Il sistema solare

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Sistema solare
Sistema di corpi celesti di cui fanno parte il Sole, i nove pianeti con i loro satelliti, le comete, migliaia di asteroidi (pianetini) e i meteoriti; lo spazio in cui orbitano questi corpi ha forma simile a quella di una sfera, con un diametro di circa 20.000 miliardi di chilometri, ed è riempito dalla cosiddetta materia interplanetaria, composta prevalentemente da polveri finissime e gas. Il sistema solare è l'unico sistema planetario di cui sia stata accertata e ampiamente documentata l'esistenza. Nel corso degli anni Ottanta è stato rilevato che attorno ad alcune stelle, come Vega, orbitano corpi composti da materia fredda; l'ipotesi più accreditata sostiene che non si tratti di pianeti quanto piuttosto di nane brune. Molti astronomi ritengono tuttavia che i sistemi planetari siano molto comuni nell'universo: in base a recenti studi sembra che attorno alle stelle 51 Pegasi, 70 Virginis, 47 Ursae Majoris, ruotino uno o più pianeti. Vedi Astronomia.
Il Sole e il vento solare
Il Sole è una stella tipica, di dimensioni e luminosità medie. L'energia che irraggia ha origine in un nucleo centrale dove si verificano condizioni di temperatura e pressione tali da innescare violente reazioni di fusione nucleare dell'idrogeno in elio (vedi Energia nucleare). Nonostante questo processo porti a convertire e bruciare 600 milioni di tonnellate di idrogeno ogni secondo, la massa del Sole (2×1027 tonnellate) è tale da consentirgli di continuare a brillare per altri cinque miliardi di anni.
Il Sole è una stella molto attiva. Sulla sua superficie si formano, secondo cicli di 11 anni, delle regioni scure che prendono il nome di macchie solari, alle quali sono associati intensi campi magnetici. Queste strutture non interessano tutta la superficie solare, ma compaiono solo a latitudini comprese tra i tra 40° N e i 40° S. Connesse al fenomeno delle macchie solari sono improvvise emissioni di energia e di particelle cariche (brillamenti), che possono causare disturbi ai segnali radio sulla Terra e aurore boreali. Il Sole emette inoltre un continuo flusso di particelle cariche che si propaga a spirale, in virtù della rotazione della stella, in tutto il sistema. Tale fenomeno, definito vento solare, è molto violento e può arrivare a modellare le code ionizzate delle comete. Tracce dei suoi effetti sono state rinvenute sul suolo lunare dagli astronauti che parteciparono alle missioni Apollo, nel corso delle prime esplorazioni dello spazio.

I pianeti maggiori
I nove pianeti del sistema solare vengono comunemente divisi in due gruppi: pianeti interni (Mercurio, Venere, Terra e Marte) ed esterni (Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone). I pianeti interni sono piccoli e composti essenzialmente di rocce e ferro, mentre quelli esterni, con l'eccezione di Plutone, hanno dimensioni maggiori e sono composti principalmente di idrogeno, elio e ghiaccio.
La superficie di Mercurio presenta numerosi crateri dovuti all'impatto di meteoriti. Il pianeta, circondato da un'atmosfera molto sottile, ha un'alta densità dovuta probabilmente alla grande massa di ferro che ne costituisce il nucleo. Venere è avvolto da un'atmosfera di anidride carbonica 90 volte più densa di quella terrestre; ciò provoca un intenso effetto serra e un conseguente riscaldamento della superficie, dove la temperatura supera i 450 °C. La Terra è l'unico pianeta su cui vi siano acqua allo stato liquido e forme di vita. Esistono prove di una passata presenza di acqua anche su Marte; tuttavia oggi questo pianeta è circondato da un'atmosfera molto sottile, che rende la superficie arida e fredda, con grandi calotte polari di anidride carbonica (CO2) allo stato solido. Giove è il pianeta più grande del sistema solare; è avvolto da caratteristiche nubi dai colori pastello e da un'atmosfera composta di idrogeno ed elio; l'immensa magnetosfera, gli anelli e i satelliti ne fanno un vero e proprio sistema planetario. L'altro grande pianeta del sistema, Saturno, è circondato, come Giove, da un sistema di anelli e satelliti. Urano e Nettuno contengono minori quantità di idrogeno rispetto ai due pianeti giganti; Urano, in particolare, ruota intorno a un asse che giace quasi sul piano dell'orbita. Plutone è l'ultimo tra i pianeti scoperti sino a oggi; ha un diametro molto piccolo, un'orbita ellittica molto eccentrica, e la sua distanza dal Sole è tale (circa 6 miliardi di km) da farne il pianeta più freddo del sistema solare.
Altri corpi del sistema solare

Oltre ai pianeti, fanno parte del sistema solare anche gli asteroidi (o pianetini), i meteoriti e le comete. Gli asteroidi sono corpi rocciosi che si trovano per la maggior parte in un'ampia fascia tra le orbite di Marte e Giove. Sono migliaia e le loro dimensioni variano dai 1000 km del diametro di Cerere, a quelle di microscopici grani di polvere. I meteoriti sono frammenti rocciosi che si staccano dagli asteroidi e cadono su corpi più grandi quali pianeti, satelliti e stelle. Alcuni di essi con l'ingresso nell'atmosfera si consumano per effetto dell'attrito, lasciando una scia luminosa e dando origine al fenomeno delle meteore. Studi di laboratorio sui meteoriti hanno permesso di ricavare molte informazioni sullo stato primordiale del sistema solare. Le superfici di Mercurio, di Marte e di molti satelliti (tra cui la Luna) mostrano gli effetti di un intenso bombardamento di meteoriti avvenuto agli inizi dell'evoluzione del sistema solare. Sulla Terra i segni dell'impatto di meteoriti sono stati in gran parte cancellati dall'erosione.
Le comete sono aggregati di polveri rocciose, ammoniaca, ossido di carbonio e anidride carbonica, di diametro compreso tra i 5 e 10 km. Descrivono orbite ellittiche molto eccentriche e ruotano attorno al Sole a distanze enormi. Quando si avvicinano al Sole, per effetto della radiazione emessa dalla stella, i gas evaporano e intorno al nucleo centrale si formano le spettacolari chiome e code. La cometa più famosa è quella di Halley, che ritorna nel sistema solare interno ogni 76 anni circa; il suo passaggio più recente, nel 1986, non è stato tuttavia particolarmente appariscente. Nel luglio del 1994 frammenti della cometa Shoemaker-Levy 9 caddero nell'atmosfera di Giove a una velocità di circa 210.000 km/h. Nell'impatto, l'enorme energia cinetica dei frammenti si convertì in calore, lasciando segni visibili nelle nubi del pianeta. Anche le superfici dei satelliti ghiacciati dei pianeti esterni sono segnate dall'impatto con nuclei di comete. Chirone, un oggetto che orbita tra Saturno e Urano e che si riteneva fosse un asteroide, sembra in realtà essere un grande nucleo cometario non più attivo. Parimenti, alcuni asteroidi che attraversano l'orbita della Terra sembrano essere il resto roccioso di comete estinte.
Movimento dei pianeti e dei satelliti

Tranne Venere e Urano, che ruotano in senso orario, tutti i pianeti ruotano intorno al proprio asse e orbitano attorno al Sole in senso antiorario. L'intero sistema è situato approssimativamente su un piano; solo Mercurio e, soprattutto, Plutone hanno orbite inclinate.
I sistemi di satelliti hanno un comportamento che rispecchia quello dei pianeti cui appartengono. Alcuni satelliti di Giove, Saturno e Nettuno descrivono orbite retrograde; altri satelliti hanno orbite fortemente ellittiche. Nell'orbita di Giove, inoltre, due gruppi di asteroidi, detti Troiani, precedono e seguono il pianeta di circa 60°; lo stesso fenomeno si verifica per alcuni piccoli corpi in orbita attorno a Saturno.
Origine del sistema solare
Sono sempre esistite cosmologie e teorie sull'origine del sistema solare. In epoca moderna, il filosofo Immanuel Kant (Storia universale della natura e teoria del cielo, 1755) e il fisico e matematico francese Pierre-Simon de Laplace (Esposizione del sistema del mondo, 1796), formularono un'ipotesi secondo la quale il sistema solare si sarebbe formato da una nube di gas, dalla quale si sarebbero originati una serie di anelli e, in seguito, i pianeti. Dubbi circa la stabilità degli anelli condussero gli scienziati a considerare altre ipotesi come l'impatto del Sole con un'altra stella. Ma anche quest'idea fu abbandonata quando si provò che tali incontri sono estremamente rari e, soprattutto, che i gas caldi tendono a dissiparsi, piuttosto che a condensare, rendendo impossibile la formazione dei pianeti.
Le teorie correnti fanno risalire la formazione del sistema solare a quella del Sole, avvenuta circa 4,7 miliardi di anni fa. La frammentazione e il collasso gravitazionale di una nube di gas e polveri, innescati forse dall'esplosione di una supernova vicina, potrebbero aver portato alla formazione di una nebulosa solare primordiale (tracce di isotopi anomali, che rivelerebbero l'esplosione di una supernova prima della formazione del Sole, sono state rinvenute in alcuni meteoriti). Il Sole si sarebbe poi formato nella regione centrale, più densa, della nube. Quindi sarebbero venuti i pianeti e, successivamente, a maggiori distanze dal centro della nebulosa, i gas, condensando, avrebbero raggiunto lo stato nel quale oggi si trovano su Giove e nel sistema solare esterno. L'ipotesi che vede la contemporanea formazione di stelle e pianeti, già molto affascinante in sé, confermerebbe inoltre l'esistenza di sistemi di corpi celesti analoghi al nostro sistema solare. Vedi anche Esobiologia.

