che costituiscono la crosta hanno densità media tra 2,7 e 3 g/cm3 , l’interno del pianeta deve essere formato da materiali a densità molto elevata per raggiungere il valore medio calcolato. Soprattutto attraverso lo studio dei terreni si è giunti a riconoscere che il nostro pianeta presenta una struttura ad involucri concentrici di diversa natura e spessore :
• Una crosta sottile
• Uno spesso mantello
• Un grosso nucleo, distinto in interno ed esterno.
Tale struttura, molto semplice, ad un esame più dettagliato risulta invece notevolmente complessa:una delle caratteristiche più interessanti è la presenza nell’interno della terra, di superficie di discontinuità sismiche , che separano materiali a caratteristiche meccaniche diverse. Non tutte le superfici
Di discontinuità sismica sono facilmente interpretabili , né hanno tutte la stessa importanza.
La crosta
La crosta è la parte più esterna del pianeta il cui spessore varia da una media di 35 km sotto i continenti( ma con massimo di 60-70 km in corrispondenza delle grandi catene montuose ) a una media di 6 km sotto il fondo degli oceani. La sua composizione è molto eterogenea e la sua densità varia da 2,7 g/cm3 per le rocce granitoidi dei continenti , a circa 3 per le rocce basiche che costituiscono i vasti fondi degli oceani. Queste differenze sono di fondamentale importanza . La base della crosta è indicata dalla brusca discontinuità sismica , nota come superficie di Moho.
Il mantello
Il mantello rappresenta l’82% in volume della terra e si estende dalla discontinuità di Moho fino a 2900 km di profondità, dove è presenta la discontinuità sismica di Gutenberg. La Moho corrisponde a un brusco aumento della velocità con cui si propagano le one sismiche nei confronti della velocità con cui attraversano la crosta:questo significa che le rocce del mantello devono avere una maggiore rigidità. La pressione aumenta con la profondità, e la densità dei materiali sale.Le caratteristiche del mantello non variano in modo graduale e continuano per tutto il suo spessore. I dati sismici hanno messo in evidenza che in una fascia tra 70 e 250 km di profondità , si trova l’astenosfera (zona di debolezza) interpretata come una zona in cui il materiale del mantello è parzialmente fuso :questa zona risulta essere più plastica e la sua presenza nel mantello è continua sotto le aree oceaniche , mentre sotto quelle continentali è incerta o forse spostata più in profondità. A profondità maggiori di quelle dell’astenosfera la rigidità del mantello torna ad aumentare con la profondità. Le caratteristiche fisiche del mantello sono anche utilizzate come punti di controllo per le ipotesi sulla sua composizione chimico-petrografica. Così è possibile mettere a confronto le velocità di propagazione entro il mantello di onde meccaniche con le analoghe velocità determinate in laboratorio per tutta una serie di materiali. →suggerisce i materiali il cui comportamento si avvicina di più a quello del mantello sono le peridotiti , le rocce ultrabasiche formate da olivina e pirosseni (silicati di ferro e di magnesio). Un dato interessante è che le lave di certi vulcani che si originano al di sotto della crosta sono di natura basaltica e contengono frammenti solidi di rocce strappate dalle pareti più profonde del condotto vulcanico durante la loro risalita :tali frammenti sono di natura peridotitica. Il mantello superiore è formato quindi da olivina e pirosseni. Più in profondità il resto del mantello sembra ugualmente composto dagli stessi elementi anche se organizzati in reticoli cristallini diversi , più adatta a resistere alle temperature e pressioni crescenti. Vicino a 400 km di profondità l’olivina assume una struttura simile a quella del minerale spinello , mentre vicino ai 700 km i silicati di ferro e di magnesio si trasformano in vari ossidi.
L’insieme della crosta e del mantello fino all’inizio dell’astenosfera → litosfera , per sottolineare il comportamento complessivamente più resistente nei confronti della sottostante astenosfera.
Il nucleo
La discontinuità sismica di Gutenberg segna il passaggio al nucleo della terra , che presenta caratteristiche ben diverse da quelle del mantello e che con raggio di 3470km comprende il 16% del volume della terra. La pressione aumenta con la profondità , la densità aumenta bruscamente in corrispondenza della discontinuità di Gutenberg e continua ad aumentare fino a raggiungere i 13g/cm3 al centro della terra. I dati sismici indicano che il materiale della parte più esterna del nucleo (fino alla superficie di Lehmann , a 5170km ) ha le caratteristiche di un fluido , mentre poi si passa ad un nucleo solido che rimane tale fino al centro della terra. Sulla struttura del nucleo sono state fatte svariate ipotesi :
• Da quella di una lega di ferro e nichel , suggerita dalla composizione delle meteoriti metalliche , le sideriti, ritenute probabili frammenti del nucleo metallico di piccoli asteroidi completamente frantumati per collisione
• A quella di materia solare indifferenziata , formata da atomi di idrogeno strettamente impacchettati per l’altissima pressione.
→attualmente si è concordi sulla natura di lega metallica del nucleo , che sarebbe formato di ferro puro ma con qualche elemento meno denso , come il silicio e lo zolfo, che possono giustificarwe la densità indicata dai dati sismici.
Combinando insieme dati sismici e misure di laboratorio sulle caratteristiche dei materiali è stato possibile costruire un modello approssimato della terra. Il nostro pianeta risulta quindi costituito da una serie di involucri concentrici di materiali che probabilmente si sono differenziati da un’unica massa originaria.
Vi è quindi:
• Grosso nucleo metallico di ferro, molto denso
• Uno spesso mantello roccioso di silicati di ferro e magnesio, meno denso
• Una sottile crosta , una specie di schiuma relativamente leggera, che dovrebbe essere il prodotto finale della differenziazione ancora in atto.
IL FLUSSO DI CALORE
Numerosi fatti che rientrano nell’esperienza comune ci dicono che l’interno della terra è caldo , tanto più quanto più si scende in profondità. Anche se il calore che sentiamo in superficie è dovuto essenzialmente alla radiazione solare , la terra perde continuamente calore da tutta la sua superficie.
