Papiri omerici

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Testo

ARTURO FRANCESCO MORETTI
Revisione di alcuni papiri omerici editi tra i P.Mil. Vogl.
(Tafel 5-7)
Si presentano qui i risultati della revisione di ventitré papiri omerici già editi in P.Mil.Vogl. I-III, VI. Questa revisione si basa sull'ispezione autoptica dei frammenti, che appartengono alla collezione dell'Università degli Studi di Milano. Fanno eccezione I 8 bis frr. 1 + 2, 3 (che sono conservati al Museo Egizio del Cairo), per i quali la revisione si è fondata sull'esame delle fotografie. Nel commento ai singoli testi vengono segnalati soltanto gli elementi di novità o, comunque, di differenziazione rispetto all'ultima edizione di ciascun papiro (cfr. anche le correzioni proposte in P.Mil. Vogl. VI, p. XVII-XVIII).
Non si è ritenuto necessario riportare quelle parole per le quali la nuova lettura si discosta da quella degli editori solo per l'aggiunta o la rimozione del punto sotto questa o quella lettera più o meno incerta, ovvero per lo spostamento di parentesi quadre che non comporti variazioni di un qualche rilievo dal punto di vista testuale.
I 1 (Pack2 569)
L. 1 (A 39): nella sequenza cari]ent' ep[i l'apostrofo è stato aggiunto in un secondo momento.
L. 5 (A 43): il l di œklue pare corretto da un precedente r.
L. 17 (A 55): leukwl]e[noj non ] * [
Grazie alla conservazione del margine superiore, è possibile calcolare che se i versi A 1-38, che precedono il testo qui conservato (A 39-55), fossero stati distribuiti su due diverse colonne, la selis avrebbe misurato in altezza cm. 9, 8 ed il rotolo circa cm. 13, 5: un'estensione insolitamente modesta1, specialmente in relazione all'epoca alla quale è attribuibile il frammento. È dunque più verosimile che si abbia qui la seconda colonna del rotolo e che la prima contenesse i versi A 1-38: in questo caso, è ipotizzabile una selis dell'altezza di circa cm. 19,5. Dato che il margine superiore, integralmente conservato, misura cm. 1,1 ed ipotizzando che quello inferiore misurasse almeno cm. 2,5, si ottiene un'altezza complessiva del rotolo di circa cm. 23, che può essere considerata congruente con l'altezza media dei rotoli di epoca romana.
La scrittura, assegnata dall'editore al II sec. d. C., può essere classificata come una «formale mista», nella tipizzazione ad asse inclinato. Essa, sulla base dei confronti con le grafie di P.Oxy. XLVII 3316 (Pl. 1; III sec. d. C. in.), P.Oxy. I 23 (Pl. VI; III sec. d. C.) e P.Oxy. XXX 2524 (Pl. X; III sec. d. C.), deve essere ascritta al III sec. d. C.
I 2 (Pack2 638)
Col. I: in corrispondenza di Col. II l. 23 è visibile un tratto obliquo d'inchiostro piuttosto marcato, non segnalato nell'ed. pr., che dovrebbe rappresentare un segno di interpunzione posto alla fine di B 143.
Al termine della linea verosimilmente corrispondente al verso 162 si nota ancora un tratto d'inchiostro, non precedentemente segnalato, che potrebbe parimenti essere inteso come un segno di interpunzione.
Nel margine inferiore si legge: (m2) andre]j easin (m2) ]seawn, come trascritto in P.Mil. Vogl. VI, p. XVII, dove si corregge la trascrizione ..dwn dell'editio princeps. Si tratta della parte finale di B 131, omesso dal copista ed aggiunto nel margine inferiore da una seconda mano2.
Col. II l. 13 (B 177): A[rgeihn. non ]******[
L. 26 (B 190): daimÒni' Ò[n non daimÒni o[u.
L. 35 (113 199): sotto il verso 199, prima del discorso diretto che inizia al verso 200, il copista ha tracciato una paragraphos.
L. 36 (B 200): atrš[maj non atre[maj.
L. 40 sg. (B 204-205): grazie alla risistemazione di un piccolo frammento precedentemente collocato in posizione erronea è ora possibile leggere:
ouk a[gaq]on p[olukoiranih
˜‹j basileuj ï e[dwke
Nell'ed. pr. era trascritto: ouk ag[aqon
˜‹j basileus î e[dwke
L. 44 (B 209): ºcÁi : wj non ºcÁi ws. La stigme è stata aggiunta successivamente.
L'altezza totale del frammento è di cm. 26,4, mentre l'altezza della colonna è di cm. 21,3 La lunghezza delle linee di scrittura doveva variare fra i 12 e i 13,5 cm. circa. La II colonna, interamente conservata in altezza, contiene 44 linee: ipotizzando che le colonne precedenti avessero un numero di linee pressoché uniforme, si ottiene la seguente disposizione dei versi di Hom. B:
Col. I: ................................................... B 1-30 (= 30 vv.)
Col. II: .................................................. B 31-74 (= 44 vv.)
Col. III: ................................................. B 75-118 (= 44 vv.)
Col. IV (parz. cons.): ............................. B 119-163, om. v. 131 (= 44 vv.)
Col. V (cons.): ....................................... B 164-209, omm. vv. 168, 206 (= 44 vv.)
