Rimborso per le spese elettorali sostenute dai partiti

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Testo

Cos'è il G8

Il vertice degli 8 grandi è un forum di confronto fra i capi di Stato e di governo dei maggiori paesi industrializzati. Ha il compito di indicare strategie d’intervento, in particolare nel settore economico, ma anche su altri temi di carattere sociale d’interesse strategico. Nel corso degli anni i temi affrontati si fanno via via più ampi, passando dalla macroeconomia (rapporti commerciali internazionali o con i paesi in via di sviluppo) alle conseguenze su occupazione, ambiente, sviluppo delle scelte effettuate, senza trascurare le questioni legate ad esempio alla criminalità organizzata. Fra un vertice e l’altro si sviluppa così una rete di incontri a livello ministeriale, con i responsabili dell’ambiente, del lavoro, commercio, esteri, finanze. I paesi partecipanti sono: Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Russia, Stati Uniti d’America.
L’idea di riunire ogni anno i rappresentanti delle maggiori potenze industriali nasce al vertice di Rambouillet, in Francia, dove, dal 15 al 17 novembre 1975 i capi di governo di Francia, Germania, Gran Bretagna, Giappone, Italia e Stati Uniti si erano incontrati per affrontare insieme la crisi petrolifera. Nel 1976, alle sei potenze che avevano partecipato al summit di Rambouillet si unisce il Canada e, a partire dal vertice di Londra del ’77, partecipa la Comunità europea.
Dal G7 al G8 Il gruppo costituito da questi paesi fu chiamato G7 e la sua composizione rimase stabile per oltre quindici anni. Infatti solo nel ’94, al vertice di Napoli, si costituisce il gruppo di otto politici, denominato P8, composto dalle potenze del G7 e dalla Russia (con cui si sarebbero dovute tenere riunioni solo a conclusione del vertice). Ma nel ’97, a Denver, la Russia entra a pieno titolo nel gruppo partecipando a tutte le discussioni, eccetto quelle di ordine finanziario ed economico. La partecipazione sarà completa solo l’anno successivo (Birmingham ’98). Il G7 diventa così G8.

La globalizzazione

Un ordine economico internazionale che faccia i conti anche con i problemi sociali, una crescita che metta insieme ragioni economiche, sociali e ambientali, una decisa azione contro la criminalità economica, trasparenza nei processi decisionali delle istituzioni internazionali, un’Europa che sia, nel mercato globale, punto di forza contro la liberalizzazione selvaggia. Queste, in sintesi, le linee guida di un progetto democratico di governo della globalizzazione, che fanno parte di una piattaforma più generale che Cgil, Cisl, Uil presentano ai capi di Stato e di governo dei maggiori paesi industrializzati riuniti a Genova per il G8. Il 18 luglio, nel capoluogo ligure, mille sindacalisti, assieme ai maggiori leader sindacali del nord e del sud del mondo, discuteranno infatti di lavoro e di globalizzazione. È stata inoltre confermata dai tre segretari generali Cgil, Cisl, Uil, con una lettera al presidente del consiglio Silvio Berlusconi, la richiesta d’incontro dei leader sindacali mondiali con tutti i capi di governo presenti a Genova il 19 luglio. Un’occasione per i sindacati di segnare una nuova tappa nella campagna per il rispetto dei diritti e per uno sviluppo durevole, socialmente e ambientalmente sostenibile. Allarmanti sono infatti i dati contenuti nel documento elaborato dal Comitato dei sindacati dei trenta paesi aderenti all’Ocse. Il totale di chi vive con meno di un dollaro al giorno è aumentato arrivando a 1,2 miliardi, così com’è cresciuto il numero delle persone che vivono in estrema miseria in quattro delle sei regioni in via di sviluppo e in transizione (l’Europa dell’Est e l’Asia centrale, l’America latina e caraibica, l’Asia del sud e l’Africa sub-sahariana). Un chiaro segnale che in questi paesi la mancanza di lavoro o un lavoro malpagato e senza tutele sono diventati problemi endemici.