Il flusso termico terrestre è molto basso . dal punto di vista energetico il flusso termico è il più imponente tra i fenomeno terrestri , poiché la quantità di energia che viene liberata per tale via ogni anno è 50 volte maggiore dell’energia liberata da tutti i terremoti e da tutte le eruzioni vulcaniche nello stesso periodo di tempo:questi fenomeni sono anche legati allo stesso flusso di calore.
La terra appare come un gigantesco motore termico. Un tempo si riteneva che il calore terrestre fosse unicamente il residuo dello stato primordiale della terra, in cui il pianeta doveva essere totalmente fuso, ma questa ipotesi è risultata inadeguata.con la scoperta della radioattività si è arrivati alla soluzione di questo problema. l’energia cinetica della particelle emesse da isotopi radioattivi si trasforma in calore e nella crosta e nella crosta terrestre sono presenti vari tipi di isotopi radioattivi, tra cui l’uranio il torio, e il potassio.--> il loro decadimento potrebbe spiegare buona parte del flusso di calore della terra. Le rocce granitoidi , in cui gli isotopi radioattivi sono più abbondanti , producono 6 volte più calore delle rocce basiche . tuttavia il valore medio del flusso termico sui continenti , in cui si hanno le rocce granitoidi , è quasi uguale a quello degli oceani , il cui fondo è formato da rocce basiche. Anche nel mantello si produce calore per tale via e questo calore profondo si somma a quello prodotto dalla crosta. Si ritiene che le zone termiche con flusso termico più elevato siano dovute all’esistenza di correnti convettive nel mantello(=reali spostamenti di materiale più caldo e quindi meno denso che risale da zone profonde verso l’altro , sostituito da materiale raffreddatosi(e quindi divenuto + denso) in vicinanza della superficie che ridiscende verso il basso. Per comprendere che nel mantello ci possano essere correnti convettive si tenga presente che in determinate condizioni anche i solidi possono scorrere comportandosi come fluidi. Nel mantello volumi di rocce divenute più calde del materiale circostante , tendono a risalire verso la crosta , con movimenti lentissimi , mentre volumi di rocce vicine alla crosta divenute più fredde scendono verso il basso , dove tornano a riscaldarsi e possono nuovamente risalire verso la crosta. L’origine di questi rimescolamenti va ricercata in una disomogeneità termica del mantello , ma la causa di questa disomogeneità è più difficile da individuare. Forse va ricercata in una distribuzione originaria non omogenea degli elementi radioattivi nel mantello ma potrebbe entrare in gioco anche il nucleo .
IL CAMPO MAGNETICO TERRESTRE
La struttura del campo magnetico terrestre può essere descritta abbastanza bene supponendo di porre ala centro del pianeta una barra magnetica il cui asse formi un angolo di 11o con l’asse di rotazione. Le linee di flusso indicano la presenza di una forza magnetica la cui densità diminuisce con la distanza dal pianeta.Direzione nord-sud.
La geodinamo
Nell’esempio della barra il campo è bipolare, mentre il campo geomagnetico si può definire solo prevalentemente bipolare poiché rispetto all’andamento bipolare teorico , presenta alcuni scostamenti. Al di sopra del punto di Curie(temperatura critica) i materiali magnetici perdono il loro magnetismo permanente: è dell’ordine di 500oC --> molto più bassa delle temperature presenti all’interno della terra.
Le ipotesi dell’origine del campo geomagnetico si sono orientate verso un modello simile a quello di una dinamo ad autoeccitazione.--> il modello prevede la presenza di materiale buon conduttore di elettricità in movimento entro la terra--> nucleo esterno di ferro fuso, che è buon conduttore e si può immaginare agitato da moti convettivi.
Il paleomagnetismo
Consente lo studio del campo magnetico del passato--> possibile perché molte rocce conservano una magnetizzazione propria , indotta dal campo geomagnetico esistente al momento della loro formazione. Questo fenomeno si verifica quando una lava si raffredda -->al suo interno si formano numerosi cristalli di minerali alcuni dei quali sono particolarmente sensibili alla presenza del campo magnetico terrestre che esiste al momento della loro formazione--> i minerali vengono magnetizzati dal campo geomagnetico e diventano minuscole calamite permanenti. La loro magnetizzazione rimane inalterata per milioni di anni e continua ad indicare la direzione del polo m,magnetico al momento della sua solidificazione. Così si è scoperto che il campo magnetico esiste almeno da 3,5 miliardi di ann9i e si è formato in tempi prossimi alla formazione della terra. Nel corso degli anni 50 alcuni ricercatori inglesi osservarono che la direzione della magnetizzazione conservata in antiche rocce era in genere diversa da quella del campo geomagnetico attuale --> a seconda della roccia esaminata , la direzione risultava diversa come se il polo nord avesse occupato nel tempo posizioni differenti. L’ipotesi che i poli magnetici fossero migrati nel tempo si scontrò con la constatazione che per una stessa età , rocce di continenti diversi indicavano una diversa posizione del polo magnetico. --> non erano stati i poli magnetici a migrare, ma i continenti a muoversi , scivolando e ruotando lentamente sulla superficie terrestre , mentre i poli magnetici erano sempre rimasti all’incirca nella posizione attuale. Di conseguenza le rocce hanno cambiato posizione e orientamento nel tempo e con essere zi è spostato anche il loro campo magnetico fossile. L’idea che i continenti potessero muoversi era apparsa 40 anni prima e le scoperte del paleomagnetismo hanno contribuito a portare alla ribalta.
