La Borsa

Materie:Appunti
Categoria:Ricerche

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Testo

BIBLIOGRAFIA
Libri
Capire l’economia del 2000 aa.vv. ed. Le guide Il Sole 24 Ore
Capire la finanza di Bruno Gabbrielli e Sandro DeBruno ed. Le guide Il Sole 24 Ore
Dizionario di fisco contabilità e bilancio di Primo Cappellini, Roberto Lugano, Carlo Oneto, Raffaele Lizzardi ed. Il Sole 24 Ore
Eurofinanza aa.vv. ed. IPSOA
La riforma del mercato e delle società quotate aa.vv. ed. IPSOA
Testi scolastici
Tecnica bancaria di Astolfi & Negri ed. Tramontana
Nuovo corso di diritto commerciale di Capiluppi ed. Tramontana
Ragioneria applicata e professionale di Fabio Fortuna ed. Le Monnier
Storia di Giardina-Sabbatucci-Vidotto ed. Editori Laterza
Periodici
Panorama n.12-13-15-18-19-22
Net-Economy n.5-6
Computer facile marzo 2000
HappyWeb n.3-4-5-6
Quotidiani
Il Sole 24 Ore
Milano Finanza
Italia Oggi
Multimediali
Enciclopedia della storia ACTA
Encarta ’98 Microsoft
Encarta 2000 Microsoft
Enciclopedia Rizzoli
Enciclopedia Zanichelli
Fonti ufficiali
Regolamento dei mercati organizzati gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.
Deliberato dalla Assemblea della Borsa Italiana S.p.A. il 20 dicembre 1999 e il 1°marzo 2000 e approvato dalla Consob con delibere n. 12463 del 29/3/2000 e n. 12469 del 4/4/2000
Codice Civile e Tributario
Internet links:
www.piazzaffari.org
www.piazzaffari.it
www.borsaitalia.it
www.nyse.com
www.nasdaq.com
www.soldionline.it
www.ilsole24ore.it
www.milanofianza.it
www.italiaoggi.it
Esami di stato 1999/2000
La Borsa:
passato, presente e
New Economy
A cura di
Matteo Montanini
classe V^A
Nota Bene:
Interessanti lezioni sull’analisi tecnica possono essere prelevate nel seguente sito:
(http://users.iol.it/pecas)
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Quм riporto invece alcune lezioni sui derivati prelevate dal seguente sito:
http://www.cedborsa.it/warrants/info.html
Nozioni sui derivati
Una delle regole fondamentali, nel campo degli investimenti finanziari, и quella della diversificazione.
Che si tratti del portafoglio di un investitore professionale oppure di quello di un risparmiatore privato, la disponibilitа deve essere opportunamente ripartita fra azioni e obbligazioni e fra mercati (e valute) differenti.
Non sempre, tuttavia, и facile intervenire direttamente sui mercati finanziari, in Italia e all'estero, scegliendo fra le valute e i titoli di Stato; e, soprattutto, fra migliaia di azioni, senza conoscere in modo approfondito le aziende quotate, i loro business, le prospettive di utili, l'evoluzione del mercato in cui operano.




Esistono strumenti finanziari, chiamati derivati, che permettono di investire su qualsiasi attivitа finanziaria, detta sottostante, senza la necessitа di operare direttamente comprando o vendendo azioni, obbligazioni e valute.
Uno di questi strumenti и il warrant. Il warrant и un titolo negoziabile che garantisce il diritto, ma non l'obbligo, di comprare (call warrant) o vendere (put warrant) un sottostante entro una data prestabilita, a un prezzo prefissato.
Questa pubblicazione intende illustrare le caratteristiche dello strumento, le regole di comportamento per gli investitori e, soprattutto, i criteri che occorre tenere presente per scegliere i warrant e per operare con successo sui mercati finanziari.




Vediamo innanzitutto quali sono le principali caratteristiche dei warrant in generale:
l'investimento minimo richiesto risulta molto contenuto; tale caratteristica consente una buona diversificazione anche in presenza di un portafoglio personale relativamente piccolo: cosa che non sarebbe possibile operando direttamente sul sottostante;
lo strumento garantisce quello che nel linguaggio finanziario viene chiamato "effetto leva".
Che cosa significa? Che, a paritа di investimento iniziale, il warrant и in grado di produrre un guadagno "amplificato" rispetto a quello che si otterrebbe investendo la stessa cifra sul sottostante;
la perdita massima puт essere prederminata, a differenza di quanto accade con altri derivati: essa ammonta infatti al prezzo (o "premio") pagato per entrare in possesso del warrant;
и possibile coprire diversi rischi legati all'andamento dei mercati finanziari. Ad esempio il rischio di cambio, rappresentato da un possibile indebolimento della valuta mentre si opera su un mercato estero; ma anche il rischio tassi, se si opera sul mercato obbligazionario;
и possibile operare con la stessa facilitа sia al rialzo che al ribasso, diversamente da quanto avviene operando sul sottostante: con un diritto di tipo "call" si punta su un rialzo del mercato, mentre acquistando un warrant di tipo "put" si guadagna al ribasso.




Per tradurre in pratica quanto detto ricorriamo ad un esempio, riferito a un immaginario signor Rossi. Questi possiede un portafoglio personale di 100 milioni di lire, cosм suddiviso: 60 % in obbligazioni, 25 % in azioni, italiane e 15% in liquiditа.
Confidando in un prossimo rialzo del nostro mercato azionario, il primo aprile 1996 il signor Rossi decide di effettuare un investimento di breve-medio termine. In questo caso il signor Rossi non desidera modificare in modo durevole il proprio portafoglio, ma solo cogliere rapidamente un'opportunitа che il mercato potrebbe offrire, impiegando una parte contenuta della sua liquiditа (due milioni circa).
Come fare? Lo strumento ideale и proprio il warrant sull' indice di borsa: perchй si presta a operazioni di breve respiro (и uno strumento di trading, non di investimento a lungo termine); consente di operare con un importo ridotto e tuttavia di agire su tutto l'indice dei 30 titoli principali (le "blue chip"); diversamente, dovendo selezionare i tre o quattro titoli piщ rappresentativi, accorrerebbero diverse decine di milioni.
Dunque il signor Rossi punta sui warrant sul Mib30 emessi da Citibank, banca americana presente in numerosi paesi del mondo (anche in Italia), leader negli strumenti derivati (Fonte: International Financing Review).
Tali warrant hanno numerosi vantaggi: sono rivendibili in qualsiasi momento prima della scadenza direttamente a Citibank, che ne garantisce il pronto riacquisto alla quotazione corrente e per qualsiasi ammontare; e, come vedremo al momento di tirare le somme, la possibilitа di rivendere i titoli riveste un aspetto decisivo.
Inoltre, tali warrant richiedono un investimento contenuto: al momento dell'operazione l'investimento minimo varia da 45 mila lire a 313.000 lire per una gamma di "call" warrant sull'indice tale da soddisfare tutte le esigenze.
Dunque il signor Rossi, tramite il suo intermediario di fiducia, ovvero una banca o una SIM (societа di intermediazione mobiliare) acquista, 1.000 Citibank Mib30 call warrant 1995/1997, prezzo d'esercizio 15.000.
Ecco che cosa significa esattamente.


Carta d'identitа

In generale Nell'esempio
Nome La denominazione completa del warrant comprende: la societа emittente, il tipo, il sottostante, la scadenza ( o la durata complessiva), il prezzo d'esercizio. Citibank MIB30 12/97, call 15.000
Sottostante E' l'attivitа finanziaria a cui il warrant fa riferimento. Indice MIB30
Scadenza E' la data che fissa il limite temporale di validitа del warrant, termine ultimo per esercitare il diritto. 19 dicembre 1997
Prezzo d'esercizio Detto anche "strike price", o sinteticamente "strike", esprime il prezzo dell'attivitа sottostante al quale и possibile esercitare il diritto. 15.000, espresso in punti dell'indice MIB30
Tipo Call, quando offre la possibilitа di acquistare il sottostante al prezzo d'esercizio e non oltre la scadenza (posizione rialzista);
Put, quando offre la possibilitа di vendere il sottostante al prezzo d'esercizio e non oltre la scadenza (posizione ribassista)
Call
Stile Puт essere, a scelta dell'emittente, di tipo americano oppure europeo. Il primo consente al possessore dei warrant di esercitarne il diritto in qualsiasi momento prima della scadenza. Il secondo solo nel giorno di scadenza.
In entrambi i casi и sempre possibile in ogni momento rivendere il warrant alla quotazione corrente di mercato e per qualsiasi ammontare.
Americano
Premio Il prezzo pagato per l'acquisto di ciascun warrant 1.650 lire
Lotto minimo Scelto dall'emittente, и il numero minimo di warrant acquistabili o vendibili. 100 unitа
Prima dell'adesione leggere il prospetto informativo che deve essere consegnato da chi propone l'investimento.



Call o Put

Parlando di diritti di tipo call, si entra nella zona di guadagno quando la quotazione del sottostante supera il prezzo d'esercizio per una differenza tale da coprire il costo del warrant.
Il signor Rossi, quindi, potrа esercitare il diritto quando la quotazione del sottostante supererа il livello dei 16.650 punti; tale livello prende il nome di punto di pareggio, o "break-even point".
Al contrario, per warrant di tipo put, il punto di pareggio si ha quando il sottostante scende fino al punto in cui la differenza con il prezzo d'esercizio eguagli il costo pagato per l'acquisto del warrant.
Rialzo! Il 24 aprile 1996, il mercato azionario italiano si и notevolmente apprezzato; grazie all'effetto elezioni, l'indice MIB30 ha raggiunto quota 15.622. E il signor Rossi? E' venuto il momento di esercitare i suoi warrant? Facendolo, guadagnerebbe 622 lire per warrant, pari alla differenza fra la quotazione corrente del Mib 30 (15.622 punti) e il prezzo di esercizio (15.000 punti). A questo, perт, va detratto il costo iniziale di 1.650 lire. Risultato: una perdita di 1.028 lire per warrant.
E allora? Investimento in perdita? Al contrario.
Lo stesso giorno il warrant in possesso del signor Rossi sul mercato vale 2.730 lire; smobilizzando dunque il diritto sul mercato (ecco perchй и importante che Citibank sia sempre disponibile a riacquistare i warrant!) attraverso un semplice ordine di vendita al suo intermediario, il signor Rossi guadagna 1.080 lire per ciascun warrant: cioи la differenza fra 2.730 lire e le 1.650 lire pagate inizialmente.
Il rendimento dell'intera operazione, quindi, и del 65,45 % in poco piщ di venti giorni; nello stesso periodo la borsa italiana ha guadagnato "solo" il 14,61%: il "famoso" effetto-leva!


Le spiegazioni

Al momento in cui il Signor Rossi ha effettuato l'нnvestimento, il mercato attribuiva al warrant un valore che rispecchiava la probabilitа che il diritto in esso contenuto potesse essere esercitato entro la scadenza.
Al momento della vendita le possibilitа di esercizio non solo erano aumentate, ma addirittura si erano giа determinate.
E' quindi naturale che chi vende il warrant chieda un corrispettivo sensibilmente piщ elevato del solo valore che ne deriverebbe dall'esercizio, tanto piщ elevato quanto piщ lontana и la scadenza; tale plusvalore prende il nome di "time value" o valore del tempo.
Da ciт deriva che и sempre piщ conveniente smobilizzare un warrant sul mercato piuttosto che esercitarlo anticipatamente, bruciando cosм il valore del tempo.
Per lo stesso motivo, anche nel caso in cui il mercato non si muovesse nella direzione favorevole, e malgrado lo stesso non sia in grado di generare un utile dall'esercizio, vendendo il warrant sul mercato si ricaverebbe sempre il corrispettivo del valore attribuibile al tempo mancante alla scadenza, riuscendo a recuperare parte del costo inizialmente sopportato per l'acquisto del diritto.
Inoltre la performance sopra descritta dimostra il classico effetto-leva, tipico di tutti i prodotti derivati e quindi anche del warrant: il diritto и riuscito a raggiungere un ritorno sul capitale investito di 4,48 volte (65.45% contro 14.61%) superiore a quello offerto da un analogo investimento effettuato direttamente sull'attivitа sottostante.


Quale Warrant

Scelto il mercato su cui puntare (azionario, obbligazionario, valutario, italiano o estero), e la direzione (rialzo o ribasso), non rimane che rispondere a due domande: perchй il signor Rossi ha scelto proprio 15.000 come prezzo d'esercizio quando poteva scegliere anche, per esempio, 12.000 o 18.000 punti del Mib30?
E infine: perchй la scadenza dicembre '97, quando avrebbe potuto spendere meno acquistando una scadenza piщ breve?
Il prezzo d'esercizio
Se si pensa che il sottostante possa avere un movimento di dimensioni relativamente contenute, si indirizzerа la scelta verso prezzi d'esercizio molto vicini alla quotazione corrente del sottostante (warrant l'at-the-money") oppure verso warrant che giа siano in grado di essere esercitati (warrant "in-the-money"); tali warrant subiscono infatti variazioni di prezzo, in termini assoluti, maggiori di quelli che non sono nella condizione di poter essere esercitati (warrant "out-of-the-rnoney"): proprio perchй in questi ultimi il valore и costituito solo dalla componente tempo mancante alla scadenza (time value), mentre per i primi esiste anche la componente proventi derivanti dall'esercizio del diritto (intrinsie value).
Essendo piщ costosi, restituiscono un effetto-leva piщ contenuto, con la conseguenza di seguire piщ da vicino l'andamento delle quotazioni del sottostante: dunque sono meno rischiosi.
Viceversa, nel caso in cui si creda in un cospicuo movimento delle quotazioni, si preferiranno warrant "out-of-the-money", anche se и bene non esagerare.
La scadenza
In riferimento invece alla scadenza ottimale, la domanda che ci si deve porre и: entro quando и ragionevole attendersi il movimento delle quotazioni ipotizzato?
Entro tale orizzonte, meglio se abbondante almeno di quattro-sei mesi, deve ricadere la scelta della scadenza. Esiste infatti un rapporto fra vita residua del warrant e prezzo dello stesso: all'approssimarsi della scadenza diminuisce il prezzo del diritto poichй diventano minori le possibilitа di incrementare i guadagni entro il periodo di tempo stabilito. Tale perdita di valore attribuibile al tempo non и lineare, cioи costante nel tempo mano a mano che la scadenza si avvicina, ma si accentua con l'approssimarsi della scadenza stessa.
Quindi и bene scegliere warrant la cui vita non sia eccessivamente lunga rispetto all'arco di tempo nel quale si prevede di aprire e chiudere la posizione (per non pagare troppo); ma nemmeno troppo breve: in questo secondo caso, il prezzo sarebbe molto basso ma accorrerebbero variazioni molto forti del sottostante perchй il valore intrinseco del warrant generasse un guadagno, considerata anche la perdita progressiva dovuta al trascorrere del tempo.