Sole
La stella che domina il sistema planetario al quale appartiene la Terra. Il Sole emette radiazione elettromagnetica e in questo modo fornisce energia, direttamente o indirettamente, a ogni forma di vita sulla Terra: tutto il cibo e i combustibili derivano, in ultima analisi, dalle piante che sfruttano la sua luce. Vedi Fotosintesi; Energia solare.
Il Sole è una stella tipica. Essendo relativamente vicino alla Terra, rappresenta un soggetto unico per lo studio dei fenomeni stellari: nessun'altra stella può infatti essere studiata con uguale dettaglio.
Storia delle osservazioni
Fin dall'antichità il Sole è stato considerato dall'uomo come un'entità dal significato speciale. Molte culture antiche lo adoravano e ne riconoscevano l'importanza nel ciclo della vita. Sebbene abbia sempre ricoperto un ruolo centrale nei calendari, in cui erano riportati i solstizi, gli equinozi e le eclissi (vedi Archeoastronomia), il Sole venne studiato con rigore soltanto dopo la scoperta delle macchie solari. Gli astronomi cinesi avevano osservato le macchie a occhio nudo fin dal 200 a.C., ma lo studio sistematico di questi fenomeni iniziò solo nel 1611 con l'opera di Galileo. Grazie anche all'invenzione del telescopio, si delineò in quegli anni un nuovo approccio allo studio del Sole, che da allora venne considerato un corpo in evoluzione, del quale si potevano comprendere scientificamente sia le proprietà sia le modificazioni.
Il passo successivo risale al 1814, con l'utilizzo dello spettroscopio da parte del fisico tedesco Joseph von Fraunhofer (vedi Spettroscopia). Benché lo spettro del Sole fosse già stato osservato nel 1666 da Isaac Newton, l'accuratezza del lavoro di Fraunhofer gettò le basi per i primi studi teorici dell'atmosfera solare.
Una parte della radiazione prodotta sulla superficie visibile del Sole (detta fotosfera) viene assorbita dai gas leggermente più freddi soprastanti. Sono assorbite però solo alcune particolari lunghezze d'onda, a seconda delle specie atomiche presenti nell'atmosfera solare. Nel 1859 il fisico tedesco Gustav Kirchhoff realizzò che l'assenza di radiazione di una certa lunghezza d'onda nelle righe di Fraunhofer era dovuta all'assorbimento da parte di atomi di alcuni elementi chimici presenti anche sulla Terra. Questo non solo indicava che il Sole è composto di materia ordinaria, ma dimostrava anche la possibilità di ricavare dettagliate informazioni sugli oggetti celesti studiando la radiazione elettromagnetica che essi emettono. Era l'inizio dell'astrofisica.
I progressi nello studio del Sole furono conseguiti grazie alle sistematiche osservazioni di numerosi scienziati e allo sviluppo di nuovi e più accurati strumenti, quali lo spettroeliografo, che permette lo studio del Sole a una sola lunghezza d'onda dello spettro di emissione; il coronografo, che consente lo studio della corona solare anche in assenza di eclissi; e il magnetografo, inventato nel 1948 dall'astronomo statunitense Horace Babcock, che misura l'intensità del campo magnetico sulla superficie solare. In seguito, lo sviluppo dei razzi e dei satelliti consentì agli scienziati di osservare anche le radiazioni che vengono assorbite dall'atmosfera terrestre. Coronografi, telescopi e spettrografi sensibili alla radiazione ultravioletta e ai raggi X si rivelarono di fondamentale importanza per l'esplorazione dello spazio.
Composizione e struttura
L'energia emessa dal Sole viene irradiata in modo approssimativamente costante in ogni direzione dello spazio; la fonte di questa energia è nell'interno del Sole, che, come la maggior parte delle stelle, è composto prevalentemente da idrogeno (il 71%) ed elio (27%) allo stato di plasma, con tracce di elementi più pesanti. All'interno del Sole si è individuato un nucleo centrale, con un raggio di circa 150.000 km, in cui la temperatura raggiunge i 16.000.000 K e la densità è 150 volte quella dell'acqua. In queste condizioni, le collisioni tra i nuclei degli atomi di idrogeno innescano violente reazioni di fusione nucleare (vedi Energia nucleare). Il risultato di questo processo è che quattro nuclei di idrogeno si combinano per formare un nucleo di elio (catena protone-protone), mentre viene liberata energia sotto forma di raggi gamma. Ogni secondo avvengono moltissime reazioni, che generano un'energia equivalente a quella rilasciata nell'esplosione di una bomba atomica di 100 miliardi di megaton.
Entro una zona che ha spessore di circa 500.000 km, l'energia prodotta all'interno del Sole si trasmette verso l'esterno per irraggiamento. Nei pressi della fotosfera, tuttavia, si trova una zona convettiva che occupa circa l'ultimo terzo del raggio solare, dove l'energia si trasmette per mezzo di moti turbolenti del gas. La fotosfera è la superficie superiore della zona convettiva.
Le celle convettive danno alla fotosfera un aspetto irregolare a macchie, noto come granulazione solare. Ciascun granulo ha un diametro di circa 2000 km e una vita media di soli 10 minuti circa. Vi è anche una granulazione provocata dalla turbolenza che si estende in profondità nella zona convettiva. Questa supergranulazione ha celle che sopravvivono per circa un giorno e hanno dimensioni di circa 30.000 km.
Macchie solari

La superficie della fotosfera appare costellata di aree scure variabili per forma e per numero, nelle quali si distingue una zona centrale (ombra), circondata da una regione di bordo leggermente più luminosa (penombra). Queste strutture prendono il nome di macchie solari e rappresentano dei "punti freddi" della fotosfera.
Nel 1908 l'astronomo George Ellery Hale scoprì che le macchie solari sono sede di intensi campi magnetici. Una macchia tipica ha un campo magnetico di intensità pari a 0,25 Tesla, circa 10.000 volte più intenso di quello terrestre. Le macchie solari compaiono generalmente a coppie, con campi magnetici di polarità opposta. Dapprima aumentano di numero, per poi diminuire, con un ciclo regolare che dura circa 11 anni, già noto almeno dall'inizio del XVIII secolo. I complessi campi magnetici associati al ciclo solare, tuttavia, vennero notati solo dopo la scoperta del campo magnetico della stella.
In una coppia di macchie che si forma nell'emisfero settentrionale del Sole, la macchia che precede (nella direzione della rotazione) ha polarità opposta rispetto a quella che si forma nell'emisfero meridionale. Quando inizia un nuovo ciclo, la direzione del campo magnetico delle macchie di ciascun emisfero si inverte. Così un ciclo solare completo, che includa anche l'inversione di polarità del campo magnetico, dura circa 22 anni. Inoltre le macchie tendono a formarsi sempre simmetricamente nei due emisferi alla stessa latitudine, partendo da 45° fino a circa 5° nel corso del ciclo.
Poiché ogni macchia esiste al massimo per qualche mese, il ciclo di 22 anni riflette processi solari profondi e di lunga durata e non solo proprietà delle singole macchie. Benché non sia del tutto compreso, esso sembra il risultato delle interazioni del campo magnetico del Sole con la zona convettiva. Queste interazioni, tuttavia, sono influenzate dalla rotazione del Sole, che non è uguale a tutte le latitudini: il Sole ruota una volta ogni 27 giorni all'equatore e ogni 31 giorni vicino ai poli.
Campo magnetico
Gran parte del campo magnetico solare è localizzato intorno alle macchie. La sua intensità influenza fortemente gli strati più esterni del Sole. Ad esempio, la turbolenza su larga scala della zona convettiva spinge il campo magnetico sulla fotosfera e appena sopra di essa fino ai bordi delle celle di supergranulazione. La radiazione che proviene dallo strato appena sopra la fotosfera, detto cromosfera, mostra varie figure caratteristiche. Entro i confini dei supergranuli si innalzano getti di materia (spicole) verso la cromosfera fino a un'altitudine di 4000 km in soli 10 minuti. Le cosiddette spicole sono causate dall'interazione tra la turbolenza e il campo magnetico ai bordi delle celle dei supergranuli.
Vicino alle macchie, tuttavia, la radiazione cromosferica è più uniforme. Queste zone sono dette regioni attive, mentre le aree circostanti, che hanno un'emissione cromosferica meno intensa, sono dette plages (dal francese, "spiagge"). Le regioni attive sono i luoghi nei quali avvengono le protuberanze solari, esplosioni causate da aumenti molto rapidi dell'energia immagazzinata nel campo magnetico. Tra i fenomeni che accompagnano le protuberanze vi sono riaggiustamenti del campo magnetico, intense emissioni di raggi X e onde radio, ed emissione di particelle molto energetiche che a volte raggiungono la Terra, disturbando le comunicazioni radio e provocando le aurore polari.
La corona