In questo modo, la supposta prima colonna verrebbe ad avere un numero di linee eccessivamente basso. Appare impossibile, d'altra parte, ipotizzare che al di sopra del primo verso di Hom. B si trovasse, entro il campo di scrittura, il titolo del canto, giacché ciò contrasterebbe con quanto si conosce relativamente alla posizione dei titoli nei rotoli letterari3. Del resto, uno spazio bianco di circa cm. 6,5 (escluso il margine superiore) per il titolo di Hom. B sarebbe palesemente eccessivo, anche ammettendo, in via eccezionale, che questo fosse posto nell'area della selis. Si deve pertanto ritenere che il rotolo, oltre ad Hom. B, contenesse originariamente anche Hom. A4. In questo caso, i 1485 versi dei due canti (tenendo ovviamente conto dell' omissione di B 168, 206 e, verosimilmente, 131), unitamente ai titoli finali degli stessi, avrebbero occupato 35 colonne, delle quali 14 dovevano contenere i primi seicento versi circa di Hom. A, mentre la quindicesima doveva contenere gli ultimi dieci versi ed il colofone di tale canto, unitamente ai primi trenta versi di quello successivo; altre 20 selides dovevano infine contenere i versi residui e l'eventuale colofone di Hom. B. Ogni colonna, congiuntamente all'intercolumnio, misurava in larghezza circa cm. 15,5, sì che le 35 colonne necessarie a contenere Hom. A + B dovevano occupare un rotolo della lunghezza di circa cm. 5405.
I 3 (Pack2 687)
L. 2 (G 107): upe]rbas…hi non upe]rbasihi.
L. 4 (G 109): ger]`w'n non gerw]n; prÒsswn non prosswn.
L. 5 (G 110): asta non arista.
L. 7 (G 112): oŽzuroà non oizuroà.
L. 8 (G 113): šruxan non eruxan; šb[an non eb[an.
L. 9 (G 114): exedÚonto : ta non exedÚonto ta; la stigme è stata aggiunta da m2.
L. 10 (G 115): Án non hn.
L. 11 (G 116): prÕti non proti.
L. 13 (G 118): pro†ei non proŽei6.
L. 15 (G 120): oisemen] Ð d £r ouk apiqhj [Agamem]n[oni non ] Ð d ap' ouk apiqhs [Agamemnoni diwi.
L. 17 (G 122): gal[o]w[i non gal[o]w[i Anth]n[oridao.
Il testo è stato copiato con una grafia «informale rotonda», assegnata dall'editore al I sec. d. C. Essa, tuttavia, sulla base dei confronti con le grafie di P.Oxy. II 270 (Pl. VIII; 94 d. C.), P.Berol. 6854 (W. Schubart, Griechische Paläographie, München 1925. Abb. 34; epoca traianea), P.Oxy. XLII 3057 (R. Pintaudi (ed.), Miscellanea Papyro1ogica, Firenze 1990, Tav. XII; I/II sec. d. C.) e P.Lond. Lit. 96 (Turner [cfr. nota 2] no. 39; I/II d. C.), deve essere piuttosto collocata alla fine del I sec. d. C., ovvero agli inizi di quello successivo.
I 5 (Pack2 1006)
L. 4 (Y 454): lo spazio vuoto di circa mm. 4 lasciato dal copista dopo ] hn , si deve ritenere che sia dovuto alla presenza di un segno di interpunzione ora in lacuna, ovvero che sia stato lasciato al fine di indicare una pausa nel testo.
L. 10 (Y 460): ai de pou autou non ] de pou [au]ton.
La scrittura, originariamente assegnata alla fine del II sec. d. C., sulla base dei confronti con le grafie di P.Fay. 6 (Pl. IV; I sec. a. C./I sec. d. C.) e di P.Oxy. IV 686 (Pl. VII; I sec. a. C. /I sec. d. C.), deve essere attribuita alla fine del I sec. a. C., o agli inizi del I sec. d. C.
I 8 bis frr. 1 + 2, 3 (Pack2 644)
Come P.Mil. Vogl. I 8 bis vennero pubblicati da Achille Vogliano otto frustuli papiracei rinvenuti a Tebtynis nel 1934, contenenti testi letterari greci non identificati. L. Früchtel7 attribuì il fr. 1 ad Hom. B 277-280, il fr. 2 ad. Hom. Q 372-374 ed il fr. 3 ad Hom. Q 274-282 (om. v. 277).
L'attribuzione del fr. 1 a B 277-280 è invero errata. Il piccolo frustulo, infatti, contiene parte di Q 371-374 e si ricongiunge perfettamente alla sinistra del fr. 2, sicché si ottiene la seguente trascrizione:
......
1 c[e]iri Q 371
pto]liporq[o]n.
3 glau]kwpida eiph[
m]wnucaj ipp[ouj
Per quanto attiene invece al fr. 3, si segnala che alla l. 6 (=Q 280) si legge ] auton Žw[n]auton * [Vogliano; ] auton [Früchtel.
