Riforma e Controriforma

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Testo

“Riforma cattolica o controriforma”
Due tesi a confronto
“Secondo lo storico francese Lucien Febvre, la storia del ‘500 non deve apparire come un dramma in tre atti (Preriforma, Riforma e Controriforma), bensì come “un vasto oceano solcato da correnti che scorrono fianco a fianco. Ognuna trasporta elementi suoi peculiari, insieme con elementi che appartengono in generale a tutte quante insieme”
L’affermarsi del concetto di Riforma cattolica è connesso alla crisi dei paradigmi storiografici ottocenteschi riguardanti le lotte religiose del Cinquecento. La storiografia protestante e positivista del secolo scorso ha offerto un’immagine restrittiva della Controriforma, come una meccanica e violenta reazione conservatrice della Chiesa cattolica minacciata all’esterno dalla rivoluzione luterana, nonché da uno strisciante dissenso interno. Secondo questa visione, la Controriforma avrebbe schiacciato la libertà di coscienza e frenato il progresso scientifico con mezzi coercitivi quali Inquisizione e Indice dei libri proibiti.
Anche da un punto di vista economico e politico, la Controriforma sarebbe stata la causa dell’arretratezza delle aree mediterranee dell’Europa a partire dal Seicento, caratterizzandosi come “fuedal-reazionaria” di contro allo spirito di una Riforma protestante “borghese e progressiva”.
La revisione di questa rigida interpretazione è stata intrapresa nel secondo dopoguerra soprattutto da parte cattolica, cercando di relativizzare i concetti di Riforma e di Rinascimento: questi momenti non segnerebbero più l’avvio della modernità con la laicizzazione della società. Si indica piuttosto nella “Riforma cattolica” un movimento interno e spontaneo di rigenerazione spirituale e morale della Chiesa che affonda le sue radici nel medioevo e precede la frattura di Lutero. In questa luce, Riforma cattolica e Controriforma cono due movimenti paralleli e complementari.
La storiografia successiva ha messo in lue l’ambiguità del concetto di Riforma cattolica, che finisce per denotare atteggiamenti molto diversi e, a volte, contraddittori. Si è affermata una prospettica storiografica più attenta ai mutamenti strutturali, sociali e istituzionali che agli orientamenti ideologici o dottrinali. Non importa più stabilire uno specifico valore spirituale e morale alla Riforma cattolica in concorrenza con la Riforma protestante. Ciò che interessa sono i processi di accentramento e consolidamento del potere papale tendenti, come nelle altre monarchie europee, all’assolutismo. Il nuovo modello fa convergere obbedienza alle diverse confessione e obbedienza all’autorità civile e all’ordine costituito. E proprio la categoria di disciplinamento sociale ed ecclesiastico consente, secondo alcuni studiosi, di individuare processi strutturali analoghi nelle varie aree europee, riformate o cattoliche che siano, in cui la religione contribuisce a compattare il consenso e l’identità nazionale dei sudditi.”
La situazione
Problemi della chiesa
Per capire i motivi della Riforma è necessario delineare la situazione culturale e religiosa nella Chiesa del 400-500, in cui erano presenti parecchie situazioni inconciliabili con il Vangelo che si trascinavano ormai da tempo, impermeabili ai vari interventi riformatori che pure si erano tentati: ricordiamo, per esempio, l’opera di S. Francesco d’Assisi e di S. Domenico (sec. XIII), fondatori di nuovi ordini religiosi ispirati agli ideali di povertà e fedeltà al Vangelo.
In questi secoli erano dunque diffuse la simonia (compravendita di cariche ecclesiastiche), il desiderio di potere, il concubinato del clero, il nepotismo (vantaggi accordati dagli ecclesiastici ai propri parenti). Emblematica, a questo proposito, la figura di papa Alessandro VI (1492-1503) che, si legge nella Storia d’Italia di Guicciardini, "comperò palesemente… molti voti di cardinali" per la sua elezione. Contro di lui si levò la voce di fra Girolamo Savonarola.
La Curia romana si preoccupava di mantenere un potere centralizzato, impegnandosi in opere mondane sfocianti in fasto eccessivo, concedendo privilegi ed immunità; il sostegno economico proveniva da un esoso sistema di riscossione fiscale. Poco si distingueva da una qualsiasi corte rinascimentale. Ricordiamo la figura di papa Giulio II (1503-1513) che, immune da ogni forma di nepotismo, servì esclusivamente gli interessi della Chiesa, interessi, però, temporali piuttosto che religiosi.
Ma il male non era presente solo in Roma; un po’ dappertutto c’erano vescovi investiti di più diocesi, di cui godevano i benefici, ma in cui spesso non erano neanche mai stati; vescovadi e abbazie erano in genere appannaggio di esponenti di famiglie nobili o di borghesi arricchiti; il basso clero era impreparato, incapace di istruire i fedeli nei principi religiosi.
Malcostume, sperperi, esosità fiscale determinarono una forte insofferenza verso la Chiesa, ingenerando dubbi anche sulla sua stessa legittimità.
Sul piano politico assistiamo in questo periodo al tramonto del Papato e dell’Impero intesi come autorità supreme; si vanno delineando gli Stati Nazionali, che affermano la loro autonomia nei confronti dell’Impero, ma che rivendicano competenza anche in campo religioso: si apre così la strada alla formazione delle chiese nazionali di Stato, che saranno una delle realizzazioni del Luteranesimo.
“I tentativi di riforma della Chiesa, per riportarla ai valori evangelici autentici, erano spesso sconfinati nell’eresia, passando dal piano della critica alla prassi morale a quello della messa in dubbio delle verità di fede. In particolare, a partire dal sec. XIV, alla critica della corruzione del clero e del fiscalismo cominciarono ad affiancarsi contestazioni al principio della gerarchia ecclesiastica, all’autorità del pontefice, ai sacramenti, al culto dei santi, etc.”