Le proposte confederali

I governi dei paesi industrializzati debbono riconoscere la propria responsabilità nella "gestione dell’economia globale" – dicono i sindacati –, avviare miglioramenti nel governo dell’economia internazionale e procedere a una riforma democratica delle politiche e dei programmi delle istituzioni economiche mondiali. Le proposte di Cgil, Cisl, Uil si concentrano su alcuni punti principali. Si chiede ai governi di assicurare una crescita economica stabile e sostenibile che promuova redistribuzione della ricchezza e delle opportunità, contribuendo in questo modo alla riduzione del divario tra paesi ricchi e poveri. Occorre riportare l’economia globale sulla strada di una buona e piena occupazione. Questo è il significato di "lavoro dignitoso" così come lo definisce l’Oil. Il rispetto delle norme fondamentali del lavoro e dell’ambiente sono infatti punti irrinunciabili. Ma per i paesi più deboli le politiche di sviluppo perseguite attualmente da sole non bastano.
Occorre allora combinare la crescita con nuove iniziative per la salute e l’istruzione. Per avvicinarsi a questo scopo, i sindacati chiedono, fra l’altro, l’introduzione di una tassa (sul modello della Tobin Tax sulle transazioni finanziarie speculative a breve termine) finalizzata a programmi di sviluppo sociale. Chiedono anche la cancellazione "effettiva" del debito come condizione preliminare per arginare il massiccio divario di sviluppo. Ma la lotta alla povertà potrà produrre risultati in tempi brevi solo se i governi del G8 e le istituzioni internazionali adotteranno da parte loro tutta una serie di misure che i sindacati sollecitano (cfr. la scheda sulle proposte Cgil Cisl, Uil). Si lavora per costruire un modello sociale europeo "positivo e alternativo – dice il segretario confederale Cgil Giuseppe Casadio – ai caratteri dominanti che ha oggi la globalizzazione, trainata soprattutto da dinamiche di carattere finanziario, in cui scarso o nessun peso hanno criteri fondamentali come l’estensione dei diritti delle persone, cittadini e lavoratori". "È un sistema – aggiunge – che può davvero contrastare le linee che le principali concentrazioni finanziarie tendono oggi a dettare, sia ai paesi più poveri che ai governi di alcune grandi potenze mondiali come Stati Uniti e Giappone". "Avere un sistema di diritti e di tutele che pone soglie e limiti alle dinamiche economico-finanziarie, e non viceversa, è una logica oggi in controtendenza nel sistema planetario. Eppure è una meta che si può raggiungere".
L’altro punto che il dirigente Cgil sottolinea è la necessità di una riforma profonda della Confederazione internazionale dei sindacati liberi (Cisl) "gravemente inadeguata, attualmente, rispetto ai nuovi compiti imposti dalla globalizzazione". Una riforma urgente, dunque, che tuttavia sembra trovare "resistenze, reazioni conservatrici e corporative anche da parte di importanti organizzazioni sindacali dei singoli Stati , a partire da quelle di alcuni dei paesi economicamente più forti". Casadio sollecita un’opera di superamento di queste chiusure e "tentazioni protezionistiche", necessaria "per tutti i movimenti e per tutti i governi".

I temi in discussione

Non solo di economia si parlerà dunque a Genova, ma di sviluppo durevole, compatibile con l’ambiente, rispettoso dei diritti fondamentali, finalizzato a raggiungere parità di condizioni e opportunità fra paesi sviluppati e in via di sviluppo. Si parlerà di come le istituzioni mondiali dovranno democraticamente riformarsi, ma a tenere banco saranno sicuramente le diverse posizioni fra America ed Europa.
"Anche se il G8 è un forum di discussione senza immediati riflessi operativi, esso è comunque la sede nella quale è possibile, al più alto livello, un confronto fra i maggiori paesi sulle politiche globali. Anche il vertice di Genova, al pari di quelli che lo hanno preceduto, sarà un’occasione importante per far emergere convergenze e divergenze, in particolare fra Stati Uniti ed Europa". Per Ettore Greco, vicedirettore dell’Istituto affari internazionali (Iai), il summit è importante anche per verificare in che misura i capi di Stato e di governo delle maggiori potenze industrializzate abbiano la reale volontà, nonché la capacità, di condurre politiche comuni sui problemi globali. "L’approccio americano e quello europeo – dice – continuano a presentare marcate divergenze in particolare sul sistema del welfare, sul mercato del lavoro e sull’ambiente. L’Europa è riluttante a rivedere il sistema di tutele e protezione sociale; l’America ha invece risposto alle sfide della globalizzazione accentuando gli elementi di flessibilità. Non sarà dunque facile trovare un linguaggio univoco sui meccanismi di crescita".
Secondo Greco il clima in cui si svolge la riunione di Genova risente del diffuso pessimismo sulle prospettive economiche nel breve periodo. "Usa e Europa sono in una fase di rallentamento della crescita e non è chiaro quando ci sarà una ripresa. La questione centrale sarà come, di fronte alle sollecitazioni della globalizzazione, le economie si possano adattare al meglio attraverso meccanismi che consentano crescita e distribuzione del benessere nel modo più equilibrato e più diffuso possibile.
"Tuttavia – prosegue – su un tema caldo come quello dell’ambiente sembra esserci uno sforzo comune per appianare le divergenze fra Europa e Usa. Si intravvede infatti la prospettiva di una revisione del protocollo di Kyoto che renda meno stringenti alcuni vincoli e li sposti nel tempo. Non meno importante, c’è un accordo di massima per una ripresa della liberalizzazione commerciale attraverso il rilancio del ruolo dell’Omc".