Le avvertenze necessarie non si esauriscono con l'acquisto del warrant.
Subito dopo l'investimento, si presenteranno alcuni ulteriori interrogativi cui sarebbe meglio dare risposta in anticipo.
Quale ritorno sull'investimento si ritiene soddisfacente? Bisogna essere molto rigidi a questo proposito: con i warrant (come con tutti i prodotti derivati) un investimento in utile puт rapidamente trasformarsi in un'operazione in perdita. Dunque, pronti a uscire non appena raggiunto il risultato.
Quale perdita massima si и disposti ad accettare? E' bene fissare chiaramente il proprio livello di taglio delle perdite, o "stop loss" nel linguaggio finanziario: ovvero il livello al quale, in caso di mercato contrario, si и deciso di vendere comunque, allo scopo di limitare il danno: che, al massimo, puт arrivare a essere pari al premio pagato.
Al contrario, in caso di mercato avverso non и sempre consigliabile la pratica di "mediare i prezzi": ovvero di comprare altri warrant a un prezzo inferiore, con l'idea di poter realizzare a un prezzo medio fra il primo e il secondo acquisto (o altri successivi). Se il mercato ha invertito la tendenza и meglio rivendere il warrant.
In ogni caso, и indispensabile seguire con attenzione le quotazioni dei propri warrant. Come? Nel caso dei warrant Citibank, essi sono quotati presso alcune borse valori estere e quindi compaiono sui relativi listini. Ma, per maggiore comoditа dei risparmiatori italiani, le quotazioni dei warrant Citibank compaiono anche sul Televideo Rai, alle pagine 327 e 328.
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Appunti di:
Michele Pianta
[email protected]
http://users.iol.it/m.pnt/index.html
http://www.cys.it/pianta
Indice
Le origini della borsa
Crisi del ’29 e crollo di Wall Street
La borsa valori
Disciplina giuridica
Aspetto dei mercati mobiliari italiani dopo la privatizzazione
I principali mercati della Borsa Italiana
Mercato telematico MTA
Mercato Ristretto
Idem
Titoli quotati
Titoli pubblici:
BOT
CTZ
BTP
CCT
Titoli privati:
Obbligazioni
Azioni
Categorie di azioni:
azioni privilegiate
azioni di risparmio
Strumenti derivati:
future
option
warrant
covered warrant
Indici di borsa
Mibtel
Mib30
Mib
Midex
Comit e Comit30
Indici settoriali
Le Borse estere
La globalizzazione
L’evoluzione degli strumenti
Le grandi piazze finanziarie
New York
Tokyo
Londra
Francoforte
Nuovo Mercato e New economy
Trading online
New Economy: analogie con gli anni ‘20
Cosa sono le opzioni di Natale Lanza
COSA SONO LE OPZIONI: Consistono nel diritto di acquistare (call) o vendere (put) entro (opzioni all'americana su azioni) o a (opzioni all'europea sull'indice) una determinata scadenza una quantitа prefissata di titoli o l'indice a un prezzo prefissato.
Nella penultima pagina del Sole 24 Ore c'и il riquadro "Mercato delle opzioni di Borsa".
Vedete che и indicato il MIBO (Mib30) e il suo valore di ieri, nonchй 16 azioni (quelle per le quali esiste il mercato delle opzioni). Accanto a ognuno sono indicati i diversi elementi distintivi citati sopra nella definizione.
C sta per call e P sta per put. Mese di scadenza (si intende SEMPRE il terzo venerdм del mese). Base o strike и il prezzo
prefissato. Prezzo: non и altro che la "quotazione" dell'opzione, cioи il costo di acquisto o di vendita: in effetti non и proprio cosм sia perchй tale quotazione ha avuto dei valori oscillanti durante la giornata (nй piщ nй meno che come le azioni) e sia perchй esiste un sensibile divario tra denaro (cioи prezzo che si и disposti a pagare per acquistare l'opzione) e lettera (cioи prezzo al quale si и disposti a venderla); ma di questo parleremo.
Ci sono ancora 2 colonne: Volume, cioи numero delle opzioni negoziate durante il giorno e open interest, cioи numero dei contratti in piedi per ciascuna opzione.
La quantitа predefinita per ciascun contratto и di 10.000 unitа se si parla di indice. Per la azioni, invece, и indicata in fondo a destra nel riquadro che stiamo esaminando.
Vediamo cosм che acquistare una call Fiat strike 7500 scadenza aprile significherebbe acquistare il diritto a ritirare 5.000 Fiat entro il 17 aprile (apertura del 17 aprile) al prezzo di 7.500 lire qualunque sia la quotazione corrente del titolo (anche un miliardo). Questo diritto che, come si vedrа in seguito, puт assumere la funzione di "scommessa" o di "protezione", ha un costo unitario che per l'esempio, fatte salve le riserve viste prima in relazione al costo dell'opzione, и di lit 345 (lo si vede consultando le varie opzioni Fiat); quindi, poichй il lotto prefissato и di 5.000, il costo della suindicata call Fiat sarebbe di lit 1.725.000 (5.000 x 345) oltre alle commissioni.
Fine prima puntata.
Natale Lanza
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Abbiamo detto che l'opzione conferisce il diritto ad acquistare o vendere.
Quindi solo il diritto, ma nessun obbligo. Chi acquista l'opzione и colui che puт esercitare tale diritto; il
venditore dell'opzione (solitamente non и il privato) deve solo subire.
In compenso, chi acquista l'opzione ha un costo FISSO SICURO che и il prezzo che paga per l'opzione e un guadagno incerto ma teoricamente infinito, nel caso delle call, limitato (si fa per dire) alla quotazione nel caso delle put (nell'ipotesi cioи che il valore dell'azione scenda fino a 1 lira). Comprata, infatti, la famosa call FIAT, se il titolo sale a 10.000 lire entro la scadenza, ritiro i titoli (mi rivolgo all' intermediario perchй eserciti il mio diritto) pagandoli 7.500 e
li rivendo a 10.000 (a meno che non sono pazzo e voglio tenermeli per farci un bel quadro). Guadagno (5000 azioni per lit 2.500 costituito dal differenziale su ogni titolo meno 1.725.000 costo dell'opzione); poi c'и tutto il sistema delle commissioni... vedremo.
Se avessimo acquistato una PUT a 7500, invece, e il titolo dovesse scendere, mettiamo, a 7.000 lire o a 1 lira, allora comprerei sul mercato 5.000 FIAT a 7.000 lire o a 1 lira ed eserciterei il diritto consegnandole a 7.500 lire.
Ci possono essere quotazioni meno estreme ed allora bisogna farsi un po' i conti.
L'esercizio del diritto, perт, и un fatto abbastanza raro. Il prezzo dell'opzione, e anche di questo parleremo, incorpora
taluni elementi uno dei quali и il prezzo del titolo sottostante. Perciт, se la quotazione della Fiat aumenta, anche il valore della nostra call aumenta, cosм come aumenta (aumenta non diminuisce) il valore della put se la quotazione del titolo diminuisce (diminuisce non aumenta). In tal caso si ha solitamente un guadagno maggiore (se non altro per il gioco delle commissioni ma anche per altri fattori e per la gestibilitа dell'operazione che mi permette di fare prezzo su un'opzione molto ma molto piщ facilmente che sul titolo) rivendendo l'opzione anzichй esercitando il diritto.
Recentemente, mi и successo di DOVERE esercitare il diritto in occasione del crollo di ottobre in quanto avevo delle put sulle Comit che non mi и riuscito di rivendere perchй avevano un valore elevatissimo e nessuno le voleva, mentre mi и riuscito di rivendere altre put. Dopo le feste natalizie ho DOVUTO esercitare
delle call su INA e EDISON per lo stesso motivo, mentre mi и riuscito di rivendere altre call.
Fine seconda puntata
Natale Lanza
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Chi e perchй opera con le opzioni? Dipende, facciamo qualche esempio.
Le opzioni intanto possono assumere la funzione di protezione di portafoglio (e questo, di solito, non avviene per il privato). Chi ha un portafoglio titoli e teme un ribasso ma non vuole o non puт disfarsi dei titoli, puт comprare delle put sulle azioni o sull'indice cosм che, se le quotazioni salgono, il costo delle opzioni viene compensato (parzialmente o totalmente) dal rialzo; se invece le quotazioni scendono, le perdite su titoli vengono
compensate, parzialmente o totalmente dall'apprezzamento delle put.
Ci puт essere poi, e questo potrebbe essere il momento adatto per alcuni di noi, il tentativo di cavalcare un improbabile ma possibile ulteriore rialzo.
Mettiamo che, negli ultimi tempi, abbia guadagnato 5 milioni sulle Fiat. Adesso, perт, preso dalla paura dello storno che non arriva, non so piщ che fare. POTREI: vendere le Fiat, monetizzare il guadagno, e mettere un
paio di milioni su una call (equivalente come ormai sappiamo a 5000 Fiat).
Se le Fiat scendono, perdo la call ma mi saranno sempre rimasti 3 milioni di guadagno. Se salgono, resto a cavallo del rialzo. In ogni caso resto sempre in gioco senza particolari ansie perchй so che parteciperт pienamente all'eventuale ulteriore rialzo mentre, anche se il mercato dovesse crollare, perderei solo 2 milioni del
precedente guadagno. Infine, ci puт essere lo speculatore che opera essenzialmente
sulle opzioni che, se и vero che rappresentano un costo fisso (un po' come un premio di assicurazione che si paga comunque), presentano il duplice vantaggio di: stabilire a priori la perdita massima possibile; gestire con maggiore elasticitа notevoli quantitа di titoli traendo benefici anche da variazioni di pochissimi punti
percentuali. Sto parlando, naturalmente, di chi acquista opzioni e non di chi le vende (chi vende opzioni и quello che si assume il rischio illimitato previo incasso certo del premio e, solitamente, non и il privato).
Fine terza puntata
Natale Lanza
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Call/Put, strike, scadenza e titolo) vengono quotati due prezzi: denaro, cioи il prezzo proposto dai compratori per l'acquisto dell 'opzione, e lettera, cioи il prezzo richiesto dai venditori. Tra i due prezzi c'и uno spread (una differenza) che и tanto piщ ampio quanto maggiore и la volatilitа del titolo sottostante.
Naturalmente il denaro и inferiore alla lettera perchй i compratori tendono a pagare meno di quanto vogliono incassare i
venditori. Questo spread, che puт essere anche consistente, rappresenta una perdita giа in partenza; se, infatti, compriamo una opzione accettando il prezzo richiesto dai venditori (piщ alto) e la
rivendiamo nello stesso istante aderendo al prezzo offerto dai compratori (piщ basso) andiamo incontro a una perdita secca pari allo spread oltre alle commissioni di acquisto e di vendita. Se interessati ad acquistare, quindi, puт essere accettabile aderire al prezzo richiesto dai venditori se il divario denaro lettera non и molto ampio e se siamo fortemente convinti che l' azione sottostante andrа nella direzione auspicata. Ci si puт naturalmente mettere in mezzo ai due prezzi, in qualsiasi posizione, con un nostro denaro (se acquirenti) proponendo un prezzo un po' piщ alto di quello del momento o con una nostra lettera (se venditori) un po' piщ bassa di quella corrente. Il nostro diventa cosм il miglior denaro o la miglior lettera e si pone in testa a tutte le altre domande o offerte del momento. Agli aspetti pratici penserа l'intermediario il quale provvederа a aderire al prezzo di mercato o a immettere nel sistema la nostra proposta. Nel primo caso l'eseguito ci verrа dato istantaneamente, nel secondo occorrerа attendere che qualcuno
accetti la nostra proposta.
Si puт anche, volendo, proporre un denaro piщ basso di quello corrente o una lettera piщ alta di quella corrente sperando che le oscillazioni del titolo, nel corso della giornata, rendano congrua la nostra proposta. E' evidente che, in tal caso, saranno prima soddisfatte le richieste piщ convenienti della nostra. Con un po' di pratica e molta ragionevolezza, il gioco diventa molto semplice soprattutto se siamo attrezzati con un programma che determina per noi il valore equo delle opzioni (personalmente uso optionscope di metastock). Naturalmente, questo valore equo non и un valore certo e immutabile ma costituisce un prezioso strumento di confronto con le quotazioni di mercato.
Tornando al nostro esempio iniziale, al momento dell'acquisto di una call Fiat ci saremmo sentiti dire (и solo un'ipotesi) che il denaro era 310 e la lettera 370. Avremmo potuto quindi dire al nostro intermediario: "proponiamo noi lit ...", mettendoci cosм in qualsiasi posizione di nostro gradimento tra 310 e 370. PER I PIU' TIMIDI: questo si puт fare anche operando con una sola opzione; non bisogna pensare che ciт sia consentito solo a chi
opera all'ingrosso.
Nella prossima puntata vedremo come varia il valore di una opzione una volta che ne siamo venuti in possesso e quali sono le aspettative sulle quali possiamo ragionevolmente far conto.
Fine quarta puntata
Natale Lanza
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Come dobbiamo comportarci una volta acquistata un'opzione?
L'atteggiamento da tenere и sicuramente diverso da quello adottato di fronte al possesso di una azione in quanto и completamente diversa la dinamica della variazione della quotazione.
Intanto sappiamo che c'и una perdita iniziale da recuperare, costituita da un sensibile divario denaro/lettera, molto piщ ampio di quello riscontrabile sulle azioni.
A questo vanno aggiunte le commissioni. Se l'opzione и sull'indice, le commissioni incidono in misura
fissa (tra 50000 e 100000 a contratto oltre alle spese postali); moltiplicato 2, naturalmente, per l'entrata e l'uscita dall'
operazione.
Per le opzioni su azioni, invece, le commissioni variano "normalmente" (non escludo situazioni diverse) tra il 2 per mille e il 3,50 per mille (dipende dalla forza contrattuale con l' intermediario) in acquisto e altrettanto in vendita.
Tali commissioni, perт, ATTENZIONE, non vanno calcolate sul valore dell'opzione bensм sul valore del sottostante: nel caso, quindi, della nostra call Fiat, le citate commissioni non vanno calcolate
sul valore della call ma sul valore di 5000 Fiat valutate al prezzo dello strike.
Quanto detto vale sia al momento dell'acquisto che al momento della vendita dell'opzione. Se perт esercitiamo il nostro diritto, per il ritiro azioni se call o la consegna azioni se put, non si pagano ulteriori commissioni; si pagano invece, nella misura normalmente praticataci per la compravendita di azioni, quelle dell'operazione di contropartita effettuata sul mercato con la vendita (se call) o l'acquisto (se put) dei titoli. Mi spiego
meglio: acquisto la call Fiat e pago diciamo il 3 per mille su 35 milioni (5000 azioni per lit 7000: se non sbaglio, non fatemi tornare a guardare, lo strike del nostro esempio era 7000, comunque и ad esso che bisogna fare riferimento); se rivendo la call pago nuovamente la stessa commissione; se, invece, esercito il diritto, ritiro le azioni pagandole allo strike della call (senza ulteriori commissioni salvo le postali) e rivendo i titoli sul mercato al prezzo corrente con le commissioni normalmente praticate nella compravendita di titoli.
L'esercizio del diritto, avrei giа dovuto dirlo in una puntata precedente, non esiste per le opzioni sull'indice: cosa potrei
ritirare o consegnare? Quindi le opzioni sull'indice possono solo essere negoziate fino alla scadenza, altrimenti, alla scadenza, viene liquidata, se a nostro favore, la differenza tra lo strike e il valore di apertura del Mib30 del terzo venerdм del mese. Visto che l'argomento delle commissioni mi ha preso parecchio spazio, rinvio alla prossima puntata la discussione sulla dinamica della variazione della quotazione di una opzione.
Fine quinta puntata
Natale Lanza