L'autorità religiosa era intervenuta con la scomunica, ma la gerarchia ecclesiastica era ben consapevole della necessità di riformare la Chiesa per eliminare, o almeno correggere, gli scandali più gravi. Il Concilio di Costanza (1414-1418) pose fine allo scisma d’Occidente (1378-1419), durante il quale si contrapposero il papato di Roma e quello in Avignone. Il Concilio del Laterano (1512-1517) emanò alcuni decreti di riforma; ma eravamo ormai alle porte della vicenda di Lutero.
Nel 1527, alla vigilia del Sacco di Roma, quando i lanzi tedeschi e spagnoli incombono ormai sulla città, il papa, per acquistare armi e reclutare milizie, raccoglie denari eleggendo in fretta e furia cinque cardinali tra i vescovi più facoltosi. È un episodio eloquente che offre l’idea della corruzione e della fragilità del potere pontificio. Ma gli abusi della curia romana, che scandalizzano la cristianità da lungo tempo, sono soltanto il sintomo esterno di un corpo minato dalla radice.
“Da secoli è in atto un degrado della vita spirituale derivato dalla simbiosi delle strutture feudali di potere con quelle ecclesiastiche: la funzione episcopale, da ministerium pastorale di cura delle anime si è ridotto a beneficium che non implica nessun obbligo, neanche la residenza del vescovo. Nell’alto clero viene così a prevalere la personalità politico-economica e la formazione giuridica, più che l’integrità morale e la dottrina, mentre il clero inferiore versa in condizioni miserevoli sia materialmente che intellettualmente. Il popolo cristiano viene così affidato alla tutela quasi esclusiva degli ordini regolari, soprattutto mendicanti. Godendo di esenzione pontificie, i frati sfuggono a qualsiasi controllo da parte dei vescovi, liberi di condurre una vita molto lontana dal rigore ascetico prescritto dalle regole dei fondatori; di predicare senza una formazione adeguata e spesso con finalità polemiche verso altri ordini o autorità civili; d’incanalare la religiosità popolare verso forme dì devozione spesso confinanti nella superstizione.”
1517-1530: momenti di riforma in Italia e in Europa
La riforma interna della Chiesa
“Secondo quanto afferma lo storico francese Lucien Febbre, l’azione del Concilio di Trento affonda le proprie radici nel fermento di rinnovamento morale e spirituale che attraversa la cristianità tra le seconda metà del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento. Si tratta di fenomeni di “autoriforma delle membra”, nel senso che sono rivolti alla riforma degli uomini piuttosto che delle istituzioni religiose. Essi seguono sostanzialmente due direzioni diverse: da un lato la tensione dal basso (inteso come società in generale) verso forme di perfezione di vita religiosa, attraverso movimenti mistici o confraternite laicali di assistenza ai bisognosi; dall’altro lo sforzo pastorale di singoli vescovi seriamente impegnati nella cura delle anime e nella riorganizzazione dello chiese locali.”
A conferma di questi fermenti, vi sono le lucide proposte di riforma del Libellus ad Leonem (1513) di Vincenzo Quirini e Paolo Giustiniani, due monaci camaldolesi. Essi lamentano la mancanza di cultura del clero secolare (da selezionare e istruire non più sulla base della Teologia parisiensis, ma sulle Sacre Scritture e dei Padri) e la necessità di riformare gli Ordini religiosi, proponendo misure che rivitalizzino tutto il corpo ecclesiastico: la traduzione della Scritture e l’adozione del volgare nella liturgia; la ricorrente convocazione di sinodi diocesani e provinciali, nonché il Concilio ecumenico. E proprio il Concilio Lateranense (1512-1517), nel cui ambito si sono formate queste proposte, ha esiti deludenti: prevalgono decisamente gli interessi della curia.
Ma nella stessa Roma di Leone X, per iniziativa del laico Ettore Vernazza, nasce l’Oratorio del Divino Amore (1517), derivato dall’Oratorio di Genova (1497), cui aderiscono chierici di spicco come il Carafa o laici nobili come il vicentino Gaetano di Tiene. Le finalità dell’Oratorio consistono nella promozione di pratiche di pietà tese alla “imitazione di Cristo” e nell’attività caritativa verso condannati, bisognosi e incurabili. I precedenti di queste esperienze risalgono alla fine del Trecento, quando nei Paesi Bassi vede la luce una comunità di chierici e laici, i Fratelli della Vita Comune, volta al rinnovamento della vita spirituale e all’educazione dei giovani e dei chierici. La spiritualità della comunità, la cosiddetta devotio moderna, s’irradia ben presto in tutta Europa anche sulla scia del successo dell’Imitazione di Cristo, testo di spiritualità di Tommaso da Kempis, formatosi alla scuola dei Fratelli della Vita Comune.
Uno degli effetti più considerevoli di questi fermenti spirituali si manifesta nella formazione di nuovi ordini religiosi dal corpo di vecchi ordini – come i Cappuccini (1528) e i Minimi, staccatisi dai Francescani osservanti dalle esperienze degli oratori come i Teatini (1524), i Barnabiti e i Somaschi (1532.1540), o dall’esperienza mistica di individui d’eccezione come il nobile basco Ignazio di Lodola, fondatore della Compagnia di Gesù (1540).
“Esigenze di rinnovamento religioso avevano trovato tra l’altro espressione nel movimento della devotio moderna e nelle correnti dell’umanesimo cristiano, il cui esponente più noto è Erasmo da Rotterdam. Autore di un’edizione critica in latino del Nuovo Testamento greco (1516), il pensatore fiammingo ritiene che per tornare allo spirito originario del cristianesimo sia necessario epurare le Sacre Scritture da tutte le incrostazioni e gli errori introduttivi da secoli di ignoranza e superstizioni. In altri scritti – l’Enchiridion militis christiani (1502), l’Elogio della pazzia (1511), l’Institutio principis christiani (1516) e il De libero arbitrio, pubblicato nel 1524 in opposizione alla tesi luterana circa l’impossibilità per l’uomo di operare liberamente.”