L'atmosfera esterna del Sole, che si estende per molti raggi solari a partire dal disco, è detta corona. Tutte le caratteristiche morfologiche della corona sono dovute alla presenza del campo magnetico solare. La maggior parte della corona consiste di grandi archi di gas caldo, che sono più piccoli all'interno delle regioni attive e più grandi tra una regione attiva e l'altra. Le forme ad arco e a cerchio sono causate dal campo magnetico.
Negli anni Quaranta si scoprì che la corona è molto più calda della fotosfera. Quest'ultima, che è la superficie visibile del Sole, ha una temperatura di circa 6000 K; la cromosfera, che si estende per molte decine di migliaia di chilometri sopra la fotosfera, ha una temperatura prossima ai 30.000 K. Infine la corona, che si trova al di sopra della cromosfera fino al confine con lo spazio interplanetario, ha temperatura di oltre 1.000.000 K. Perché si mantengano queste condizioni termiche, ci deve essere un flusso diretto di energia verso di essa. Attualmente uno dei problemi maggiori dell'astrofisica solare è spiegare il meccanismo per mezzo del quale tale calore raggiunge la corona.
Vento solare
A una distanza dalla superficie del Sole pari a uno o due raggi solari, il campo magnetico è abbastanza intenso da intrappolare in grandi anelli il materiale coronale caldo. Lontano dal Sole il campo è più debole e il gas può letteralmente "spingere" il campo magnetico nello spazio. Quando ciò accade, il materiale fluisce lungo le linee del campo fino a grande distanza. Il flusso costante di materiale espulso dalla corona è detto vento solare e tende a provenire da regioni dette buchi coronali, nelle quali il gas, essendo più freddo e meno denso che nel resto della corona, emette minori quantità di radiazione. Il vento solare che proviene da grandi buchi coronali (che possono sopravvivere per parecchi mesi) è particolarmente intenso. A causa della rotazione del Sole, queste regioni di intenso vento solare sono visibili dalla Terra con periodi di 27 giorni. Il vento solare, inoltre, produce interferenze rilevabili nel campo magnetico terrestre.
Evoluzione del Sole

Il passato e il futuro del Sole si possono dedurre dai modelli teorici dell'evoluzione stellare. Durante i suoi primi 50 milioni di anni, il Sole si contrasse fino a raggiungere pressappoco le dimensioni attuali. L'energia gravitazionale prodotta dal collasso del gas ne riscaldò l'interno e, quando il nucleo fu sufficientemente caldo, la contrazione si arrestò, mentre nel centro iniziarono le reazioni nucleari di fusione di idrogeno in elio. Il Sole si trova in questa fase della sua vita da circa 4,5 miliardi di anni e queste reazioni continueranno per altrettanto tempo.
Quando il combustibile si esaurirà, il Sole subirà alcune modificazioni: gli strati esterni si espanderanno dalle dimensioni attuali fino a sfiorare l'orbita della Terra, mentre il Sole diventerà una stella gigante rossa, un po' più fredda di adesso ma 10.000 volte più brillante. La nostra stella rimarrà una gigante rossa, con un nucleo nel quale avviene la fusione dell'elio, per circa mezzo miliardo di anni; esso non è abbastanza massiccio per innescare reazioni nucleari successive o, addirittura, un'esplosione distruttiva come accade ad altre stelle. Dopo la fase di gigante rossa, il Sole si contrarrà fino a diventare una nana bianca, di dimensioni simili a quelle della Terra, e si raffredderà lentamente per molti miliardi di anni.

Mercurio
Il pianeta più vicino al Sole. Ha diametro di 4880 km, pari a circa un terzo di quello terrestre e densità media pressoché uguale a quella della Terra. Mercurio ruota intorno al Sole a una distanza media di circa 58 milioni di km, descrivendo un'orbita ellittica, con periodo di rivoluzione di circa 88 giorni e periodo di rotazione di 59 giorni. Poiché la sua superficie è composta da rocce irregolari, porose e scure, esso riflette poco la luce solare.
Studi spettroscopici indicano la presenza di una sottile atmosfera, contenente prevalentemente sodio e potassio emessi dalla crosta del pianeta. Le collisioni con altri corpi formati all'inizio della storia del sistema solare, potrebbero aver "strappato" i materiali più leggeri, e ciò spiegherebbe la densità relativamente alta di Mercurio. La forza di gravità sulla superficie del pianeta è circa un terzo di quella sulla superficie terrestre.
La sonda spaziale Mariner 10, che sorvolò Mercurio due volte nel 1974 e una volta nel 1975, trasmise immagini di una superficie costellata di crateri, con qualche somiglianza con quella lunare, e registrò una temperatura di circa 350 °C sul lato esposto al Sole e di circa -150 °C sul lato in ombra. Il Mariner 10 misurò anche un campo magnetico d'intensità pari all'1% di quello terrestre. La superficie di Mercurio, a differenza di quella della Luna, è solcata da lunghe scarpate, che risalgono forse al periodo di contrazione che il pianeta attraversò durante il processo di raffreddamento, all'inizio della sua storia. Nel 1991 potenti radiotelescopi a terra rivelarono segni di vasti strati di ghiaccio nelle regioni polari del pianeta, aree che non erano state rilevate dal Mariner 10.
Il perielio di Mercurio (il punto della sua orbita più vicino al Sole) presenta un lento moto di precessione; la spiegazione scientifica di questo moto fu uno dei primi successi della teoria della relatività.

Venere
Secondo pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. Dopo la Luna, Venere è l'oggetto più brillante del cielo notturno. Nell'antichità era detto Vespero, o stella della sera, quando appariva al tramonto, e stella del mattino oppure Phosphoros o Lucifero, quando era visibile poco prima dell'alba. A causa delle rispettive posizioni di Venere, Terra e Sole, il pianeta infatti non è mai visibile più di tre ore prima dell'alba e per oltre tre ore dopo il tramonto.
Osservato al telescopio, Venere mostra un ciclo di fasi simili a quelle della Luna, che si ripetono con un periodo sinodico di 1,6 anni. Raggiunge la sua massima brillantezza (con magnitudine -4,4) durante la fase crescente. I transiti sul disco solare sono rari, e avvengono a coppie, a intervalli di poco più di un secolo. I prossimi due sono previsti per il 2004 e il 2012.
Esplorazione
Venere è completamente coperto di nubi; ciò naturalmente rappresenta un ostacolo per le osservazioni dirette dalla Terra e la maggior parte delle informazioni di cui disponiamo sono state fornite dalle sonde spaziali, in particolare da quelle che si sono posate sulla superficie del pianeta attraversando la densa atmosfera che lo circonda. Il primo sorvolo di Venere venne effettuato dalla sonda Mariner 2, lanciata dagli Stati Uniti nel 1962, seguita dal Mariner 5 nel 1967 e dal Mariner 10 nel 1974. A partire dagli anni Sessanta furono inviate verso il pianeta anche le numerose sonde sovietiche del tipo Venera; le sonde Vega 1 e 2, dirette verso la cometa di Halley nel 1984, sorvolarono Venere sganciando delle capsule sulla sua superficie. Informazioni dettagliate vennero fornite dalle due navicelle statunitensi Pioneer Venus dotate di speciali radar e sofisticati strumenti di misura. La sonda Magellano, lanciata nel 1989, iniziò l'anno successivo a trasmettere immagini radar del pianeta. Esse sono state elaborate al computer per fornire una spettacolare rappresentazione tridimensionale della superficie.
Atmosfera
In superficie, la temperatura della densa atmosfera di Venere supera i 460 °C e la pressione è circa 90 volte maggiore di quella terrestre. L'atmosfera è composta per il 97% da anidride carbonica (CO2) e contiene piccole quantità di vapori di acido solforico e di azoto, e tracce di vapor d'acqua. A circa 50 km di altitudine si trova la base delle nubi, composte quasi interamente da acido solforico concentrato. Il pianeta non ha un campo magnetico rilevabile.
L'elevata concentrazione di anidride carbonica è probabilmente la conseguenza di un intenso effetto serra che avrebbe causato l'evaporazione degli oceani e in generale dell'acqua allo stato liquido presente in superficie, liberando di conseguenza enormi quantità di CO2 nell'atmosfera.
Alla sommità delle nubi è possibile individuare alcune caratteristiche meteorologiche che forniscono informazioni sui venti che spirano nell'atmosfera. Ai livelli più alti essi interessano tutto il pianeta, dall'equatore ai poli, e raggiungono velocità dell'ordine dei 360 km/h. Malgrado questi forti venti d'alta quota, l'atmosfera nei pressi della superficie è generalmente calma e fino a una quota di circa 10 km la velocità del vento è compresa tra 3 e 18 km/h.
Caratteristiche della superficie

Venere ruota molto lentamente attorno al proprio asse in direzione contraria a quella degli altri pianeti, rivolgendo alla Terra sempre lo stesso lato. L'osservazione diretta mediante radiotelescopi di questo lato ha permesso di raccogliere informazioni dettagliate.
I dati ottenuti dalle sonde statunitensi e sovietiche, analizzati parallelamente alle osservazioni effettuate dalla Terra, hanno mostrato che la superficie del pianeta è sostanzialmente piatta, con due grandi altipiani denominati terre di Ishtar e di Afrodite. Quest'ultimo, meno elevato del primo, si estende lungo quasi metà della regione equatoriale e si trova sulla "faccia" nascosta di Venere.
Il radar a bordo della sonda Magellano ha rivelato immensi vulcani attivi, ampie colate di lava e molti crateri meteoritici. Il più grande cratere osservato ha diametro di circa 160 km, mentre quello più piccolo non supera i 5 km di diametro. Il radar della sonda sarebbe stato in grado di risolvere, se vi fossero stati, anche crateri ancora più piccoli ma sembra che la densa atmosfera protegga Venere dalla caduta di asteroidi di dimensioni ridotte.
Nel complesso le sonde hanno rivelato tracce di un'attività tettonica notevole, almeno nel passato. Tali tracce includono solchi, canyon, una depressione che si estende per 1400 km, e un immenso cono vulcanico la cui base ha diametro di oltre 700 km. Le sonde sovietiche hanno inviato a terra fotografie delle zone nelle quali si sono posate e hanno rilevato una radioattività naturale delle rocce simile a quella del granito. Le rocce aguzze visibili nelle foto sovietiche fanno ritenere che esista un'attività geologica che contrasta l'erosione.

