La fame nel mondo

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LA FAME NEL MONDO
Quando si parla di "fame" nel mondo, bisogna parlare del Terzo mondo, cioè di quell'area geografica che non fa parte né dell'occidente industrializzato, dove l'economia è capitalistica e di mercato (Primo mondo), né di quell'area del cosiddetto "socialismo reale" (Secondo mondo), dove la produzione è pianificata dallo Stato e dove però in questi ultimi anni tale modello di sviluppo è entrato profondamente in crisi.
Come tutti sanno, il Terzo mondo nel 2000 avrà l'80% della popolazione mondiale, che vivrà in condizioni poverissime: già oggi il debito di quest'area coll'estero supera di molto i mille mrd di $. Tanto è vero che si parla anche di Quarto mondo, quell'area cioè che comprenderebbe i paesi più arretrati del Terzo mondo (ad es. Etiopia, Ciad, Tanzania, Bangladesh ecc.). [Terzo mondo è stata una parola inventata da un giornalista francese nel 1952, in analogia col Terzo stato della Rivoluzione francese].
Che cos'è la fame? Quand'è che si può parlare di alimentazione insufficiente o di denutrizione? Il fabbisogno alimentare degli esseri umani -come noto- viene espresso in calorie, e varia a seconda dell'età, del peso, del sesso, della salute, del lavoro, del clima, del metabolismo, delle abitudini alimentari. Normalmente, un'alimentazione sufficiente deve garantire almeno 2.000 calorie al giorno.
Ebbene, si calcola oggi che nel mondo più di 1 mrd e 300 mil di persone (circa 1/3 della popolazione mondiale) ha un'alimentazione insufficiente. Secondo l'OMS, di questo 30% almeno 500 milioni non dispongono neppure di 1500 calorie al giorno, per cui soffrono di fame assoluta.
Per non parlare del problema della sete. Le ultime ricerche fatte nel Terzo mondo indicano che in Africa circa il 75% della popolazione rurale non ha acqua potabile; in Americalatina sono il 77%; in Estremoriente circa il 70%. In valori assoluti, sono più di 600 milioni le persone al mondo prive di acqua potabile.
Conseguenze della fame. Un'alimentazione insufficiente porta a: dimagrimento, apatia, debolezza muscolare, depressione del sistema nervoso, minor resistenza alle malattie, invecchiamento precoce, morte per inedia.
Queste conseguenze si manifestano soprattutto nei bambini, la cui mortalità nel Terzo mondo è altissima: ventre gonfio, magrezza, avvizzimento della pelle, apatia, ecc. Le malattie parassitarie e infettive colpiscono soprattutto i bambini non solo a causa della denutrizione, ma anche per le precarie condizioni igieniche (acqua inquinata, mancanza di fogne, ecc.). L'UNICEF ha calcolato che la causa principale di morte dei bambini fino a 5 anni è dovuta alla disidratazione conseguente alle diarree provocate da infezioni intestinali.
Differenze nei consumi alimentari tra Nord e Sud. Come noto, gli alimenti fondamentali che dovrebbero comparire in tutte le diete, sulla base di percentuali più o meno rigorose sono i seguenti: 70% carboidrati (cereali, frutta, patate, zuccheri ecc.) (1 gr. = 4 calorie); 15% proteine, di cui metà di origine vegetale (legumi, cereali ecc.) e metà di origine animale (carne, latte, uova ecc.) (1 gr = 4 calorie); 15% grassi (olio, burro ecc.) (1 gr = 9 calorie); piccole vitamine e sali minerali presenti nella frutta e verdura, e circa 2,5 litri di acqua. Secondo la FAO, i livelli calorici medi della popolazione italiana sono superiori del 50% rispetto al necessario. Da noi la percentuale di bambini che muore nel primo anno di età è di 1,4%.
E' stato dimostrato che il 61% del totale delle calorie di cui dispone in media ciascun abitante del Terzo mondo proviene dal consumo dei cereali (riso, frumento, orzo, segale, miglio...), mentre molto ridotto è il consumo degli altri alimenti (ad es. per la carne è 3,9% mentre nei paesi sviluppati è 13,4%). Nei paesi più sviluppati la percentuale dei cereali consumati raggiunge solo il 30% del totale delle calorie, mentre molto elevata è la quota dei prodotti di origine animale (carne, latte, uova, pesce). Ad es. nel Nordamerica i cereali forniscono solo il 24% delle calorie, mentre in Asia più del 78%.