La riforma protestante
“La rivoluzione della concezione religiosa ad opera dei protestanti, nei primi anni del Cinquecento, non riguarderà solamente l’Europa centro settentrionale, ma in varie forme coinvolgerà, da una parte l’Europa orientale, ed in misura minore anche Francia, Spagna e Italia. Gli uomini che condussero a questo cambiamento sostanziale erano uomini di chiesa, alcuni come Lutero erano frati, ciò che inizialmente contestavano era la corruzione del clero, il potere temporale del papa e le indulgenze, la matrice antipapale e nazionale che era contenuta nella polemica contro la chiesa non poteva non suscitare le simpatie di molti signori locali, che vedevano nelle nuove dottrine religiose la possibilità di poter eliminare le ingerenze cattoliche dai propri territori.”
Lutero
Inizialmente Lutero, ancora monaco agostignano, si scaglia essenzialmente contro i troppi privilegi della chiesa, e soprattutto contro il meccanismo delle indulgenze, che dietro pagamento di una somma, garantisce l’assoluzione da tutti i peccati commessi in vita, rendendo superflue la confessione in punto di morte. Per Lutero l’uomo è totalmente succube della volontà di Dio, sono quindi inutili qualsiasi azione o opera buona, (anche se meritevoli) ai fini della salvezza dopo la morte. La rettitudine morale e la misericordia di dio sono l’unica via di salvezza. Le critiche di Lutero si scagliano contro il vescovo della basilica di san Pietro a Magdeburgo e su Johannes Tetzel, predicatore domenicano, incaricato di divulgare nel regno le modalità per ottenere l’indulgenza. I due riuscivano ad ottenere grosse elargizione di denaro per un periodo della durata di otto anni, devoluti in favore della basilica di San Pietro, il ricavato ovviamente finiva per metà nelle tasche del vescovo e per metà al papa. Sintesi di questa critica sono le famose 95 tesi di Wittenberg, testo che gli tornerà utile per catturare la simpatia di Federico “il saggio” elettore di Sassonia, stanco di vedere prosciugare dalla chiesa il denaro dei propri sudditi. Nel 1519 e negli anni successivi maturano le altre tesi, che lo allontaneranno definitivamente dalla chiesa e da ogni tentativo di riforma della stessa dall’interno.
Nel 1520 la prima reazione papale di Leone X con la bolla Exsurge Domine, che condanna 41 delle sue tesi, intimandogli il ritrattamento entro 60 giorni, pena la scomunica. Nel dicembre dello stesso anno Lutero risponde bruciando la bolla papale in pubblica piazza. Nel 1521 la seconda bolla dect romanum pontificem gli comunica la scomunica. Nello stesso anno la nuova dottrina si diffonde nelle varie aree della Germania, tutte le classi ne sono coinvolte, Lutero coglie l’occasione per rimarcare la netta riprovazione per ogni movimento e ribellione sociale.
Con la Dieta di Worms, riunita alla presenza dell’imperatore Carlo V, dell’inquisitore della Germania Alberto di Magonza, dei nunzi pontifici: la chiesa intende lanciare un attacco mortale a Lutero e alla sua dottrina, schiacciandolo definitivamente. Carlo V, che non intende inimicarsi una parte dei principi tedeschi, non reagisce come il papato spera, Lutero che partecipa alla dieta con un salvacondotto imperiale difende le sue tesi, e la fedeltà alla chiesa, ma viene messo al bando e la sua dottrina e definita eretica, ma riesce a scappare. Federico il saggio suo protettore lo fa scortare fino al castello di Wartburg.
Zwingli
Huldrych Zwingli, e ordinato sacerdote nel 1506, nel 1518 è cappellano del duomo di Zurigo, operando nella svizzera tedesca, luogo tradizionalmente aperto e senza censura, gli è possibile elaborare una riforma del culto con il consenso della cittadinanza. Le caratteristiche fondamentali delle sue tesi sono di ispirazione luterana, come Lutero respinge il primato papale, come Erasmo ricorre allo studio filosofico delle sacre scritture, ma a differenza degli altri crede in una forte accentuazione dello spirito comunitario dei fedeli. Il predestinato è colui che ha fede, compie una critica sistematica dei sacramenti, contestandoli tutti tranne due, battesimo ed eucaristia, perché il segno della testimonianza di cristo.
Nel 1522 il consiglio municipale di Zurigo istituisce per il riformatore un posto di predicatore, sancendo con quest’atto un’alleanza fra Zwingli e le autorità locali.
Nel 1524 un decreto municipale abolisce dalle chiese immagini e reliquie, l’anno dopo aboliva la messa in latino; conventi e monasteri, soppressi nel cantone Zurighese, sono trasformati in scuole e ospedali. E’ abolito il servizio mercenario, viene istituito il tribunale matrimoniale e dei costumi.
Zwingli cerca di coinvolgere anche gli altri principi Luterani, in un disegno politico anti asburgico, trovano consenso solo nel principe Filippo d’Assia.
Nel 1531 perde la vita in uno scontro con i cantoni cattolici a Kappel.
Anabattisti
Gli anabattisti proclamavano una rigida disciplina comunitaria e dichiaravano apertamente la loro separazione dallo stato: essere perfetti cristiani significa tralasciare la cosa pubblica. Prendendo spunto dalle Teorie Millenaristiche, vivevano all’interno di comunità isolate, quasi segregate, in attesa del regno del signore; conducevano una vita diversa rispetto agli altri religiosi e praticavano la poligamia. La chiesa ufficiale teme gli esiti di una diffusione del culto dalle radici anti statali. I circoli anabattisti zurighesi guidati da Konrad Grebel e Felix Mantz, sono perseguitati, ed in parte distrutti. Alcuni seguaci riescono a fuggire in Germania e nei paesi bassi, dove alimenteranno le spinte più radicali della Riforma.