Terra
Terzo pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole; è l'unico pianeta conosciuto che ospiti forme di vita.
Poiché la superficie terrestre presenta curvature diverse, la forma della Terra non è identificabile con quella di un solido geometrico definito. Trascurando i rilievi e le irregolarità superficiali, essa può essere approssimativamente ricondotta a quella di un ellissoide di rotazione, cioè alla figura geometrica che si ottiene facendo ruotare un ellisse intorno al suo asse minore. Calcoli recenti, basati sulle perturbazioni delle orbite di satelliti artificiali, hanno mostrato che la Terra presenta una forma leggermente piriforme: la differenza tra il raggio minimo equatoriale e il raggio polare (distanza tra il centro della Terra e il Polo Nord) è di circa 21 km, inoltre il Polo Nord "sporge" di circa 10 m, mentre il Polo Sud è depresso di 31 m.
Moto

La posizione della Terra nello spazio non è fissa ma è il risultato di una complessa serie di moti che avvengono con caratteristiche e con periodi differenti. Insieme alla Luna, il nostro pianeta orbita intorno al Sole, a una distanza media di 149.503.000 km e con una velocità media di 29,8 km/s, compiendo una rivoluzione completa in 365 giorni, 6 ore 9 minuti e 10 secondi (anno sidereo); la traiettoria è un'ellisse di piccola eccentricità, pertanto l'orbita è quasi circolare con una lunghezza approssimativamente uguale a 938.900.000 km. Inoltre la Terra è interessata anche da un moto di rotazione intorno a un suo asse, che avviene da occidente a oriente, cioè in senso inverso rispetto all'apparente moto del Sole e della sfera celeste, e si svolge con un periodo di 23 ore, 56 minuti e 4,1 secondi (giorno sidereo).
La Terra segue il moto dell'intero sistema solare e si muove nello spazio a una velocità di circa 20,1 km/s nella direzione della costellazione di Ercole; inoltre partecipa al moto di recessione della galassia e insieme alla Via Lattea si sposta verso la costellazione del Leone.
Oltre a questi movimenti principali, ve ne sono altri secondari, tra i quali la precessione degli equinozi (vedi Eclittica) e le nutazioni. Queste ultime consistono in una variazione periodica dell'inclinazione dell'asse terrestre, dovuta all'attrazione gravitazionale del Sole e della Luna.
Composizione

La Terra può essere divisa in cinque parti: l'atmosfera, gassosa; l'idrosfera, liquida; la litosfera, il mantello e il nucleo, in gran parte solidi. L'atmosfera è il guscio gassoso che circonda il corpo solido del pianeta: benché abbia uno spessore di oltre 1100 km, circa la metà della sua massa è concentrata nei primi 5,6 km. L'idrosfera è lo strato d'acqua che, sotto forma di oceani, copre approssimativamente il 70,8% della superficie del globo. La litosfera, che consiste principalmente della fredda e rocciosa crosta terrestre, si estende fino a una profondità di 100 km. Il mantello e il nucleo costituiscono l'interno del nostro pianeta, e in essi è concentrata la maggior parte della massa.
L'idrosfera comprende gli oceani ma anche i mari interni, i laghi, i fiumi e le acque sotterranee. Gli oceani hanno profondità media di di 3794 m, circa cinque volte l'altezza media dei continenti, e massa approssimativamente uguale a 1.350.000.000.000.000.000 (1,35 × 1018) tonnellate, cioè circa 1/4400 della massa totale della Terra.
Le rocce della litosfera hanno densità media 2,7 volte maggiore rispetto a quella dell'acqua e sono quasi interamente costituite da undici elementi, che complessivamente rappresentano circa il 99,5% della loro massa. Il più abbondante di essi è l'ossigeno (che rappresenta circa il 46,60% del totale), seguito da silicio (circa il 27,72%), alluminio (8,13%), ferro (5,0%), calcio (3,63%), sodio (2,83%), potassio (2,59%), magnesio (2,09%), titanio, idrogeno e fosforo (complessivamente in quantità minori dell'1%). Inoltre sono presenti tracce di altri elementi quali carbonio, manganese, zolfo, bario, cloro, cromo, fluoro, zirconio, nichel, stronzio e vanadio. Queste sostanze si trovano nella litosfera sotto forma di composti chimici e difficilmente si rinvengono allo stato elementare.
La litosfera comprende due gusci, la crosta e il mantello superiore, che sono divisi in una struttura a placche tettoniche delimitate da margini costruttivi, dove si ha formazione di nuovo materiale litosferico, distruttivi, dove si manifestano processi di subduzione (dorsali oceaniche) o conservativi, caratterizzati da faglie trasformi lungo le quali si ha scorrimento tra stati di litosfera adiacenti; alcune zolle sono delimitate da una combinazione dei tre tipi di margini.
Esistono due tipi di crosta, che differiscono sia per la natura e la struttura delle rocce che li costituiscono, sia per l'età, sia per il livello medio della loro superficie. La crosta continentale comprende la piattaforma continentale e parte dell'adiacente scarpata continentale ed è composta da rocce magmatiche, metamorfiche e sedimentarie di composizione chimica media simile a quella del granito e di età estremamente variabile: le rocce più antiche, formatesi circa 4 miliardi di anni fa, sono affiancate a rocce molto giovani. La crosta oceanica costituisce invece la base dei bacini oceanici e presenta una struttura a strati molto regolare: sotto uno strato di sedimenti di spessore relativamente ridotto si trova uno strato di rocce basaltiche (vedi Basalto), seguìto a maggiori profondità da uno strato di gabbro. L'età di queste rocce non è maggiore di 190 milioni di anni.
Il livello medio della superficie della crosta continentale supera di oltre 4000 metri quello della crosta oceanica, benché i rilievi e le depressioni oceaniche costituiscano solo una piccola percentuale delle terre emerse e dei fondi oceanici. Secondo una classificazione dovuta al geologo tedesco A. Wegener e ora quasi completamente abbandonata, la crosta terrestre è costituita da una piattaforma superiore di sial (dalle iniziali di silicio e alluminio), costituita da rocce a composizione granitica, che "galleggia" su uno strato denso di sima (da silicio e magnesio), formato essenzialmente da basalti. Secondo questa teoria le rocce sialiche costituiscono i continenti mentre quelle simatiche affiorano sui fondi oceanici.
Il mantello superiore è separato dalla crosta soprastante da una discontinuità sismica, detta Moho, e dal mantello inferiore da una zona più plastica, nota come astenosfera. Il mantello superiore, scivolando lateralmente sulle rocce parzialmente fuse dell'astenosfera, spessa 100 km, permette la deriva dei continenti e l'espansione dei fondi oceanici.
Il mantello si estende dalla base della crosta fino a una profondità di circa 2900 km. Eccettuate alcune zone, come l'astenosfera, è solido e la sua densità aumenta con la profondità, variando tra 3,3 e 6. Il mantello superiore è composto da silicati di ferro e magnesio, ed è rappresentato significativamente dal minerale olivina; la parte inferiore consiste, probabilmente, di un miscuglio di ossidi di magnesio, silicio e ferro organizzati in strutture cristalline capaci di sopportare condizioni di temperatura e pressione elevate.
La transizione tra il mantello e il nucleo è segnata da una superficie di discontinuità sismica, nota come discontinuità di Gutenberg. Gli studi sismologici mostrano che il nucleo ha un guscio esterno costituito da materia fluida, spesso circa 2225 km, con densità media 10. I risultati delle ricerche evidenziano che la sua superficie esterna ha depressioni e picchi che si formano probabilmente dove il materiale caldo sale verso l'alto. Al contrario, il nucleo interno, che ha un raggio di circa 1275 km, è solido. Si pensa che entrambi gli strati del nucleo siano composti di ferro, con una piccola percentuale di nichel e di altri elementi. La temperatura nel nucleo interno è valutata in circa 6650 °C e la densità media è stimata intorno a 13.
Flusso interno del calore
L'intenso calore che proviene dal nucleo viene continuamente irradiato verso l'esterno, attraverso i vari gusci concentrici che formano la parte solida del pianeta. La fonte di questo calore è probabilmente nel decadimento degli isotopi radioattivi di elementi come l'uranio, presenti negli strati rocciosi del nostro pianeta. Le correnti convettive che si generano nel mantello sono responsabili della deriva dei continenti e forniscono sia rocce calde e fuse al sistema mondiale delle dorsali oceaniche (vedi Oceani e Oceanografia) sia lava, che fuoriesce dai vulcani sulla terraferma.
Età e origine della Terra
I metodi di datazione basati sullo studio dei radioisotopi hanno consentito agli scienziati di stimare l'età della Terra in 4,65 miliardi di anni (vedi Metodi di datazione). Benché le più vecchie rocce terrestri datate in questo modo non raggiungano i 4 miliardi di anni, alcune meteoriti, che sono simili geologicamente al nucleo del nostro pianeta, risalgono a circa 4,5 miliardi di anni fa e si ritiene che la loro cristallizzazione sia avvenuta approssimativamente 150 milioni di anni dopo la formazione della Terra e del sistema solare.
Il nostro pianeta, dopo essersi originato dalla condensazione delle polveri e dei gas cosmici per effetto della gravità, era probabilmente un corpo quasi omogeneo e relativamente freddo, ma la continua contrazione del materiale produsse un riscaldamento, al quale contribuì senza dubbio la radioattività di alcuni elementi chimici. Nella fase successiva della formazione, l'aumento di temperatura determinò un processo di parziale fusione del pianeta, provocando la differenziazione in crosta, mantello e nucleo: i silicati, più leggeri, si portarono verso l'alto, formando il mantello e la crosta, mentre gli elementi pesanti, soprattutto ferro e nichel, sprofondarono verso il centro formando il nucleo del pianeta. Contemporaneamente, a causa delle eruzioni vulcaniche, gas leggeri venivano immessi di continuo dal mantello e dalla crosta. Alcuni di questi gas, principalmente anidride carbonica e azoto, vennero trattenuti dalla Terra, per effetto della gravità, formando l'atmosfera primordiale, mentre il vapore acqueo condensò dando origine ai primi oceani.
Magnetismo della Terra
La Terra nel suo insieme si comporta come un enorme magnete. Il campo magnetico terrestre può essere descritto in modo semplice pensando di porre al centro del pianeta una calamita a barra, il cui asse sia inclinato di circa 11° rispetto all'asse di rotazione terrestre. Benché gli effetti del geomagnetismo fossero utilizzati già da molto tempo nelle bussole più antiche, i primi studi scientifici su questa proprietà del nostro pianeta vennero compiuti intorno al 1600 dal fisico e filosofo britannico William Gilbert.
Poli magnetici