La prevalenza di un solo elemento-base nell'alimentazione (in questo caso i cereali) dà luogo a diete monotone, ripetitive, prive di quella varietà e di quei valori nutritivi che sono necessari per un'alimentazione equilibrata.
L'alimentazione dei paesi avanzati. In Occidente il fenomeno alimentare più diffuso è la sovralimentazione. Noi soffriamo di mali fisici tipici del nostro modo di mangiare: disturbi al cuore, appendicite, calcoli, vene varicose, emboli, trombosi, ernia, emorroidi, cancro del colon e del retto, obesità, ecc.
Per di più abbiamo l'abitudine a utilizzare alimenti che hanno subìto processi di trasformazione (refrigerazione, cottura, raffinazione, ecc.) invece di alimenti freschi: il che rende la dieta più costosa sul piano economico (ed anche più povera dal punto di vista del suo valore nutritivo).
Il problema maggiore però è costituito dal fatto che poco meno della metà dei cereali prodotti sulla terra vengono utilizzati in Occidente per alimentare quel bestiame che viene poi consumato, da noi, sotto forma di carne, uova, latte. Ora, per produrre una sola caloria di origine animale ci vogliono ben 7 calorie di cereali. La conseguenza di questo è ovvia: nei paesi avanzati una persona consuma in media molto più cereali di quanti ne consumi una persona del Terzo mondo: praticamente più di 2,5 kg al giorno (pane-pasta-cereali e soprattutto carne-latte-uova), contro i 500 gr al giorno del Terzo mondo.
Se l'enorme quantità di cereali destinati all'alimentazione del bestiame venisse impiegata direttamente nell'alimentazione umana, potrebbero venir nutrite ben 2 mrd e 500 mil di persone. Con la sola quantità di cereali che USA e URSS destinano al bestiame, si potrebbero nutrire 1 mrd di persone.
La diseguale distribuzione delle risorse. La fame non è un male inevitabile. Dal 1970 al 1983 la produzione alimentare complessiva (cereali, legumi, tuberi, carne ecc.) è aumentata del 47% (l'aumento medio dei prodotti in quei 14 anni è stato del 3,3% l'anno). L'incremento della popolazione nello stesso periodo è stato, a livello mondiale, dell'1,9% annuo, mentre nel Terzo mondo del 2,5%.
Come si può notare, la causa primaria della fame del mondo non sta in una produzione alimentare insufficiente, ma nell'impossibilità per i più poveri di acquistare gli alimenti prodotti. I prezzi dei generi alimentari sono troppo alti per i redditi medi della popolazione del Terzo mondo. Nei paesi avanzati la spesa alimentare rappresenta il 20-25% del reddito familiare, mentre il resto viene speso per vestiario, mezzi di trasporto, alloggio, divertimenti ecc. Nei paesi più poveri invece la spesa alimentare costituisce fino all'80% del reddito familiare. Da noi la povertà raramente comporta fame e denutrizione, nel Terzo mondo invece povertà significa subito fame.
GLI STEREOTIPI SULLA FAME
Dall'opinione pubblica dei paesi più ricchi la fame del Terzo mondo è considerata come l'effetto perverso di situazioni inevitabili, tipiche dei paesi più poveri (ad es. il clima, l'arretratezza tecnologica, gli alti tassi di natalità, ecc.) Una convinzione di questo genere porta a due atteggiamenti: rassegnazione-indifferenza, oppure, nel migliore dei casi, compassione-elemosina. In nessun caso si mettono in discussione i meccanismi economici e sociali che legano il Sud al Nord del mondo.