Fortemente perseguitati fino ad essere trucidati nel 1535 a Munster dove avevano istaurato una sorta di dittatura.
Perché si arrivò alla rottura
“A lungo la storiografia tradizionale ha ritenuto che la riforma protestante e la conseguente rottura dell’unità del mondo cristiano siano nate da una reazione agli abusi ecclesiastici, alla eccessiva mondanizzazione della Chiesa, alla corruzione del clero e agli eccessi della fiscalità pontificia, condannata dai contemporanei come ingiusta e simoniaca. In realtà, pur negando la validità di ognuno di questi motivi, si ritiene oggi che il problema delle origini di questa spaccatura all’intero della Chiesa vada cercato in un più ampio quadro di riferimenti culturali, sociali e politici e in un contesto più generale di crisi religiosa interna alla Chiesa stessa.
È stato Lucien Febvre che per primo ha messo in luce come la Riforma sia espressione innanzitutto dell’esigenza di una nuova religiosità e dell’aspirazione di larghi strati di fedeli al ritorno alla semplicità originaria della vita cristiana. Se ne fanno promotori uomini di Chiesa, come Martin Lutero, monaco agostiniano, o Huldrych Zwingli, anch’egli sacerdote, le cui ansie di rinnovamento trovano un vasta eco in molte regioni d’Europa.
Dopo che Lutero fece affliggere le 95 tesi sulle indulgenze presso il castello di Wittimberg, egli compì un gesto clamoroso il 10 dicembre 1520: nella piazza di Wittimberg, davanti al pubblico plaudente, bruciò la bolla pontificia di condanna: era la ribellione esplicita. Così intese Roma che non dubitò, nel gennaio successivo (1521), di scomunicarlo: era la rottura definitiva. Una nuova eresia condannata: si sarebbe aggiunta anch’essa alle tante altre che ormai non erano più se non un ricordo? Leone X poteva pensarlo: non era forse Roma abituata a veder sorgere eresie e a vederle sparire sotto il peso delle sue condanne? Egli aveva acceso una scintilla che in brevi annui avrebbe incendiato la Germania e l’Europa. E questo perché la Germania e l’Europa erano piene di materiale incendiario.”
La Riforma non avrebbe avuto comunque successo se a essa non si fossero intrecciate anche motivazioni politiche. Persino in Italia, dove comunque il movimento protestante assunse dimensioni di portata molto minore che altrove, si svolgono avvenimenti significativi al riguardo. A Firenze, dopo la cacciata dei Medici avvenuta nel 1494, la predicazione del frate Girolamo Savonarola soleva un’ondata di pretesta popolare contro papa Alessandro VI Borgia e contro la corruzione dei costumi del clero. Altrove l’intreccio tra religione e politica è ancora più evidente. Nei principati territoriali della Germania, nelle città svizzere e ancor più nella Chiesa anglicana risulta determinante per l’affermazione della Riforma l’interesse degli Stati moderni a secolarizzare i beni ecclesiastici e a estendere la propria autorità anche alla sfera religiosa ed ecclesiastica.
Le conclusioni attorno al 1555:
Situazione generale dell’Europa
“Dal punto di vista prettamente politico, l’Europa riesce solo nel 1559 a ritrovare la “tranquillità”, in questa data viene infatti registrata la Pace di Cateau Cambresis. Questa pace poneva la parola fine al lungo duello tra Francia e Spagna, e dava all’Europa la sistemazione che complessivamente doveva durare sino al 1648 (pace di Vestfalia).” Nel 1559 l’egemonia di Carlo V era rotta, a seguito della sua abdicazione e la conseguente divisione dell’impero in due parti, ma la Spagna restava la prima potenza d’Europa. La vittoria sostanzialmente era sua, e di questa vittoria essa conservava i pegni preziosi: integra l’eredità borgognona – Artois, Fiandre, Franca contea – consolidati i possedimenti italiani – Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna -. L’essere gli Spagnoli padroni di queste regioni italiane significava indirettamente dominare tutta la politica dalle Penisola. Nel Piemonte infatti era signore Emanuele Filiberto e gli Spagnoli presidiavano alcune città come Asti. Genova, nelle mani di Andrea Doria, era totalmente entrata nel sistema mediterraneo spagnolo con la sua preziosa flotta e con i suoi ricchi capitali. Il dominio dei Medici a Firenze, dominio restaurato dagli Spagnoli nel 1530, era doppiamente loro legato, dopo che Cosimo ebbe, con l’aiuto spagnolo, assoggettata Siena (1555). Né le piccole signorie dei Gonzaga, degli Estensi e di Farnese potevano permettersi di assumere atteggiamenti di fronda. Qualche maggiore disinvoltura poteva avere la politica di Venezia e di Roma. Ma la prima era ormai presa dal problema della conservazione delle sue posizioni in Oriente, e il Papato, dopo il concilio di Trento, si estraniava sempre più dalle competizioni politiche per concentrarsi sugli interessi religiosi.
Anche la Francia, attraverso la lunga e tenace lotta, aveva conseguito vantaggi che, se meno immediatamente vistosi di quelli spagnoli, non erano però meno preziosi. Anzitutto si era liberata dalla soffocante minaccia dell’impero universale; era riuscita a conservare la Borgogna e poteva guardare con maggio tranquillità alla sicurezza dei confini. Inoltre le si apriva una nuova prospettica di conquista verso il debole agglomerato dei principi tedeschi: Metz, Toul e Verdun che costituivano la premessa di un’ulteriore espansione renana.