La datazione delle scritture con cui questi testi sono stati vergati non è specificata nell'ed. pr. I 8 bis frr. 1 + 2 è vergato con una grafia formale mista ad asse inclinato, attribuibile alla fine del II sec. d. C. o agli inizi del secolo successivo (cfr. P.Oxy. XXVII 2452, Pll. I-II. II sec. d. C. ex.; P.Oxy. XV 1808, Pl. IV, II sec. d. C. ex.; P.Oxy. XVII 2098, Pl, III, II/III sec, d. C.; P.Oxy. LII 3656, Pl. I, II/III sec. d. C.)8. I 8 bis fr. 3 è invece vergato con una grafia informale rotonda attribuibile al II sec. d. C. (cfr. P.Oxy. XXVI 2441, Pl. II, II sec. d. C.; P.Oxy, XV 1810, Pl. IV, II sec. d. C.; P.Oxy. XXX 2526, Pll. XI-XII, II sec. d. C.).
II 29 (Pack2 562) Tav. 5
Una kollesis è posta a cm. 1,2 dal bordo sinistro di Fr. II, che reca le lettere iniziali di A 32-40. Ciò induce a ritenere che questo frammento appartenga alla seconda colonna del rotolo originario: se, infatti, i due frammenti superstiti appartenessero entrambi alla prima colonna, si dovrebbe ipotizzare che il copista avesse lasciato il primo kollema quasi tutto bianco, il che appare assai improbabile. Non essendo conservato il margine superiore di Fr. II, non è possibile stabilire che ogni colonna comprendesse originariamente trenta esametri, come ipotizzato dall'editrice.
Fr. I l. 1 (A 7): ] Aci[lleuj non ]..[.
L. 7 (A 13): aper]eisi a[poina non a]poin[a.
L. 20 (A 26): ] ki[c]ei[w non nhu]s[i.
Fr. II l. 10 = l. 9.
L. 10 (A 40): ] dh [ (linea non trascritta nell'ed. pr.).
La scrittura, originariamente datata al III sec. d. C., sulla base dei confronti con le grafie di P.Brux. inv. 7344 + 7190 + P.Princ. III 110 (Lameere [cfr. nota 4] Pl. 2) e P.Oxy. XXV 2432 (Pl. XI), entrambi riferibili alla seconda metà del I sec. a. C.9, deve essere assegnata alla seconda metá dei I sec. d. C.
II 30 (Pack2564)
Papiro d'acquisto; cfr. C. Gallazzi, ZPE 80 (1990) 288 nt. 16.
Col. II l. 7 (A 64): tosson (come nei codd.), non tosoun (ed. pr.), tossoun (P.Mil. Vogl. II 30).
La scrittura del testo omerico, attribuita dapprima al I-II sec. d. C. e, successivamente, al I sec. d. C., è da collocare alla fine del I sec. a. C., ovvero agli inizi del I sec. d. C., come dimostra il confronto con le grafie di P.Fay. 7 (Pl. IV; I sec. a. C. ex.), P.Oxy. XI 1362 (PI. IV; I sec. a. C./I sec. d. C.) 10, PSI Od. 5, coll. I-XI (Tav. 2; I sec. a. C./I sec. d. C.) 11. Congruente con tale collocazione cronologica appare anche la datazione del testo documentario che si legge sulla facciata interna del rotolo, vergato con una grafia attribuibile alla fine del I sec. a. C. (cfr. PGB 14; 5 a. C.).
II 31 (Pack2 649)
L. 2 (B 331): eukn]hmeid[ej non eukn]hmide[j.
L. 4 (B 333): Žacon : amfi non Žaxon amfi.
L. 6 (B 335): Odusshoj qeio[io non Odushoj [q]eio[io.
La scrittura di questo papiro era stata originariamente attribuita al III sec. d. C.: ma, sulla base dei confronti con le grafie che mostrano P.Flor. II 109 + P.Grenf. I 2 (ZPE 71 [1988] Tav. II; assegnato ai decenni iniziali o centrali del I sec. d. C.), PSI II 122 (G. Menci, Scrittura e Civiltà 3 [1979] 25-53 Tav. VII; I sec. d. C.), PSI XI 1214 (Tav. VIII; I sec. d. C.), essa deve essere ascritta ai decenni iniziali o centrali del I secolo d. C.
II 32 (Pack2 671) Tav. 5
L. 1 (B 748): [hge] d[uw kai non [hge du]w ka[i.
L. 2 (B 749): AiniÁnej ›ponto : menep[tolemoi non AinŽÁnej ›ponto menep[tolemoi. Il papiro riporta correttamente AinÁnej, contro `EniÁnej dei codici12. La stigme (cfr. P.OXy. I 21, dove si legge: ain[[e]]ihnej : eponto : ) e lo hyphen sono stati aggiunti da una seconda mano.
L. 4 (B 751): am]f[ˆ]mrton non am]f[i]mrton.
Il testo è vergato con una scrittura «formale mista» ad asse diritto, originariamente assegnata al I sec. d. C., la quale, sulla scorta del confronto con le grafie di P.Oxy. X 1234 (Pl. IV; seconda metà del II sec. d. C.), di P.Oxy. XXIII 2374 (Pl. IX; II sec. d. C. ex.) e di P.Lond. Lit. 46 (R. Seider, Paläographie II, Stuttgart 1970, Taf. XVIII Abb. 37; II sec. d. C. ex., cfr. Turner [cfr. nota 2] 22); deve invece essere attribuita alla fine del II sec. d. C.