Il sindacato europeo

Gli ultimi vertici di Colonia e Okinawa avevano posto i presupposti per un impegno dei paesi del G8 ad affrontare aspetti strategici della globalizzazione: riduzione del debito, educazione di base universale entro il 2015, riduzione della povertà del 50 per cento entro tale data, riforma delle istituzioni finanziarie internazionali, garanzia di rispetto dei diritti fondamentali nel commercio internazionale, informazione globale e tutela dell’ambiente. Ma una volta indicati gli obiettivi poco si è fatto per organizzare gli strumenti.
"La Ces – spiega il segretario generale della Confederazione europea dei sindacati, Emilio Gabaglio – condivide con le organizzazioni sindacali internazionali la preoccupazione per il modo in cui i processi di globalizzazione si vanno realizzando". È un appello alle istituzioni internazionali che, secondo Gabaglio, "sono da ripensare in chiave di maggiore equilibrio tra Nord e Sud del mondo" e ai singoli governi "affinché sostengano la campagna in corso per rafforzare gli aiuti allo sviluppo e siano realizzate forme di governo capaci di assicurare una valenza democratica e di vero sviluppo a questi processi, anche attraverso la definizione di accordi più equi con i paesi del Sud del mondo". Gabaglio ricorda poi come la Ces, anche in occasione degli incontri internazionali e delle trattative in materia di commercio internazionale, abbia sempre sostenuto la necessità di inserire nei trattati commerciali clausole che prevedano la tutela e il rispetto delle norme sociali e dei diritti definiti dalle convenzioni dell’Oil "nella convinzione che in un mercato globalizzato anche i diritti debbano avere una dimensione mondiale". La stessa richiesta sarà ribadita in occasione del prossimo round dell’Organizzazione mondiale del commercio che si terrà a ottobre in Qatar.
Gabaglio muove poi critiche ai movimenti antiglobalizzazione contestando loro "di mescolare ragioni vere, e condivise dal movimento sindacale internazionale, con altre motivazioni meno condivisibili" e di "fare di ogni erba un fascio, collocando il processo di unificazione europea nel contesto della globalizzazione". "Non è così – dice –. La diversità del modello europeo, combattuta da chi vuole far rientrare l’Unione europea in un modello neoliberista, va difesa, non solo perché garantisce i diritti dei lavoratori ma anche perché in prospettiva l’Europa può rappresentare una forza alternativa rispetto alla liberalizzazione selvaggia". Il segretario generale della Ces attribuisce all’Europa un ruolo fondamentale di "potenziale alleato nella battaglia contro la povertà e per un ordine economico internazionale più equo". Un fine che si può realizzare solo a patto che "l’Ue sia dotata di una fisionomia politica capace di darle un peso diverso nel contesto internazionale".

La Cisl internazionale

Ma quanto è in grado il movimento sindacale di contrastare e di pesare su organizzazioni come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale o l’Organizzazione mondiale per il commercio? Risponde Ben Chibani Mohsen, economista del dipartimento economico e sociale dell’ organizzazione internazionale dei sindacali liberi (Icftu, Cisl internazionale). "La Cisl e le organizzazioni affiliate non hanno mai smesso di criticare le politiche del Fmi e della Banca mondiale. Hanno sempre sottolineato l’assenza di una dimensione sociale adeguata nei loro programmi rivolti ai paesi in via di sviluppo".
Proprio queste continue critiche hanno obbligato le due istituzioni a cambiare atteggiamento, a prestare una crescente attenzione alla riduzione della povertà, a incontrarsi con i sindacati per discutere con loro delle politiche da adottare. Ma per la Cisl internazionale i segnali di buona volontà non bastano, è necessaria "una riforma profonda per introdurre più trasparenza, più democrazia, e obiettivi precisi mirati alla riduzione della povertà in tutti i programmi per i singoli paesi. "Per questa ragione – conclude Ben Chibani Mohsen –rivendichiamo un confronto più efficace con le istituzioni economiche internazionali, a livello nazionale e internazionale, perché siano comprese a fondo le priorità delle organizzazioni sindacali e garantito il pieno rispetto dei diritti che sta alla base di ogni rivendicazione".

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