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Se si acquista un'azione Fiat a lit 7.000 (tempi che furono) e la quotazione non cambia nei giorni successivi, la nostra azione varrа sempre lit 7.000. Non и cosм per le opzioni.
Se infatti si acquista una call Fiat strike 7800 quando il titolo vale 7700 oppure una put Fiat strike 7600 quando il titolo vale 7700 (si dice che le opzioni sono out of the money perchй lo strike non и stato ancora superato) e la quotazione del titolo non varia piщ fino alla scadenza, a tale scadenza il valore dell' opzione si sarа azzerato. Potremmo mai ritirare le Fiat pagandole 7800 (call) per rivenderle sul mercato a 7700 (quotazione ipotizzata dell'azione fino alla scadenza)? Oppure, nel caso della put, potremmo mai acquistare sul mercato azioni a 7700 per consegnarle a 7600?
Ma anche se acquistassimo una call strike 7700 quando il titolo vale 7705 o una put strike 7700 quando il titolo vale 7695 (si dice che le opzioni sono in the money perchй lo strike и stato
superato), se la quotazione non varia fino alla scadenza, il valore finale dell'opzione sarа di sole 5 lire ad azione qualunque sia stato il costo.
E' evidente, quindi, che c'и un fattore che tende a "remare" contro: tale fattore и il tempo; col trascorrere del tempo il
valore dell'opzione si svaluta sino ad azzerarsi. In fondo, l' opzione и solo una scommessa ed и ovvio che il valore di tale scommessa vada riducendosi man mano che l'evento incerto si delinea con maggiore chiarezza. Allora? Allora bisogna sperare che la quotazione dell'azione sottostante vari nella direzione auspicata (rialzo se call, ribasso se put) in misura tale da neutralizzare il "nemico" tempo.
Un altro fattore che incide sul valore dell'opzione и la volatilitа del titolo sottostante: maggiore la volatilitа maggiore
il vantaggio per il possessore dell'opzione.
Quindi, "durante la vita" di un'opzione sia in the money che out of the money (per quest'ultima non и condizione indispensabile, prima della scadenza, che venga superato lo strike price per conseguire un profitto), se la quotazione dell'azione sottostante va nella direzione auspicata e la volatilitа gioca a nostro
favore, il fattore tempo viene neutralizzato e la quotazione dell' opzione aumenta. "Alla scadenza", invece, ciт che conta и solo ed esclusivamente la differenza tra la quotazione corrente dell'azione e lo strike.
Quindi, se alla scadenza ci facciamo "beccare" con l'opzione ancora in mano, quand'anche lo strike sia stato superato, non и automatico che per noi ci sia un profitto. Infatti, la differenza
tra quotazione corrente dell'azione e strike va decurtata del costo inizialmente sostenuto per l'acquisto dell'opzione.
Riepilogando, i fattori principali (ma ce ne sono altri quali tasso d'interesse corrente e stacco cedole) che incidono sulla
quotazione dell'opzione sono: valore del titolo sottostante, distanza della quotazione corrente dallo strike (и piщ probabile che venga raggiunto uno strike vicino piuttosto che uno lontano),
tempo e volatilitа. Eistono dei coefficienti (delta, theta, gamma e vega) che
esprimono il grado di variabilitа di una opzione ma, per operare sporadicamente, non и necessario conoscerli. La loro conoscenza invece, da approfondire solo su un buon testo, и necessaria per chi vuole operare con sistematicitа.
In linea di massima, ad essere favorito и il venditore di opzioni (che ha sempre dalla sua il fattore tempo) piuttosto che il
compratore. Il venditore di opzioni, perт, assume un rischio illimitato che non и altro che l'aspettativa di guadagno
illimitata che ha l'acquirente di una call o l'enorme aspettativa di guadagno (anche se non illimitata) che ha l'acquirente di una put. Diciamo che una perdita incontrollata di un venditore di opzioni
gli puт vanificare tutta una serie di incassi di premi precedenti. Il compratore, invece, ha sempre la possibilitа, ammesso che sbagli spesso, di compensare una serie di perdite limitate con un
solo guadagno enorme.
Fine sesta puntata
Natale Lanza
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Anzitutto una buona notizia: il peggio и passato; da questo momento in poi la strada и in discesa.
Ometto, naturalmente, di parlare compiutamente delle operazioni piщ complesse in quanto queste "lezioni" sono indirizzate ai principianti della materia che sarebbe inopportuno riempire di nozioni su operazioni complesse; prima devono sperimentare le posizioni piщ semplici e poi, semmai, approfondire su un buon
testo. Quindi, solo un cenno sintetico:
- esiste anche la possibilitа di vendere opzioni, intendendo non la rivendita di opzioni precedentemente acquistate, ma una vendita originaria.
- La posizione del venditore и molto diversa da quella del compratore. Il venditore, infatti, previo incasso di un
premio, si espone a quelle stesse variazioni del titolo delle quali spera di beneficiare il compratore. In compenso, il
venditore ha dalla sua il fattore tempo. Per limitare i suoi rischi, egli puт seguire una serie di strategie che, a mio
avviso, non si addicono al privato investitore. In ogni caso, non ci si puт improvvisare venditori di opzioni se prima non se ne conosce perfettamente la dinamica;
- esiste la possibilitа di combinare strategie di tipo diverso:
es. acquisto di call e put contemporaneamente (si sa in partenza che una si perderа ma, in un mercato fortemente volatile, si spera in un piщ che ampio guadagno sull'altra; oppure si tenta di gestire i rimbalzi); vendita di una call a scadenza corta coperta da un acquisto di una call dello stesso tipo a scadenza piщ lunga
(per sfruttare il deterioramento dovuto al fattore tempo che si manifesta in modo piщ accentuato nelle scadenze piщ vicine); ecc. ecc. ecc.
I venditori di opzioni tentano, al contrario dei compratori, di assicurarsi un reddito costante costituito dall'incasso dei premi. Il rischio и che una sola operazione negativa и capace di vanificare tutta una serie di profitti precedenti. Si pensi a chi aveva venduto opzioni put prima del crollo di ottobre. Si и visto consegnare dei titoli che ha dovuto pagare a dei prezzi che, nello spazio di poche ore, costituivano ormai storia.
Le operazioni composte, invece, tendono essenzialmente a limitare le perdite, ma cosм facendo limitano anche i guadagni. Peraltro, fanno crescere i costi a dismisura (commissioni e spread
denaro/lettera). Per quanto possa essere conveniente talvolta metterle in piedi, in linea di principio le incognite e i costi
notevolmente maggiori che nelle opzioni semplici le rendono piщ opportune per i professionisti e non per i privati.
Fine settima puntata
Natale Lanza
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Ed ora, le due domande che assillano coloro che cominciano a operare con le opzioni.
Anzitutto, a chi rivolgersi? Banca o Sim?
Operare con i derivati (fra i quali, appunto, le opzioni) presso le Banche и abbastanza difficile. Intanto, di norma e per quanto ne so, le banche non possiedono una struttura organizzativa tale da operare con la snellezza e la velocitа richieste da un mercato fortemente dinamico quale и quello delle opzioni. Ma riuscite a immaginare una fila di un quarto d'ora (se vi va bene) in attesa del vostro turno, per un'opzione sull'indice, mentre l'impiegato и impegnato con una vecchietta che vuole sottoscrivere 10 milioni di BOT? E intanto l'indice cambia, cambia, cambia... Eppure quella vecchietta ha lo stesso diritto vostro. Forse potete telefonare! Ma l'impiegato vi prega di attendere un
attimino perchй и impegnato con un altro cliente. Allora, siccome l'attimo si prolunga, prendete la metropolitana, andate presso l' impiegato ancora impegnato col cliente, la cornetta ancora sulla scrivania... E' successo a me personalmente, con l'aggravante che l'impiegato non era l'impiegato ma il funzionario preposto all
'ufficio.. Non gli и nemmeno passato per la mente di dirottare su
qualcun altro la mia telefonata. Lasciamo perdere il seguito...
E poi, ammesso che facciate l'operazione, dopo quanto tempo le banche sono in grado di darvi l'eseguito? E se, in attesa, l' indice o il titolo cambia quotazione, и fondamentale la possibilitа di cambiare il limite fissato per l'acquisto dell' opzione altrimenti rischiate di strapagarla con la conseguenza che tale eccesso si andrebbe a sommare alle perdite giа preventivate (spread e commissioni); ma se vivete nell'incertezza per non avere ancora avuto l'eseguito come fate? Inoltre, si sa, le banche non sono solitamente ben disposte nei confronti di chi vuole cambiare il prezzo dell'ordine. E se, infine, voleste sfruttare un attimo che ritenete di particolare convenienza?
Ce l'ho con le banche? Niente affatto, ma non credo che abbiano la struttura organizzativa e la mentalitа necessaria per consentire di operare con efficienza sui derivati.
Non restano che le SIM, di solito piщ efficienti in questo particolare settore.
Altra questione: quanto bisogna versare?
Chiariamo subito e categoricamente, visto che qualche volta si sente dire il contrario, che non occorre versare alcun margine (qualcosa come la cauzione) per acquistare le opzioni. Se ne paga il prezzo e la partita и chiusa. Il rischio massimo, per l' acquirente, и la perdita del premio, perciт una volta pagato quello non c'и motivo di versare ulteriori margini.
Le banche, spesso, rifiutano l'operazione. Non potrebbero. L' acquisto di opzioni non и una operazione creditizia, quindi discrezionale, ma un servizio remunerato con una commissione. E' come se entraste alle poste e l'impiegato si rifiutasse di inoltrare la vostra raccomandata. Semplicemente non puт farlo.
Certo, mettersi a litigare con una banca mal disposta nei vostri confronti creerebbe in seguito qualche problema...
E torniamo alle SIM. E qui mi fermo perchй ogni SIM ha le sue regole sull'entitа del conto iniziale da aprire: entitа del conto, ripeto, e non margini. Se perт chiarite bene che intendete SOLO acquistare opzioni, puт darsi che non richiedano somme eccessive per il versamento iniziale.
Fine ottava puntata
Natale Lanza
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Uno dei miei fratelli, l'altra sera, mi ha chiesto di acquistare un'opzione per suo conto. La spiegazione del perchй si rivolgeva a me era molto semplice: sapeva, in teoria, di cosa stava parlando ma non sapeva come fare e cosa chiedere.
Poichй credo che il "problema" sia piuttosto ricorrente, simuliamo un paio di telefonate.
IO: Vorrei acquistare una call Fiat per aprile; sono un po' indeciso sulla base, puт darmi qualche quotazione sulle basi piщ vicine?
SIM: 7500, denaro 280, lettera 330; 7600, denaro 240, lettera 300, ...IO: Si, prenderei la 7600, ma 300 lire mi sembra un po' caro; miglioriamo un po' il denaro (alziamo, cioи, il denaro corrente), mettiamoci a 260.
SIM: D'accordo.
Oppure IO: Vorrei acquistare una put sull'indice per aprile con base lontana, diciamo 32.000 o 32.500, puт darmi le quotazioni? Dopo un po' la SIM chiama e dа l'eseguito.
Se passa del tempo e la Fiat comincia a salire (esempio della prima telefonata) и probabile che il nostro ordine resterа
ineseguito; se intendiamo comunque effettuare l'acquisto и opportuno che richiamiamo la SIM, ci facciamo dire le nuove quotazioni dell'opzione e accettiamo la lettera del momento o modifichiamo il nostro denaro.
Al momento della vendita dell'opzione:
IO: vorrei vendere la mia call strike 7600 scadenza aprile. Puт dirmi le quotazioni? SIM: 7600 aprile denaro 400, lettera 480. IO: Beh, vorrei venderla, non svenderla. 400 lire mi sembrano un po' poche, chiediamo 460 (migliorando cosм la lettera corrente).
Oppure IO: OK. La dia per 400.
Semplice no? Cosa vi credevate?
FINE NONA E ULTIMA PUNTATA
LA MADRE DI TUTTE LE FINI (Sarа proprio vero? :-))))
Chissа che altro dovrete subire .... eh..eh..ehhh
Natale Lanza
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Appunti di:
Michele Pianta
[email protected]
http://users.iol.it/m.pnt/index.html
http://www.cys.it/pianta
Tecniche operative di Borsa di Natale Lanza
Premessa
Esistono diversi modi di operare nel mercato azionario: col fiuto, sulla base di letture di giornali e reports, con l’aiuto di
"dritte" e "soffiate", con tecniche piщ metodiche. Fiuto. Esistono indubbiamente delle persone che riescono, con l’
ausilio di un grosso intuito, a fare cose eccezionali in Borsa.
Il fiuto, tuttavia, и qualcosa di innato. O lo si ha o non lo si ha. Quindi, non и una tecnica che si puт apprendere. C’и da aggiungere, perт, che anche chi opera col fiuto (e mi viene
automaticamente da pensare ai vari Warren Buffet, Peter Lynch, George Soros) non opera caoticamente sulla base di quello che gli passa per la mente, ma si avvale comunque di tecniche operative al cui vaglio sottopone le proprie intuizioni; basta leggere la letteratura su questi personaggi per rendersene conto. Letture di giornali e reports. Sorvolerei proprio sui giornali. Quando la notizia appare sulla stampa и giа vecchia e superata. Al massimo puт far rumore ancora per un paio di giorni grazie all’ intervento dei ritardatari. Nulla di piщ. Qualche spunto maggiore lo offrono talvolta i reports delle istituzioni finanziarie piщ serie. Intanto sono il frutto di valutazioni ponderate e poi, per loro natura, vanno ad alimentare lo stesso processo che propongono. E’ probabile che un buy di una grossa banca d’affari provochi degli acquisti che altrimenti non si avrebbero. La controindicazione и che qualche volta i suggerimenti dei reports possono non essere del tutto obiettivi o possono essere determinati forzatamente da situazioni contingenti. Si pensi a una situazione di forte rialzo e alla necessitа per gli uffici studi delle istituzioni finanziarie di alzare i target dei vari titoli prima ancora, e non dopo, di trovare una giustificazione agli obiettivi di prezzo indicati.
Dritte e soffiate. Le soffiate, quelle vere, le possono dare solo gli insider, con gli effetti giuridici che la diffusione delle
notizie provocherebbe. Non и escluso che grosse istituzioni finanziarie (Sim, Banche, Societа di gestione) possano essere in possesso di notizie qualificate di qualche utilitа. Ma allora la notizia si trova, diciamo, a metа strada tra la riservatezza e la diffusione. Il titolo interessato, con ogni probabilitа, ha giа cominciato a manifestare dei movimenti anomali che possono essere giа stati colti con un’attenta analisi anche da chi non и in possesso della notizia. Anche questi casi, tuttavia, sono abbastanza limitati e nulla hanno a che vedere col fenomeno, del tutto dilettantesco, delle dritte che nel corso di forti rialzi di borsa vengono sparate da tutte le parti. Se chiunque di noi, in
una fase di accentuata tendenza rialzista del mercato, spaccia per dritte le proprie opinioni su 10 titoli quotati и piщ che
probabile che almeno in un paio di casi faccia un’eccellente figura.
Tecniche operative. La tecnica costituisce l’arma di chi vuole operare razionalmente per conseguire profitti costanti non soggetti all’erraticitа dei mercati. Si rinuncia a degli extra-profitti connessi talvolta a un atteggiamento disinvolto, ma si ha la quasi certezza di non incorrere nelle catastrofi alle quali quello stesso atteggiamento prima o poi inevitabilmente conduce. La tecnica, inoltre, non esclude necessariamente la possibilitа di beneficiare dei metodi piщ empirici prima elencati. Semmai, costituisce uno strumento per sottoporli a un vaglio di