XO’ in molte rocce di età recente, formatesi quando già i continenti erano pressoché nella posizione attuale, la direzione di magnetizzazione risulta opposta a quella del campo geomagnetico attuale come se al momento della loro formazione il polo nord magnetico si trovasse al posto del polo sud magnetico e viceversa. Il fenomeno si osserva anche in rocce molto più antiche , il cui campo magnetico rivela anche la presenza di ripetute inversioni di polarità: il campo magnetico terrestre è passato alternativamente da normale a inverso. Si è ricostruita in dettaglio la successione dei periodi di tempo a polarità normale e inversa che si sono susseguiti negli ultimi 5 milioni di anni : si è stabilita così una scala stratigrafica paleomagnetica divisa in 4 epoche magnetiche all’interno delle quali si sono riconosciuti alcuni intervalli molto brevi di inversione=eventi.
L’epoca magnetica in cui viviamo è durata 700'000 anni: potrebbe essere prossima una nuova inversione di polarità--> è possibile che il campo magnetico si indebolisca o scompaia per qualche tempo, lasciando la terra priva dello scudo naturale contro certe radiazioni cosmiche -->le inversioni di polarità potrebbero avere qualche influenza sull’evoluzione biologica.
LA STRUTTURA DELLA CROSTA
Crosta oceanica e crosta continentale
• Oceanica--> coperta interamente dalle acque degli oceani , di cui costituisce il pavimento
• Continentale--> corrisponde alle terre emerse e alla loro prosecuzione sotto il mare , e comprende la piattaforma continentale e buona parte dell’adiacente scarpata continentale.
Le linee di crosta indicano solo il livello occasionale raggiunto dalle acque che si sono raccolte nella aree più depresse del pianeta e possono variare di piscione , come hanno già fatto più volte .
I due tipi di crosta sono diversi tra di loro per:
• Spessore
Lo spessore della crosta è indicato con la discontinuità della Moho , che indica l’inizio del sottostante mantello.
o La crosta continentale ha quasi ovunque spesso re di 35 km , tranne in corrispondenza delle catene montuose dove può raggiungere anche 60-70 km di spessore Solo in alcuni settori risulta notevolmente assottigliato ma sono settori in cui sono in atto movimenti distensivi , con sviluppo di grandi depressioni tettoniche.
o La crosta continentale ha una spessore medio di 6 km sotto il fondo del mare , ma si assottiglia moltissimo in corrispondenza del centro delle dorsali oceaniche
• Quote medie delle superfici
Il livello medio della superficie della crosta continentale è di oltre 4000 metri maggiore di quello della crosta oceanica.--> i rilievi superiori agli 800 metri occupano solo una piccola percentuale delle terre emerse e le depressioni oceaniche con profondità maggiori di 4 o 5 km sono solo una modesta frazione dei fondi oceanici. Tale situazione non è casuale: la crosta continentale sovrasta ovunque quella oceanica rispetto alla quale presenta uno spessore medio molto maggiore-->la crosta continentale risulta affondata nel sottostante mantello più di quella oceanica.
• Età delle rocce
o Nella costa continentale compaiono rocce di ogni età , fino a 4 miliardi di anni fa
o Nessun punto della crosta oceanica risulta essere più antico di 190 milioni di anni--> la crosta oceanica si è formata in un periodo di tempo che è il 4 % dell’intera storia della terra: tutti i bacini oceanici sono strutture giovani del pianeta, mentre le aree continentali sono strutture molto più persistenti.
• Natura delle rocce e loro giacitura
o La crosta oceanica mostra una struttura a strati molto regolare :sotto un modesto spessore di sedimenti poco o per niente litificati si trova un grosso spessore di basalto che in profondità passa ad uno strato di gabbro(=roccia magmatica corrispondente intrusivo del basalto). La Moho segna il passaggio alle rocce ultrabasiche del mantello
o La crosta continentale presenta una composizione estremamente eterogenea con rocce sedimentarie, magmatiche e metamorfiche in rapporti geometrici molto complessi. Nella crosta inferiore -->granulati a granati. La struttura di un’area continentale è formata dalla giustapposizione di fasce di rocce ognuna delle quali è il risultato di fasi di profonda deformazione della crosta. Nemmeno la crosta continentale è una struttura permanente -->ha avuto una complessa evoluzione , attraverso il processo di orogenesi che ha portato alla formazione di grandi catene montuose nel corso di numerosi cicli geologici. Ogni volta che una fascia di crosta ha subito un’orogenesi è divenuta con il tempo un nuovo lembo di crosta continentale, destinato ad un periodo di lunga stabilità. Vaste aree continentali ci appaiono oggi composte da aree cratoniche , più antiche e più stabili, e da aree orogeniche, più recenti e sedi di forti attività:
• Aree cratoniche
In queste aree si distinguono scudi e tavolati:
• Gli scudi sono le parti più antiche :ampie pianure debolmente bombate verso l’alto. Sono costituiti da ammassi di rocce ignee e metamorfiche , che non sono più state interessate da orogenesi né ricoperte dal mare nell’ultimo miliardo di anni.
• I tavolati , che circondano gli scudi, sono ampie aree pianeggianti su cui affiorano rocce sedimentarie che sono testimonianze di lunghi periodi di sommersione marina alternati a fasi di emersione, ma che non risultano coinvolte in processi di orogenesi :sotto i tavolati proseguono le rocce degli scudi.
• Fasce orogeniche
Sono quelle in cui l’orogenesi si è verificata in tempi meno antichi tanto che i suoi effetti possono essere molto vistosi , a cominciare dal forte ispessimento della crosta. Negli orogeni più recenti la crosta non ha ancora raggiunto lo spessore e la stabilità delle vaste aree cratoniche--> le Ande e l’Himalaya , dove la crosta arriva a 70k n di profondità e dove l’attività geologica è molto intensa.
