Il settecento, la filosofia e la scienza

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Testo

IL SETTECENTO E LA SCIENZA
CONTENUTI:
-l’illuminismo
-L’empirismo inglese: Hume
-Kant: sintesi tra razionalismo ed empirismo
-I progressi della scienza nel XVIII secolo
Il secolo XVIII è il secolo dei “lumi”. Il grande movimento culturale detto Illuminismo, che coinvolse tutta l’Europa ed in particolare L’Inghilterra e la Francia, rappresenta l’apoteosi del razionalismo: la ragione umana in genere e la nuova scienza in particolare sono in grado di fondare una società nuova che rifiuti tutte le scorie del passato. L’ingiustizia, la superstizione, l’arbitrio potranno essere sconfitti: nasce e si diffonde in questo periodo l’idea di progresso. Sul piano economico-politico si incomincia a delineare chiaramente l’ascesa della borghesia, cioè della classe dei commercianti, degli artigiani, dei produttori in genere. La realtà economica incomincia ad essere dominata da questo “terzo stato”, che trova nell’esaltazione dell’attività, dell’iniziativa, dell’azione pratica sostenuta da una visione razionale e spregiudicata della realtà il proprio sostegno ideologico. D’altro canto la tecnica compie in questo secolo passi da gigante, mentre l’artigiano incomincia a lavorare su basi allargate, ormai pre-industriali. La scienza, sebbene non sia ancora direttamente interessata all’applicazione tecnica, si mostra tuttavia sempre più necessaria come fondamento di ogni realizzazione pratica: le ingegnose macchine affidate all’abilità e all’intuito di uomini non preparati scientificamente stanno diventando sempre più complesse e richiedono una crescente conoscenza teorica. E’ chiaro che la nuova scienza viene ad assumere un’importanza cruciale. Essa progredisce sempre più rapidamente, spogliandosi via di tutto quell’apparato filosofico-metafisico che nel Seicento era ancora ad essa strettamente collegato. In quest’epoca infatti la validità della scienza e la sua gratificazione logica incominciano ad essere cercate nella sua crescente capacità di applicazione pratica, sia in campo strettamente tecnico, sia sul terreno più generale nell’organizzazione di una società nuova. Non si sente più il bisogno di fondare la validità del sapere scientifico su considerazioni mistiche e giustificazioni come ricerca di Dio: anzi, nel periodo della Rivoluzione francese la ragione diventerà unico Dio, la scienza l’unica religione.
Questi elementi sia economici sia culturali preparano in Inghilterra, dove la borghesia è ormai giunta al potere attraverso le due rivoluzioni del 1648 e de 1688, l’avvento di quel fatto di capitale importanza per l’umanità che è la rivoluzione industriale. In Francia invece - dove la situazione è completamente diversa ed il potere politico è totalmente nelle mani delle classi improduttive mentre la borghesia ne è esclusa, pur rappresentando l’unica forza economica della nazione- l’illuminismo assumerà un carattere ideale e politico più radicale e costituirà il fondamento logico della Rivoluzione.

L’EMPIRISMO INGLESE
Accanto al movimento illuminista , che indiscutibilmente informa di sé tutto il secolo XVIII, non va tuttavia dimenticata la corrente empirista inglese, che trova in
DAVID HUME (1711-1776) il suo coerente rappresentante. Anche per gli empiristi inglesi la nuova realtà scientifica assume un posto centrale, ma essi tendono a sottolineane l’aspetto empirico- sperimentale che, sotto un certo profilo, si contrappone nettamente a quello razionalistico.
Hume, ad esempio, parte proprio dall’analisi rigorosa del processo conoscitivo umano per concludere che nessuna legge scientifica può avere una validità di carattere assoluto: il fatto che dopo un certo avvenimento ne accada costantemente un altro non ci autorizza infatti a chiamare il primo causa del secondo, né tanto meno ad essere certi che anche in futuro continuerà ad avvenire la stessa cosa. La certezza che il sole sorgerà domani non è assoluta, ma soltanto psicologica: dato che è sempre accaduto così, siamo disposti a credere fermamente che così continuerà ad accadere. E’ questa una posizione di radicale scetticismo: utilizzando gli stessi metodi della scienza e rinunciando ad ogni ipotesi di carattere metafisico, si è giunti a negare completamente (sul piano teorico ma anche su quello pratico) la validità assoluta delle leggi matematiche della fisica e lo stesso fondamentale principio di causa, che assicurava alla relazione causa- effetto un carattere oggettivo necessario.
