Ricerca sul Generale Tito

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Testo

IL GENERALE TITO

Tito Pseudonimo di Josip Broz (Kumrovec, Croazia 1892 - Lubiana 1980), politico e presidente della Iugoslavia.
Dopo la seconda guerra mondiale istituì uno stato comunista indipendente dall'URSS, e più tardi divenne il leader delle nazioni non allineate.
Ascesa al potere
Durante la prima guerra mondiale, Tito prestò servizio come sottufficiale nell'esercito austriaco. Ferito e fatto prigioniero dai russi, all'epoca della rivoluzione russa (1917) simpatizzò con i bolscevichi, abbracciandone la causa. Tornato in Croazia (divenuta parte del regno di Serbia, Croazia e Slovenia, più tardi chiamato Iugoslavia), partecipò all'organizzazione clandestina del Partito comunista. Dopo aver scontato una condanna in carcere (1928-1934) e avere assunto lo pseudonimo di Tito, andò a Mosca a lavorare per il Comintern, il futuro Cominform.
Rimandato nel 1937 in Iugoslavia per epurare la locale Lega dei comunisti, egli fu in quel periodo fedele sostenitore della politica del Comintern e criticò la dominazione serba sulle altre etnie iugoslave. Nel 1941 Tito creò una forza di resistenza partigiana interamente iugoslava che si batté contro gli occupanti nazisti e i loro alleati fascisti della Croazia. Nel 1942 istituì un governo provvisorio a maggioranza comunista, che lo portò a scontrarsi con i Cetnici, un movimento di resistenza serba che lottava per la restaurazione della monarchia. Dopo alcuni vani tentativi per riconciliare i gruppi rivali, nel 1944, gli Alleati diedero il proprio appoggio a Tito, che riuscì a respingere le forze nemiche fino in Austria e a occupare l'Istria. Alla fine della guerra, Tito riunì sotto il proprio governo tutto il paese (pur riconoscendo le etnie regionali), senza indire un referendum che stabilisse se restaurare così la monarchia o creare una repubblica, instaurando così una dittatura fondata su un partito unico.
Governo della Iugoslavia
Agli inizi fedele seguace di Josif Stalin, quando il leader sovietico criticò alcune delle sue decisioni, Tito respinse qualsiasi ingerenza esterna nella sua linea politica. Come conseguenza, nel 1948, la Lega dei comunisti iugoslavi venne espulsa dal Cominform; Tito allora, invece di adeguarsi, scelse la resistenza: varò la "via nazionale al socialismo", che si fondava su forme di autogestione nelle industrie, nuovi programmi economici più liberali e un parziale decentramento del potere governativo (il primo passo verso le spinte nazionaliste che sarebbero in seguito emerse all'interno delle repubbliche). Negli anni Sessanta, Tito si unì ad alcuni leader dell'Africa e dell'Asia per promuovere il concetto politico di "non allineamento": la posizione di neutralità rispetto alle sfere di influenza sovietiche o nordamericane. Una parziale riconciliazione con l'Unione Sovietica (1955) accrebbe ulteriormente il prestigio di Tito sia in patria sia all'estero. Appoggiò la politica sovietica di distensione con l'Occidente, ma protestò
contro l'invasione sovietica dell'Ungheria (1956), della Cecoslovacchia (1968) e dell'Afghanistan (1979).
La sua linea politica e la parziale autonomia conservata nei confronti dell'URSS influenzarono la sfida che, negli anni successivi, Cina, Albania e i paesi europei del blocco comunista avrebbero lanciato all'Unione Sovietica.
Dopo la sua morte, le tendenze separatiste e nazionaliste tra le repubbliche rivali, che il suo governo e il suo carisma personale erano sempre riusciti a contenere, si inasprirono tragicamente e diedero origine alla sanguinosa guerra civile che ha determinato il disfacimento della federazione iugoslava.

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