L’isostasia
La constatazione che la crosta terrestre nel suo insieme affonda più o meno nel mantello a seconda del suo spessore , suggerisce che essa possa galleggiare sul mantello a causa della sua minore densità media. La tendenza della crosta raggiungere una posizione di equilibrio con il galleggiamento è chiamata isostasia , e i movimenti verticali con cui la crosta reagisce ad ogni modifica di tale equilibrio sono detti aggiustamenti isostatici. Quando un settore di crosta si deforma e come risultato si soleva una catena montuosa si osserva che al di sotto della catena , i materiali della crosta risultano scesi a parecchi chilometri di profondità rispetto alla crosta continentale non sollevata.--> quel settore di crosta è aumentato di spessore ed è divenuto perciò più pesante -->è sprofondato nel sottostante mantello finché la spinta di galleggiamento (simile alla spinta di Archimede) non ne compensa il maggior peso. In superficie ne corrisponde una catena montuosa che può restare sollevata rispetto alla quota media della crosta continentale , proprio perché sostenuta da un grosso spessore di radici fatte di materiale crostale leggero. Mano a mano che l’erosione demolisce la nuova catena montuosa le radici si assottigliano continuando a tenere sollevati rilievi sempre meno imponenti-->quando la catena montuosa sarà totalmente spianata , le sue radici saranno sparite e lo spessore locale della crosta avrà raggiunto il valore medio che si osserva sotto gli scudi e i tavolati=35km. La spinta di galleggiamento è data dal volume di mantello spostato dalle radici.--> questo accade quando si esercita una forza su un solido per tempi lunghissimi percui un materiale che sollecitato bruscamente da una forza si comporta in modo rigido se viene sollecitato da una forza minore ma applicata a lungo con continuità , risponde invece deformandosi, come se fosse una sostanza estremamente viscosa. Nel caso del mantello la sollecitazione dovuta a un terremoto è molto brusca e i suoi materiali reagiscono in modo rigido, ma lo sforzo esercitato sulla crosta ispessita si prolunga per tempi lunghissimi e il mantello reagisce come una materiale estremamente viscoso e può scorrere sia pure con strema lentezza. Misure geofisiche di tipo particolare e opportuni calcoli consentono di stabilire la tendenza isostatica di un settore della crosta--> se sia in equilibrio isostatico (stabile) o se presenti anomalie isostatiche (quel settore tende a comprimersi sollevandosi o abbassandosi). La Moho sta ad indicare, quindi, la posizione di equilibrio raggiunto dai due tipi di crosta nel loro galleggiare sul mantello.
L’ESPANSIONE DEI FONDI OCEANICI
La conclusione di una serie di entusiasmanti scoperte fu che il pavimento degli oceani non è stabile, ma in continua evoluzione:la crosta oceanica si rinnova e si consuma incessantemente. Due gruppi di strutture oceaniche , che permettono alla terra di essere mobile e che stanno alla base dell’espansione dei fondi oceanici :
• Dorsali oceaniche
Sul fondo degli oceani si snoda un sistema di dorsali sommerse , lungo complessivamente 60 000km. Esso è sede di intenso vulcanismo e di forte sismicità e presenta strutture analoghe alle fosse tettoniche note su aree continentali. Le dorsali oceaniche non sono catene montuose come quelle dei continenti , ma costituiscono una lunghissima fascia di crosta oceanica inarcata verso l’alto tanto che la sua sommità è a 2000-3000 metri più alta degli adiacenti fondi oceanici , e in qualche punto arriva ad emergere dalla superficie del mare. La cresta del sistema di rosali è quasi ovunque segnata da un solco longitudinale largo qualche decina di chilometri e profondo 1500-3000 km → rift valley→tale depressione è limitata sui due lati da scalinate di ripide pareti tra loro quasi parallele che corrispondono ad un sistema di profonde spaccature (faglie) attraverso l’intera crosta , che risulta qui molto assottigliata. Un diverso sistema di fratture , trasversali rispetto all’asse della rift valley, disarticola le dorsali in numerosi segmenti, ciascuno dei quali risulta spostato rispetto a quelli contigui: faglie trasformi.→lungo il tratto di faglia trasforme compreso tra due segmenti successivi di rift valley , il fondo oceanico si muove in direzioni opposte , con violenti attriti. Lungo le spaccature che delimitano la rift valley risale continuamente dal mantello magma ad alta temperatura che fuoriesce da innumerevoli punti sul fondo del mare e solidifica all’interno della valle come roccia basaltica. Numerosi terremoti con ipocentro poco profondo si verificano lungo tutta la rift valley e lungo le fagli e trasformi.→ sotto la crosta, in corrispondenza delle dorsali deve esistere un flusso ascendente continuo di materiale molto caldo in risalita da livelli profondi entro il mantello , dove forti squilibri termici attiverebbero ampi movimenti convettivi. In vicinanza della superficie parte del materiale caldo passa allo stato fuso e risale attraverso le fratture che delimitano la rift valley, fino a traboccare sul fondo del mare , dando origine alle lave a cuscino. La quantità di lava che fuori esce lungo tutte le dorsali è imponente:arrivata in prossimità della superficie tale massa si espande dividendosi in rami che si allontanano in direzioni opposte rispetto alla posizione della dorsale e si muovono sotto le piane abissali , continuando a perdere calore. In superficie i fianchi delle due dorsali si allontanano l’uno dall’altro a partire dalla rift valley: il movimento non lascia però uno spazio vuoto , in quanto dalle numerosi faglie risale immediatamente magma che forma nuovi ammassi di rocce effusive e intrusive. Così anche le nuove rocce prendono parte al meccanismo :essendosi formate lungo il fondo dell’intera rift valley, una parte di essere risulterà saldata a un fianco della dorsale, l’altra parte dall’altro fianco.nuove faglie taglieranno anche qst rocce appena solidificate e altro magma continuerà ad affluire. L’accrescimento e il movimento non riguarda solo la crosta , ma l’intera litosfera e coinvolgono anche la parte più alta del mantello. Sotto le dorsali la litosfera si assottiglia e l’astenosfera , risale in prossimità della superficie.
• Le fosse abissali
I fondi oceanici presentano anche un altro tipo di strutture che sono ugualmente caratterizzate da intensa attività→ le fosse abissali=depressioni del fondo lunghe migliaia di chilometri e profonde oltre 10'000. L’attività vulcanica è sistematicamente presente ma è localizzata a una certa distanza dalla fossa.