verosimiglianza. Nell’ambito delle tecniche operative si inserisce l’annosa, ma ormai pressochй universalmente definita, questione della competizione tra analisi tecnica e analisi fondamentale. E, come se non bastasse, ha fatto da qualche tempo apparizione tutta una serie di tecniche sperimentali ispirate all’intelligenza artificiale.
Fine 1 lezione di Natale Lanza
Analisi fondamentale, analisi tecnica e intelligenza artificiale
Analisi fondamentale. I fondamentalisti sostengono che, nel lungo andare, i corsi azionari tendono a riflettere il reale valore delle societа quotate; deducono quindi che, individuando realtа attuali e potenzialitа patrimoniali ed economiche di queste societа attraverso un’attenta lettura dei loro bilanci, si possono formulare valide previsioni sui futuri livelli di prezzo delle azioni con grande beneficio per una corretta strategia di investimento.
Analisi tecnica. L’analista tecnica non mira a conoscere il valore reale di un’azione bensм quel valore che ad essa attribuirа, a breve, il mercato. Egli и infatti convinto di poter rilevare, con l’ausilio di particolari procedure, le speranze, le paure, gli umori, razionali e irrazionali, dei compratori e dei venditori giungendo cosм a sintetizzare e fotografare, a un dato istante, tutti quei fattori che normalmente sono ritenuti inquantificabili
ma che, nondimeno, incidono in maniera preponderante sul processo di formazione dei prezzi; gli diventa piщ facile, a qusto punto, decidere quando comprare e quando vendere e cosa comprare e cosa
vendere in perfetta sintonia con la tendenza e le prospettive del momento.
Intelligenza artificiale. E’ una branca a sй stante. Piщ che una scuola di pensiero и un insieme di tecniche che mirano a simulare il processo di ragionamento umano (sistemi esperti), il funzionamento biologico del cervello (reti neurali) o l’evoluzione delle specie viventi (algoritmi genetici). Prescinde, in sй, dai
principi del pensiero tecnico e di quello fondamentale in quanto si puт avvalere di elementi di uno solo di essi, di tutti e due o di altri ancora.
Non c’и motivo di affrontare l’accademica questione, peraltro generalmente superata, della competizione tra scuola fondamentale e scuola tecnica. Entrambe hanno una propria ragione di essere ed entrambe presentano delle caratteristiche che le rendono piщ appropriate in certe circostanze con riferimento a obiettivi
specifici.
L’analisi fondamentale si propone di verificare la salute generale, per cosм dire, di un titolo. E’ un check-up il cui fine
non и quello di individuare l’esistenza o la possibilitа di insorgenza di un comune raffreddore. L’analisi tecnica, al
contrario, si orienta soprattutto verso i sintomi piuttosto che verso le cause.
Si pensi alle variazioni che i titoli quotati hanno in un breve periodo di tempo. Forse un aumento o una diminuzione generalizzata delle quotazioni puт indurre automaticamente a ritenere che, contemporaneamente, sia realmente variato l’effettivo valore delle societа quotate? Viceversa, stabilito che i valori fondamentali fanno prevedere una crescita economica e patrimoniale della societа, si puт forse automaticamente ritenere che le quotazioni
azionarie siano destinate ad aumentare? Nel breve periodo ben altri elementi assumono preponderanza: esistenza di un trend generale rialzista o ribassista, situazione politica, influenza delle borse estere e chissа quant’altro.
In sintesi, se nell’analisi fondamentale и prevalente l’aspetto previsionale, nell’analisi tecnica и prevalente l’aspetto
gestionale, la logica dell’una non и la logica dell’altra, gli obiettivi dell’una non sono gli obiettivi dell’altra.
Ognuna delle due ha una sua ragion d’essere determinata dalleesigenze delle societа di gestione di fondi comuni o di altri
investitori istituzionali e da quelle dei traders piщ o meno sfrenati.
In ogni caso, un’analisi di tipo fondamentale che faccia da sfondo alle scelte di breve periodo non puт che accrescere le probabilitа di successo del trader. Ugualmente, il ricorso all’analisi tecnica per la scelta del momento di intervento non puт che giovare a un investimento strategico da attuare sulla base dei fondamentali.
Nessun conflitto, fortunatamente, sussiste con le tecniche di intelligenza artificiale che, come si vedrа, possiedono come
denominatore comune la capacitа di apprendere le regole, di qualsiasi genere, che soggiacciono a processi noti per applicarle a situazioni in corso di evoluzione. Paradossalmente, il punto di forza delle tecniche di intelligenza artificiale и allo stesso tempo un punto di debolezza. Se, infatti, il processo in evoluzione non trova affinitа, affinitа e non uguaglianza, in uno dei processi che hanno costituito la base dell’apprendimento, l’ intelligenza artificiale и, con molte probabilitа, destinata a fallire.
Fine 2 lezione di Natale Lanza
Piano degli interventi
Individuati i principi che possono caratterizzare il tipo di approccio alla borsa e i metodi di lavoro che ci devono accompagnare nelle decisioni, и ora possibile tracciare uno schema del percorso che occorre seguire per dare efficacia agli interventi sul mercato. E’ bene, in proposito, fare qualche precisazione. L’interesse primario dell’operatore di borsa non и quello di fare previsioni ma quello di conseguire utili e, ancor prima, quello di preservare il capitale disponibile. E’ abbastanza naturale che tutti noi, supportati dalle informazioni in nostro possesso, ci cimentiamo continuamente, in misura piщ o meno consistente, a fare previsioni sul futuro andamento della tendenza e sugli obiettivi di prezzo di questo o quell’altro titolo. Non che questo sia sbagliato ma, si sa, il mercato raramente asseconda le previsioni; le variabili che agiscono sono tali e tante che basta poco per vanificare gli sforzi intrapresi in dipendenza della valutazioni personali. In questo, probabilmente, sono avvantaggiati i fondamentalisti che, nella loro ottica di lungo periodo, mostrano propensione a non curarsi delle erraticitа correnti. Chi opera a breve invece, ha sм il vantaggio di potere approfittare anche delle possibilitа offerte da limitate escursioni delle quotazioni ma, di contro, ha l’onere di stare dietro ai movimenti piuttosto che davanti. Per questo и costretto ad accettare alcune condizioni:
- rinunciare a operare sulla base delle previsioni; queste si facciano pure ma solo come punto di partenza per individuare i titoli sui quali si vuole approfondire l’analisi con tecniche che poco o nulla hanno in comune con la previsione;
- non illudersi di essere in grado di cogliere punti di svolta o di essere capaci di valutare la durata del trend in corso;
- non aspettarsi che tutte le operazioni siano profittevoli; al limite, non и nemmeno necessario che la percentuale delle operazioni chiuse in profitto sia elevata; ciт che conta и l’ entitа dell’utile che si и capaci di incassare rapportato alle perdite che si и costretti a subire;
- non essere pavidi; se le tecniche adottate danno un segnale di entrata и necessario mettere da parte le titubanze; altrimenti si mettano da parte le tecniche; se una volta si asseconda il segnale perchй и coerente con le aspettative e un’altra volta, invece, lo si respinge perchй non convince, allora si и completamente fuori strada; questo non significa, naturalmente, che si debbano acquistare tutti i titoli sui quali scattano dei segnali di acquisto; significa solo che, se si и interessati alle FIAT, per esempio, e le si sta seguendo per un possibile acquisto, allora il momento di entrata non puт che essere quello fornito dai sistemi adottati;
- non essere avidi; se si riceve un segnale di uscita, lo si assecondi con decisione: la titubanza puт costare cara;
- non rammaricarsi mai: chissа quante volte accadrа di vendere un titolo che, immediatamente dopo, prende il volo.
Sono regole non facili, anzi decisamente dure da seguire, ma puт essere di aiuto il pensiero che la Borsa и sempre lм ad aspettare e che una, due, mille occasioni perdute non significano nulla finchй facciamo utili sistematicamente.
Stabilito quale deve essere l’atteggiamento mentale corretto, и possibile ora schematizzare il processo logico che deve
accompagnare l’operativitа:
- individuazione dei titoli sui quali concentrare l’attenzione;
- scelta di un sistema appropriato di tecniche operative;
- intervento e fissazione dei criteri di uscita sia in caso di utile che in caso di perdita;
- monitoraggio costante delle posizioni assunte;
- uscita e imputazione dell’utile o della perdita sia alla singola operazione che al complesso delle operazioni che costituiscono la strategia di periodo.
Fine 3 lezione di Natale Lanza
Individuazione dei titoli
La scelta dei titoli sui quali operare va necessariamente relazionata al trend generale del mercato, al tipo di strategia
temporale che si intende adottare, alla personale propensione al rischio e alla composizione del portafoglio.
Trend di mercato. La regola principale che sta alla base di una sana operativitа и quella di assecondare il trend generale del mercato. Salvo casi particolari, le operazioni in controtendenza presentano dei rischi notevolmente maggiori di quelli ai quali si va normalmente incontro con le operazioni in tendenza. Saremo, quindi, compratori di titoli in un mercato al rialzo e punteremo al ribasso nel caso contrario.
Diversa и la situazione di un mercato congestionato, un mercato, cioи che si muove lateralmente con andamento oscillatorio. E’ consentito, in questi casi, il tentativo di anticipare i punti di svolta non dimenticando che ciт che puт apparire come un prossimo punto di svolta puт trasformarsi, invece, in un punto di rottura del canale laterale.
Ottica temporale. E’ strettamente legata alla volatilitа del titolo che ci interessa, all’ampiezza cioи delle oscillazioni
periodiche alle quali ciascun valore finanziario quotato и sempre soggetto. Un titolo con un buon trend rialzista e con oscillazioni limitate presenta, in un brevissimo periodo, minori possibilitа di riuscire profittevole di quanto possa esserlo un titolo in tendenza limitata ma con ampia volatilitа. Viceversa, in un’ottica di piщ lungo periodo, и maggiore la convenienza, se non altro sotto il profilo psicologico, a puntare su un titolo con un trend
piщ accentuato ma con minori escursioni tra minimi e massimi.
Propensione al rischio. Il nostro atteggiamento condizionerа, anzitutto, l’ottica temporale dell’investimento. Ma si esprimerа concretamente anche con la selezione di titoli che, per soddisfare le nostre aspettative, presentino particolari caratteristiche di qualitа, flottante, rischiositа intrinseca (coefficiente alfa) e aggressivitа (coefficiente beta).
Composizione del portafoglio. E’ certamente funzione della propensione al rischio visto che non и altro che la sommatoria delle caratteristiche di un insieme di titoli.
Definiti i fattori che devono orientare le nostre scelte, passiamo adesso a verificare, punto per punto, le modalitа di trasformazione delle affermazioni di principio in tecniche operative.
Fine 4 lezione di Natale Lanza
Trend di mercato
Abbiamo giа fatto cenno alla necessitа che l’attivitа operativa di Borsa sia coerente con l’andamento del trend generale. Quindi, operazioni in tendenza se il mercato и caratterizzato da direzionalitа definita, operazioni di trading se il mercato
presenta andamento oscillatorio. Nel primo caso, si possono anche impostare operazioni in controtendenza, ad esempio a titolo di parziale copertura di un eventuale improvviso mutamento di direzione dell’andamento generale, ma queste devono costituire l’eccezione e non la regola. Nel secondo caso si opera normalmente in controtendenza cercando opportunitа di vendita nei momenti di tensione, nell’aspettativa di una correzione, e opportunitа di acquisto nei momenti di depressione, nell’aspettativa di un rimbalzo. E’ estremamente difficile riconoscere una fase direzionale da una di congestione se non dopo che l’una o l’altra si sia giа manifestata inequivocabilmente. E, a questo punto, и elevato il rischio che la tendenza subisca un arresto o inversione oppure che la fase di congestione abbia termine con l’avvio di una
direzionalitа imprevista. Naturalmente, la qualificazione della fase di mercato non и indispensabile solo per definire il tipo di operativitа, ma и anche fattore determinante, e in questo momento и questo che ci interessa maggiormente, per l’identificazione delle caratteristiche che devono possedere i titoli che formeranno oggetto della nostra operativitа. Gli analisti tecnici si sono prodigati abbondantemente nel tentativo di costruire degli indicatori in grado di distinguere le due situazioni in modo tempestivo e con sufficiente chiarezza, ma con risultati ancora abbastanza deludenti. Quando ci occuperemo di intelligenza artificiale esamineremo possibilitа alternative di investigazione della situazione corrente. Per il momento facciamo ricorso a un indicatore che, pur tra molti limiti, и attualmente uno dei migliori per valutare le caratteristiche di un andamento di mercato: il Vertical Horizontal Filter.
Fine 5 lezione di Natale Lanza
Vertical Horizontal Filter
Come giа detto, si propone di distinguere gli stati tendenziali da quelli di congestione. Viene calcolato sulla base della seguente formula:
VHF = |MaxC(n) - MinC(n)|/sommatoria |C(i)-C(i-1)|
Il numeratore rappresenta il valore assoluto della differenza tra il livello massimo e il livello minimo della chiusura in un
determinato arco temporale. Il denominatore и la somma dei valori assoluti delle differenze, nel medesimo arco temporale, tra ciascuna chiusura e quella precedente. L’intervallo temporale di base suggerito dall’ideatore di questo indicatore (Adam White) и di 28 unitа temporali; tuttavia, come per tutti gli indicatori, и certamente piщ opportuno cercare di ottimizzare con apposite tecniche i parametri utilizzati al fine di adeguarli alla realtа che si vuole investigare e agli obiettivi che si vogliono perseguire. Il vertical horizontal filter si presta a tre tipi di
interpretazione:
1) ad alti livelli dell’indicatore corrisponde una piщ alta direzionalitа della tendenza mentre a bassi livelli corrisponde,
per converso, una minore direzionalitа;
2) alla direzione dell’indicatore corrisponde lo sviluppo di una ben precisa fase; piщ esattamente, a valori crescenti corrisponde lo sviluppo di una fase tendenziale, rialzista o ribassista, mentre a valori decrescenti corrisponde la formazione o il rafforzamento di una fase di congestione;
3) a valori estremi dell’indicatore corrisponde l’aspettativa di una diversa situazione di mercato; perciт, alti livelli
prefigurano una vicina fase di congestione mentre bassi livelli prefigurano una prossima fase tendenziale. Nel ribadire il concetto che le indicazioni fornite dal vertical horizontal filter non sono sempre corrette e definitive, vediamo come si sarebbe comportato l’indicatore se applicato all’indice Mibtel dell’anno 1997, utilizzando una base temporale di 28 giorni cosм come suggerito dall’ideatore.
Fine 6 lezione di Natale Lanza
Bibliografia: A.Fornasini - Mercati finanziari: scelta e gestione
di operazioni speculative - EtasLibri
Appunti di:
Michele Pianta - [email protected] t -
(http://users.iol.it/m.pnt/index.html) oppure (http://www.cys.it/pianta)