Posizione geografica sfavorevole? Guardando una qualunque cartina geografica, si ha la netta impressione che il problema della fame e del sottosviluppo si concentri soprattutto nella fascia equatoriale fra i due tropici. Ma se guardiamo le cose più da vicino, ci accorgeremo, ad es., che il Sud degli Usa e l'Australia non soffrono affatto la fame, mentre alcune zone temperate (come il Sud dell'Americalatina) patiscono la fame al pari di certi paesi equatoriali e tropicali. Inoltre la storia ci dice che molte zone oggi sottosviluppate sono state un tempo assai ricche (ad es. l'Egitto, gli imperi inca, maya, azteco, ecc.).
Risorse agricole insufficienti? Oggi l'agricoltura del Terzo mondo è di due tipi: a) agricoltura di sussistenza, assai povera perché priva di tecnologia, senza surplus commerciale, in via di estinzione perché il grande latifondo tende a inghiottirla; b) agricoltura di mercato, ma solo in forma di monocoltura (caffè, zucchero, cacao, tè, caucciù, cotone, arachidi ecc.), che raggiunge anche livelli altissimi di produttività, ma non serve alla normale alimentazione quotidiana, anche perché è generalmente destinata all'export verso l'Occidente.
Inoltre i profitti della produzione per l'export vanno a vantaggio solo di un esiguo numero di persone o di grosse multinazionali occidentali.
Infine i prezzi vengono decisi nelle borse dei paesi più ricchi. Basta dunque una o poche annate agricole negative (per siccità o caduta di prezzi o per lo sviluppo dei surrogati) perché le conseguenze siano subito disastrose.
Povertà di risorse minerarie ed energetiche? I paesi del Sud per alcuni minerali (alluminio, stagno, cobalto, ecc.) dispongono del 50-60% delle risorse mondiali. I paesi dell'OPEC sono i massimi produttori di petrolio del mondo. I fatti inoltre dimostrano che, per sopravvivere, il Terzo mondo deve soprattutto esportare materie prime (non solo quelle che in occidente mancano o sono carenti, ma anche quelle che, pur non mancando in occidente, risultano, rispetto a quelle occidentali, meno costose). Inoltre non dimentichiamo che è soprattutto l'occidente a disporre della necessaria industria di trasformazione delle materie prime.
C'è carenza di industrie? Senz'altro. Ma in questi ultimi anni l'incidenza della produzione industriale sul PNL ha raggiunto delle percentuali elevatissime (ad es. dal '70 all'81 per il Brasile era del 18,8%, mentre per gli Usa del 2,4%; per il Messico del 17,8%, mentre per il Giappone del 2,2%; per la Corea del sud del 15,6%, mentre per l'Italia dell'1,9%). Eppure questo non ha affatto comportato nei paesi più avanzati del Terzo mondo la fine della miseria; al contrario: se la ricchezza dei ricchi è aumentata è aumentata anche la povertà dei molti.
Il tasso demografico è troppo alto? I tassi di produttività mondiale, in questi ultimi 15-20 anni, sono sempre stati superiori a quelli di natalità mondiale. Il problema sta piuttosto nella cattiva distribuzione delle risorse. E' comunque vero che nel Sud la popolazione aumenta più in fretta della produzione, ma è sbagliato considerare l'alta natalità come una causa della fame e non come un effetto. In Occidente, con lo sviluppo della produzione, si è avuta una graduale diminuzione della popolazione. Le famiglie non hanno più bisogno del lavoro dei figli: li mandano a scuola e questo comporta notevoli spese.
LE RISPOSTE ALLA FAME
I. Risposta occidentale
• Teoria dello sgocciolamento: concentrare gli aiuti allo sviluppo industriale:
• agricoltura e servizi ne beneficiano di conseguenza, in modo automatico.
• Verifica di questa teoria: Europa nel dopoguerra, Piano Marshall.
• L'esperimento in Europa è riuscito. Anche in Giappone.
• La stessa teoria applicata al Terzo mondo è risultata fallimentare. Perché?
1. Settore più importante-tradizionale è quello agricolo. La stessa cultura-psicologia-mentalità è agricola, cioè non portata alla ricerca del profitto con rischio, all'investimento, ecc.
2. Settore industriale era privo di professionalità-competenza. Il settore industriale che qui si è sviluppato è stato quello occidentale (ad es. multinazionali, che non possono avere, nell'ambito della nazione che le ospita, interessi di carattere generale), oppure quello di pochi capitalisti locali, che hanno pensato solo ad arricchirsi il più possibile.