→Se la fossa fiancheggia il margine di un continente , lungo questo margine si innalza una catena di vulcani che individua un arco vulcanico
→ se la fossa è in pieno oceano , parallelamente ad essa si osservare un arco di isole vulcaniche
Il vulcanismo associato alle fosse è ben diverso da quello delle dorsali. Mentre le dorsali cono caratterizzate da vulcanismo a lava fluida il vulcanismo delle fosse è esplosivo , alimentato da magmi molto ricchi di gas e vapori. Il magma è in genere di tipi andesitico ma nella stessa zona risalgono anche magmi basaltici. I sistemi arco-fossa sono accompagnati da forte sismicità :gli ipocentri dei terremoti sono superficiali in prossimità della fossa, mentre via via più profondi mano a mano che ci si allontana da essa. In direzione dell’arco vulcanico.. la loro distribuzione complessiva permette di individuare la superficie di Benioff che scende in profondità con un angolo compreso da 30 a 70 gradi. Questo particolare allineamento dei terremoti ha fatto pensare alla presenza di grandi faglie che scendono in profondità.
Espansione e subduzione
Deve esistere qualche forma di disfacimento di litosfera in latri settori del globo , la cui superficie complessiva dovrebbe aumentare di continuo. L’idea che le fasce di intensa attività in corrispondenza delle fosse e delle dorsali fossero in qualche modo tra loro collegate matura negli anni 60 con l’espansione dei fondi oceanici. Le dorsali oceaniche sono sostenute dalla risalita di materiale caldo in movimento dal mantello;l’inarcamento della litosfera provoca l’assottigliamento e la frattura della dorsale , per cui la rift valley corrisponde ad una gigantesca crepa estesa su tutto l’involucro litosferico →attraverso essa parte del materiale del mantello passato allo stato fuso , risale e alimenta il vulcanismo della dorsale , i cui prodotti contribuiscono alla nuova formazione della litosfera. A sua volta la litosfera oceanica si allontana da un lato e dall’altro della rift valley si raffredda e diviene più densa e si abbassa di quota rispetto alla dorsale, verso un equilibrio isostatico:il pavimento delle vaste piane abissali si ricopre di un certo spessore di sedimenti. Allo stesso tempo, a una certa distanza dalla dorsale, il materiale del mantello in movimento comincia a ridiscendere in profondità , con un lento movimento→subduzione.la litosfera segue questo movimento per cui i inflette verso il basso e si immerge nel mantello. Si riassumila così alla litosfera. La fusione graduale della crosta oceanica e dei sedimenti che la ricoprono, trascinati dal movimento di subduzione, produce grandi volumi di magma che essendo meno denso del materiale circostante risale verso la superficie e alimenta il vulcanismo dei archi vulcanici. La discesa della litosfera avviene con violenti attriti che si manifestano come terremoti. La superficie di Benioff viene interpretata come una radiografia che permette di intravedere la litosfera che sprofonda :la mancanza di ipocentri oltre 700km è un segno che a quelle profondità tutta la litosfera è perfettamente assimilata.

Anomalie magnetiche sui fondi oceanici
L anomalie magnetiche indicano lo scarto in più o in meno tra la misura del campo magnetico attuale di un luogo e il suo valore teorico. Tali scarti sono provocati dalla presenza di masse rocciose con una propria magnetizzazione che interferisce con il campo geomagnetico. Le anomalie sui fondi oceanici risultano distribuite in fasce , alternativamente di valore positivo e negativo, disposte parallelamente alle dorsali
→ le zone di anomalie magnetiche positive dei fondi oceanici sono il risultato dell’interferenza tra campo geomagnetico attuale e porzioni di crosta oceanica aventi magnetismo residuo con orientazione uguale a quella del campo magnetico attuale
→ le zone di anomalie negative sono il risultato dell’interferenza tra campo geomagnetico attuale e porzioni di crosta oceanica aventi magnetismo residuo inverso a quella del campo attuale.
La presenza dei due tipi di anomalie richiede che la crosta oceanica non si sia formata tutta insieme , ma in tempi diversi, e l’ipotesi dell’espansione dei fondi oceanici sembra la chiave di interpretazione→ i basalti che si solidificano sul fondo della rift valley si magnetizzano nella direzione del campo magnetico terrestre presente in quel momento: la nuova striscia di crosta che via via si forma viene a sua volta lacerata nel senso della lunghezza dal movimento di espansione e le due strisce che ne risultano vengono allontanate dal centro della rift valley, in direzioni opposte. Le nuove spaccature vengono invase di nuovo magma ma e nel frattempo il campo geomagnetico si è invertito, le nuove rocce verranno magnetizzate in direzione opposta a quella delle rocce formatesi in precedenza e così via quando il campo geomagnetico si inverte e torna normale. L’età del pavimento oceanico deve essere tanto più antica quanto più ci si allontana dalle dorsali ; lo spessore dei sedimenti deve essere molto ridotto sulle dorsali e deve aumentare mano a mano che ci si allontana dalla rift valley e si passa a crosta sempre più antica→previsioni confermate. Le fasce di anomalie magnetiche più recenti sono state correlate con le epoche a polarità normale o inversa della scala paleomagnetica :stabilita in qst modo l’età di una determinata fascia di anomalie e misurata la distanza tra questa fascia e la dorsale da cui si è allontanata è stato possibile risalire alla velocità di espansione dei vari tratti della dorsale →pochi centimetri l’anno. In questo modo si è risalito all’età di tutte le singole fasce di anomalie magnetiche individuate →si è stabilita l’età della crosta oceanica . Un crosta più antica è certamente esistita ma è andata persa , xkè inghiottita dalle zone di subduzione →restano solo tracce entro la crosta continentale.