Le origini della borsa
L' origine viene fatta normalmente risalire al Collegium Mercatorum (quinto secolo avanti Cristo), cioè a un settore del Foro Romano dove si svolgeva un'attività per certi versi molto simile agli odierni scambi di valori mobiliari. Tuttavia, senza andare troppo indietro nel tempo fino a scomodare la storia romana, sembra che il termine Borsa (ma su questo non tutti gli storici concordano) derivi dal nome di una antica famiglia di banchieri fiamminghi, i Van der Burse. I quali avevano come stemma di casato tre borse e il curioso marchio era scolpito sul frontale del loro palazzo, nel quale si radunavano spesso gli uomini d'affari del tempo per trattare le lettere di credito. C'è anche chi vorrebbe questa famiglia di origine italiana, per l'esattezza veneta. Il cognome, in sostanza, sarebbe stato proprio Borsa. Diventato Van der Borse quando un ramo di questa famiglia si trasferì stabilmente in Olanda. Un fatto è comunque certo: la Borsa è nata e si è sviluppata con il commercio. La prima Borsa con caratteristiche abbastanza vicine a quelle odierne è quella di Anversa, sorta nel 1531. Quella di Milano, che è sempre stata considerata la più importante del nostro paese risale al 1808. Le altre, invece, sono nate secondo il seguente ordine cronologico : 1600 Venezia; 1775 Trieste; 1801 Roma; 1810 Napoli; 1850 Torino; 1855 Genova; 1861 Bologna; 1862 Palermo. Oggi tutte queste borse non sono più operative. Quella di Milano nella centralissima piazza degli Affari (un indirizzo diventato sinonimo di mercato mobiliare, come Wall Street a New York) ospita vari uffici. A partire da quello del Consiglio di Borsa, l'ente che si è trasformato in società privata a cui è demandata la gestione amministrativa del mercato. L'antico salone delle grida, invece, è oggi adibito a manifestazioni e mostre.
Crisi del ’29 e crollo di Wall Street
L’effetto che la Borsa valori ha sull’economia, la storia, la società e la cultura è evidente soprattutto se si analizza la crisi economica che colpì gli Stati Uniti alla fine degli anni ’20, proprio a causa del crollo di Wall Street, crisi che si sarebbe poi espansa in tutta Europa.
Dopo essersi concentrati sugli investimenti esteri e con un’economia in continua crescita, nel 1927 i finanzieri di Wall Street rivolsero la propria attenzione al mercato interno e cominciarono ad acquistare azioni in borsa provocando un aumento dei prezzi. Con il continuo incremento del volume degli acquisti i prezzi diventarono sempre più alti e si creò così un boom apparentemente naturale che spinse gran parte del pubblico a investire i propri capitali in borsa: si stima che a metà del 1929 circa nove milioni di statunitensi su una popolazione di 122 milioni, avesse investito del capitale in borsa. Molti impegnarono tutti i propri risparmi, incoraggiati da consulenti disonesti o incompetenti; era tale la fede nella capacità del mercato di garantire profitti eccezionali che non appena veniva avviata un’impresa, spesso con programmi ingannevoli o addirittura fraudolenti, tutti correvano ad acquistarne le azioni. A un certo punto cominciò tuttavia a serpeggiare il timore che anche questa crescita inaspettata sarebbe cessata. La Federal Reserve Bank, la banca centrale statunitense, alzo allora il tasso di interesse, ma solo dell’1%, e suggerì alle banche di non concedere denaro in prestito per gli investimenti in borsa, suggerimento in seguito ritirato dietro pressione di uno dei suoi direttori che aveva forte interessi nelle operazioni di borsa. Alcuni promotori finanziari decisero che avrebbero potuto realizzare un maggiore profitto trasformandosi da speculatori al rialzo a speculatori al ribasso e iniziarono a svendere le proprie azioni. La vendita delle azioni acquistò gradualmente velocità e il 23 ottobre più di 6 milioni di azioni vennero negoziate a prezzi sempre più bassi. Il giorno seguente, il “giovedì nero”, ne furono negoziate più del doppio. Il lunedì 9 milioni di azioni cambiarono di mano; il valore delle azioni era calato di 14 miliardi di dollari in meno di una settimana. Poi, il “martedì nero”, si verificò il crollo della borsa; il prezzo delle azioni di numerose imprese di grandi dimensioni, come la General Elettric, precipitò. Ciò ebbe un riflesso immediato sulle altre borse degli Stati Uniti da Chicago a San Francisco.
Fu la ed solita fine di un decennio contrassegnato dall’ottimismo dalla prosperità e da un alto grado di occupazione. Come logica conseguenza svanì la fiducia nelle banche e nei banchieri, nella borsa e negli agenti di cambio; molto fecero bancarotta e dilagò la piaga della povertà; in molti casi fu precluso il riscatto delle ipoteche; la disoccupazione crebbe di quasi 2 milioni di unità in sei mesi. Anche se inizialmente in molti pensarono che si trattasse solo di un necessario aggiustamento del mercato, il crollo di Wall Street segnò l’inizio della grande depressione mondiale e creò le condizioni per il New Deal inaugurato da Fraklin Delano Roosvelt nel 1933.
La Borsa valori
Disciplina giuridica
Il termine borsa valori indica oggi un mercato per la compra-vendita di titoli di società, strumenti finanziari e valute estere. Le borse valori, originariamente erano accessibili a tutti coloro che volessero comprare o vendere ma ben presto si capì che per rendere eseguibili le contrattazioni era necessaria una organizzazione formale e di conseguenza l’accesso alla borsa e le sue attività vennero regolate con apposite norme. L’attuale impianto giuridico della borsa italiana è stabilito dal TUF, il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nel quale sono state inserite diverse disposizioni europee contenute nella direttiva europea sui servizi di investimento (direttiva EuroSim). L’attuale disciplina prevede che l’organizzazione della borsa e degli altri mercati abbia carattere di impresa e sia affidata a società per azioni, anche senza scopo di lucro; queste società di gestione, sottoposte alla sorveglianza della Consob, deliberano il regolamento del mercato; inoltre precisa il ruolo delle società di gestione e cosa il regolamento del mercato deve determinare. Sempre secondo il TUF è la Consob che deve rilasciare l’autorizzazione all’esercizio dei mercati regolamentati una volta accertata la sussistenza dei requisiti e appurata la conformità del regolamento di borsa con le discipline europee.
Assetto dei mercati mobiliari italiani dopo la privatizzazione
L’organo istituzionale al vertice del mercato mobiliare è il Ministero del tesoro, che esercita la sua competenza generale con l’emanazione di decreti; mentre la funzione di vigilanza è affidata alla Consob la Banca d’Italia ha compiti di controllo. Le società di gestione che sono state costituite in questi anni sono: la Borsa Italiana s.p.a., MTS s.p.a., MIF s.p.a.; ma l’attuale disciplina prevede la possibile creazione di altre società che volessero entrare in competizione.
La Borsa Italiana s.p.a. gestisce la borsa valori, il mercato ristretto (che negozia titoli che aspirano a essere quotati in borsa) e l’IDEM (Italian Derivates Market) dove vengono negoziati i futures e le option. La borsa valori a sua volta è divisa i diversi mercati: MTA è il mercato telematico azionario, MOT è il mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato a cui si è affiancato l’EuroMOT, MCW è il mercato dei Coverd Warrant, MPR è il mercato dei contratti a premio ed infine l’ultimo mercato creato è il TAH (Trading After Hours) che dal 15 maggio consente contrattazioni di titoli fino alle 20 e successivamente fino alle 22 in modo da continuare le contrattazioni fino alla chiusura del NASDAQ.
I principali mercati della Borsa Italiana
Il mercato telematico MTA
Quando si parla di circuito telematico, si intende la rete di computer su cui si scambiano le azioni delle società quotate sul listino ufficiale di Borsa. Si tratta del mercato principale di Piazza Affari, dove il tipo di negoziazione che si svolge è detto “in continua”. Ciò significa che, per tutte le ore in cui la borsa è aperta, in qualunque momento la domanda e l’offerta di azioni si possono incrociare per concludere compravendite. Gli intermediari inseriscono nei loro computer le proposte di negoziazione, cioè manifestano la loro disponibilità a comprare o vendere un determinato quantitativo di azioni a un determinato prezzo.
Nel mercato telematico azionario si negoziano, per quantitativi minimi (lotti minimi) o loro multipli, contratti di compravendita, relativi ad azioni, obbligazioni convertibili, diritti di opzione, warrant e covered warrant. I quantitativi minimi sono stabiliti dalla Borsa Italiana.
La giornata sul circuito telematico è scandita da una serie di fasi:
1. preapertura: gli intermediari inseriscono gli ordini di compravendita ricevuti dalla clientela;
2. validazione: in questa fase avviene un controllo prima dell’inizio delle contrattazioni;
3. apertura: i titoli vengono trattati a un prezzo prefissato (prezzo di apertura);
4. negoziazione: gli intermediari continuano a inserire proposte di negoziazione e concludono scambi di azioni;
5. chiusura: è la fase conclusiva, a questo punto si calcola per ciascuna azione il prezzo ufficiale che verrà pubblicato sui quotidiani.
Il mercato Ristretto
Il mercato Ristretto è una nicchia della Borsa i cui viene trattato un gruppo sempre meno consistente di azioni. In passato era considerato una sorta di anticamera del mercato principale, ma oggi sembra destinato a scomparire: molti dei titoli che vi erano quotati sono passati al mercato principale, è nato così il Nuovo Mercato per le piccole e medie imprese, e i requisiti per l’accesso al mercato principale sono oggi meno severi di un tempo. Nel Mercato Ristretto non esiste la fase di negoziazione; ci sono solo la preapertura (gli intermediari immettono le loro proposte), la validazione (il computer controlla e convalida) e l’apertura in cui si incrociano domanda e offerta. Il prezzo così fissato è il prezzo della giornata.
Idem
Sull’Idem (Italian Derivates Market), il mercato italiano dei derivati, si scambiano contratti di future sull’indice di borsa Mib30 e Midex, contratti di opzione sempre sul Mib30 e i contratti di opzione su singoli titoli quotati.
Titoli quotati
A seconda dell’emittente, i titoli quotati nel mercato mobiliare si possono distinguere in titoli pubblici e titoli privati: i titoli pubblici sono buoni del debito pubblico emessi dallo Stato (BOT, BTP, CCT, CTZ …) mentre i titoli privati possono consistere in azioni od obbligazioni di società quotate in borsa.
I titoli di Stato o pubblici sono emessi dallo stato per finanziare il proprio fabbisogno e rappresentano il vero debito che lo Stato contrae nei confronti dei sottoscrittori. Le quantità e la tipologia delle emissioni vengono stabilite dal ministero del Tesoro mentre il collocamento avviene tramite un sistema di asta, effettuato dalla Banca d’Italia; all’asta partecipano direttamente banche Sim mentre i risparmiatori partecipano in modo indiretto tramite gli intermediatori finanziari egli uffici postali. A partire dal 4 gennaio 1999 tutte le emissioni sono denominate in euro e i titoli quotati precedentemente sono stati convertiti in euro. Il passaggio dei titoli da Lire in Euro a portato un modifica rilevante per quanto riguarda la quantità minima di titoli che si possono vendere o comprare: da 5 milioni è passata a 1000 euro (quasi 2 milioni) dal 4 gennaio 1999.
Titoli pubblici:
BOT
I titoli più noti al grande pubblico sono sicuramente i Bot e la loro presenza nei portafogli è ancora massiccia nonostante il mercato stia spingendo molti risparmiatori verso il mercato azionario. I Bot hanno rappresentato il primo punto d’incontro fra Stato e risparmiatore consentendo all’emittente pubblico di ampliare la sua gamma di offerta e al risparmiatore prodotti diversi dai tradizionali libretti di deposito.
Elemento fondamentale dei Bot è la breve scadenza; le scadenze previste sono a 3, 6 e 12 mesi e vengono indicate all’atto dell’emissione. Il Bot è l’unico titolo di stato che addebita ai sottoscrittori l’imposta del 12,5% all’atto dell’emissione.
CTZ
I Ctz sono gli ultimi nati fra i titoli di Stato, la prima emissione fu collocata i a febbraio 1995 ma l’interesse suscitato negli investitori fu subito elevato. Qualcuno ha definito questo titolo “bottone”, perché sembra un Bot annuale raddoppiato, ma in realtà è l’unico zero coupon di Stato, almeno per il momento. In effetti è un vero e proprio titolo privo di cedole, perché la sua durata complessiva, da 18 a 24 mesi dall’emissione, lo fa rientrare tra i titoli pluriennali e paga interessi in un'unica soluzione alla data del rimborso.
BTP
I Buoni del Tesoro Pluriennali sono titoli la cui durata, come dice il nome, è superiore all’anno e prevede il pagamento di cedole. Caratteristica fondamentale del Btp è la cedola fissa che ne accompagnerà tutta la vita, fino al rimborso finale. Questa categoria di titoli, definiti a cedola fissa, comprendono scadenze abbastanza diverse tra loro: si vada un minimo di 18 mesi a un massimo di 30 anni. I due limiti di durata hanno subiti e subiranno cambiante per potere avvicinare le tipologie dei nostri titoli a quelle degli altri Paesi.
CCT
I Cct sono titoli pubblici che vengono definiti indicizzati perché la loro cedola, successiva alla prima, è variabile: essi offrono migliori opportunità di difesa degli investimenti quando i tassi aumentano. Esattamente l’opposto di quanto si verifica per i Btp. Due caratteristiche ambedue collegate al valore delle cedole future, sono fondamentali: il rendimento ei Bot in asta e una maggiorazione da aggiungere al valore base della cedola stessa.
I Certificati di Credito del Tesoro sono titoli a medio lungo termine emessi dal Tesoro per finanziare il debito pubblico allungando nel contempo la scadenza media.
Titoli privati:
Obbligazioni