KANT:
LA SINTESI TRA RAZIONALISMO ED EMPIRISMO
La contrapposizione filosofica tra razionalismo ed empirismo, cioè tra i due aspetti fondamentali ed apparentemente contraddittori della nuova scienza, sembra essere in IMMANUEL KANT (1724-1804) felicemente superata.
Egli si vanta di aver compiuto una nuova “rivoluzione copernicana” nel campo del pensiero, ribaltando la tradizionale distinzione tra oggetto e soggetto. E’ vero cioè – egli afferma- che riceviamo una serie di impressioni da qualche coda che è al di fuori di noi (cioè da qualche cosa che esiste indipendentemente da noi, da una “cosa in sé”) ma siamo noi, col nostro pensiero, che ostruiamo il mondo così come ci appare. In altre parole, una volta che le impressioni sensoriali sono entrate a fare parte della nostra coscienza, essa la rielabora secondo le proprie leggi che sono immutabili – valide cioè per tutti gli uomini ed in tutti i tempi- producendo una certa immagine del mondo; lo studio della natura non è altro che lo studio di questa immagine, che l’uomo stesso ha prodotto.
Di qui nasce la validità delle leggi fisiche: esse sono infatti il frutto dell’attività del pensiero umano e si applicano ad una realtà che lo stesso pensiero ha costruito: non potrà dunque mai, evidentemente, esistere alcuna discordanza ed alcuna contraddizione tra il funzionamento della natura e le leggi che lo descrivono, poiché, in ultima analisi, le due cose sono coincidenti.
Sia il razionalismo che l’empirismo vengono così superati:
- secondo i razionalisti, la scienza ci permette di giungere a verità assolute, cioè alla conoscenza effettiva della natura così com’è; ebbene, afferma Kant, questa posizione non è sostenibile: infatti noi non conosciamo la natura così com’è in assoluto, ma conosciamo soltanto la rappresentazione che di essa costruisce il pensiero dell’uomo;
- non è vero, d’altra parte, che le leggi fisiche non possono avere alcuna validità assoluta, come affermano gli empiristi: esse hanno effettivamente un valore universale, esteso cioè a tutta l’umanità.
- In altri termini, qualsiasi uomo, in qualsiasi tempo, dovrà per forza riconoscere come vere le leggi fisiche, poiché la rappresentazione del mondo non può essere- per gli uomini- diversa da quello che è. Il sole sorgerà certamente domani, poiché la mente dell’uomo, di tutti gli uomini, h costruito un mondo nel quale il solo non può non sorgere.
- Kant fu uno dei grandi filosofi dell’età moderna e dal suo ricchissimo e complesso sistema filosofico prenderanno le mosse le grandi correnti del pensiero dell’Ottocento.
I PROGRESSI DELLA SCIENZA E DELLA TECNICA
NEL SECOLO XVIII
L’aspetto più significativo dei progressi della scienza nel corso del secolo XVIII è forse rappresentato dal grandioso sviluppo della matematica infinitesimale: insigni studiosi come LEONARDO EULERO (1707-1783), GIUSEPPE LAGRANGE (1736-1813), BROOK TAYLOR (1685-1731) ETIENNE BèZOUT (1730-1783) seppero farne uno strumento straordinario per tutta l’indagine scientifica. La meccanica di Galileo e di Newton assume una fisionomia estremamente rigorosa, un aspetto talmente unitario e coerente da prendere il nome di “meccanica razionale”; la materia che oggi si indica con tale nome non differisce praticamente in nulla dalla meravigliosa costruzione settecentesca.
L’analisi infinitesimale fu applicata sistematicamente anche nello studio dell’astronomia, dove si aggiunsero grandissimi risultati, che confermarono appieno la legge gravitazionale di Newton: i più straordinari furono la scoperta da parte di EDMOND HALLEY (1656-1742) della cometa che porta il suo nome e soprattutto la previsione e della sua ricomparsa, pienamente verificatasi quasi ottanta anni più tardi.