II 33 (Pack2 747)
Recto, l. 9 (E 414): ] Aca[iwn (linea non precedentemente trascritta).
La superficie del papiro, sulla faccia perfibrale, risulta scomposta nel punto verosimilmente contenente i versi 435-439, dove noti restano che sporadiche tracce d'inchiostro di incerta attribuzione. Poiché il verso 411recto è allo stesso livello del verso 440verso si può ipotizzare che il codice fosse costituito da pagine unicolonnari, contenenti 2913 righi ciascuna, equivalenti ad un'altezza complessiva di cm. 18,5. La larghezza delle linee di scrittura può invece essere mediamente calcolata di cm. 11. Sulla base dei confronti con altri codici che presentano analoghe dimensioni dell'area scritta, quali P.Beatty III (area scritta cm. 10,2 x [19,5], area totale cm. [ 14 x 24,21), P.Strass. inv. G. 2675 (area scritta cm. [ 11 x 19/2 1 ], area totale cm. [ 15 x 25]), II 33 potrebbe essere fatto rientrare nel «group 7» (cm. 15 x 25 circa) della classificazione tipologica di Turner (cfr. nota 1) 19-20, 24.
II 34 (Pack2 771); II 35 (Pack2 990); III 112 (Pack2 809); III 116 (Pack2 992)
Tavv. 6-7
Questi quattro frammenti papiracei furono acquistati al Cairo o a Medinêt el Fayûm nel 1934 o nel 1935 da Achille Vogliano; cfr. C. Gallazzi, ZPE 80 (1990) 288 nt. 16.
In nessuna delle edizioni di questi papiri venne mai segnalata alcuna analogia grafica fra di essi, e le datazioni proposte dagli editori (1134: I d. C; II 35: I d. C.: III 112: II d. C.; III 116: I/II d. C.) inducono a ritenere che si sia in presenza di scritture piuttosto differenti fra loro. In realtà, l'analisi dei caratteri peculiari di queste grafie nel loro complesso e delle singole lettere in particolare, consente di ipotizzare che i quattro papiri siano tutti stati vergati dalla medesima mano. Si è in presenza, infatti, in tutti e quattro i casi, di una grafia classificabile come una «informale rotonda», caratterizzata da un ductus che presenta elementi di rigidità. Le lettere risultano tutte contenute entro il sistema bilineare, ad eccezione di f e y, che sporgono sia al di sopra sia al di sotto del rigo. Le lettere sono tracciate con un modulo prevalentemente quadrato o lievemente allungato (cfr. h, p, u), ad eccezione di d, m ed w che sono invece più sviluppate in larghezza14. L'apicatura è piuttosto contenuta, ad eccezione di alcuni ingrossamenti dovuti all'indugio del calamo nel punto di attacco e di chiusura del tratteggio e di qualche apice alla base delle aste verticali di r ed u e delle barre oblique delle lettere triangolari a e l, dove gli apici appaiono rivolti verso l'interno della lettera stessa. Fra le singole lettere, identiche per forma, dimensioni e tratteggio in tutti e quattro i frammenti, sono da segnalare: a di forma triangolare, con tratto mediano orizzontale e barre asimmetriche, delle quali quella di destra si prolunga al di sopra di quella di sinistra (come accade anche per d e l), mentre quest'ultima risulta meno inclinata di quella destra rispetto al rigo di base; le barre mostrano inoltre un piccolo apice rivolto verso l'interno della lettera. e con le estremità della curva ben sviluppate ed il tratto mediano staccato dal corpo della lettera e lievemente spostato verso l'alto. k con punto di congiunzione tra le barre oblique e l'asta verticale decisamente spostato verso l'alto. m con montanti paralleli fra loro e perpendicolari al rigo, con la parte centrale poco profonda. x costituito da tre segmenti orizzontali. o non sempre perfettamente chiuso e arrotondato. p in due tempi, con asta orizzontale ben contenuta entro i montanti, legata con un occhiello al montante destro. u con calice abbastanza profondo ed asta verticale ridotta in altezza. Le analogie riscontrate, sia nell'aspetto grafico complessivo, sia nei disegni delle singole lettere, in particolare, di a, e, h, l, p, inducono a ritenere che P.Mil. Vogl. II 34, 35, III 112, e III 116, siano tutti stati copiati dalla medesima mano. Non si può escludere che II 34 e III 112 appartengano al medesimo rotolo e che questo contenesse Hom. Z + H, due canti piuttosto brevi, composti rispettivamente di 529 e 482 versi. Si deve comunque ritenere che questi quattro papiri, tutti di provenienza sconosciuta e facenti verosimilmente parte del medesimo lotto d'acquisto, provengano dalla medesima località e che siano tutti usciti dal medesimo centro di copia.
Per quanto concerne la datazione dei quattro frammenti, l'analisi della scrittura ed i confronti con le grafie di P.Oxy. IV 686 (Pl. VII); P.Oxy. IV 688 (Pl. VII); P.Fay. 7 (Pl. IV); PSI Od. 5 coll. I-XI (Tav. 2), tutte attribuibili all'epoca augustea, inducono a proporre per essi una datazione alla fine del I sec. a. C. o agli inizi del I sec. d. C.