All’interno dell’Impero è sicuramente importantissima la Pace di Augusta. Carlo V, dopo le alterne vicende dei suoi interventi tedeschi, ormai rassegnato al fallimento di ogni politica unitari, anche perché il concilio di Trento da una parte e i successi militari e politici dei protestanti dall’altra, avevano irrigidito le rispettive posizioni. Bisognava dunque legalizzare il dualismo religioso cercando la pacificazione in un compromesso. Il compromesso definitivo fu firmato ad Augusta nell’ottobre del 1555, con esso veniva riconosciuta legale la professione luterana accanto alla cattolica. Soltanto il luteranesimo era riconosciuto, e non le altre confessioni. Soltanto ai principi, e non ai sudditi, si riconosceva il diritto di scegliere fra luteranesimo e cattolicesimo. I suoi sudditi avrebbero praticato la religione del principe o ne avrebbero abbandonato le terre. Entrava così in vigore un nuovo principio giuridico, espresso nella formula cuius regio eius et religio, principio che diventò la base del nuovo diritto pubblico tedesco, consacrando il trionfo della politica in materia religiosa. A seguito della Pace, l’imperatore, non vecchio ma logoro, malato e sfiduciato, si era venuto persuadendo dell’inanità di ogni disegno egemonico e si ritirò, nel 1556, nel convento di Yuste in Castiglia, dove morì il 21 settembre 1558. Carlo divise i suoi domini affidando al fratello Ferdinando I Austria, Boemia, Impero germanico, e invece al figlio Filippo II Spagna, Italia , Paesi Bassi e i domini oltreoceano.
“In Svizzera l'adozione della Riforma da parte di Zurigo prima, e di altri cantoni settentrionali poi, minacciò di dissolvere la Confederazione. La situazione di equilibrio che seguì fu più favorevole ai protestanti di quanto ci si potesse aspettare: nell’ambito della Confederazione elvetica si adottò il principio territoriale: le zone in cui la Riforma s’era già consolidata non dovevano essere disturbate e le minoranze cattoliche potevano esservi tollerate. Nei cantoni cattolici, invece, la propaganda protestante doveva cessare e le minoranze non sarebbero state ammesse. Gli inconvenienti di questa pace apparvero con evidenza poco dopo la metà del secolo, quando a Locarno, nella Svizzera cattolica, l’intiero comune si convertì al protestantesimo. La dieta della Confederazione elvetica si riunì solidalmente, con i rappresentanti dei cantoni protestanti e di quelli cattolici fianco a fianco. Si trattava di decidere in che modo dovesse applicarsi la pace di Kappel, che proibiva ogni ulteriore infiltrazione protestante in territorio cattolico: un’applicazione restrittiva dell’accordo sembrava giustificare, da parte cattolica, un’epurazione cruenta. A scongiurare questa prospettiva, taluni dei cantoni protestanti proposero che ai Locarnesi venisse inflitto l'esilio; ma Zurigo disse che non avrebbe mai approvato alcuna punizione data a causa della professione di fede di cui era partecipe essa stessa. I rappresentanti degli altri cantoni protestanti, presenti alla dieta, fecero notare agli zurighesi che questi ultimi, declinando così qualsiasi corresponsabilità, lasciavano di fatto gli agnelli alla mercé dei lupi. La conclusione fu che l’intiero comune locarnese emigrò e si stabilì nel cantone di Zurigo. Fu così che la famiglia Pestalozzi diventò svizzero-tedesca. In questo modo la Svizzera precorse, in piccolo, la soluzione territoriale con il riconoscimento dello ius emigrandi, il diritto d’emigrazione: l’unità politica della Confederazione veniva pertanto preservata.”
Anche l’Inghilterra fu duramente colpita dalla riforma, voluta da Enrico VIII che si dichiarò capo della chiesa Anglicana, portando alla definitiva rottura con Roma; va inoltre ricordato che, a differenza di quanto può avvenire per altri stati, la religione e la politica, in Inghilterra ebbero sempre un destino comune. Una battuta di arresto nell’evoluzione del protestantesimo inglese segna il regno di Maria, che con abile e audace tempestività seppe, alla morte di Edoardo VI, prevenire le mosse dei suoi avversari. Circondata dalla simpatia del popolo, che sempre considerava la figlia della ripudiata Caterina come l’unica erede legittima. Maria ebbe un solo obiettivo: il ritorno dell'Inghilterra al Cattolicesimo. L’impresa non presentava difficoltà insuperabili. Il successo sembrò anche meglio assicurato per le nozze (1554) di Maria con Filippo II, che apportavano l’enorme peso della potenza e del prestigio della cattolica Spagna. Il risultato fu però diverso e, anzi, contrario alle speranze. Succedette infatti che l’inopportunità di taluni provvedimenti e impreviste circostanze, fra le quali, definitiva, l’immatura morte di Maria dopo soli cinque anni de regno, non solo frustarono il tentativo per allora, ma misero il Cattolicesimo in tale situazione da compromettere la sorte anche per il futuro.
La riforma protestante
“In soli cinquant’anni quasi il 40 per cento degli abitanti d’Europa passarono a una chiesa “riformata”. I primi, come abbiamo visto, vennero dalla Germania e dalla Svizzera di lingua tedesca, guidati da Martin Lutero in Sassonia e nella Germania del Nord, e da Huldereich Zwingli a Zurigo e nelle città vicine della Germania meridionale. Entro il 1570, su dieci sudditi del Sacro Romano Impero setto erano protestanti. I protestanti dominavano già la Scandinavia, gli stati baltici e l’Inghilterra, una penetrazione limitata si osserva in Francia, in Spagna, in Italia e nei Paesi Bassi, e nelle comunità tedesche dell’Europa Orientale.
Una nuova ondata di protestantesimo sopravvenne con l’opera di Giovanni Calvino, un francese che dal 1541 in poi realizzò la su repubblica teocratica nella città di Ginevra. Il calvinismo fece rapidi progressi: in Francia nel 1559 vi erano oltre 100 templi calvinisti, e forse 700 nel 1562; nei Paesi Basi v’erano circa 20 templi calvinisti nel 1559 e oltre 150 nel 1566; in Germania diversi stati (in particolare il Palatinato e il Brandeburgo) passarono dal luteranesimo al calvinismo; e in Scozia una completa comunità riformata fu istituita con un atto del parlamento nel 1560. la chiesa calvinista ottenne anche alcuni brillanti successi nell’Europa orientale, specialmente in Polonia e in Transilvania, due paesi che tolleravano altre minoranze religiose, gli unitariani , i Fratelli boemi (derivati dagli ussiti), gli anabattisti, gli israeliti. In Ungheria e in altri paesi sotto il dominio ottomano il culto cattolico fu proibito e il calvinismo godé della protezione dello stato. Fra gli Slavi, il calvinismo fece più adepti del luteranesimo fra i nobili e i borghesi.