Le obbligazioni sono titoli di credito autonomo rappresentativi di prestiti contratti da una persona giuridica (Stato, banche, società per azioni e in accomandita per azioni) presso il pubblico, regolati dal Codice Civile agli art. 2410 e seguenti. I titoli obbligazionari incorporano un diritto di credito del sottoscrittore verso l’emittente, riguardante il pagamento di una somma nominale che risulta dai titoli a una data scadenza, nonché il pagamento degli interessi sull’importo dato a credito. Alle società a responsabilità limitata non è consentita l’emissione di obbligazioni.
Si distinguono quindi dalle azioni perché, mentre quest’ultime assicurano al suo titolare il diritto di partecipazione alla gestione della società e un dividendo che è subordinato all’esistenza di utili, le obbligazioni attribuiscono al titolare solo un credito che deve essere soddisfatto comunque alla scadenza prevista, a prescindere dai risultati dell’esercizio sociale.
Possono essere emessi alla pari (quando il prezzo di emissione è uguale al valore nominale delle obbligazioni), sopra la pari (quando il prezzo di emissione è superiore al valore nominale delle obbligazioni) e sotto la pari: in queste ultime oltre agli interessi, i sottoscrittori potranno lucrare la differenza tra il valore nominale di rimborso e il prezzo di emissione. Generalmente le obbligazioni hanno diritto a un interesse annuale fisso, ma nella pratica, al fine di invogliare i risparmiatori alla sottoscrizione, si sono venuti a configurare altri tipi di obbligazioni che attribuiscono il diritto di partecipare a un sorteggio periodico di premi, solitamente consistenti in un interesse superiore rispetto a quello previsto (obbligazioni a premio); oppure che conferiscono in sede di rimborso delle obbligazioni, una somma maggiorata che tenga conto della svalutazione monetaria di quanto investito (obbligazioni indicizzate) e ancora che attribuiscono oltre a un interesse fisso annuale un diritto alla partecipazione agli utili di esercizio. Altra ipotesi di obbligazione è quella che dà la facoltà ai possessori di convertire il loro credito in azioni della società emittente o di altra società.
Al fine di impedire un indebitamento della società che non sia sufficientemente garantito, l’art. 2410 del Codice civile stabilisce quale limite del prestito obbligazionario l’ammontare del capitale versato ed esistente secondo l’ultimo bilancio d’esercizio, non è quindi sufficiente che il capitale sia solo sottoscritto. Questo limite può essere superato qualora:
- le obbligazioni eccedenti rispetto all’ammontare del capitale sociale versato siano assistite da ipoteca su immobili di proprietà sociale, non oltre comunque i 2/3 del valore di questi ultimi;
- le obbligazioni eccedenti siano garantite da titoli nominativi emessi o garantiti dallo Stato
- sia concessa apposita autorizzazione in considerazione di particolari casi di interesse pubblico.
La regola della corrispondenza tra capitale sociale e prestito obbligazionario si riflette sulla disciplina legislativa della riduzione del capitale, che può avvenire solo in proporzione delle obbligazioni rimborsate.
L’emissione di un prestito obbligazionario deve essere deliberata dall’assemblea straordinaria e inscritta nel registro delle imprese. La delibera deve prevedere l’emissione di una serie di obbligazioni aventi tutte le stesse caratteristiche; per tale ragione si definiscono titoli di massa.
La legge prevede anche l’organizzazione della collettività degli obbligazionisti per la tutela degli interessi comuni. L’assemblea degli obbligazionisti delibera col voto favorevole di almeno la metà delle obbligazioni non ancora estinte, escludendosi dalla deliberazione le obbligazioni possedute dalla società. Oggetto delle delibere assembleari possono essere: nomina o revoca del rappresentante comune, modificazione delle condizioni del prestito, proposta di amministrazione controllata e di concordato, costituzione di un fondo spese e altri argomenti di interesse comune degli obbligazionisti. Le deliberazioni dell’assemblea vincolano anche gli obbligazionisti assenti o dissenzienti. L’estinzione del prestito obbligazionario coincide con il totale soddisfacimento dei creditori e avviene di norma mediante estrazione a sorte e sulla base di un piano di ammortamento predeterminato.
Azioni
Le azioni sono documenti che rappresentano l’unità di misura della partecipazione del socio alla società e quindi anche l’insieme dei diritti e dei doveri che si connette allo status di socio. Secondo la prevalente dottrina, tali documenti per le loro caratteristiche di trasmissibilità vengono inquadrati nell’ampia categoria dei titoli di credito, pur distinguendoli dagli altri in quanto non solo incorporano una quota del capitale ma sono anche espressione concreta del rapporto di partecipazione con l’organizzazione e l’attività della società emittente.
Secondo l’art. 2355 del Codice civile, le azioni possono essere nominative o al portatore. Tuttavia tale disposizione non è entrata in vigore in quanto per ragioni fiscali è stata disposta la nominatività obbligatoria dei titoli azionari. L’attuale normativa prevede che unicamente le azioni di risparmio siano al portatore, salvo diversa volontà assembleare. Le azioni non possono essere emesse per un valore inferiore al loro valore nominale, che è uguale per tutte ed è ottenuto suddividendo il capitale sociale per il numero delle azioni emesse e tutte conferiscono ai possessori uguali diritti. Diverso dal valore nominale è quello effettivo che dipende dall’andamento degli affari e dei guadagni della società.
Altra importante caratteristica delle azioni è la loro indivisibilità. Nel caso di comproprietà di una azione, i diritti dei proprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune. Se il rappresentante comune non è stato nominato, le comunicazioni e le dichiarazioni fatte dalla società a uno dei due comproprietari sono efficaci nei confronti di tutti.
Le azioni attribuiscono all’intestatario un complesso di diritti nei confronti della società emittente, che possono essere a contenuto patrimoniale diretto o indiretto.
Diritti a contenuto patrimoniale diretto:
• diritto a una parte proporzionale degli utili netti del patrimonio netto risultante dalla liquidazione della società (salvo diritti a favore di altre categorie di azioni);
• diritto di opzione nella sottoscrizione di azioni o obbligazioni convertibili (al fine di permettere al socio di mantenere la sua posizione all’interno della società in termini percentuali);
• diritto di recesso dalla società esercitabile nei casi previsti dall’art. 2437 del Codice civile;
• diritto di essere liberati dall’obbligo di effettuare i versamenti ancora dovuti sulle azioni non liberate, nel caso di riduzione del capitale per esuberanza dello stesso rispetto al conseguimento dell’oggetto sociale (art. 2445 Codice civile);
diritti a contenuto patrimoniale indiretto:
• diritto di partecipazione all’assemblea de soci e di esercitare il diritto di voto, tale diritto per alcune categorie di azioni è soggetto a limitazioni;
• diritto di richiedere la convocazione dell’assemblea quando la domanda sia fatta da tanti soci che rappresentino almeno 1/5 del capitale sociale;
• diritto di intervento alle assemblee;
• diritto di impugnazione delle delibere assembleari (art. 2377 Codice civile);
• diritto di denunciare al collegio sindacale i fatti ritenuti censurabili (art. 2408 Codice civile);
• diritto di prendere visione del libro dei soci, dei libri delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee;
• altri diritti di cui agli artt. 2408-2409-2330-2392-2393;
A fronte dei diritti appena citati, l’azionista ha anche degli obblighi tra cui i principali sono:
• obbligo del conferimento (art. 2342 Codice civile); nel caso di conferimento di beni in natura deve presentare una relazione giurata di stima;
• obbligo di non esercitare il diritto di voto nei casi in cui il socio abbia, per conto proprio o di terzi, un’interesse in conflitto con la società (art. 2373 Codice civile).
Categorie di azioni:
Azioni privilegiate
La legge, attraverso l’art.2351 del Codice civile, prevede espressamente che con l’atto costitutivo di una società siano stabilite categorie speciali di azioni, privilegiate nella ripartizione degli e nel rimborso del capitale allo scioglimento della società. In contropartita di questi privilegi,il legislatore ha previsto che vi possano essere limitazioni al diritto di voto, che viene mantenuto solo nelle delibere di assemblea straordinaria (modifiche dell’atto costitutivo, emissione di obbligazioni, nomina e poteri dei liquidatori). Nel caso le azioni privilegiate godano anche del pieno diritto di voto si definiscono preferenziali.
Le azioni con privilegio nella ripartizione degli utili generalmente conferiscono il diritto a una determinata quota dell’utile distribuibile, prima che venga assegnato il dividendo alle azioni ordinarie.
Possono anche aversi azioni privilegiate (intendendo con questo termine sia le azioni privilegiate in senso stretto sia le azioni preferenziali) con dividendo cumulabile (in genere per un massimo di tre esercizi) che pertanto consentono entro un certo numero di anni il recupero dei dividendi non corrisposti i precedenza per mancanza o insufficienza di utili. Il privilegio può riguardare anche il rimborso del capitale per scioglimento della società, e può essere costituito dal diritto all’attribuzione di una somma pari al valore nominale delle azioni (da rimborsi con diritto di precedenza rispetto al rimborso delle altre categorie di azioni in essere), o ancora dal diritto al rimborso di una somma maggiorata rispetto a quella spettante alle azioni ordinarie.
L’emissione di azioni privilegiate, ma con diritto di voto limitato alle sole delibere di assemblea straordinaria, viene particolarmente promossa da quei gruppi di comando che desiderano realizzare l’afflusso di nuove risorse finanziarie con vincolo di capitale, senza per questo vedere pregiudicato il proprio controllo sulla società.
La facoltà di emettere azioni a voto limitato (nelle diverse forme) è comunque concessa nella percentuale massima del 50% del capitale sociale, per contenere eventuali abusi dei gruppi di controllo che in alcuni casi e con motivazioni diverse sono arrivati a chiedere la quotazione ufficiale delle sole azioni privilegiate.
Azioni di risparmio
Le azioni di risparmio sono azioni prive di diritto di voto, dotate di particolari privilegi di natura patrimoniale, emesse da società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri Paese dell’Unione europea.
L’atto costitutivo determina il contenuto del privilegio, le condizioni, i limiti, le modalità e i termini per il suo esercizio; stabilisce altresì i diritti spettanti agli azionisti di risparmio in caso di esclusione dalle negoziazioni delle azioni ordinarie o di risparmio. Le azioni devono contenere, in aggiunta alle indicazioni prescritte dall’art. 2354 del Codice civile, la denominazione di “azioni di risparmio” e l’indicazione dei privilegi che le assistono; le azioni possono essere al portatore (caso unico nell’ordinamento italiano relativamente ai titoli azionari) purché interamente liberate. Le azioni appartenenti agli amministratori, ai sindaci, e ai direttori generali devono essere nominative.
Il valore nominale complessivo delle azioni di risparmio, in concorso con quello delle azioni con voto limitato, non può superare la metà del capitale sociale. Se, in conseguenza della riduzione del capitale per perdite l’ammontare delle azioni di risparmio e delle azioni a voto limitato supera la metà del capitale sociale, il rapporto sopra indicato deve essere ristabilito entro due anni mediante emissione di azioni ordinarie da attribuire in opzione ai possessori di azioni ordinarie; la società si scioglie se il rapporto tra azioni ordinarie e azioni di risparmio e con voto limitato non è ristabilito entro tale termine.
Della parte di capitale sociale rappresentata da azioni di risparmio non si tiene conto ai fini della costituzione della assemblea e della validità delle deliberazioni.
Strumenti derivati
Future
Il future è uno strumento comunemente considerato atipico, in quanto nessuna norma del nostro ordinamento fornisce una precisa definizione di tale prodotto. Solo la Banca d’Italia, con l’emanazione delle istruzioni per la compilazione dei bilanci degli enti creditizi e finanziari, ha fornito il significato e la definizione da attribuire a questo strumento.
Il future è uno strumento derivato standardizzato con cui una parte si impegna a ricevere o a consegnare ad una data futura determinate attività, oppure a versare o riscuotere un importo determinata, a un prezzo prefissato sulla base di un indicatore di riferimento, definito strumento finanziario sottostante.
I contratti future vengono quotati presso borse specializzate. L’introduzione di questi prodotti nell’ambito del sistema di contrattazione nei mercati regolamentati ha determinato l’esigenza di standardizzare e rendere omogenei gli accordi bilaterali. Pertanto oggi si parla di prodotto standardizzato, in quanto un qualsiasi future viene contratto fra due parti, secondo condizioni prefissate in ordine a quantitativi minimi delle contrattazioni, modalità di contrattazione dei titoli, modalità di quotazione, calcolo delle variazioni giornaliere e scadenze. Conseguenza di questo processo di standardizzazione è il notevole grado di liquidità intrinseco a tali prodotti, reso possibile dal facile acquisto o dalla facile vendita dei contratti medesimi, che vengono quotati giornalmente.
I contratti future sono schematicamente riconducibili a due grandi categorie:
• commodities futures: rappresentano impegni di acquisto o di vendita di merci a largo mercato;
• financial futures: rappresentano impegni sui valori mobiliari. Fra questa tipologia di prodotti rientrano:
1. interest rate future: sono contratti che contengono l’impegno di acquistare o vendere a termine titoli a reddito fisso;
2. currency future: sono contratti che contengono l’impegno di acquistare o vendere a termine valuta estera;