II 35, l. 26sgg.: la ricollocazione, in corrispondenza delle ll. 26sgg., di un piccolo frammento precedentemente staccato ha consentito la lettura di alcune lettere non trascritte nell' ed. pr.:
26 pr]in elqein ui[aj X 156
] feugwn o d [
] efeuge [
ou]c ierh[ion
30 possi]n aeq[lia 160
qeo]n Ekto[troj
p]eri ter[mata
III 116, l. 9 (X 150): ginet]ai e[x non gig]ne[tai.
II 36 (Pack2 815) Tav. 5
Papiro d'acquisto; cfr. C. Gallazzi, ZPE 80 (1990) 288 nt. 16.
L'aggiunta koimh nel margine inferiore può essere spiegata ipotizzando che a l. 1 si trovasse scritta la lezione koim…s(s)ant', testimoniata dai codici Par. 2766 e Vindob. 5 (cfr. l'apparato del Ludwich ad locum), in luogo di koim»sant' della Vulgata15, e che una seconda mano, stilisticamente assai affine a quella del copista e cronologicamente coeva ad essa, abbia riscritto nel margine inferiore le sole lettere iniziali della lezione corretta. Tale inconsueta collocazione potrebbe essere dovuta al fatto che lo spazio interlineare appare assai ridotto in altezza (poco più di 2 mm.). Tuttavia, le tracce d'inchiostro visibili al di sopra di Q 1, interpretate dall'ed. come appartenenti ad a o l, sono di difficile attribuzione. Pertanto, pur potendosi adattare le tracce rimaste ad una lettura ko]imi[s]s[ant, non si può escludere che il copista abbia invece compiuto un mero errore di trascrizione delle prime lettere di H 482.
Per la datazione di questa grafia, in origine assegnata genericamente al I sec. a. C., si dispone del terminus ante quem rappresentato dalla scrittura con cui è stato vergato il testo documentario che si trovava sulla facciata esterna del rotolo, attribuibile alla fine del I sec. a. C. o agli inizi del I secolo dell'era cristiana (cfr. PGB 14, 5 a. C., P.Mert. 18, Pl. XI, 3-4 d. C.; P.Lond. inv. 2253, New Pal. Soc. Series II, Pl. 136a, 5-6 d. C.; PSI IV 320, R. Pintaudi (ed.), Papiri Greci e Latini a Firenze, III a. C. - VIII d. C., Catalogo della Mostra maggio-giugno 1983, Firenze 1983, Tav. XI, 18 d. C.). Il testo letterario, pertanto, dovrà essere collocato nei decenni finali del 1 sec. a. C., come è confermato dai confronti con le grafie di P.Oxy. XXXII 2620 (Pl. IV; I sec. a. C. ex.) e di P.Fay. 7 (Pl. IV; I sec. a. C. ex.) 16.
II 37 (Pack2 1003)
Papiro d'acquisto; cfr. C. Gallazzi, ZPE 80 (1990) 288 nt. 16.
Sì segnala la presenza di una kollesis, dal profilo irregolare, posta a 5 cm. dal bordo sinistro dei frammento.
L. 9 (l 636): kŽwn non ]kiwn .
La scrittura fu genericamente attribuita in origine al I sec. a. C. Più precisamente essa, sulla scorta dei confronti con le grafie di P.Ryl. IV 586 + P.Oxy. IV 802 (P.Ryl. IV, Pl. IV; 99 a. C.) e di P.Tebt. 13 (Pl. II; I sec. a. C. in.) può essere assegnata agli inizi del I sec. a. C.
III 111 (Pack2 720)
Papiro d'acquisto: cfr. C. Gallazzi, ZPE 80 (1990) 288 nt. 16.
Fr. I ll. 1-4 (D 328-331): i versi 329-331, omessi dal copista per omeoteleuto (¢ãtÁj) fra il v. 328 ed il v. 331, sono stati tutti aggiunti successivamente da una seconda mano, che ha inserito il v. 329 nell'interlinea fra i vv. 328 e 332, ed i vv. 330-331 nel margine al di sopra del verso 328. Il f iniziale di l. 1 parrebbe essere stato corretto da una lettera diversa (a, l, m ?).
L. 9 (D 340): f[estate non f[estate. La correzione di ™fšstate (cfr. cod. Par. 2767 e cod. Laur. 32,15) nell' ¢fšstate della Vulgata è da attribuire al copista stesso, come si rileva dalla forma triangolare di a, affatto diversa da quella usata per le aggiunte dei versi omessi, ove la lettera presenta la sacca arrotondata.
Fr. II l. 2 (D 364): b]h de me[t non met' a]llo[uj.
Il testo, originariamente datato al I sec. a. C., è stato copiato con una grafia riferibile allo stile «epsilon-theta», la quale, sulla base dei confronti con le scritture di P.Oxy. XXI 2298 (Pl. V; I sec. a. C. 17) e P.Oxy. XXIII 2369 (Pl. III; I sec. a. C./I sec. d. C.), deve essere attribuita alla fine del I sec. a. C., ovvero agli inizi del I sec. d. C.