La tolleranza verso il protestantesimo fu spesso assai precaria. In molti paesi, ivi compreso il Sacro Romano Impero, essa fu il prodotto di debolezza piuttosto che di forza, e si manifestò solo là dove lo stato non era abbastanza forte da imporre quell’uniformità religiosa che al principio dell’età moderna era ancora considerata essenziale per la sopravvivenza politica. Era inevitabile che gli stati tolleranti scomparissero no appena i loro governi divenivano abbastanza forti da imporre la religione prescelta dai principi a tutti i loro sudditi.”
La riforma cattolica
Il 29 giugno del 1542 viene pubblicata la bolla Inizio nostri pontificatus, con la quale Paolo III convoca il concilio di Trento. Il 21 luglio successivo appare la bolla Licet ab inizio, che sancisce la nascita della congregazione del Sant’Uffizio. A causa dell’improvviso riaccendersi, tra queste due date, delle ostilità tra Carlo V e Francesco I, il Concilio deve essere rinviato: la creazione dell’Inquisizione è giustificata dal pontefice come una misura d’emergenza, alternativa al Concilio, per far fronte al diffondersi dell’eresia.
Nell’arco di poche settimane sorgono così due realtà, il Concilio e l’Inquisizione, destinate a mutare in modo permanente il volto della Chiesa movendo da presupposti ideologici molto distanti, se non opposti. Il Concilio è atteso da molti come il più “efficace mezzo per moderare l’esorbitante potenza “ del papa, come afferma Paolo Sarpi, ma anche come una soluzione pacifica alle controversie nella definizione della vera dottrina per l’affermazione dell’autorità pontificia e del centralismo romane.
Ma l’avvio del Concilio dopo la pace di Crepy (1544) delude ben presto coloro che sperano in una pacificazione. Carlo V opera pressioni perché affrontino in primo luogo le riforme disciplinari, lasciando da parte le scottanti questioni dottrinali. Le prime cui s’intende far fronte sono anche le più importanti, la giustificazione e la residenza dei vescovi. Nella VI sessione del Concilio (13 gennaio 1547) si giunge alla definizione del decreto sulla giustificazione, stabilendo che l’uomo può cooperare con la grazie mediante la volontà e le opere. Il decreto è chiuso da 33 anatematismi nei quali si condannano le posizioni della Riforma. Per non partecipare all’approvazione del decreto il legato pontificio Reginald Pole, deluso nelle sue aspirazioni di esponente della tendenza conciliatrice ed erasmiana, si allontana con un pretesto da Trento. Questo gesto, che conferma i sospetti di eterodossia che circondono la sua attività, gli costerà l’istruzione di un processo e la rinuncia alle possibilità di assurgere al soglio pontificio. Alla morte di Paolo III, infatti (1549) il conclave è a un passo dall’elegger Pole, ma Carafa, denunciandolo come sospetto di eresia, gli sbarra la strada. Prevale definitivamente la linea intransigente di Carafa, che giungerà al pontificato nel 1555: si profila così una nuova figura, quella del papa inquisitore, che troverà piena realizzazione con le successive figure degli umili inquisitori, Michele Ghislieri e Felice Peretti, assurti al pontificato con i nomi di Pio V e Sisto V.
L’operato di Paolo IV dimostra che l’Inquisizione è in contrasto con la soluzione conciliare. Durante il suo pontificato il Concilio, già sospeso in precedenza due volte, non viene riaperto, mentre vengono promosse misure rigidissime di lotta all’eresia, che mirano ai vertici stessi della Chiesa. Il cardinal Morone, uno dei più eminenti esponenti della tendenza conciliatrice, viene imprigionato per due anni e processato,. Nel febbraio 1559 viene promulgato il primo Indice dei libri probiti su ispirazione di Paolo IV. Dopo la morte di Paolo IV, salutata da Roma da una rivolta popolare, con Pio IV si apre nuovamente il Concilio e viene assolto il cardinale Morone. Per arginare i poteri esorbitanti assunti dal Sant’Uffizio con il predecessore, Pio IV incarica una commissione del Concilio di mitigare l’Indice paolino con un nuovo Indice, che viene promulgato nel 1564.
La terza e ultima fase del Concilio (1562-1563) inaugurata da Pio IV, è la più importante e feconda per la maggiore affluenza di vescovi spagnoli e francesi, ma anche per il risolutivo intervento del cardinale Morone, che nel 1563 assume la presidenza dell’assise e riesce a mediare tra i diversi partiti sul problema decisivo della residenza dei vescovi.
Si propone un modello elevato per il pastore di anime: ad esso si richiedono un’adeguata formazione culturale, una vita modesta, un impegno assiduo nell’organizzazione delle chiese locali. Al popolo cristiano si richiede una maggiore uniformità di fede acquisibile mediante scuole parrocchiali e predicazione – nonché di assolvere periodicamente ai sacramenti sotto il controllo di una fiscale registrazione da parte dei parroci.
L’indubbio merito del Concilio di Trento (1545-1563) consiste nell’aver saputo interpretare e dar voce a queste diverse correnti della Riforma cattolica, orientandone gli sviluppi verso un rinnovamento radicale della società ecclesiastica, ma anche della società civile nel suo rapporto con le istituzioni ecclesiastiche.