Diverse nuove branche del sapere scientifico incominciarono a svilupparsi: tra l’altro, si studiano i fenomeni elettrostatici, gettando le basi per l’analisi sistematica dell’elettrologia – basti pensare a BENJAMIN FRANKLIN (1706-1790)o, sul finire del secolo, a CHARLES DE COULOMB (1732-1806)-; la chimica acquista con ANTOINE L. DE LAVOISIER (1743-1794) la sua fisionomia moderna; si incominciano ad analizzare i fenomeni termici (nascono le scale termometriche in uso ancora oggi).
Lo sviluppo della scienza teorica è accompagnato e sostenuto dallo sviluppo della tecnica, in particolar modo dal rapido perfezionarsi degli strumenti di misura, cui si comincia ad attribuire l’importanza fondamentale che in effetti hanno. Notevolissimi progressi si realizzano nel campo dell’ottica (costruzione delle lenti acromatiche), dei cronometri, dei termometri. Nascono in questo periodo le prime macchine a vapore e già nel 1769
JAMES WATT brevetta la sua celebre macchina che sarà – sul piano tecnico- protagonista sella rivoluzione industriale.
IL SETTECENTO E LA FILOSOFIA
CONTENUTI:
• INTRODUZIONE
• VOLTAIRE
• MONTESQUIEU
• ROUSSEAU
• KANT
L’Illuminismo è un movimento che pone al centro del suo programma l’obiettivo di condurre sotto i lumi della ragione l’intera vita dell’uomo, con un intento polemico contro tutte le forze accusate di voler trattenere le menti in stato di “minorità”, avvolte dalle “tenebre” dell’errore, del pregiudizio e della superstizione. Il periodo aureo della su fioritura è il secolo XVIII e il centro principale d’irradiazione è la Francia. I distingue una prima fase, dominata dal pensiero di Voltaire e Montesquieu, e una seconda caratterizzata dalla pubblicazione dell’Encyclopédie, intorno al cui progetto si coalizza parte del partito dei philosophes, fra cui spicca Rousseau. Il movimento illuminista ha grande sviluppo anche in Europa, pur differenziandosi a seconda delle tradizioni storiche, politiche e religiose con cui si confronta. In Italia assume un carattere più moderato concentrandosi prevalentemente sul problema del rinnovamento civile e giuridico della società, come nelle opere di Pietro Verri e Cesare Beccaria. Anche in Germania l’illuminismo si presenta moderato, confluendo in una concezione più complessa della ragione, capace di accogliere in sé le dimensioni della sensibilità e del sentimento
I caratteri essenziali dell’Illuminismo
Rispetto alla razionalità moderna, impegnata nei grandi problemi metafisici, la ragione illuministica è soprattutto rivolta allo studio della realtà terrena e quotidiana, con un’attenzione particolare alle dimensioni della felicità e dell’utilità. L’affermarsi di questa razionalità mondana e pragmatica si congiunge a una tendenza polemica contro le religioni tradizionali e la Chiesa, considerate frutto di imposizione autoritaria, strumento di dominio politico, di superstizione e intolleranza. Insieme alla libertà e all’uguaglianza, trova enorme diffusione la parola d’ordine della tolleranza. Non solo viene affermata vigorosamente l’autonomia della coscienza morale, ma vi si ravvisa il criterio e la garanzia dell’efficacia e validità della religione stessa. La divinità viene concepita come un “ente supremo”, in un senso deistico più che teistico e spogliata di molti degli attributi assegnati da secoli di teologia e metafisica. Prevali inoltre l’attenzione verso i risultati delle scienze e il loro legame con le tecniche. Questa attenzione è alla base del progetto dell’Enciclopedia, o dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri (1751-72) diretta da Jean Le Rond D’Alambert e da Denis Diderot; essa si propone di offrire un inventario “critico” delle conoscenze umane per propagare la cultura, “rischiarare” le conoscenze e combattere l’intolleranza e le superstizioni. Nell’Enciclopedia prevale l’interesse per la ricerca concreta e un senso del sapere progressivo, sottoposto a continue verifiche sperimentali e continui ampliamenti.
La fondazione dell’estetica
Nella considerazione delle opere d’arte l’illuminismo mantiene un grande interesse per le regole tradizionali di composizione, ma opera anche un significativo spostamento verso il problema del gusto, cioè verso l’ottica di chi fruisce dell’opra d’arte. Si spiega così come proprio nel 700 di può parlare con Alexander Gottfried Baumgarten di fondazione dell’estetica come scienza autonoma, sia pur definita quale forma inferiore di conoscenza.