I poli magnetici della Terra non coincidono con quelli geografici: il Polo Nord magnetico attualmente si trova al largo delle coste occidentali delle isole Bathurst, nei Territori del Nord-Ovest canadesi, quasi 1290 km a nord-ovest della baia di Hudson. Il Polo Sud magnetico si trova invece sul bordo del continente antartico, nella zona di Adélie Land, circa 1930 km a nord-est di Little America.
Le posizioni dei poli magnetici non sono fisse ma si spostano in modo apprezzabile da un anno al successivo. Le variazioni del campo magnetico terrestre comprendono una variazione secolare periodica, che produce cambiamenti di direzione del campo stesso e si ripete ogni 960 anni circa, e una variazione di minore entità, che produce effetti giornalieri rilevabili solo con strumenti molto sensibili.
Teoria della dinamo
Le misure della variazione secolare mostrano che il campo magnetico complessivo tende a spostarsi verso occidente a una velocità compresa tra i 19 e i 24 km all'anno. Chiaramente il magnetismo della Terra è il prodotto di una situazione dinamica che può essere spiegata supponendo che il nucleo esterno di ferro sia liquido (eccetto che al centro, dove l'enorme pressione determinerebbe la transizione allo stato solido) e che le correnti convettive all'interno di esso si comportino come le spire di una dinamo, generando un intenso campo magnetico. La parte interna, solida, del nucleo ruoterebbe più lentamente della parte esterna, spiegando lo spostamento secolare verso ovest. La superficie irregolare del nucleo esterno spiegherebbe poi alcune delle altre variazioni minori del campo magnetico.
Intensità del campo
Lo studio dell'intensità del campo magnetico terrestre è importante per la localizzazione delle risorse minerarie. Le misure di intensità si effettuano con strumenti detti magnetometri, che possono determinare l'intensità totale del campo e anche quella delle componenti orizzontale e verticale. Le misure mostrano che l'intensità del campo è diversa in luoghi differenti della superficie terrestre; nelle zone temperate, essa è di circa 48 A/m.
Paleomagnetismo
Gli studi delle antiche rocce vulcaniche permettono di trarre informazioni sulle condizioni del campo magnetico terrestre nelle ere geologiche passate. Tali rocce, infatti, durante il processo di raffreddamento conservano una magnetizzazione propria, indotta dal campo magnetico locale presente al momento della loro formazione, e quindi contengono tracce del magnetismo del passato. Le misure in diversi luoghi della Terra evidenziano che l'orientamento del campo nelle varie ere geologiche mutò rispetto ai continenti, benché si supponga che perfino l'inclinazione dell'asse di rotazione terrestre sia rimasta la stessa. Il Polo Nord magnetico, ad esempio, 500 milioni di anni fa era situato a sud delle isole Hawaii, e per i successivi 300 milioni di anni l'equatore magnetico si trovò a passare per gli Stati Uniti. Questa migrazione dei poli magnetici costituisce una delle prove della validità della teoria della deriva dei continenti.
Inversioni del campo
Studi recenti del magnetismo residuo nelle rocce e delle anomalie magnetiche dei fondi oceanici dimostrano che negli ultimi 100 milioni di anni si verificarono almeno 170 inversioni di polarità del campo magnetico terrestre. La conoscenza di queste inversioni, che possono essere datate per mezzo degli isotopi radioattivi contenuti nelle rocce, ha una grossa influenza sulle teorie della deriva dei continenti e dell'espansione dei fondi oceanici.
Elettricità terrestre
Sulla Terra e nell'atmosfera si manifestano fenomeni di natura elettrica, prodotti da processi geofisici naturali.
L'elettricità atmosferica, eccetto quella associata alle cariche nelle nubi che genera i fulmini, deriva dalla ionizzazione prodotta dalla radiazione solare e dal movimento di nubi di ioni trasportate dalle maree atmosferiche; queste ultime sono prodotte come le maree marine dall'attrazione gravitazionale del Sole e della Luna sull'atmosfera della Terra (vedi Gravitazione), e si manifestano ogni giorno. La ionizzazione, e di conseguenza la conduttività elettrica, dell'atmosfera vicino alla superficie terrestre è bassa, ma aumenta rapidamente con l'altitudine: tra i 40 e i 400 km la ionosfera forma un guscio sferico quasi perfettamente conduttore che riflette le onde radio permettendone la trasmissione a lunga distanza. La ionizzazione dell'atmosfera varia molto anche con l'ora del giorno e con la latitudine.
Correnti terrestri
Le correnti terrestri costituiscono un sistema di otto linee chiuse di correnti elettriche distribuite in entrambi gli emisferi e una serie di linee più piccole vicino ai poli. Benché si ritenga che questo sistema sia interamente indotto dai cambiamenti quotidiani dell'elettricità atmosferica (ciò è verosimilmente corretto per le variazioni a breve termine), è probabile che la sua origine sia più complessa. È possibile che il nucleo della Terra, costituito da ferro e nichel fusi, sia elettricamente conduttore e si comporti come le armature di un enorme generatore elettrico. Si ritiene, infatti, che le correnti termiche di convezione presenti nel nucleo muovano il metallo fuso su cammini chiusi, che seguono le linee del campo magnetico, e si manifestino nel sistema di correnti elettriche terrestri.
La carica superficiale della Terra
La superficie terrestre ha una carica elettrica negativa. Poiché la conduttività dell'aria nei pressi del suolo è bassa ma non nulla (cioè l'aria non è un perfetto isolante), la carica elettrica si esaurirebbe molto rapidamente se non fosse in qualche modo alimentata continuativamente; deve pertanto esistere un meccanismo di trasporto di elettricità.
Le misurazioni condotte con tempo sereno mostrano un flusso di elettricità positiva che si muove verso il basso, dall'atmosfera al suolo; la causa di questo meccanismo è l'attrazione elettrica tra la carica negativa della Terra e gli ioni positivi dell'atmosfera.
Sebbene sia stato suggerito che questo flusso verso il basso sia bilanciato da correnti dirette verso l'alto che si sviluppano nelle regioni polari, l'ipotesi che attualmente riscuote i maggiori consensi è quella secondo cui questo flusso positivo verso il basso che si nota con tempo sereno sarebbe bilanciato da fenomeni di trasporto elettrico che si manifestano durante i temporali. Esistono prove che la carica negativa venga trasferita verso il suolo dalle nubi temporalesche; inoltre, il tasso al quale i temporali sviluppano energia elettrica è sufficiente a rifornire la carica sulla superficie e, infine, la frequenza dei temporali sembra essere maggiore nelle ore della giornata in cui la carica negativa della Terra aumenta più rapidamente.

Marte
Quarto pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. Presenta varie analogie con la Terra, ad esempio la durata del giorno e l'alternarsi di un ciclo di stagioni, e per questo motivo è stato oggetto di numerose missioni volte a rivelare la presenza di forme di vita sulla sua superficie. Marte ha due piccole lune, fortemente craterizzate, Phobos e Deimos, aventi diametro rispettivamente di 21 km e 12 km; si tratta forse di asteroidi catturati dal pianeta all'inizio della sua evoluzione.
Aspetto dalla Terra

