Terrorismo come minaccia di tutte le società

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Testo

Il terrorismo come
minaccia di
tutte le società.
Un Mondo contro l'altro.
Le immagini giunte dagli Stati Uniti mi hanno mostrato una violenza spettacolare e cinica oltre ogni immaginazione: civili sequestrati e usati come bombe contro altri civili ignari e innocenti, uccisi per obiettivi che non appartengono a loro. Una simbologia di morte e di guerra senza confini che lascia tutti sgomenti e angosciati. Come me tanti statunitensi, amici o avversari politici, mai avremmo ritenuto possibile un simile colpo al cuore della "superpotenza", nel momento culminante della sua supremazia. Proprio quando stava iniziando il controllo e l'egemonia incontrastata del pianeta e dello spazio, si apre questo squarcio, che mostra, con una evidenza abbagliante, come il ricorso alla forza non serve ne' come difesa ne' come ostacolo. Sono cambiati con questo atto il concetto e la natura stessa della guerra; ne' navi ne' aerei ne' alcun altro “scudo” avrebbero potuto proteggere le migliaia di persone uccise a New York e a Washington. Mi chiedo come può essere veramente significativa l'espressione della nostra solidarietà a tutte le vittime e ai loro familiari. Vorrei che tutto il popolo statunitense potesse capire e soprattutto sperimentare in questo periodo di smarrimento e sofferenza quanto importante sia la solidarietà degli altri popoli.
E vorrei che i suoi governanti e responsabili politici avessero la saggezza di comprendere che non l'egemonia costruita sulla forza economica e sulle armi, ma la collaborazione con tutti alla pari, e' la grande risorsa politica per garantire la sicurezza mondiale e per rispondere alle urgenze dell'umanità e del pianeta.
Il terrorismo minaccia tutte le società. Mentre il mondo si prepara ad agire contro di esso, a tutti noi è stata ricordata la necessità di capovolgere le situazioni che consentono la crescita di un simile odio e di simili azioni malvagie. Dobbiamo affrontare la violenza, il fanatismo e l'odio con una risolutezza ancora maggiore. Il lavoro delle Nazioni Unite deve continuare, e nello stesso tempo dobbiamo impegnarci a favore delle tragiche conseguenze dei conflitti, dell'ignoranza, della povertà e della malattia. Farlo non rimuoverà ogni fonte di odio, non servirà di prevenzione ad altri atti di violenza. Ci saranno sempre coloro che odiano e uccidono, anche se si fosse messa la parola fine ad ogni ingiustizia sulla terra. Ma se il mondo sarà in grado di provare che intende proseguire, che persevererà nella creazione di una comunità internazionale più giusta, più generosa, più genuina attraverso tutte le frontiere religiose e razziali, allora il terrorismo sarà sconfitto.
L'ingiustizia è invece il frutto dell'azione umana, è opera nostra, e non fa che crescere e accumularsi. Riempie il mondo e lo tira in basso, e la giustizia è un filo di fumo inseguito dagli sguardi di molti. Non bisogna prendersi troppa confidenza con quest'ultima; non solo è il ripudio della vendetta, ma la vendetta è anche la sua antica sorella, una sorella avida e ricattatrice. Bisogna trattare con discrezione la giustizia in generale e specialmente nella risposta all'attacco mosso alle Torri e al Pentagono. Se ci rassegniamo a dire che i morti dell'attentato esigono giustizia, e giuriamo di vendicarli,ci prepareremo solo alla rovina.
Il tempo della giustizia dev'essere sempre. Ma ora l'azione contro i nemici non deve incatenarsi al castigo giurato ai morti. Con questo proposito, si indurrà a picchiare forte e alla cieca. A commettere errori, volendoli commettere. Né deve portare i colpevoli davanti a un tribunale, assicurarli alla giustizia, e via. Deve misurarsi con la minaccia. Tener la mira fissata sul pericolo futuro, in ricordo dall'orrore avvenuto. Far pagare un prezzo anticipato, non saldare un conto.
È essenziale però che la risposta globale al terrorismo non spezzi l'unità nata l'11 settembre.
Il mondo deve comprendere che ci sono nemici comuni a tutte le società, ma deve anche al tempo stesso comprendere che i nemici non sono mai definibili tali in base alla loro appartenenza a una religione o alla loro provenienza. Nessun popolo, nessuna religione, nessun paese deve essere considerato un bersaglio per le indescrivibili azioni di alcuni individui. Permettere che le divisioni fra le varie società e all'interno delle medesime siano inasprite da queste azioni, vorrebbe dire fare il gioco dei terroristi.
Le Nazioni Unite godono di una posizione unica per mettere in atto questo sforzo. Esse dispongono della sede più idonea a costruire una coalizione universale, e possono assicurare un'unità d'intenti alla risposta a lungo termine contro il terrorismo. Le assemblee delle Nazioni Unite già dispongono dell'organizzazione legale necessaria a compiere molte delle misure che devono essere messe in atto per sradicare il terrorismo e inoltre devono avere il coraggio di ammettere che così come ci sono scopi comuni, ci sono nemici comuni. Per sconfiggerli, tutte le nazioni devono unire le loro forze, in uno sforzo che coinvolga tutti gli aspetti del sistema globale e nessuno dovrà nemmeno mettere in dubbio la decisione a livello mondiale di combattere il terrorismo, per tutto il tempo che sarà necessario.
Di fronte alla ferocia sanguinaria di questo, delle dittature e delle guerre, di fronte alla violenza dispiegata, la viltà, l'omissione, la diplomazia non servono: occorre resistere e combattere quella violenza, nell'unico modo efficace, che nella nostra età e' anche l'unico modo possibile: con la nonviolenza. Occorre dunque la scelta della nonviolenza come proposta morale, metodologica, strategica, sociale, politica, antropologica come indica Eco,come guida per l'azione nei rapporti interpersonali, nelle relazioni tra i singoli, i gruppi, i popoli, e infine ma non per ultime le istituzioni. Solo la nonviolenza può salvare l'umanità,può portarla a una pace duratura.
Ma la pace non c'è: è stata rotta. Un Mondo contro un altro in cui il più forte ha la meglio.
Non c'è la pace, non c'è la giustizia. C'è una guerra. Ma non ci si deve arrendere alla cosa chiamandola col suo nome. Al contrario. È infame, e c'è.
Colpendo i simboli della ricchezza economica e dell'apparato tecnico-militare, i terroristi hanno messo in evidenza quali sono i veri fondamenti dei nostri valori, scrive su Repubblica Umberto Eco in uno dei più acuti commenti ai fatti dell'11 settembre. E sottolineando come di questo si tratti, non di una guerra di religione o di civiltà, continua che le pratiche economiche che consentono a noi libertà e democrazia sono le stesse che altrove generano se non fame malattia e morte, certo schiavitù e ribellione".
All'insistita domanda degli americani "Perché ci odiano tanto?", qualcuno proprio dall'America ha risposto: "Perché non abbiamo alcuna idea delle ragioni del loro odio". Forse è così. Forse in questa incapacità di capire il dolore altrui, in questa "naturale" convinzione della propria superiorità, sta la colpa peggiore dell'Occidente.

Collocazione editoriale :
rassegna di argomento culturale

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