• Conseguenze:
1. Ricchezza notevole di pochi (locali e no)
2. Povertà notevole di molti (nell'agricoltura)
3. Colossale indebitamento degli Stati (i crediti sono stati necessari per avviare l'industrializzazione)
4. Sviluppo tutto basato sull'export di materie prima e di prodotti che acquista l'Occidente. Grazie all'export il Terzo mondo può ottenere il denaro per estinguere il debito. Ma ciò di fatto non avviene (i debiti sono troppo ingenti, i tassi d'interesse troppo alti per le loro risorse). Non solo, ma aumenta la fame proprio in proporzione all'aumentare dell'export, che è tutto monocolturale.
II. Risposta del blocco comunista
(posizione oggi inesistente)
• Il Terzo mondo non deve commerciare con l'Occidente
• Deve rifiutare le multinazionali
• Deve nazionalizzare tutte le proprie risorse
• Deve considerare l'Urss un partner privilegiato.
• Conseguenze:
1. Inefficienza dell'apparato produttivo di quei Paesi che hanno adottato questa strategia (Angola, Mozambico ecc.):
2. sia perché tutto nazionalizzato: senza iniziativa privata non funziona nulla (burocrazie, mancanza di incentivi, ecc.),
3. sia perché il Terzo mondo è soggetto all'Occidente da troppi secoli perché se ne possa liberare in poco tempo (ad es. molte sue colture sono state imposte dalla madrepatria: cambiarle non è facile),
4. sia perché gli stessi paesi comunisti (a causa dei loro problemi economici interni) non erano in grado di aiutare in modo decisivo quei paesi del Terzo mondo che hanno imboccato la strada del socialismo: Cuba, Etiopia, Angola, Mozambico, Vietnam, ecc.
III. Risposta del Terzo mondo
A. Teoria dello sviluppo autodeterminato (basarsi sulle proprie forze):
1. rivalutare le proprie materie prime alzandone il prezzo (ad es. il petrolio nel '73);
2. contare di più all'ONU, dove il Terzo mondo è maggioritario (ma il Consiglio di sicurezza resta l'organo principale).
B. Teoria dello sviluppo interdipendente (aiuto reciproco):
1. il Nord ha bisogno delle materie prime del Sud, ma il Sud ha bisogno della tecnologia del Nord,
2. creare un rapporto paritetico, tra eguali. Oggi 1/4 della popolazione mondiale (Nord) consuma i 3/4 della ricchezza mondiale. Ogni anno almeno 25 mrd $ vengono pagati per gli interessi sui debiti. Inoltre i prezzi, decisi nelle Borse-valori delle città occidentali più importanti, sono di molto inferiori al valore delle materie prime del Terzo mondo.
• Altre risposte che entrambe le teorie (A e B) prevedono:
1. crediti a tassi agevolati, posti sotto controllo,
2. sviluppo di una propria industria di trasformazione dei prodotti agricoli,
3. trattamento preferenziale all'export del Terzo mondo,
4. promuovere l'autosufficienza alimentare,
5. favorire anzitutto agricoltura, allevamento, pesca e artigianato, ma introdurre lentamente, progressivamente un processo verso l'industrializzazione,
6. opere di prevenzione e risanamento dal deserto, deforestazione, siccità...,
7. consapevolezza che nemmeno la cancellazione totale del debito risolverebbe di per sé il problema del sottosviluppo.
IV. Reazione dell'Occidente alle soluzioni proposte dal Terzo Mondo.
1. Estinzione parziale di certi crediti
2. Riduzione della propria dipendenza dal petrolio
3. Aiuti meramente alimentari
4. Cibo e debito come armi di ricatto e di controllo politico
5. Introduzione di surrogati che sostituiscono certe materie prime (p.es. cioccolato, zucchero…)
6. Non imporre al Terzo mondo obblighi di tutela ambientale
7. Chiedere governi forti per controllare lo scontento popolare
8. Continuare a considerarsi "creditore" e a considerare il Sud come "debitore".

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