LA TETTONICA DELLE PLACCHE
Le placche litosferiche
L teoria prende in esame il comportamento della litosfera che poggia sull’astenosfera meno rigida , rispetto alla quale la litosfera può muoversi. La litosfera oceanica ha spessore uniforme (70km). Sotto le aree cratoniche l’astenosfera sembra mancare e la litosfera scenderebbe almeno fino a 400km , come se i blocchi continentali più antichi avessero profonde radici nel mantello. La litosfera è intersecata per tutto il suo spessore da fasce molto attive , caratterizzate da sismicità e vulcanismo, lunghe migliaia di chilometri e relativamente strette→dorsali di espansione , le fosse di subduzione e le grandi faglie trasformi.→esse sono un’immensa rete che si dirama su tutta la litosfera , suddividendola in una ventina di maglie irregolari. Queste maglie sono dette placche e possono essere formate da una sola litosfera oceanica o da sola litosfera continentale, o da porzioni d litosfera di due tipi. I bordi delle singole placche, margini, vengono distinti in 3 tipi:
• Margini costruttivi : sono le dorsali oceaniche , lungo le quali si costruisce nuova litosfera oceanica
• Margini distruttivi: sono le fosse oceaniche lungo le quali la litosfera, viene distrutta dal processo di subduzione
• Margini conservativi: alcune grandi faglie trasformi lungo le quali due placche scorrono l’una accanto all’altra in direzioni opposte , con metamorfismo e sismicità ma senza variazioni di volume della litosfera.
Ogni margine è comune a due placche. Le placche litosferiche occupano in ogni momento tutta la superficie della terra per cui non rimangono mai spazi vuoti tra le tessere del mosaico. Alcune placche sono circondate in gran parte da margini costruttivi→ la loro superficie aumenta continuamente nel tempo.altre sono limitate da dorsali e da fosse → la loro superbie può rimanere stazionaria o modificarsi nel tempo.
• Le dorsali sono luoghi in cui i movimenti convettivi in atto nel mantello si manifestano con inarcamenti della litosfera e fuoriuscita di magma: continua a formarsi una litosfera oceanica che via via si allontana dalla rift valley dando luogo ai fondi oceanici.
• Le fosse abissali sono i luoghi in cui la litosfera ritorna nel mantello e viene in gran parte riciclata nel processo di subduzione.
→il bilancio globale di produzione e consumazione di litosfera deve essere in equilibrio e qst si realizza attraverso l’accrescimento di certe placche e la riduzione di altre . il movimento di ogni placca è condizionato da quello delle altre.
Orogenesi
Alcuni oceani hanno al loro interno una dorsale di espansione ma non presentano fosse di subduzione:poiché la superficie della loro crosta oceanica continua ad aumentare per l’attività della dorsale i continenti ai bordi devono allontanarsi per fare spazio alla nuova crosta. L crosta continentale appare ben poco attiva :i blocchi continentali vengono infatti trasportati alla deriva lungo la superficie terrestre dal movimento delle placche di cui fanno parte, guidato dalla litosfera oceanica. Ma qst comportamento passivo può avere conseguenze di grande portata se un lembo di crosta continentale finisce per interferire con una fossa di subduzione →il risultato è l’orogenesi=processo di intensa formazione crostale che coinvolge grandi volumi di rocce e che si manifesta in superficie con il sollevamento di una catena montuosa.
Tre diverse situazioni con cui può formarsi un orogeno:
• Crosta oceanica in subduzione sotto il margine di un continente
Continente si trova a ridosso di una fossa oceanica.→non entra in subduzione perché la litosfera continentale, + densa, non può profondare entro il mantello, sopra il quale deve galleggiare. La crosta oceanica si infila sotto il margine continentale che viene così deformato dal violento attrito. Dalla crosta in subduzione vengono strappati via i sedimenti oceanici insieme ai lembi dei sottostanti basalti. Le masse rocciose finiscono per saldarsi stabilmente al margine del continente formando una nuova striscia di crosta continentale. La crosta continentale si accresce di spessore , per la risalita di grandi quantità di magma: si individua così il processo di orogenesi , con il sollevamento della nuova catena montuosa. Tale processo prosegue finche è attiva la subduzione.
• Collisione continentale
Continente bloccato lungo fossa di subduzione e crosta oceanica si immerge sotto di esso→si crea catena montuosa MA→ se la placca che sta profondando nella subduzione comprende anche un continente questo finirà per arrivare a ridosso della fossa e la collisione continentale sarà inevitabile. I due margini entrano in contatto vengono sconvolti e deformati e grandi masse rocciose possono scivolare una sopra l’0altra anche per centinaia di chilometri , finché si saldano facendo aumentare lo spessore della crosta.si origina così una lunga catena montuosa→himalaya
Nel processo di collisione l’oceano che separa i due continenti in avvicinamento viene progressivamente ridotto in ampiezza e il suo fondo viene riassimilato per subduzione. I grandi accumuli di sedimenti che si sono deposti nel tempo lungo le coste dei due continenti vengono compressi nella gigantesca morsa e deformati in pieghe e falde , spinte ad accavallarsi l’una sull’altra per grandi spessori. Anche alcuni lembi del pavimento basaltico dell’oceano vengono coinvolti nella collisione e si ritrovano lungo l’asse della catena montuosa che si sta formando→ ofioliti.
• Accrescimento crostale
Si verifica quando frammenti di crosta di varia natura in origine anche in aree molto lontane tra loro, sono incastrati in una placca oceanica in lento movimento verso una fossa di subduzione. Man mano che arrivano alla fossa questi frammenti vengono strappati via dalla placca che sprofonda e spinti ad accavallarsi contro il margine del continente lungo cui si trova la fossa. Altri frammenti si aggiungono ai precedenti e concorrono ad ampliare le dimensioni del continente entro cui si saldano.
Se la collisione tra due continenti dà origine ad un continente più grande , è anche possibile che un continente si frammenti in lembi più piccoli.