“Il Concilio ha però una sua storia travagliata, nella tensione interna tra un modello ideale di riforma e gli interessi concreti delle nazioni partecipanti e della curia romana che ne condiziona in vario modo gli esiti. Eppure questa meditazione tra le varie forze in esso rappresentate, questo compromesso tra idealità ed esperienza, che non nasce da una ecclesiologia sistematica ma da esigenze vive della cristianità, non solo mantiene ampie zone d’ombra su questioni d’ombra su questioni fondamentali, come l’autorità papale nel suo rapporto con i poteri statali, ma anche nelle formulazioni più chiare e innovative trova molteplici resistenze alla sua applicazione, sia interne che esterne, che ne snaturano completamente gli esiti.”
Bibliografia
Francesco Moroni, Corso di storia vol.2, 1960, Società Editrice Internazionale, Torino
Grande Atlante Storico Mondiale, 1997, Istituto Geografico De Agostani, Novara
Encyclomedia, a cura di Umberto Eco, 1999, Gruppo editoriale l’Espresso, Roma
“Riforma e controriforma”
Per capire i motivi della Riforma è necessario delineare la situazione culturale e religiosa nella Chiesa del 500, in cui erano presenti parecchie situazioni inconciliabili con il Vangelo che si trascinavano ormai da tempo, impermeabili ai vari interventi riformatori che pure si erano tentati: ricordiamo, per esempio, l’opera di S. Francesco d’Assisi e di S. Domenico (sec. XIII), fondatori di nuovi ordini religiosi ispirati agli ideali di povertà e fedeltà al Vangelo.
In questi secoli erano dunque diffuse la simonia (compravendita di cariche ecclesiastiche), il desiderio di potere, il concubinato del clero, il nepotismo (vantaggi accordati dagli ecclesiastici ai propri parenti). La Curia romana si preoccupava di mantenere un potere centralizzato, impegnandosi in opere mondane sfocianti in fasto eccessivo, concedendo privilegi ed immunità; il sostegno economico proveniva da un esoso sistema di riscossione fiscale. C’erano vescovi investiti di più diocesi, di cui godevano i benefici, ma in cui spesso non erano neanche mai stati; vescovadi e abbazie erano in genere appannaggio di esponenti di famiglie nobili o di borghesi arricchiti; il basso clero era impreparato, incapace di istruire i fedeli nei principi religiosi.
Malcostume, sperperi, esosità fiscale determinarono una forte insofferenza verso la Chiesa, ingenerando dubbi anche sulla sua stessa legittimità.
Sul piano politico assistiamo in questo periodo al tramonto del Papato e dell’Impero intesi come autorità supreme; si vanno delineando gli Stati Nazionali, che affermano la loro autonomia nei confronti dell’Impero, ma che rivendicano competenza anche in campo religioso. Con queste premesse, il 31 ottobre 1517, un monaco agostiniano tedesco, Martin Lutero, affigge alla porta della cattedrale di Wittenberg, 95 tesi, 95 brevi enunciati nei quali egli si scaglia essenzialmente contro i troppi privilegi della chiesa e soprattutto contro il meccanismo delle indulgenze. Per Lutero, l’uomo è totalmente succube della volontà di Dio, sono quindi inutili qualsiasi azione o opera buona, ai fini della salvezza dopo la morte. La rettitudine morale e la misericordia di Dio sono l’unica via di salvezza. Egli proclamò il principio del libero esame, per il quale l’individuo è il solo legittimo interprete della Sacra Scrittura, e quello del sacerdozio universale, con la considerazione di ogni cristiano come sacerdote, perché battezzato. Lutero sostiene infine la validità di due soli sacramenti, il battesimo e l’Eucaristia, unici ad essere menzionati, a suo avviso, nella Bibbia. Molti erano già da sé persuasi della giustezza di queste tesi e vedendole espresse con tanta chiarezza le appoggiarono con forza, a partire dallo stesso duca elettore di Sassonia, Federico il Savio. Nel 1520 la prima reazione papale di Leone X con la bolla Exsurge Domine, che condanna 41 delle sue tesi, intimandogli il ritrattamento entro 60 giorni, pena la scomunica. Il 10 dicembre dello stesso anno Lutero risponde bruciando la bolla papale in pubblica piazza. Nel 1521 la seconda bolla dect romanum pontificem gli comunica la scomunica. Federico il Savio consigliò Lutero ad appellarsi direttamente all’imperatore Carlo V. Il 27 gennaio 1521 si aprì a Worms la dieta imperiale e Lutero ricevette, insieme a un salvacondotto che garantiva la sua persona, l’ordine di presentarsi di fronte all’imperatore per esporre le sue ragioni. Lutero difende le sue tesi, e la fedeltà alla chiesa, ma viene messo al bando e la sua dottrina è definita eretica, ma riesce a scappare. Nello stesso anno la nuova dottrina si diffonde nelle varie aree della Germania, tutte le classi ne sono coinvolte, e Lutero coglie l’occasione per rimarcare la netta riprovazione per ogni movimento e ribellione sociale, da evidenziare, la rivolta dei cavalieri e quella, più violenta, dei contadini. Come detto, la riforma luterana si diffuse velocemente in tutta Europa. È il caso della svizzera, che ha visto protagonista Hulrych Zwingli, sacerdote nella svizzera tedesca. Egli elaborò una riforma del culto: respinge il primato papale, ricorre allo studio filosofico delle sacre scritture, crede in una forte accentuazione dello spirito comunitario dei fedeli. Il predestinato è colui che ha fede, compie una critica sistematica dei sacramenti, contestandoli tutti tranne due, battesimo ed eucaristia, perché il segno della testimonianza di Cristo; Abolisce dalle chiese immagini e reliquie e la messa in latino; conventi e monasteri, soppressi nel cantone zurighese, sono trasformati in scuole e ospedali. E’ abolito il servizio mercenario e viene istituito il tribunale matrimoniale e dei costumi.