III 113 (Pack2 856)
L. 17 (K 122): tracce di una lettera in corrispondenza del q di ™qšlei l. 16 (K 121).
In P.Mil. Vogl. III 4, l'ed. rilevava la presenza, non segnalata nell'ed. pr., di un K scritto nel margine superiore con una grafia assegnata al I sec. a. C., mentre il testo omerico veniva datato al III/II sec. a. C. West (cfr. nota 4) 286, riteneva invece che il supposto K andasse anch'esso riferito, al pari del testo omerico, al I sec. d. C. e che dovesse essere inteso, più che come lettera indicante il decimo libro dell'Iliade, come numero della colonna. In realtà, risultano attualmente visibili nel margine superiore solo i resti di un'asta verticale, mentre non è dato di ravvisare traccia alcuna delle barre oblique del supposto K. Le tracce residue non consentono tuttavia di individuare l'esatta funzione di questo segno. È possibile che esso costituisse una forma di numerazione, non già del canto, ma, piuttosto, della selis18.
Il testo è copiato con una scrittura «informale rotonda», assegnata nell'ed. pr. al I sec. d.C. 19, e in P.Mil. Vogl. III al III/II sec. a. C. In realtà, la grafia del papiro milanese, sulla base dei confronti con le scritture di P.Oxy. IV 688 (Pl. VII; assegnato al primo periodo augusteo) e P.Oxy. IV 659 (Pll. III-IV; assegnato alla seconda metà del I sec. a. C.20),deve essere attribuita ai decenni finali del I sec. a. C.
III 114 (Mette 501)
Col. I l. 4 (P 455): iko[nt]ai : non iko[nt]ai.
L. 10 (P 461): p]atrhj : non p]atrhj.
L. 13 (P 464): ana]ktoj non ]ntej.
L. 23 (P 474): ] [ al di sotto dell'a di l. 22.
Col. II l. 1 (P 490): wj] up[o] Pa[troklwi (linea non trascritta dall'editore).
L. 6 (P 495): men ot[ronon non me[n.
La conservazione di due colonne consecutive e del margine inferiore, unitamente alla presenza della lettera sticometrica E = 500 in corrispondenza dell'ultima linea della seconda colonna, consente di calcolare che col. II conteneva originariamente 25 versi e che era altresì preceduta da colonne uniformi di 25 linee ciascuna. Quelle conservate risultano dunque la XIX e XX colonna del rotolo. L'altezza della selis è calcolabile in poco più di cm. 15, mentre l'altezza complessiva del rotolo non può verosimilmente essere stata inferiore a cm. 20. Calcolando dunque una larghezza media della colonna, unitamente all'intercolumnio, di circa cm. 13,5, si può stabilire che le 35 colonne necessarie ad accogliere gli 867 versi di Hom. P occupavano una lunghezza di circa cm. 470. È da ritenere improbabile che il rotolo contenesse più di un canto: l'aggiunta di Hom. O (746 versi) o di Hom. P (761 versi), avrebbe infatti determinato una lunghezza complessiva assai prossima, o addirittura superiore, ai 9 metri21.
Il testo è copiato con una grafia appartenente allo stile «epsilon-theta», assegnata dall'editore al I sec. d. C. In realtà, questa scrittura, sulla base dei confronti con le grafie di P.Oxy. XXI 2298 (Pl. V; I sec. a. C.), P.Oxy. XI 1361 (Pl. III; I sec. a. C. ex.), P.Oxy. XXXII 2618 (Pll. II-III-, I sec. a. C./I sec. d. C.22), deve essere attribuita alla fine del I sec. a.C., ovvero agli inizi del secolo successivo. La scrittura con cui sono state vergate le correzioni, originariamente assegnata al II sec. d. C., appare pressoché coeva a quella con cui è copiato il testo: cfr. P.Lond. II 355 (C. H. Roberts, GLH no. 9a, 7-4 a. C.).
III 115 (Pack2 973)
Papiro d'acquisto: cfr. C. Gallazzi, ZPE 80 (1990) 288 nt. 16.
È da segnalare la presenza di una kollesis a cm. 2,7 dal margine sinistro del primo frammento, dove il foglio di destra appare sovrapposto a quello di sinistra.
Col. I l. 1 (Y 377): kai]a plhqun te kai ek floisbo[io non ]plhqun te ekfloisb[oio.
L. 3 (Y 379): Ekt]wr autij non ]autij; “Ektwr d' aâtij codd. Il testo dato dal papiro nasce da una sorta di errore di aplografia, imputabile alla analogia di disegno delle lettere d e a.
L. 7 (Y 383): Otru]nteidhn non Otru]n[t]eidh.
Col. II: nel margine superiore elpeo dei[dixesqai (Y 432) è stato inserito da una seconda mano.
L. 27 (Y 445): ep]eit eporouse p[odarkhj non tr]ij men epeit eporouse [.
L. 28 = Y 446, non 448: erroneamente il verso 446 viene indicato come omesso in P.Mil. Vogl. III 9, pur essendo regolarmente trascritto.