Osservato senza l'ausilio di un telescopio, Marte si presenta come un oggetto rossastro di luminosità variabile. Nel momento di massima vicinanza alla Terra (55 milioni di km), è dopo la Luna e Venere l'oggetto più luminoso del cielo notturno. Le condizioni migliori per l'osservazione diretta si verificano quando il pianeta si trova in opposizione, al momento di massima vicinanza; queste favorevoli circostanze si ripetono ogni 15 anni circa.
Per mezzo di un telescopio, sono visibili sulla superficie di Marte ampie regioni di un arancione brillante, alcune aree più scure e altre rossastre, i cui confini variano seguendo il ciclo delle stagioni marziane. A causa dell'inclinazione dell'asse di rotazione e dell'eccentricità dell'orbita, il pianeta è caratterizzato da estati meridionali corte e relativamente calde e da inverni lunghi e freddi. Il colore rossastro è dovuto alla superficie fortemente ossidata, mentre le aree scure sono probabilmente composte da rocce simili ai basalti terrestri, con una superficie ossidata e alterata dagli agenti atmosferici. Le aree luminose sembrano di composizione simile e sono ricoperte da polveri fini. La scapolite, un minerale abbastanza raro sulla Terra, è diffusa ovunque sulla superficie marziana e potrebbe forse liberare nell'atmosfera notevoli quantità di anidride carbonica (CO2).
Ai poli del pianeta vi sono ampie calotte brillanti, apparentemente composte da ghiaccio, i cui confini si allargano e si ritirano secondo le stagioni. Questo ciclo stagionale è seguito da almeno due secoli: ogni autunno marziano si formano in prossimità dei poli delle nubi brillanti al di sotto delle quali si deposita un sottile strato di anidride carbonica. Durante la primavera, alla fine della lunga notte polare, queste nubi polari si dissipano e i confini delle calotte glaciali si ritirano gradualmente verso i poli, evaporando a causa della luce solare. A metà estate la contrazione delle calotte si arresta e fino all'autunno successivo sopravvive un brillante deposito di brina e ghiaccio.
Oltre alle nubi polari, composte prevalentemente da anidride carbonica, vi sono foschie d'alta quota e nubi di ghiaccio. Queste ultime derivano dal raffreddamento di masse d'aria che si innalzano sopra le alture. Ampie nubi giallastre, che trasportano la polvere sollevata dai venti, sono particolarmente evidenti durante le estati nell'emisfero meridionale.
Osservazioni dalle sonde
La prima visione complessiva di Marte e le prime immagini dettagliate dei suoi satelliti sono state fornite dalle sei missioni effettuate tra il 1964 e il 1976 dalle sonde statunitensi Mariner. Nel 1976, le sonde Viking 1 e Viking 2 si posarono sul suolo marziano e svolsero le prime indagini dell'atmosfera e della superficie del pianeta. Nel 1988 l'Unione Sovietica lanciò due sonde che dovevano posarsi sul satellite Phobos; entrambe le missioni fallirono, benché una delle due inviò a Terra alcuni dati e fotografie prima che si perdesse il contatto radio.
Atmosfera
L'atmosfera di Marte è composta quasi interamente da anidride carbonica (95%), ma sono presenti piccole quantità di azoto (2,7%), argo (1,6%), ossigeno (0,2%) e tracce di vapor d'acqua, monossido di carbonio e gas nobili. In superficie la pressione media è circa lo 0,6% di quella terrestre ed è uguale a quella che si misura nell'atmosfera del nostro pianeta a 35 km di quota. La temperatura superficiale varia molto a seconda dell'ora, della stagione e della latitudine; in estate può superare i 15 °C, ma mediamente è circa di -33 °C. Poiché l'atmosfera è molto tenue, vi sono spesso escursioni di temperatura di oltre 100 °C.
La quantità di vapor d'acqua presente nell'atmosfera è estremamente bassa e variabile; maggiori concentrazioni di questa sostanza si trovano nei pressi delle calotte glaciali, soprattutto in primavera. Marte è come un deserto d'alta quota estremamente freddo: sulla maggior parte della superficie, la pressione e la temperatura sono troppo basse per permettere all'acqua di esistere allo stato liquido.
Vi sono periodi in cui alcune aree di Marte sono soggette a venti abbastanza forti da spostare la sabbia e sospenderla nell'atmosfera. Tra la fine della primavera e l'inizio dell'estate, nell'emisfero sud, si formano tempeste di polvere, alcune di dimensioni enormi, che oscurano la superficie per settimane o addirittura per mesi.
Superficie e interno

Con un cerchio inclinato di circa 30° rispetto all'equatore, si divide idealmente la superficie di Marte in due grandi regioni. Quella meridionale si presenta come un grande terreno antico e craterizzato, che risale alla storia primordiale del pianeta, quando Marte e gli altri pianeti furono soggetti a un bombardamento meteoritico molto intenso. Da allora la maggior parte dei crateri è stata cancellata da una forte attività di erosione.
L'emisfero settentrionale di Marte, invece, presenta una superficie meno craterizzata, e quindi più giovane, probabilmente formata da colate vulcaniche. Sono state identificate due delle maggiori sedi di un'attività vulcanica passata: l'altopiano di Elysium e la regione di Tharsis. In quest'ultima zona si trovano alcuni dei maggiori vulcani del sistema solare. Il monte Olimpo, una struttura che mostra tutte le caratteristiche tipiche di un vulcano basaltico, raggiunge un'altezza di oltre 25 km e ha una base di più di 600 km di diametro. Non vi sono prove di attività vulcanica ancora in atto.
Faglie e altre caratteristiche della superficie suggeriscono che vi siano fratture crostali provocate da locali rigonfiamenti ed espansioni del suolo. Non vi è evidenza, comunque, di una tettonica a placche.
Vi sono molte indicazioni della presenza di ghiaccio sotto la superficie, soprattutto sotto forma di materiali eiettati che disegnano figure simili a petali attorno ad alcuni crateri, vasti terrapieni depressi in maniera caotica e superfici caratteristiche alle alte latitudini settentrionali. Le scoperte geologiche più spettacolari sono senz'altro i canali che ricordano i letti di fiumi estinti. Se ne conoscono di due tipi: i primi sono grandi canali formati probabilmente dal rilascio improvviso e catastrofico di grandi quantità di acqua liquida dalle aree dei terrapieni depressi. La maggior parte di questi canali vanno dall'emisfero meridionale a quello settentrionale. La causa della fusione localizzata del ghiaccio in queste aree è ancora incerta, ma questi fenomeni risalgono probabilmente alla prima parte della storia del pianeta, oltre tre miliardi di anni fa. Vi sono anche canali più piccoli, per i quali l'evidenza dell'erosione da parte dell'acqua liquida è meno imponente. Poiché questa, oggi, non può più esistere sulla superficie del pianeta, i canali costituiscono una prova di condizioni di pressione e temperatura passate, diverse da quelle attuali.
Vi sono inoltre grandi dune di sabbia e altre figure prodotte dall'erosione, che attestano la grande efficienza, nell'ambiente marziano attuale, dei processi di deposito e di erosione dovuti al vento.
Dell'interno di Marte si conosce poco. Il valore relativamente basso della densità indica che il pianeta non può avere un nucleo metallico molto grande. Marte non ha un campo magnetico misurabile. La crosta del pianeta, a giudicare dalla presenza di grandi strutture come la regione di Tharsis, potrebbe essere spessa anche 200 km, cioè cinque o sei volte di più di quella terrestre. Un sismometro collocato a bordo del modulo di atterraggio del Viking 2 non ha rivelato la presenza di fenomeni sismici.
Ricerca della vita

L'idea che su Marte potessero esistere forme di vita risale a molto tempo fa. Nel 1877 l'astronomo italiano Giovanni Schiaparelli annunciò di aver osservato sulla superficie del pianeta un complesso sistema di canali. L'astronomo statunitense Percival Lowell rese pubblica la scoperta parlando di canali artificiali e ipotizzando che queste strutture rappresentassero il tentativo effettuato da esseri intelligenti di irrigare un pianeta arido. Le osservazioni dalle sonde hanno però mostrato che sul pianeta non vi sono canali artificiali, e altre presunte prove di vita su Marte si sono rivelate inesistenti. Non vi è traccia di materiale organico e i cambiamenti stagionali delle aree superficiali non sono dovuti a un ciclo vegetale ma ai venti periodici che spirano trasportando sabbia e polvere. L'acqua si trova sotto forma di ghiaccio, solo ai poli o sotto la superficie e, come vapore o come cristalli di ghiaccio, in piccole tracce nell'atmosfera. Inoltre l'atmosfera è molto sottile, e la superficie del pianeta è esposta non solo a una dose letale di radiazione ultravioletta, ma anche agli effetti chimici di sostanze altamente ossidanti come il perossido di idrogeno.
Una questione più complessa è quella che riguarda la possibilità che la vita sia esistita in passato, dato che vi sono prove di grandi cambiamenti climatici e di un'atmosfera che una volta deve essere stata più calda e più densa di adesso. Grande clamore ha sollevato la notizia divulgata dalla NASA nel 1996 secondo la quale, in un meteorite marziano trovato in Antartide, vi sono tracce di organismi simili a batteri. Ricerche sono in atto per confermare questa clamorosa scoperta. Una risposta definitiva si potrà avere solo quando si potranno prelevare campioni del suolo marziano da analizzare accuratamente in laboratorio. Sono in corso numerosi studi per realizzare, nel corso del XXI secolo, una missione verso Marte con equipaggio a bordo.

Giove
Quinto pianeta in ordine di distanza dal Sole e primo come dimensioni tra quelli del sistema solare. Ha volume 1400 volte maggiore di quello della Terra, ma la sua densità media è circa un quarto di quella terrestre: ciò indica che esso è formato da gas piuttosto che da metalli e rocce come i pianeti interni.
Orbita attorno al Sole a una distanza media di circa 780 milioni di chilometri (5,2 volte maggiore di quella della Terra), compiendo una rivoluzione completa in 11,9 anni; il suo periodo di rotazione è di 9,9 ore e non è uniforme. La rapida rotazione produce uno schiacciamento ai poli del pianeta, visibile anche al telescopio. Giove mostra delle bande, rese più appariscenti dai colori pastello delle nubi, dovute alla presenza di forti correnti atmosferiche; una delle strutture più notevoli è la famosa regione ovoidale color ocra nota come Grande Macchia Rossa. I colori sono dovuti a tracce di composti che si formano a seguito di reazioni chimiche indotte dalla luce ultravioletta, da scariche elettriche e dal calore; alcuni di questi composti sembrano simili alle molecole organiche che si formarono sulla Terra primordiale e che gettarono le basi della vita. Vedi Esobiologia.
Composizione, struttura e campo magnetico