La filosofia della storia illuministica
L’illuminismo dedica grande attenzione anche alla pedagogia, nella convinzione che proprio l’educazione sia uno strumento primario di progresso, la cui nozione è centrale nella concezione illuministica della storia perché viene assunta come criterio di giudizio e di valutazione dei fatti e delle epoche. Da una parte l’illuminismo identifica il progresso come un processo destinato a portare tutti i popoli al livello di razionalità raggiunto a quel tempo, dall’altra esso viene inteso come un compito illimitato e inesauribile della ragione. Con l’illuminismo si diffonde una concezione cosmopolita, che prende in considerazione anche le civiltà extraeuropee, e laica della storia, che ne ampia l’orizzonte rispetto a quella cristiano-centrica e di ispirazione teologica
..Voltaire..
Voltaire, pseudonimo di François-Marie Arouet (Parigi, 1694-1778), è l’emblema dell’illuminismo francese. Nelle LETTERE FILOSOFICHE (1773) si scaglia contro il fanatismo e l’intolleranza religiosa in Francia, identificata con il cristianesimo e con la Chiesa. Nel CANDIDO O L’OTTIMISMO (1759) critica la filosofia ottimistica, in particolare di Leibniz, che per voler giustificare tutto impedisce di capire qualsiasi cosa: non bisogna cercare la giustificazione universale del mondo, ma accettare il mondo così com’è, col bene e col male che lo abitano, cercando di migliorarlo almeno per quella parte che è alla nostra portata. Questa visione di Voltaire si basa su una concezione deistica: Dio esiste, ma non prende parte alle vicende storiche dell’uomo , e la sua esistenza non è un dato di fede, ma di ragione. Inoltre il bene e il male dell’uomo non sono comandi divini, ma attributi storici che esprimono ciò che è utile o dannoso per la società.
Voltaire si dedica anche al progetto di una storiografia illuminata dallo spirito critico della filosofia. Oggetto della ricerca storica è l’evolversi dello spirito umano colto attraverso i fatti bruti, le vicende belliche e, soprattutto, i dati di costume e di cultura. Dalla storia emerge allora il progresso dell’umanità, il progressivo rischiararsi della ragione attraverso i suoi continui tentativi di affrancarsi dai pregiudizi e dalla superstizione
..Montesquieu..
Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e Montesquieu (La Brède, Bordeaux, 1698-Parigi 1755) nella sua opera più famosa, LO SPIRITO DELLE LEGGI (1748), individua la “natura”( la struttura istituzionale) e lo “spirito” (l’insieme degli atteggiamenti e dei criteri etici che stanno alla base selle forme di governo) di tre diversi assetti politici: il dispotismo di basa sella paura, la monarchia sull’onore, la repubblica sulla virtù. La preferenza per la repubblica rispetto alle altre forme di governo, la persuasione che la libertà politica rappresenti il nucleo della Stato di diritto, la convinzione che la vita associata debba essere fondata sulla libertà esercitata nel contesto delle leggi portano Montesquieu alla formulazione della famosa teoria della separazione dei poteri. La divisione del potere statale in legislativo, esecutivo e giudiziario permette un maggiore controllo sul potere stesso, toglie legittimità a pretese razionali e a giustificazioni puramente metafisiche definendone limiti e compiti.