3. stock index future: sono contratti che contengono l’impegno a consegnare o ritirare a termine il differenziale tra il valore dell’indice di borsa alla stipula del contratto e il valore dello stesso indice alla scadenza prestabilita.
Option
Sono contratti che attribuiscono ad una parte, dietro pagamento di corrispettivo, il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare o di vendere una determinata attività, o strumento sottostante, ad un certo prezzo ed a una determinata scadenza, oppure di riscuotere un importo determinato in base all’andamento di un indicatore di riferimento. Nella transazione intervengono due parti denominate holder e writer; si dice holder il venditore e writer l’acquirente.
L’oggetto del contratto può essere rappresentato da merci, titoli, future, valute, tassi di interesse o indici di borsa. Con l’opzione gli operatori formulano ipotesi in ordine all’evoluzione futura dei prezzi di un determinato prodotto finanziario; l’oggetto della contrattazione è il diritto ad esercitare una data facoltà di acquisto o di vendita. L’utilizzo di questi strumenti ha natura prettamente speculativa, infatti la posizione fra l’acquirente e il venditore dell’opzione è del tutto asimmetrica. La parte acquirente dell’opzione ha il diritto di esercitare o meno l’opzione; per lui il rischio finanziario è limitato ad un ammontare massimo prestabilito che è dato dal prezzo dell’opzione; se l’esercizio dell’opzione si rivela conveniente e sufficiente non esercitarla, rimanendo esposti solo per il costo dell’opzione. Il suo guadagno per contro è potenzialmente illimitato. Viceversa, chi vende l’opzione, nel caso di esercizio della medesima da parte dell’acquirente, è obbligato a eseguire la prestazione; pertanto è teoricamente esposto ad un rischio illimitato e a un guadagno che trova un limite nel valore convenuto dell’opzione.
Le opzioni sono di due tipi:
1. call option: è il contratto in base al quale all’acquirente, a fronte di un premio, è attribuito un diritto, ma non l’obbligo, di acquistare un ammontare predefinito di un’attività finanziaria ad una certa data;
2. put option: all’acquirente è attribuita la facoltà, a fronte della corresponsione di un premio, di dichiarasi venditore di una data attività finanziaria ad una scadenza prefissata.
Le option si possono dividere in base la natura dello strumento sottostante in:
1. currency option: attribuiscono il diritto di vendere o comprare valuta estera;
2. stock index option: sono opzioni su indici azionari;
3. option su titoli di stato: che, come dice il nome, hanno per oggetto titoli di stato.
Warrant
I warrant sono strumenti finanziari che conferiscono ai detentori la facoltà di sottoscrivere o di acquistare o di vendere, alla o entro la data di scadenza, un certo quantitativo di azioni contro versamento di un importo prestabilito o da stabilire, secondo criteri prefissati nel caso di warrant per sottoscrivere o per acquistare e, viceversa, incassando un importo prestabilito o da stabilire nel caso di warrant per vendere.
Generalmente i warrant sono usati come strumenti accessori per rendere più interessanti emissioni di prestiti obbligazionari convertibili e operazioni di aumento di capitale della società emittente.
Pur essendo sempre collegato a un’operazione principale, il warrant può avere vita autonoma e un suo mercato, qualora sia previsto dal regolamento di emissione o sia ritenuto implicitamente ammissibile. Infatti il regolamento di emissione può prevedere che il warrant circoli separatamente dal titolo principale, con possibilità di autonoma negoziazione.
Il warrant ha un largo mercato soprattutto nei casi in cui esso sia riferito a società primarie e con buone prospettive economico-reddituali. Il prezzo del warrant sul mercato secondario è essenzialmente funzione dei seguenti parametri:
• prezzo di esercizio e quotazione di mercato dell’azione di compendio;
• periodo previsto per l’esercizio della facoltà;
• aspettative sull’andamento della Borsa e soprattutto dell’azione di compendio.
Covered warrant
Verso la fine degli anni Ottanta il warrant fu presentato sul mercato svizzero e tedesco, utilizzando però come sottostante di riferimento indici di Borsa e valute; era quindi possibile assumere una posizione ribassista (put) oltre a quella tradizionalmente rialzista (call).
Al 1992 risale la prima emissione di covered warrant destinata agli investitori istituzionali del mercato italiano: la Citybank aveva quotato warrants call e put sul cambio dollaro/lira. Da allora il mercato secondario interbancario, estendendosi progressivamente anche verso investitori individuali, si è sviluppato con ritmi di crescita talmente elevati che nel 1998 il mercato italiano dei derivati (Idem) è arrivato a quotare nel listino ufficiale della borsa di Milano i covered warrant, negoziati sul mercato telematico azionaria (MTA). Per il gran numero di emissioni i principali quotidiani finanziari pubblicano una selezione dei titoli più scambiati nell’ultima seduta di Borsa.
La negoziazione è analoga a quella di qualunque titolo quotato sul mercato telematico, il che garantisce una maggiore trasparenza e facilità di accesso al prodotto, con conseguente aumento dei volumi trattati. Di fatto il warrant è un’opzione cartolarizzata, cioè incorporata in un titolo negoziabile ufficialmente quotato che attribuisce il diritto ma non l’obbligo a comprare (warrant call) o vendere (warrant put) una certa di quantità di una attività finanziaria o di una merce (sottostante9 a un prezzo prefissato (base o strike price) entro una certa data (americano) o a una certa data (europeo). La quantità di sottostante che si ha diritto di acquistare o vendere è determinata dal multiplo. Rispetto a quelli tradizionali, i covered warrant hanno la caratteristica di essere emessi da intermediari finanziari e non dalle stesse società che emettono i corrispondenti titoli azionari.
Gli indici di borsa
Gli indici di Borsa servono per misurare ogni giorno l’andamento dei prezzi delle azioni; sono strumenti più o meno sofisticati che registrano il rialzo o il ribasso delle quotazioni di Piazza Affari. In Borsa esistono diversi indici, ciascuno dei quali misura l’andamento dei prezzi a modo suo; per questo, capita spesso che l’andamento di un indice sia diverso da quello di tutti gli altri.
Gli indici di Borsa sono ponderati, cioè tengono conto delle dimensioni delle singole società quotate; la misura borsistica delle dimensioni di una società quotata è la capitalizzazione, che si ottiene moltiplicando il numero di azioni in circolazione di una società per il loro prezzo di mercato.
Mibtel
Il Mibtel è nato all’inizio del 1994, ma è diventato l’indice più importante di Borsa, preso da tutti come punto di riferimento per misurare l’andamento dei prezzi. È un indice continuo, viene cioè calcolato una volta al minuto, tenendo conto della continua variazione dei prezzi delle azioni, in modo che se ne possa seguire l’andamento durante tutta la seduta di Borsa.
Mib30
Il Mib30 è simile a un altro indice, il Comit30, e misura i prezzi delle azioni dal 31 dicembre 1992. Il Mib30 non misura però l’andamento di tutta la borsa, ma soltanto quello delle trenta azioni più importanti in termini di valore di mercato (capitalizzazione) e di scambi. Anche il Mib30 come il Mibtel è un indice continuo, e, alla fine della giornata l’indice è calcolato sull’ultimo prezzo di ciascun titolo che compone il paniere.
Il paniere dei 30 titoli che compongono l’indice Mib30 viene generalmente rivisto due volte all’anno (nei mesi di marzo e settembre), escludendo le tre società con il valore più basso in termini di scambio e capitalizzazione e aggiungendone tre nuove che presentino scambi e capitalizzazione superiori a quelli delle tre escluse. Viene anche aggiornato in occasione di operazioni straordinarie sulle società facenti parte dell’indice (es. scissioni).
Midex
L’indice Midex è formato da un paniere di titoli rappresentativi delle 25 società italiane che presentano scambi e capitalizzazione immediatamente inferiori a quelli inclusi nel Mib30; pertanto nella sua composizione possono essere presenti anche società che provengono dal Mib30, il cui tasso di capitalizzazione sia sceso; viceversa se un titolo del Midex si attesta su valori di capitalizzazione abbastanza elevati può entrare a far parte del paniere delle 30 blue chips.
Comit
L’indice Comit è analogo al Mib, cambiano i dettagli, qualche accorgimento, ma nella sostanza è un indice basato sui prezzi ufficiali della giornata, e dunque viene calcolato una volta al giorno.
L’indice Comit è il più “anziano” tra gli indici correntemente utilizzati dagli esperti: la sua serie storica risale al 1972. Per questo motivo è ancora molto utilizzato dagli analisti tecnici, cioè coloro che studiano i grafici per capire quale sarà la futura evoluzione della Borsa.
Gli indici settoriali
Gli indici settoriali misurano l’andamento dei prezzi delle azioni appartenenti a un ben definito comparto del listino, come per esempio quello assicurativo o quello bancario. Gli indici settoriali sono divisi in 6 macrosettori:
1. materie prime ( risorse di base e petrolio);
2. beni di consumo ( auto, beni di consumo durevoli, media, tessili e beni di lusso, trasporto e turismo);
3. beni di consumo non ciclici (alimentari e farmaceutico);
4. finanziari (banche assicurazioni e altri servizi);
5. industriali (chimici, costruzioni, elettromeccanici e altri);
6. servizi di pubblica utilità (telecomunicazioni, energia).
Le Borse estere
Le famiglie italiane storicamente hanno sempre investito sempre molto poco all’estero, anche sono stati sciolti i vincoli della normativa valutaria, l’impiego del risparmio oltre frontiera è rimasto ai minimi termini. Dal 1990, anno in cui è stata recepita la direttiva comunitaria volta alla liberalizzazione dei movimenti di capitali, ci si è avviati verso la piena libertà valutaria; in pratica da allora ciascun residente può trasferire i propri soldi in un altro Paese.
A questa scarsa propensione all’investimento estero bisogna aggiungere la resistenza delle famiglie italiane all’impiego in azioni, complici gli elevati rendimenti dei titoli di Stato che, fino al 1996, hanno disincentivato l’impiego del risparmio in capitale di rischio. Così anche negli anni della crisi valutaria e della svalutazione della lira, la maggior parte dei flussi di capitali che le famiglie dirottavano all’estero sono stati impiegati in obbligazioni, o altre forme di investimento a reddito fisso, mentre era scarsissima la quota del portafoglio destinata alle azioni estere.
Ma è ragionevole presumere che la scala delle preferenze di investimento dell’italiano medio stia cambiando notevolmente per diverse ragioni:
La globalizzazione
La prima ragione di questa inversione di tendenza è l’ormai compiuto processo di globalizzazione, ovvero la creazione di un unico, grande mercato finanziario su scala mondiale. A questo processo hanno contribuito diversi fattori, come il cambiamento della mentalità operativa, la caduta dei vincoli normativi valutari e la tecnologia, potente veicolo in grado di consentire una diffusione globale delle informazioni e una omogeneizzazione delle tecniche d’investimento.
Gli effetti della globalizzazione sono molteplici; tra i più evidenti vi è il fenomeno della quotazione degli stessi titoli su più mercati (come l’Eni, trattata sia a Milano sia a New York) e quello della quotazione di società su mercati stranieri (come Fila e Natuzzi a Wall Street).
L’evoluzione degli strumenti
La seconda ragione è l’evoluzione degli strumenti di investimento e in particolar modo dei prodotti del risparmio gestito. I fondi comuni sui mercati esteri hanno reso accessibile una molteplicità di opportunità di investimento anche ai risparmiatori che non investirebbero mai al di fuori dei confini nazionali. Questi prodotti in Italia hanno avuto finora un discreto successo, ed è presumibile una loro ulteriore espansione in futuro. Il perché è da ricercare nella caduta dei rendimenti delle obbligazioni nel 1996, discesa accompagnata dal calo dell’inflazione e dal cammino verso l’Unione monetaria europea. In regime di tassi di interesse basso è normale che aumenti la propensione delle famiglie a diversificare le forme finanziario di impiego dei risparmi.
Le grandi piazze finanziarie
Soltanto pochi anni fa grandi piazze finanziarie per l’investitore individuale erano irraggiungibili. Oggi, invece, grazie all’integrazione dei mercati, questi importanti centri finanziari sono sempre più a portata di mano, e il progressivo utilizzo di strumenti elettronici di contrattazione e di comunicazione degli ordini consente di abbassare commissioni e costi operativi per un investimento all’estero. Ecco, allora, che l’attenzione dei risparmiatori si rivolge sempre più spesso al di fuori di un orizzonte domestico alla ricerca delle opportunità più vantaggiose, delle condizioni migliori di efficienza e di liquidità del mercato. Inoltre, la scelta di collocare all’estero una quota del proprio portafoglio finanziario rappresenta l’elemento centrale di una strategia volta a ripartire i rischi e a migliorare la performance dei propri investimenti. Investendo sui mercati esteri si ha la possibilità di scegliere le blue chips del mercato, ovvero i titoli delle società leader nel mondo per capitalizzazione borsistica.
New York