La conoscenza scientifica del sistema di Giove aumentò enormemente nel 1979, con le straordinarie missioni delle sonde Voyager 1 e 2, lanciate dalla NASA. Le osservazioni spettroscopiche dalla Terra avevano già mostrato che la maggior parte dell'atmosfera di Giove è composta di idrogeno molecolare; gli studi nell'infrarosso delle sonde Voyager indicarono che l'87% circa è H2, e che la restante parte è costituita da elio e da quantità estremamente ridotte di vapor d'acqua, metano, neon e acido solforico. La bassa densità osservata suggerisce che l'interno del pianeta abbia sostanzialmente la stessa composizione dell'atmosfera. Giove è composto perlopiù dai due elementi più leggeri e più abbondanti dell'universo, e presenta quindi una composizione molto simile a quella del Sole e delle altre stelle. L'enorme pianeta rappresenterebbe perciò una condensazione diretta di una parte della nebulosa solare primordiale, la grande nube di gas e polveri interstellari dalla quale si formò l'intero sistema solare, circa 4,6 miliardi di anni fa.
Giove irradia nello spazio circa il doppio dell'energia che riceve dal Sole e la fonte di questa energia sembra essere un lento collasso gravitazionale dell'intero pianeta.
La turbolenta atmosfera di Giove è fredda. Inoltre periodiche fluttuazioni di temperatura negli strati superiori rivelano un sistema di venti variabile, simile a quello delle regioni equatoriali della stratosfera terrestre. Le fotografie che documentano i cambiamenti nelle nubi di Giove mostrano la nascita e l'evoluzione di enormi sistemi ciclonici. L'analisi dei dati raccolti nel 1995 dalla sonda Galileo permetterà comunque di approfondire le nostre conoscenze.
Alle basse temperature dell'alta atmosfera gioviana (circa -125 °C), l'ammoniaca ghiaccia formando i bianchi cirri visibili in molte fotografie trasmesse dalle sonde Voyager. Nelle regioni più profonde può condensare anche l'idrosolfuro di ammonio, che si raccoglie nelle nubi che formano lo strato scuro diffuso del pianeta.
La temperatura alla sommità di queste nubi è circa -50 °C, e la pressione atmosferica è pressoché doppia rispetto a quella terrestre, misurata al livello del mare. Benché sia direttamente visibile solo lo strato più esterno del pianeta, i calcoli mostrano che la temperatura e la pressione continuano ad aumentare verso l'interno, determinando condizioni fisiche alle quali l'idrogeno liquefa per poi transire allo stato metallico altamente conduttore. Nel centro potrebbe esistere un nucleo di materiale solido.
In prossimità della superficie, il campo magnetico di Giove è 14 volte più intenso di quello terrestre e produce enormi fasce di radiazione nelle quali vengono intrappolate particelle cariche che circondano il pianeta fino a una distanza di 10 milioni di km.
Satelliti e anelli

Sono stati scoperti finora sedici satelliti di Giove. I quattro maggiori (Io, Europa, Ganimede e Callisto) vennero individuati da Galileo, nel 1610.
Le moderne osservazioni mostrano che la densità media dei satelliti principali varia con la distanza dal pianeta, in modo simile a quanto accade per i pianeti del sistema solare. Io ed Europa, vicini a Giove, sono densi e rocciosi come i pianeti interni (Mercurio, Venere): Ganimede e Callisto, più lontani, sono composti perlopiù da ghiaccio d'acqua e hanno densità relativamente bassa. Probabilmente durante il processo di formazione, sia dei pianeti sia di questi satelliti, la vicinanza al corpo centrale (rispettivamente il Sole o Giove) impedì la condensazione delle sostanze più leggere.
La crosta ghiacciata di Callisto e Ganimede è segnata da numerosi crateri, segni di un antico bombardamento probabilmente da parte di nuclei di comete, simile al bombardamento di asteroidi che subì la Luna. Al contrario, la superficie di Europa è estremamente liscia: il satellite è ricoperto da uno strato di ghiaccio, percorso da una fitta e intricata rete di fratture, sotto il quale potrebbe esserci acqua liquida.
La superficie del satellite più interessante, Io, ha un aspetto singolare: vi sono zone giallastre, marroni e bianche punteggiate di nero. Io è sconvolto dal vulcanismo: circa dieci vulcani erano in eruzione nel 1979, al momento del passaggio del Voyager, e vi sono prove di eruzioni successive. Dalle bocche vulcaniche viene emesso biossido di zolfo che si condensa sulla superficie, formando un'atmosfera locale temporanea.
Gli altri satelliti di Giove sono molto più piccoli e meno studiati di quelli galileiani. Gli otto più esterni formano due gruppi distinti e sono probabilmente dei corpi catturati dall'intenso campo gravitazionale del pianeta.
Vicino al pianeta, le sonde Voyager scoprirono un debole sistema di anelli. Il materiale di cui sono formati potrebbe essere prodotto dalla disintegrazione di piccolissimi satelliti che si muovono all'interno degli anelli stessi, oppure dal satellite Metis che si trova appena all'esterno di essi.

Saturno
Sesto pianeta in ordine di distanza dal Sole e secondo come dimensioni tra quelli del sistema solare. La caratteristica principale di Saturno è il sistema di anelli, osservato per la prima volta da Galileo nel 1610 e descritto correttamente dall'astronomo olandese Christiaan Huygens. Nel 1655, avendo necessità di ulteriore tempo per verificare la propria osservazione senza perderne la paternità, questi scrisse un anagramma le cui lettere, opportunamente riarrangiate, formavano una frase latina che, tradotta, dice: "Saturno è circondato da un disco piatto e sottile, che non tocca il pianeta in alcun punto, inclinato rispetto all'eclittica". Gli anelli sono stati nominati nell'ordine in cui sono stati scoperti e, dall'interno verso l'esterno, sono noti come D, C, B, A, F, G, ed E. Oggi si sa che essi, in realtà, sono composti da oltre 100.000 anelli sottilissimi.
L'esplorazione del sistema
Osservato dalla Terra, Saturno appare come un oggetto giallastro molto luminoso. Attraverso un telescopio sono facilmente visibili gli anelli A e B, mentre gli anelli D ed E si vedono solo in condizioni di visibilità ottimale. Gli strumenti a terra hanno mostrato nove satelliti e, nella parte superiore dell'atmosfera, deboli bande chiare e scure parallele all'equatore.
La conoscenza del pianeta è migliorata notevolmente dopo la spedizione delle tre sonde statunitensi Pioneer 11 (settembre 1979), Voyager 1 (novembre 1980) e Voyager 2 (agosto 1981). Esse trasportavano fotocamere e strumenti per l'analisi dell'intensità e della polarizzazione della luce nelle regioni visibile, ultravioletta e infrarossa dello spettro elettromagnetico. Erano inoltre equipaggiate con strumenti per lo studio del campo magnetico del pianeta, e per la rivelazione di particelle cariche e di grani di polvere nel mezzo interplanetario.
L'interno
Saturno è costituito essenzialmente da idrogeno e la sua densità media è circa un ottavo di quella terrestre. L'enorme peso dell'atmosfera fa sì che la pressione aumenti rapidamente verso l'interno del pianeta, tanto da rendere l'idrogeno da gassoso a liquido. Vicino al centro, l'elemento, ancora più compresso, è ridotto allo stato metallico e, divenendo conduttore elettrico, permette l'instaurarsi di intense correnti responsabili del campo magnetico mostrato dal pianeta. Al centro di Saturno gli elementi pesanti sono probabilmente concentrati in un piccolo nucleo solido, che ha temperatura prossima ai 15.000 °C.
L'atmosfera di Saturno
L'atmosfera di Saturno è costituita prevalentemente da idrogeno (88%) ed elio (11%), ma sono presenti anche piccole quantità di metano e di ammoniaca, e tracce di altri gas come etano, etilene e fosfina. Le immagini dei Voyager hanno mostrato vortici e mulinelli di nubi situati negli strati profondi dell'atmosfera. La temperatura alla sommità di queste nubi è intorno ai -176 °C.
I movimenti delle nubi mostrano che il periodo di rotazione dell'atmosfera vicino all'equatore del pianeta è di circa 10 ore e 11 minuti, mentre le emissioni radio indicano che il corpo di Saturno e la sua magnetosfera ruotano con un periodo di 10 ore, 39 minuti e 25 secondi. La differenza, di circa 28 minuti e mezzo, tra questi due periodi, suggerisce che i venti equatoriali di Saturno abbiano velocità prossime ai 1700 km/h.
La magnetosfera
La magnetosfera di Saturno consiste di una serie di fasce di radiazione a forma di ciambella nelle quali sono intrappolati elettroni e nuclei atomici. Le fasce si estendono per oltre due milioni di chilometri dal centro del pianeta e raggiungono distanze maggiori nella direzione opposta a quella del Sole. La magnetosfera interagisce con la ionosfera, lo strato superiore dell'atmosfera, provocando aurore polari con emissione di radiazione ultravioletta.
Un'enorme nube di atomi di idrogeno circonda l'orbita di Titano, il satellite più grande di Saturno, e si estende fino all'orbita di Rhea. Inoltre, un disco di plasma, composto da idrogeno e forse da ioni di ossigeno, si estende all'esterno dell'orbita di Tethys fino quasi all'orbita di Titano. Il plasma ruota in sincronia quasi perfetta con il campo magnetico di Saturno.
Il sistema di anelli