Ciclo di Wilson
Le fosse non sono forme stabili :prima o poi vengono distrutte in un processo di collisione e sostituite dalla formazione di altre fosse altrove. Anche le dorsali sono ,mutevoli :se i movimenti in atto nel ,mantello sotto una dorsale di modificano, l’espansione si arresta e la dorsale diviene inattiva e si raffredda , perdendo il suo rilievo.i moti del mantello possono anche far nascere una nuova dorsale:
• Stadio embrionale
quando grandi volumi di materiale caldo in risalita arrivano al di sotto di un lembo di litosfera continentale→ la litosfera si inarca e si frattura→ le lunghe spaccature provocano un allineamento di grandi fosse , le cui pareti scendono ripide con enormi gradini limitati da faglie→ dalle spaccature fuoriesce il magma che ricopre il fondo delle fosse (africa)
• Stadio giovanile
Se il processo di espansione continua , i due margini continentali si allontanano e le lave che continuano a risalire dal basso formano una prima striscia di nuova crosta oceanica , mentre le acque dei mari vicini cominciano ad invadere la depressione che si apre-ò-> prende forma il nuovo oceano il cui fondo presenta un elevato flusso termico (mar rosso)
• Stadio di maturità
L’oceano si è ampliato e il suo fondo si accresce secondo il meccanismo di espansione e la frattura originaria è chiaramente segnata dalla rift valley→i due frammenti di continenti sono trasportati lontano dal movimento delle placche su cui si trovano mentre lungo i loro margini i detriti portati dai fiumi si accumulano a largo delle coste in prismi sedimentari (=imponenti depositi) .(oceano atlantico)
Sul fondo dell’oceano in espansione le bande di anomalie magnetiche registrano lo scorrere del tempo. Ma un oceano non può allargarsi all’infinito: ad un certo punto gli squilibri sotto la litosfera possono mutare e la dorsale diviene inattiva. Il fondo del vecchio oceano può rimettersi in movimento:si consumerà in qualche fossa di subduzione , finché i due continenti torneranno ad avvicinarsi, entreranno in collisione e si salderanno nuovamente in un unico continente . La saldatura che coinvolge i margini di entrambi i continenti dà origine ad una nuova catena montuosa tra le cui rocce si ritroveranno anche i ofioliti, i resti dell’antico fondo oceanico.
→ con questo meccanismo si è arrivati a ricostruire la pangea. Essa però non è sempre esistita →si è formata in seguito a una serie di collisioni tra continenti ancora più antichi derivati a loro volta dallo smembramento di un supercontinente di 750milioni di anni fa. L’incessante movimento delle placche costringe ciclicamente i lembi di crosta continentale a saldarsi tra loro fino a formare un supercontinente e ben presto gli stessi movimenti frammentano questo continente in nuovi lembi in movimento.→qst è il ciclo di Wilson, la nuova unità di misura dell’evoluzione del pianeta che ha durata di 500 milioni di anni.

VULCANISMO SISMICITà E PLACCHE
Vulcani
• Vulcanismo essenzialmente effusivo
o lungo l’asse delle dorsali oceaniche
o è dovuto alla risalita delle profondità del mantello del materiale caldo che fa inarcare la litosfera.
o Il magma deriva dalla fusione parziale delle rocce del mantello ed è di natura basaltica →magma da origine a lave fluide
• Vulcanismo fortemente esplosivo
o Lungo gli archi insulari vulcanici o lungo il margine dei continenti che fronteggiano le fosse abissali
o Collegato al processo di subduzione , nel corso del quale la placca che sprofonda viene progressivamente fusa
o La presenza di notevoli spessori di sedimenti marini fa si che il magma prodotto dalla fusione sia ricco in silice e con abbondanti fluidi
o Il vulcanismo da origine a manifestazioni esplosive
o Le lave sono da intermedie ad acide ma non mancano lave basaltiche per la fusione parziale del mantello che si trova al di sopra della placca che sprofonda.
o I magmi che si formano e risalgono dalle zone di subduzione possono fermarsi entro la crosta e solidificarsi come ammassi intrusivi:è proprio la risalita di tali fluidi ad alta temperatura che favorisce il processo di intensa trasformazione e fusione della crosta continentale profonda(anatessi) che porta alla formazione dei giganteschi batoliti.
→Sono fasce di vulcanismo associate all’attività dei margini costruttivi e distruttivi delle placche , ma esistono anche numerosi grandi centri vulcanici all’interno delle placche , sia in pieno oceano sia nei continenti→ si tratta di vulcanismo associato a grandi fratture della crosta che preludono all’apertura di un continente.
Ma nella maggior parte dei casi siamo di fronte alla manifestazione in superficie di un punto caldo: ristrette aree della crosta caratterizzate da elevato flusso termico e continua effusione di lave basaltiche . I punti caldi corrispondono a una risalita localizzata di materiale caldo di origine molto profonda e non sembrano legati all’attività dei margini delle placche.
Terremoti
Se poniamo a confronto la distribuzione mondiale dei terremoti , con le placche, appare chiaro come le due immagini siano strettamente correlate :l’allineamento di puntini che segnano la posizione degli ipocentri delinea i margini delle placche. La distribuzione dell’attività sismica coincide al 955 con le fasce lungo cui interagiscono i margini delle placche con cui è divisa la litosfera . sono proprio gli sforzi dovuti ai movimenti della litosfera , concentrati lungo i m,argini delle placche , che provocano continuamente la deformazione delle masse rocciose in cui si accumula l’energia elastica , che viene poi liberata dai terremoti.
• Lungo le dorsali , le forze che tendono a far allontanate uno dall’altro i due fianchi della rift valley e la risalita del magma attraverso le numerose fratture provocano continuamente l’attivazione di numerose faglie traducendosi in sismi di modesta identità o in una miriade di microsismi . anche le numerose faglie trasformi che interrompono le dorsali sono sorgenti di terremoti superficiali.
• La forte sismicità associata alle fosse oceaniche è legata alla subduzione di una placca sotto l’altra. Molti dei maggiori terremoti che si verificano in tale situazione sono compresi nei primi 50km di profondità e sono in gran parte legate alle numerose faglie provocate dal margine della placca sovrastante dal violento attrito con la placca in subduzione. A maggiori profondità i terremoti sarebbero conseguenza delle forti compressioni subite dalla placca di litosfera che penetra nell’astenosfera e nel mantello superiore. La superficie di Benioff con il suo allineamento di ipocentri , segnala la discesa della placca.