L. 29 = Y 448, non 449.
L. 30 = Y 449, non 450.
L. 31 (Y 450, non 451): nu]n aute s er[usato non kako]n nun aute s[.
La conservazione del margine superiore e dell'intercolumnio, congiuntamente alla presenza di due colonne consecutive di testo, consente di calcolare che col. I doveva contenere 41 versi (Hom. Y 377-417), pari ad una altezza di circa cm. 17. L'altezza complessiva del rotolo non sarà invece stata inferiore a cm. 23, dato che il margine superiore è conservato per un'altezza di cm. 2 e che quello inferiore sarà difficilmente stato minore di cm. 4. La lunghezza delle linee di scrittura può essere calcolata di cm. 93/10 circa, mentre l'intercoluninio misura attualmente almeno cm. 2,2. Ipotizzando un numero uniforme di linee per colonna, le due colonne ora conservate risulterebbero essere la XI e XII del rotolo. In tal caso, però, la prima colonna del rotolo stesso verrebbe a contenere soltanto sette versi. Ora, piuttosto che postulare che questi sette versi fossero preceduti dalla fine di Hom. T, ovvero che fossero stati omessi sette versi nelle colonne precedenti, pare più ragionevole supporre che il numero delle linee per colonna non fosse del tutto uniforme: ciò appare del resto giustificato dall'estrema irregolarità delle dimensioni dell'interlinea23 in questo rotolo, caratterizzato inoltre da una grafia piuttosto minuta e da un elevato numero di linee per colonna. Si può dunque ritenere che con Y 1 avesse inizio una colonna di scrittura e che siano qui conservate la X e XI colonna delle tredici necessarie per contenere i 503 versi del canto. Queste tredici selides, unitamente all'eventuale colophon, dovevano occupare una lunghezza di almeno cm. 16024. In considerazione di tale limitata lunghezza, è evidente che il rotolo poteva contenere agevolmente più di un canto (ad esempio, Hom. T o F).
Il testo è vergato con una grafia «informale rotonda», assegnata genericamente dall'editore al I sec. d. C. Analogie si possono riscontrare nelle scritture di PSI VI 692 (R. Pintaudi (ed.), Papiri Greci e Latini a Firenze, III a. C. - VIII d. C., Catalogo della Mostra maggio-giugno 1983, Firenze 1983, Tav. XIII, 52-53 d. C.), P.Mert. I 12 (Pl. XV; 58 d. C.), P.Oxy. XLV 3250 (Pl. VIII; 63 d. C.), P.Oxy. LIII 3700 (Pl. II; databile alla metà del I sec. d. C.), PSI X 1176 (Tav. III; databile alla metà del I sec. d. C.). Sulla scorta di tali confronti, si può precisare dunque per III 115 una datazione alla metà circa del I sec. d. C., ovvero in anni di poco successivi.
VI 259 (Pack3 1096. 2)
L. 1 (l 292): e[xelaan (linea non trascritta nell'ed. pr.).
L. 13 (= 12 ed. pr., l 304): le tracce d'inchiostro visibili nell'intercolumnio non sono identificabili. La lettura della nota sticometrica G = 300 appare tuttavia da escludere. Potrebbe forse trattarsi di un segno critico, peraltro noti individuabile, per rimandare a un commento ai vv. 301-304, nel quale poteva essere segnalata la diversa versione del destino dei Dioscuri data da Pind. Nem. X 55sgg. (cfr. S S.B.Q. ad Hom. l 303 e S H. Q. V. ad Hom. l 302).
L. 14 (l 305): th[n (linea non trascritta nell'ed. pr.).
III 120 (Pack2 1168)
Rispetto alla riedizione di A. Henrichs, ZPE 7 (1971) 229-260, specific. 255-257, è da modificare la trascrizione proposta per fr. B l. 1, k]aq[ezeto (Hom. A 536), sia perché l'integrazione k] risulta brevior spatio, sia perché il supposto a non è preceduto da alcuna lettera, ma da uno spazio bianco.
Si propone quindi di leggere: ] le[ e di interpretare queste lettere come appartenenti alla glossa relativa a sumfr£ssato (Hom. A 537). Si ottiene dunque la seguente trascrizione:
- - - - - - -
[sumfrassato sunebou] Hom. A 537
1 le[usato ]
sunebouleÚsato Scholia Didymi; Lšxeij `Omhrika… (codd. Urb. 157, Selest. 107); P.Oxy. XLV 3238, col. IV l. 137; Parafrasi Bekker 626; ™bouleÚsato P.Erl. 5 (Pack2 1169), col. I l. 12 (ma cfr. l. 15).
La presenza dello spazio bianco prima del l si spiega ipotizzando che il copista, a causa della lunghezza del lemma e della relativa glossa, abbia completato la copiatura di quest'ultima alla linea successiva, scrivendo in eisthesis, come avviene in fr. A l. 6 ed in fr. B l. 5.

Istituto di Papirologia Arturo Francesco Moretti
Università degli studi di Milano
Via Festa del Perdono, 3
1-20122 Milano
Da: Tyche, Band 8, 1993

* Manifesto la mia riconoscenza ai Proff. Claudio Gallazzi e Guido Bastianini che hanno discusso con me questioni attinenti ai reperti qui trattati ed hanno fornito su di essi preziose indicazioni.
1 Sull'altezza dei rotoli letterari cfr. W. Schubart, Das Buch bei den Griechen und Römern, Berlin, Leipzig 19212, 51 sgg., specific. 56-58; E. G. Turner, Typology of the Early Codex, Philadelphia 1977, 54 nt. 14; G. Cavallo, Libri Scritture Scribi a Ercolano, Napoli 1983, 16; 47 sg.