Nel 1531 perde la vita in uno scontro con i cantoni cattolici a Kappel. Di importanza rilevante fu poi la predicazione di Giovanni Calvino nella svizzera francese. Anch’egli conferma il principio del servo arbitrio: dopo il peccato originale l’uomo è giustamente destinato a dannarsi e, se alcuni si salvano, è solo per volontà di Dio. Ciascun uomo è predestinato dall’eternità alla salvezza o alla dannazione. E giorno dopo giorno l’uomo deve cercare questi segni della predestinazione dentro di sé; il lavoro produttivo diventa una forma di preghiera, un’offerta a Dio. Egli si dimostrò, comunque, una figura molto meno democratica rispetto a Zwingli; dimostrazione palese ne fu, l’uccisione di Michele Serveto, medico spagnolo, profugo dalla sua patria e bruciato in Ginevra per le sue interpretazioni antitrinitarie. Un cenno è da farsi anche agli anabattisti, i quali proclamavano una rigida disciplina comunitaria e dichiaravano apertamente la loro separazione dallo stato: essere perfetti cristiani significa tralasciare la cosa pubblica. Vivevano all’interno di comunità isolate, quasi segregate, in attesa del regno del signore; conducevano una vita diversa rispetto agli altri religiosi e praticavano la poligamia. Assieme a Svizzera e Germania, anche l’Inghilterra fu duramente colpita dalla riforma. Il re Enrico VIII aveva chiesto al papa l’annullamento del proprio matrimonio con Caterina d’Aragona. Clemente VII rifiutò e la questione si trascinò per vari anni finché Enrico si rivolse al parlamento inglese per cancellare quel matrimonio, impadronendosi, con l’Atto di Supremazia, della chiesa inglese; il re divenne così il capo della chiesa cattolica. Per concludere, si ricordi la situazione scozzese, che vide prevalere il calvinismo grazie alla predicazione di John Knox, la situazione italiana, tra evangelici e seguaci di Juan Valdès, profondamente luterano, e lo scenario polacco con l’affermazione del socinianesimo, dietro spinta di Fausto Sozzino ( latinizzato Socino ).
A questo punto, il quadro di quest’Europa profondamente modificata e dal punto di vista cattolico e dal punto di vista politico è completo, puntualizzando il fatto che in soli cinquant’anni quasi il 40 per cento degli abitanti d’Europa passarono a una chiesa “riformata”.
La chiesa era ormai ridotta ad una posizione di difesa, e aveva perso completamente la funzione di guida. A questa situazione, si registrò il risorgere della chiesa. Il 29 giugno del 1542 viene pubblicata la bolla Inizio nostri pontificatus, con la quale Paolo III convoca il concilio di Trento. Il 21 luglio successivo appare la bolla Licet ab inizio, che sancisce la nascita della congregazione del Sant’Uffizio. Nell’arco di poche settimane sorgono così due realtà, il Concilio e l’Inquisizione, destinate a mutare in modo permanente il volto della Chiesa. Poco dopo, papa Paolo IV Carafa succede al soglio pontificio ed i lavori conciliari proseguono. Si sviluppano così due filoni di pensiero, l’uno che preme per un rinnovamento nei principi dottrinali della chiesa e l’altro in ambito dogmatico, senza contare poi, la speranza di moderare l’esorbitante potenza del papa. Le decisioni del Concilio di Trento furono raccolte nella Professione di fede tridentina, il documento base della Chiesa cattolica. Dal punto di vista dottrinario il concilio riaffermò il valore delle opere, oltre che della fede, l’importanza della tradizione, la validità oggettiva dei sacramenti e il loro numero, l’autorità indiscutibile del clero e il magistero della chiesa nell’interpretazione delle Sacre Scritture; da un punto di vista organizzativo, il Concilio impose l’obbligo del celibato ecclesiastico, l’obbligo di residenza nella circoscrizione loro affidata per tutti i sacerdoti, vescovi e abati, la rinuncia al cumulo dei benefici, l’uso del latino come lingua universale della Chiesa e l’istituzione dei seminari, per l’educazione e la preparazione del clero. Da questo rinnovamento in ambito dottrinario - organizzativo, emergono alcuni elementi caratteristici: la forte struttura monarchica autoritaria della chiesa, con a capo il papa, la tendenza ad opporsi alle interferenze politiche dei sovrani e, in primo luogo, il rifiuto di ogni tendenza critica e razionalistica. E proprio da questo si trae lo spunto per sottolineare l’aspetto violentemente repressivo dell’Inquisizione. Si ricordi l’uccisione al rogo di Giordano Bruno, giustiziato al rogo nella piazza di Campo de’ Fiori; la vicenda di Tommaso Campanella, torturato e imprigionato per 27 anni, solo perché fintosi pazzo; ed infine, per toccare il fondo, la caccia delle streghe: inquisitori, ministri, autorità civili, misero a morte decine di migliaia di persone, denunciate o accusate di fa parte di una congregazione di seguaci del demonio. Si pensi inoltre che nel 1486 i domenicani tedeschi Heinrich Institor e Jakob Sprenger, diedero alle stampe il più famoso tra i trattati di stregoneria, il Malleus Maleficarum. Questo testo motiva lo stretto rapporto esistente tra la stregoneria e la natura femminile, ancora oppressa da inferiorità in ambito sociale. La restaurazione cattolica vide dopotutto anche valide espressioni del proprio operato, come la fondazione del nuovo ordine dei Gesuiti, fondato da Ignazio di Lodola. L’ordine prevedeva una formazione lunga e meticolosa: due anni di noviziato, due di studi letterari e scientifici, tre di filosofia, quattro di teologia, più un altro anno di noviziato conclusivo. La struttura interna era rigorosamente gerarchica e a stampo militare; basti pensare che a capo dell’ordine vi era il generale. I frutti di questo sforzo e di questo impegno da parte della Chiesa, hanno prodotto una ripresa del cattolicesimo, in ogni sua forma, che appariva ormai, come affermava Hubert Jedin, “ rinvigorito sui propri errori “.

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