New York è la più grande piazza finanziaria del mondo. Le due maggiori Borse valori, il New York Stock Exchange (Nyse) e il NASDAQ, che da anni si contendono la supremazia, hanno una capitalizzazione complessiva pari a 16.000 miliardi di dollari. Tali dimensioni è pari circa 30 volte quella raggiunta dal mercato azionario italiano. La caratteristica principale del mercato statunitense è di essere fortemente internazionalizzato. Nel listino del Nyse sono quotate circa 500 società straniere di cui 11 italiane. Una presenza simile caratterizza gli scambi del NASDAQ e dell’Amex, la terza borsa statunitense. In pratica, attraverso il mercato nordamericano è possibile investire nelle principali azioni di tutto il mondo. Normalmente i titoli esteri sono quotati anche nelle rispettive Borse domestiche, e i prezzi sono del tutto allineati nelle diverse piazze finanziarie, con le oscillazioni dovute soltanto al diverso fuso orario che caratterizza le contrattazioni. Gli scambi si chiudono a New York quando in Italia sono le ore 22. l’equilibro nei prezzi delle azioni, indipendentemente dal mercato nel quale vengono quotate, dipende dal fatto che eventuali dislivelli sono immediatamente pareggiati dagli intermediari con operazioni di arbitraggio. Tali operazioni, generalmente eseguite a fini di copertura dagli investitori istituzionali, o speculativi. Una specificità della Borsa statunitense consiste nel fatto che, nel caso delle società estere, non vengano normalmente quotate azioni, ma una sorte di certificati sostitutivi di queste chiamati ADR (American depositary receipt ). Gli ADR rappresentano la proprietà di un singolo titolo o di un numero determinato di titoli e sono emessi da banche che normalmente hanno in deposto fiduciario i titoli sottostanti.
Il ricorso agli ADR si spiega con la necessità di uniformare i titoli alla normativa del mercato statunitense, spesso più rigida di quelle adottate negli altri Paesi.
Occorre considerare, a questo proposito, che i bilanci della società Usa sono classificati con regole contabili specifiche diverse da quelle in vigore nei Paesi europei, Italia compresa. È possibile che un’aziende risulti in attivo se classificata con i criteri americani, e mostri invece bilanci in deficit adottando gli standard continentali (o viceversa).
Anche le regole di trasparenza americane sono differenti; una differenza che va a vantaggio degli investitori, poiché le società quotate sono obbligate a rendere periodicamente pubblici numerosi dati sulla proprio attività. Ad esempio, è obbligatorio pubblicare bilanci trimestrali; tale regola entrerà in vigore in Italia nel 2000.
Tokyo
Quella di Tokyo è la maggiore delle otto Borse valori giapponesi. Le contrattazioni hanno preso avviò nell’aprile del 1948, con la rinascita dell’attività economica nipponica dalle macerie della seconda guerra mondiale. Il listino iniziale comprendeva 485 azioni, con una capitalizzazione totale di 122 milioni di yen. Alla fine del 1997 erano diventate 1.805 azioni con una capitalizzazione totale di 281 trilioni di yen.
Le azioni domestiche sono distinte in due sezioni. Nel listino principale sono comprese le società che quotano più di 20 milioni di azioni, hanno un numero minimo di azionisti e possono vantare requisiti minimi riguardanti scambi e capitalizzazione, devono inoltre possedere bilanci in utili. Nel listino secondario, gli standard sul capitale e sulla platea degli azionisti sono meno rigidi e il vincolo della redditività è assente. Ogni anno la Borsa valuta le società ed effettua nel caso trasferimenti dalla prima alla seconda sezione, o viceversa.
Londra
Non si può parlare di Borsa senza citare Londra, dove la borsa come strumento moderno di finanziamento delle attività economiche, è nata con la rivoluzione industriale del XVIII secolo. Le sue origini si rintracciano nelle contrattazioni organizzate nelle caffetterie da quanti raccoglievano le “scommesse” di investimento in società anonime di capitale. L’incremento di queste negoziazioni informali spinse i brokers a concentrare le proprie attività in un luogo fisico chiamato Stock Exchange. Avveniva nel 1773. Da allora è stata una crescita continua fino ai giorni nostri, in cui la piazza finanziaria londinese è per importanza la terza al mondo dopo New York e Tokyo. Londra dopo New York è anche la piazza finanziaria più internazionalizzata al mondo con 516 compagnie estere quotate.
Le azioni straniere sono trattate in un circuito ad hoc, il Seaq international, in cui operano 50 intermediari (market makers), che espongono le quotazioni di circa 1.000 strumenti finanziari.
Francoforte
L’avvio dell’unione monetaria ha promosso la Borsa tedesca come piazza finanziaria di primaria importanza su scala continentale, al punto di mettere in discussione , in alcuni segmenti del mercato, la consolidata leadership di Londra. Ma quello che ha rappresentato il vero punto di svolta nella crescita del mercato tedesco è stata la privatizzazione di Deutsche Telekom e la fusione, avvenuta nel 1998, tra le due case automobilistiche Daimler e Chrysler, che ha trasferito a Francoforte il nuovo ponte di comando del nuovo aggregato societario.
Attualmente a Francoforte sono quotate 3.576 società, con una capitalizzazione complessiva di 1.046 miliardi di euro. Le contrattazioni vanno dalle 8 alle 17; il principale indice della Borsa tedesca è il Dax, un paniere che include le 30 principali azioni del listino.
Nuovo Mercato e New Economy
Il nuovo mercato è il mercato regolamentato destinato alla negoziazione di azioni ordinarie di emittenti nazionali ed esteri ad alto potenziale di sviluppo.
Anche in Italia le piccole e medie imprese ad alto tasso di crescita hanno finalmente accesso ai mercati finanziari; a partire dal 29 gennaio 1999, infatti, è divenuto operativo in nuovo mercato che è entrato a far parte del circuito europeo EURO.NM, che già comprendeva i nuovi mercati di Francoforte, di Parigi, di Bruxelles e di Amsterdam.
Gli obbiettivi di tale mercato sono di:
• creare un canale di finanziamento appositamente progettato per rispondere ai bisogni di imprese giovani e dinamiche con elevati tassi di crescita e ambiziosi progetti di sviluppo;
• fornire una visibilità europea alle società italiane ad alto tasso di crescita, con tutti i vantaggi connessi a una quotazione domestica.
Il nuovo mercato si rivolge pertanto a:
• società operanti in settori innovativi e ad alta tecnologia con fabbisogni finanziari legati a un progetto o ad un programma di sviluppo;
• società operanti in settori tradizionali con innovazioni di prodotto, di processo o distributive che comportano una crescita significativa;
• società gestite da manager – imprenditori che cercano partnership per programmi ambiziosi di sviluppo;
• società già quotate su altri mercati che desiderano allargare la loro base azionaria domestica.
Il nuovo mercato è organizzato e gestito dalla Borsa Italiana S.p.A. secondo le norme previste nel regolamento deliberato dall’assemblea ordinaria della stessa società il 4 dicembre 1998 e ritenuto dalla Consob idoneo ad assicurare la trasparenza del mercato, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori.
Alla negoziazione del nuovo mercato possono essere ammessi, su domanda dell’emittente, e sempre che siano soddisfatte determinate condizioni, le azioni ordinarie emesse da società nazionali o estere.
Possono essere ammesse alle negoziazioni le azioni ordinarie rappresentative del capitale di emittenti che abbiano pubblicato e depositato, conformemente al proprio diritto nazionale almeno un bilancio di esercizio, eventualmente anche consolidato, relativo ad almeno un esercizio annuale. Gli emittenti devono avere sottoposto il bilancio a revisione contabile a sensi dell’art. 156 del TUF o della corrispondente disciplina di diritto estero applicabile. L’ammissione alle negoziazioni non può essere disposta se la società di revisione ha espresso un giudizio negativo o si è dichiarata impossibilitata a esprimere un giudizio.
Il patrimonio netto contabile dell’emittente al momento della presentazione della domanda di ammissione alle negoziazioni deve essere di ammontare pari ad almeno 3 miliardi di lire o importo equivalente in euro. Ai fini dell’ammissione alle negoziazioni, le azioni devono soddisfare il requisito della sufficiente diffusione che si presume realizzata quando le azioni siano ripartite tra il pubblico o presso investitori professionali per almeno il 20% del capitale, rappresentato da azioni ordinarie.
Trading online
Il trading online consente di effettuare l’acquisto e la vendita di titoli di Borsa in tempo reale, attraverso una semplice connessione al Web. L’idea di trading online ebbe origine nel 1982 per opera di un fisico americano, Bill Porter – fondatore di E-trade (http://www.etrade.com) il più grande operatore di mercato della rete - che la sperimentò sui primi servizi telematici ben prima della diffusine di internet. L,obbiettivo di Porter era dare possibilità a tutti gli investitori di operare autonomamente in Borsa, facoltà che fino a quel momento era prerogativa dei soli mediatori professionali. Negli Stati uniti e in atri paesi d’Europa è già un fenomeno, in Italia lo sta diventando velocemente; sono sempre più numerosi gli Istituti di Credito e le Società di Intermediazione Mobiliare che mettono a disposizione degli utenti della Rete i propri servizi online, dal controllo del proprio conto corrente all’opportunità di “giocare in borsa”.
Per operare direttamente da casa o dall’ufficio con il proprio computer ed effettuare la compravendita di titoli online sulla piazza italiana è necessaria la preventiva autorizzazione dei gestori del servizio. L’attivazione del servizio presso una banca richiede l’apertura di un conto corrente presso uno degli istituti che hanno già attivato il servizio di trading online (se però la banca presso la quale l’utente possieda già un conto corrente è abilitata ai servizi online, è sufficiente richiedere il modulo apposito. Questo conto fungerà da riferimento per le operazioni di trading online ma potrà essere utilizzato dall’utente anche per le operazioni tradizionali. Attualmente, la maggior parte dei gestori (società o banche) non richiede un importo minimo per la fruizione del servizio e la somma del investimento rimane a discrezione dell’utente. L’attivazione del servizio presso una Società di Intermediazione Mobiliare si effettua invece tramite un bonifico bancario indirizzato alla SIM stessa; il versamento comporta l’istituzione di un proprio dossier titoli nel quale vengono prelevati e versati i proventi delle transazioni effettuate. Nel caso in cui il cliente avesse attivati il servizio di home banking nella banca dove effettua il bonifico potrà effettuare l’operazione completamente online. In entrambi i casi, all’utente vengono fornite una user ID (nome in codice del cliente) e una password con le quali operare online sui mercati italiani, e anche in mercati internazionali se la SIM scelta lo permette.
A seconda della società scelta, l’utente potrà avere a disposizione due soluzioni diverse per cominciare a operare. Alcuni gestori distribuiscono ai loro clienti una soluzione software, composta da un Cd contenente il programma che l’utente dovrà installare sul proprio computer per attivare e gestire il servizio. Altre mettono a disposizione dei loro clienti una soluzione browser, vale a dire l’indirizzo della pagina internet (URL) alla quale gli utenti potranno accedere unicamente digitando i dati identificativi dei quali sono stati forniti. Il servizio di trading online abilita l’utente a effettuare transazioni su azioni e obbligazioni del mercato italiano e sta progressivamente allargando l’offerta anche a mercati europei come quello francese o quello tedesco, sino ad arrivare a quello statunitense. L’utente che effettua un’operazione di compravendita agisce in pochi secondi direttamente sul mercato azionario. La funzione della banca o della società che offre il servizio è limitata al passaggio dell’ordine sul mercato borsistico e non implica alcuna altra attività; naturalmente l’utente online non potrà trarre vantaggio dalla esperienza di chi svolge professionalmente attività di consulenza. Il trading online offre inoltre alcuni vantaggi non immediatamente evidenti rispetto al servizio tradizionale, come la possibilità di attaccare il prezzo (aggiudicarsi l’azione al prezzo migliore) nel momento stesso in cui è possibile farlo ed è vantaggioso farlo.
La riduzione al minimo delle attività di intermediazione comporta una consistente riduzione dei costi sugli ordini effettuati; attualmente le banche chiedono in media dal 4 al 7 per mille sulle operazioni effettuate, contro l’1,95 per mille per le corrispondenti operazioni effettuate online.
New Economy: analogie con gli anni ’20
La prima volta che si parlò di New Economy fu negli anni venti, allora le azioni che tutti richiedevano erano quelle della General Motors, della Rca o della Westinghouse, le aziende leader nei nuovi mezzi di comunicazioni: radio e automobili. Proprio come fino a poco tempo fa tutti chiedevano Tiscali, Opengate, Tecnost e le altre internet company. Anche allora la borsa registro un enorme incremento, pari al 340 per cento, con grande entusiasmo e ottimismo. Si sa come andò a finire nel ’29 mentre il futuro dei titoli internet è ancora incerto, nonostante il crollo registrato poco tempo fa, ed è molto probabile che l’evoluzione del nuovo mercato non si sia arrestata a questa prima discesa di assestamento dei prezzi.
Negli anni ’20 come avviene adesso, in tutta la società si parlava di azioni e borsa e i termini tecnici entrarono nel linguaggio comune. Allora vi erano poco più di 2 milioni di americani con azioni ma la speculazione era entrata a far parte delle cultura. Personaggi famosi e popolari come Groucho Marx e Charlie Chaplin parlavano dei propri investimenti nelle loro interviste.
La storia dimostra che quasi ogni mercato in crescita spinge la popolazione a speculare in borsa, a buttarsi nella mischia senza avere conoscenze tecniche adeguate; negli anni venti il boom di Wall Street fu influenzato molto dall’emancipazione delle donne che cominciarono ad acquistare azioni con il risultato che in media il 30% del capitale di aziende americane era in mani femminili, oggi, come detto, il boom deve molto alla diminuzione della rendita dei Bot, strumento prediletto dell’italiano medio, e al progressivo avvicinamento delle masse al mondo della borsa.
La Borsa: passato, presente e New economy
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