• Nelle catene montuose di orogenesi recente, nate da collisioni continentali , non si sono ancora esaurite le gigantesche spinte che hanno deformato e fatto saldare tra loro i margini venuti a contatto. È facile immaginare come grandi masse rocciose vengano continuamente coinvolte negli sforzi in atto nella crosta e finiscano per dare origine a terremoti, il cui innesco è favorito dalle numerosi faglie già presenti nella struttura di una catena montuosa. Il settore di crosta ispessito a seguito della collisione tende a riacquistare una posizione di equilibrio isostatico e si muove verso l’alto provocando altre deformazioni, fonti a loro volta di terremoti.
• L’interazione tra placche spiga la distribuzione dei terremoti, che possiamo considerare come il segnale dei complessi movimenti della litosfera. Una piccola percentuale di terremoti cade però lontano dai margini. Si pensa che degli sforzi si possano propagare all’interno di una placca litosferico , e possano crescere fino a superare localmente la resistenza delle rocce stesse , soprattutto in qualche punto di minor resistenza , provocando uno dei rari terremoti localizzati all’interno di una placca.

CELLE CONVETTIVE E PUNTI CALDI
Molti elementi fanno pensare a movimenti convettivi all’interno del mantello , provocati da locali squilibri termici, a loro volta causati dal calore liberato da processi radioattivi , ma il problema non è così semplice e la sua soluzione sembra coinvolgere anche il nucleo. Un contributo decisivo è venuto dalla tomografia sismica , una tecnica sofisticata di analisi delle onde sismiche.
Fino a una profondità di circa 200km il mantello è freddo sotto i continenti e caldo sotto le dorsali oceaniche , dalle quali le placche si allontanano. A profondità maggiori , fino a circa 600km , la struttura termica del mantello non sembra direttamente collegabile con le zone di attività specifica in superficie, ma piuttosto con movimenti a larga scala dei continenti. Si osservano due regioni calde , una sotto l’africa orientale e l’Arabia , l’altra sotto l’oceano pacifico mentre intorno a tali regioni si snoda un gigantesco anello di rocce relativamente fredde , localizzate al di sotto dei continenti→come se i continenti fossero stati trascinati nella loro posizione attuale dallo sprofondamento di flussi freddi nel mantello. A che profondità arrivano qst movimenti?sono limitate al mantello superiore o coinvolgono anche quello inferiore, più eterogeneo? Bisogna prendere in esame i fenomeni che si verificano nel passaggio tra nucleo e mantello . il calore ad altissima temperatura presente nel nucleo si propaga verso l’esterno :anche nel nucleo interno vi è la presenza di moti convettivi. Il nucleo esterno che per minor pressione è fuso, assorbe questo calore , che si aggiunge al calore prodotto in loco da materiali radioattivi e al calore che si libera man mano che porzioni della lega ferro-nichel solidificano e si aggregano al nucleo interno. Il nucleo esterno è agitato da energici moti convettivi , gli stessi che danno origine al campo geomagnetico, che con grande efficacia trasferiscono il calore alla base del mantello. Nel mantello inferiore si localizzano regioni a diversa termalità , per cui vi si presentano condizioni adatte per il manifestarsi di moti convettivi. Il problema è quali dimensioni abbiano.
• Alcuni geofisici ritengono che dalle regioni più calde presenti alla base del mantello si innalzino colonne di materiale caldo i pennacchi, che arriverebbero fino in superficie , dove si manifesterebbero come punti caldi, caratterizzati da flusso termico elevato e da intenso vulcanismo.questi punti sono attivi da milioni di anni e appaiono fissi rispetto al continuo movimento delle placche :i vulcani attivi da essi alimentati sono localizzati all’estremità di lunghi allineamenti di altri vulcani , ormai estinti, che risultano tanto più antichi quanto più sono lontani da quelli attivi. I vulcani attivi sono localizzati sopra i pennacchi , mentre gli altri si sarebbero via via allontanati da questi per il movimento delle placche.quasi tutti i punti caldi sono localizzati sulla verticale di regioni al confine del nucleo che appaiono calde nelle mappe tonografiche . i pennacchi caldi pomperebbero calore direttamente dal nucleo alla superficie , attraverso l’intero mantello. In quest’ultimo sarebbero in atto anche movimenti convettivi su larga scala , sostenuti da sorgenti di calore proprie del mantello: se così non fosse il calore proveniente dal nucleo dovrebbe alimentare nel mantello correnti ascendenti molto energiche , cosa finora mai osservata, i movimenti delle placche sarebbero legati ai moti convettivi dell’intero mantello , ma con notevoli interferenze dovute alla risalite dei pennacchi, poiché la loro azione prolungata sembra in grado di interrompere la continuità della litosfera →numerosi punti caldi alimentano direttamente lunghi tratti di dorsali oceaniche che risultano anomali per il maggior afflusso di magma che li caratterizza.
• L’idea di una circolazione stesa all’interno del mantello non è però accettata da tutti i geofisici. Alcuni di essi in base alla presenza della complessa zona di transizione che permette di distinguere un mantello superiore da un mantello inferiore con caratteristiche diverse , propongono un modello di circolazione a due livelli:una serie di celle convettive localizzate tra la zona di transizione e il tetto del mantello e un’altra tra la zona di transizione e il nucleo. I moti nel mantello inferiore sarebbero più lenti , mentre i movimenti delle placche sarebbero direttamente collegati ai moti convettivi del mantello superiore , relativamente più rapidi. I punti caldi sarebbero alimentati da pennacchi in salita dalla zona di transizione , dove potrebbero venire alimentati dal flusso di calore proveniente dal mantello sottostante . l’entità dell’interferenza tra i due distinti circuiti è oggetto di dibattito. Alcune elaborazioni sembrano indicare la possibilità che materiale in subduzione possa attraversare la zona di transizione e sprofondare nel mantello inferiore per essere sostituito da materiale in risalita dal mantello inferiore.

Esempio