2 Non osta a questa ipotesi la presenza della lettera sticometrica B = 200, apposta a B 201, che parrebbe conteggiare l'omissione del solo verso 168 (omissione comune a moltissimi testimoni della tradizione, cfr. G. M. Bolling, The External Evidence for Interpolations in Honier. Oxford 1925, 16) e che è stata tracciata dal copista stesso. È infatti possibile che essa sia stata apposta in modo scorretto, ovvero che facesse parte della paradosis del testo (cfr. K. Ohly, Stichometrische Untersuchungen, Leipzig 1928, 40 sg.; E. G. Turner, Greek Manuscripts of the Ancien World, London l9872 16 e ntt.93-94).
3 Cfr. R. P. Oliver, TAPhA 82 (1951) 232-261, specific. 243 sg.; Turner (cfr. nota 2) 13 sg. e nt. 70; Cavallo (cfr. nota 1) 22 sg.; C. Gallazzi, ZPE 71 (1988) 61 rit. 7.
4 Sul problema della distribuzione dei canti omerici nei rotoli, cfr. W. Lameere, Scriptorium 5 (1951) 185-187 e 187 nt. 18; P.Bodm. I p. 10 sgg.; W. Laincere, Aperçus de Paléographie Homérique, Paris, Bruxelles, Anvers. Amsterdain 1960, 37 sg. 131, 241-243; S. West, The Ptolemaic Papyri of Homer, Köln, Opladen 1967, 24 sg. nt. 48.
5 Sulla lunghezza dei rotoli, cfr. Schubart (cfr. nota 1) 52 sg.; Cavallo (cfr. nota 1) 14 sgg. 47; J. van Sickle, Arethusa 13 (1980) 5-42, cfr. 5-12.
6 Sul fenomeno cosiddetto dell'interaspirazione cfr. K. Lehrs, De Aristarchi Studiis Homericis, Lipsiae 18652, 304-330; V. Gardthausen, Griechische Paläographie II, Leipzig 19132, 385 sg.
7 Phil. Woch. 61 (1941) 383.
8 Tale grafia si palesa assai simile a quella con cui è stato vergato I 8, pur non trattandosi della medesima mano, come mostrano le differenze di disegno delle lettere a, b, r. Anche la scrittura di I 8 andrà pertanto attribuita al II/III sec. d. C., e non al II sec. d. C. come indicato nell'ed. pr.
9 Per la datazione si veda G. Cavallo, Paleografia e codicologia greca I, Alessandria 1991, 11-29, specific. 18.
10 Per la datazione si veda G. Cavallo, CronErc 4 (1974) 36.
11 Per la datazione si veda G. Cavallo, Scrittura e Civiltà 4 (1980) 340 sg.
12 Cfr. J. Wackernagel, Sprachliche Untersuchungen zu Homer, Göttingen 1916, 73; E. Schwyzer, Griechische Grammatik I, Berlin 1939, 102; P. Chantraine, Grammaire homérique I, Paris 19383, 14.
13 Turner (cfr. nota 1) 107, è stato indotto a ritenere, non essendo segnalata nelle trascrizioni precedenti la presenza della parte sfilacciata nell'alto della pagina verso, che il v. 406recto fosse alla stessa altezza del v. 440verso, ed ha conseguentemente ipotizzato una colonna originaria di 34 righi.
14 In II 34 la scrittura risulta più compressa nella parte finale di quei righi che contengono versi piuttosto lunghi, ove le lettere appaiono altresì decisamente sviluppate in senso verticale.
15 Lo scambio tra koim£w ed il più tardo koim…zw (cfr. LSJ9 s. v. ) è ben documentato nei mss. (si veda, ad esempio, l'apparato del Ludwich ad Hom. 1705 = 701 Allen M 281; X 236; W 673; m 32 ecc.) ed è anche oggetto di una nota di Eustazio, 905, 5 sg., ad Hom. M 281.
16 Per queste stesse ragioni, una grafia come quella di P.Mich. inv. 1575, edito da N. Priest, Homeric Papyri in the Michigan Collection, Diss. Ann Arbor 1975, 114-117 no. 28; e poi in ZPE 46 (1982) 88-91 (cfr. Taf. IIa), datata dapprima al II sec. d. C. e successivamente al I/II sec. d. C., non può essere collocata oltre gli inizi del I sec. d. C. e sarà anzi, verosimilmente, di epoca augustea.
17 Per la datazione, cfr. Cavallo (cfr. nota 10) 36 nt.19
18 Cfr. Schubart (cfr. nota 1) 77 sg.; Turner (cfr. nota 1) 75 sg.; id. (cfr. nota 2) 16 (con elenco di esempi); Cavallo (cfr. nota 1) 14 sg.(con esempi di àmbito ercolanese).
19 Errata l'indicazione I-II sec. d. C. in Pack2 856.
20 Cfr. Cavallo (cfr. nota 1) 54.
21 Cfr. nota 5.
22 Cfr. Cavallo (cfr. nota 10) 36 nt. 19.
23 Appare del resto ben evidente una riduzione dello spazio interlineare nel primo frammento, rispetto al secondo, procedendo cioè verso il fondo della colonna. Infatti, le tredici linee conservate sul secondo frammento occupano un'altezza di cm. 5, 5, che sul terzo frammento sono invece sufficienti a contenere le quattordici linee che vanno dal verso 433 al verso 446.
24 Cfr. nota 5.

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