Un americano a Islamabad

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Testo

Di Coffetti Stefano

Finalmente ho capito la cosa più importante e ne sono felicissimo.
Sono Michael, un giovane americano quattordicenne; circa due mesi fa i miei genitori sono morti ed io mi sono trasferito ad Islamabad per vivere con mia zia, in una casa abbastanza accogliente, ma completamente diversa rispetto a quella in cui abitavo negli Stati Uniti d’America. Il mio morale era completamente a terra: avevo appena perso i miei genitori e in questo paese non avevo nessun amico con cui parlare. Mia zia decise allora di iscrivermi ad una scuola della città ed io ero entusiasta di quell'idea perché pensavo di trovare molti amici con cui alleviare il dolore della morte dei miei genitori. Dal principio, nonostante avessi molte difficoltà di comunicazione, tutti sembravano accoglienti, benevoli e molto gentili nei miei confronti; mi aiutavano a scuola, trascorrevano parte del tempo libero in mia compagnia e tentavano di tenermi allegro in ogni modo dato che erano a conoscenza delle sofferenze che avevo provato nei mesi precedenti.
Io li seguivo dovunque e cercavo di comportarmi come loro; avevo imparato persino a seguirli nei loro momenti di preghiera durante i quali si rivolgevano verso la Mecca, si inginocchiavano e meditavano, a mangiare i loro cibi tradizionali e a digiunare nel mese del Rramadam. Insomma avevo provato in ogni modo a cambiarmi per non sentirmi emarginato, ma tutto ciò si è rivelato inutile perché io mi sentivo sempre più a disagio e sempre più scontento e triste quando ripensavo alla facile vita di Denver dove potevo fare ciò che volevo, parlavo nella mia lingua e non dovevo lottare per cambiare le mie abitudini che, nonostante tutto, ritenevo ancora essere le migliori.
Decisi così che tutto l’impegno che stavo mettendo per cercare di cambiare la mia personalità era concentrato nella direzione sbagliata: non dovevo pregare cinque volte al giorno o mangiare come gli islamici per sentirmi come loro, ma dovevo solamente “ essere” un americano nel mondo musulmano: non era quindi necessario perdere le mie abitudini per fare amicizia con loro. Dopo aver capito questo fatto mi sono sentito molto felice e la mia vita ha avuto nuovi cambiamenti: ho cominciato ad insegnare la lingua americana a mia zia, al fine di poter conversare nella lingua che parlavo da sempre.
In seguito ho cominciato a disinteressarmi dei miei amici Homar e -Mohamed nei loro momenti di preghiera ed ho anche perso l’abitudine di mangiare i cibi locali: ogni mattina pregavo mia zia di acquistare anche cibi “occidentali” e lei rispettava la mia volontà. Così sono riuscito a non allontanarmi dalla mia cultura.
Sono molto contento, perché nonostante tutte le mie disavventure ho capito che sarebbe stato un irreparabile sbaglio tentare di cambiarmi dato che sono Michael e sarò per sempre americano.

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