Gli anelli si allungano fino a una distanza di 136.200 km dal centro di Saturno, ma in alcuni punti sono spessi solo 5 m. Sono probabilmente composti da aggregati di rocce, gas ghiacciati e ghiaccio d'acqua di piccole dimensioni.
Nell'apparente separazione tra gli anelli A e B, osservata dall'astronomo Giovanni Cassini, si trovano cinque deboli anelli, ripresi dalle telecamere dei Voyager. Gli ampi anelli B e C si sono forse formati da centinaia di anelli sottili, alcuni leggermente ellittici, che mostrano piccole variazioni di densità, provocate dall'interazione gravitazionale tra gli anelli e i satelliti. Le immagini dei Voyager hanno inoltre rivelato anche figure radiali scure, in rotazione nell'anello B.
I satelliti
Saturno possiede più di 20 satelliti, con dimensioni comprese tra i 5000 e i 20 km di diametro, costituiti perlopiù da sostanze leggere e ghiacciate. I cinque satelliti maggiori (Mimas, Encelado, Tethys, Dione e Rhea) hanno forma approssimativamente sferica e sono composti in gran parte di ghiaccio d'acqua. Il materiale roccioso costituisce forse il 40% della massa di Dione. Le superfici di questi satelliti sono fortemente craterizzate per l'impatto di meteoriti.
Sono stati poi scoperti parecchi piccoli satelliti all'esterno dell'anello A e vicino agli anelli F e G. È da confermare la scoperta di quattro satelliti Troiani di Tethys e di uno di Dione.
Anche i satelliti esterni Iperione e Giapeto sono composti principalmente da ghiaccio d'acqua. Su Giapeto vi è una regione molto scura che contrasta con il resto della brillante superficie e che, insieme alla rotazione del satellite, sono la causa della variazione di luminosità notata nel 1671 da Cassini. Phoebe, il satellite più lontano, percorre con moto retrogrado un'orbita molto inclinata rispetto all'equatore del pianeta; è probabilmente un corpo di origine cometaria catturato dal campo gravitazionale di Saturno.
Tra i satelliti interni e quelli esterni orbita Titano, la più grande delle lune di Saturno. Ha diametro di 5150 km, benché questo valore non sia noto con grande precisione a causa di una densa foschia arancione che nasconde la superficie del satellite. L'atmosfera di Titano è costituita da azoto, con tracce di metano, etano, acetilene, etilene, cianuro, monossido e biossido di carbonio. Sulla superficie la temperatura è di circa -182 °C e il metano e l'etano possono essere presenti sotto forma di pioggia, neve, ghiaccio e vapore. L'interno è composto probabilmente di un'uguale quantità di rocce e di ghiaccio. Non è stato rilevato alcun campo magnetico. L'emisfero meridionale è leggermente più luminoso, e l'unico dettaglio visibile è un anello scuro nella regione polare nord.

Urano
Settimo pianeta in ordine di distanza dal Sole, situato tra le orbite di Saturno e di Nettuno. Dalla Terra appare di sesta magnitudine, appena visibile a occhio nudo. Fu scoperto nel 1781 dall'astronomo William Herschel, che gli diede il nome di Georgium Sidus (Stella di Giorgio) in onore di re Giorgio III d'Inghilterra; il nome Urano, che venne proposto dall'astronomo tedesco Johann Elert Bode, entrò in uso alla fine del XIX secolo.
Urano ha diametro di 52.200 km, distanza media dal Sole di 2,87 miliardi di km e periodo di rivoluzione di 84 anni; compie una rotazione attorno a un asse inclinato di 98° rispetto al piano dell'orbita, con periodo di 17 ore e 15 minuti. La sua atmosfera è composta principalmente di idrogeno ed elio, con tracce di metano. Al telescopio il pianeta appare come un piccolo disco verde-bluastro con un debole bordo verde. Urano ha rispettivamente massa e volume 14,5 e 67 volte maggiori di quelli della Terra, mentre la gravità superficiale è 1,17 volte quella del nostro pianeta. Il campo magnetico, invece, è solo un decimo di quello della Terra, con asse inclinato di 55° rispetto all'asse di rotazione. La densità relativa è circa 1,2.
Nel 1977, sfruttando l'occultazione di una stella da parte del disco del pianeta, l'astronomo americano James L. Elliot notò la presenza di cinque anelli che giacciono sul suo piano equatoriale. Chiamati Alfa, Beta, Gamma, Delta ed Epsilon (a partire dall'anello più interno), essi formano una cintura che si estende fino a 51.300 km dal centro del pianeta; altri quattro anelli vennero scoperti nel gennaio del 1986 dalla sonda spaziale Voyager 2.
Urano ha 15 satelliti (5 scoperti con telescopi da Terra, 10 scoperti dal Voyager 2), che orbitano sul piano equatoriale e si muovono nello stesso verso di rivoluzione del pianeta. I due più grandi, Oberon e Titania, vennero scoperti da Herschel nel 1787; Umbriel e Ariel vennero osservati nel 1851 dall'astronomo William Lassell; Miranda, il più interno dei satelliti noti prima del Voyager, fu scoperto nel 1948 dall'astronomo statunitense Gerard Peter Kuiper. Esplorazione dello spazio.

Nettuno
Ottavo pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. Ha diametro di circa 49.400 km; il volume e la massa sono rispettivamente 72 volte e 17 volte più grandi rispetto a quelli della Terra e la densità media è circa un terzo di quella terrestre. L'albedo è alta: l'84% della luce incidente sulla superficie del pianeta viene riflessa. Nettuno orbita intorno al Sole a una distanza media di circa 4,5 miliardi di km, compiendo una rivoluzione completa in 164,79 anni; il periodo di rotazione è di circa 16 ore. Non è visibile a occhio nudo, ma se osservato con un piccolo telescopio appare come un piccolo disco blu-verde senza caratteristiche definite. La temperatura superficiale, pari a circa -218 °C, è molto simile a quello di Urano, benché quest'ultimo sia molto più vicino al Sole. Ciò lascia supporre che Nettuno abbia una sorgente interna di energia. L'atmosfera è composta principalmente di idrogeno ed elio, ma è presente una piccola percentuale di metano, responsabile del caratteristico colore blu del pianeta.
Sono noti otto satelliti di Nettuno, il più grande e brillante dei quali è Tritone, scoperto nel 1846 (lo stesso anno della scoperta di Nettuno). Con un diametro di 2705 km, Tritone è poco più piccolo della Luna; percorre un'orbita retrograda, diversamente dalla maggior parte dei satelliti principali del sistema solare. Nonostante sia estremamente freddo, è circondato da un'atmosfera di azoto con tracce di metano e mostra la presenza di foschie; sulla sua superficie sono stati osservati dei geyser che emettono materiale di composizione non nota. Nereide, il secondo satellite (scoperto nel 1949), ha diametro di soli 320 km. Altri sei satelliti vennero scoperti dalla sonda Voyager 2 (vedi Esplorazione dello spazio) nel 1989. Nettuno ha anche un sistema di cinque anelli. Il suo campo magnetico è inclinato di oltre 50° rispetto all'asse di rotazione.
L'esistenza di Nettuno venne ipotizzata nel 1846 dall'astronomo francese Urbain Le Verrier per spiegare le perturbazioni osservate nell'orbita di Urano. Il pianeta venne scoperto nello stesso anno dall'astronomo tedesco Johann Gottfried Galle, a meno di 1° dalla posizione prevista da Le Verrier.

Plutone
Nono e ultimo pianeta del sistema solare, in ordine di distanza dal Sole. L'esistenza di Plutone venne ipotizzata dall'astronomo statunitense Percival Lowell per spiegare le piccole perturbazioni osservate nel moto di Urano. Lo staff dell'osservatorio Lowell proseguì la lunga serie di osservazioni iniziate dallo scienziato e nel 1930 il pianeta venne effettivamente scoperto dall'astronomo statunitense Clyde William Tombaugh nei pressi della posizione prevista da Lowell. La massa del nuovo pianeta, tuttavia, apparve insufficiente per spiegare le perturbazioni dell'orbita di Nettuno, e le osservazioni continuarono nel tentativo di identificare un decimo pianeta, che comunque non venne scoperto.
Plutone orbita attorno al Sole a una distanza media di 5,9 miliardi di km, compiendo una rivoluzione completa in 247,7 anni. Percorre una traiettoria molto eccentrica e in alcuni periodi è più vicino al Sole di Nettuno. Non esiste tuttavia rischio di collisione, dal momento che la sua orbita è inclinata di oltre 17,2° rispetto al piano dell'eclittica e non interseca mai il cammino di Nettuno.
Visibile solo per mezzo di grandi telescopi, Plutone appare di colore giallastro. Per molti anni si è saputo relativamente poco di questo pianeta, ma nel 1978 gli astronomi hanno scoperto che esso possiede un satellite relativamente grande, Caronte, situato a una distanza di solo circa 19.000 km. Le orbite di Plutone e Caronte sono tali che essi sono passati più volte l'uno di fronte all'altro tra il 1985 e il 1990, rendendo possibile una misura precisa delle loro dimensioni. Plutone ha diametro di circa 2284 km e Caronte di 1192 km; si tratta in effetti di un pianeta doppio, più di quanto sia il sistema Terra-Luna. Plutone è circondato da una sottile atmosfera, probabilmente di metano, circa 100.000 volte meno densa rispetto all'atmosfera terrestre. Essa sembra condensarsi e formare delle calotte polari durante i lunghi inverni del pianeta.
Plutone ha densità pressoché doppia rispetto a quella dell'acqua, e ciò fa pensare che esso sia molto più roccioso degli altri pianeti del sistema solare esterno. Potrebbe trattarsi del risultato delle reazioni chimiche avvenute durante la sua formazione e determinate da condizioni di temperatura e pressione particolari. Alcuni astronomi hanno suggerito che Plutone potrebbe essere un satellite di Nettuno, spinto su un'orbita diversa, all'inizio della storia del sistema solare, a causa di una collisione. Caronte sarebbe allora il risultato dell'accumulazione dei frammenti generati da tale collisione.

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