Rousseau
Anche Jean-Jacques Rousseau (Ginevra 1712- Ermenonville 1778) è un esponente di punta dell’illuminismo, tuttavia anticipa alcune tematiche (come il valore del sentimento, la voce del cuore che non sbaglia mai e ama solo il bene) che saranno care al romanticismo. Nel DISCORSO SULL’ORIGINE DELLA DISUGUAGLIANZA (1775) descrive lo stato di natura come quella condizione in cui l’uomo è libero e vive in assoluta solitudine, dipendendo solo da sé stesso. Il passaggio allo stato sociale è causato da fattori esterni e contingenti (quali natura di clima e difficoltà di procurarsi il cibo), che portano l’uomo a sviluppare le proprie capacità razionali. Ma con lo stabilirsi dei rapporti sociali si compie anche il primo passo verso la disuguaglianza: emergono le differenze fra le capacità dei singoli, la ricerca della ricchezza e della proprietà privata porta poi alla guerra di tutti contro tutti. Per porre rimedio a questo stato di guerra continua, viene posta l’istituzione di un contratto sociale che proclama di unire tutte le forze dei contraenti in un potere supremo che con sagge leggi protegga i deboli e assicuri a ciascuno il possesso di ciò che gli appartiene. Tuttavia, questo contratto sociale si rivela iniquo, dal momento che di fatto conferma la disuguaglianza e l’oppressione sciale. Rousseau non propone però un ritorno allo stato di natura: questo è solo lo stato iniziale, potenziale per l’essere umano, mentre è nel assaggio allo stato sociale che l’uomo raggiunge la sua maturità. Il suo programma (esposto nel romanzo pedagogico EMILIO e nel saggio sul CONTRATTO SOCIALE, entrambi del 1762) è piuttosto di liberare l’uomo dalla corruzione della vita sociale e costituire una società di uomini liberi. Nell’EMILIO mira a cogliere la piena esplicazione dell’essere umano nell’unità dialettica di volontà e ragione così come si dà nella vita morale, a sua volta fondata su una religione naturale e razionale non frutto di una rivelazione divina, ma espressione della ragione e della coscienza umana. Infatti solo conoscendo il bene lo si può amare , ma l’amore dell’ordine, e cioè della coscienza, è guida infallibile della ragione e dell’intelletto e ha il suo centro in Dio. Nel CONTRATTO SOCIALE propone la costituzione dello stato, come corpo morale e collettivo composto da tutti i cittadini e in cui ciascun membro esercita la propria libertà mediante la volontà generale, che è la volontà di tutti i singoli cittadini in funzione del bene comune.
Immanuel Kant
La vita e l’ambiente
All’università Immanuel Kant (Königsberg 1724-1804) studia filosofia, fisica e matematica. E’ protettore privato. Poi libero docente e dal 1770 diviene professore ordinario di logica e ontologia. Cresce in un ambiente intellettuale variegato e non privo di contrasti. Nella cultura filosofica di Königsberg esistono ancora i rappresentanti dell’aristotelismo ; permangono i problemi aperti dal cartesianesimo; cominciano ad avvertirsi gli influssi dell’empirismo inglese; si afferma il pensiero di Leibniz.
Il periodo precritico
Nella prima fase della sua attività (1746-59), Kant mostra interesse per le scienze e la filosofia naturale nel tentativo di descrivere i fenomeni senza dover ricorrere a cause puramente ipotetiche. Nella STORIA NATURALE UNIVERSALE (1755), SOTTO L’INFLUSSO DI Newton, applica le forze di attrazione e repulsione per elaborare una teoria meccanicistica riguardante il formarsi dell’universo senza ricorrere ad argomenti teologici nella spiegazione dei fenomeni naturali. Dagli scritti del secondo periodo precritico (1762-68) emerge l’esigenza di una riorganizzazione della filosofia e comincia a delinearsi la formazione della filosofia trascendentale. Nella RICERCA SULL’EVIDENZA DEI PRINCIPI DELLA TEOLOGIA NATURALE E DELLA MORALE (1762) Kant si propone di cercare un metodo filosofico rigoroso per approdare a una certezza metafisica paragonabile a quella della fisica e della matematica. Egli critica la metafisica tradizionale contrapponendo una metafisica intesa come “scienza dei limiti della ragione umana”.
LA CRITICA DELLA RAGION PURA
Nella CRITICA DELLA RAGION PURA (1781) Kant si propone di sottoporre a giudizio la ragione umana. Per critica della ragion pura intende l’indagine rigorosa della “facoltà della ragione riguardo a tutte le conoscenze a cui può aspirare indipendentemente da ogni esperienza” per stabilire la possibilità o meno di una metafisica come scienza. La conoscenza derivante dall’esperienza è detta “a posteriori” mentre quella indipendentemente dall’esperienza è detta “a priori” e solo essa è universale e necessaria. La conoscenza è composta da una materia (le impressioni sensibili che derivano dall’esperienza) e da una forma (l’ordine e l’unità che le nostre facoltà conferiscono alla materia).La conoscenza scientifica, come opera nella matematica e nella fisica, è una “sintesi a priori”, contiene cioè “giudizi sintetici a priori”: “sintetico” significa che il predicato aggiunge qualcosa di nuovo al soggetto, e “a priori” vuol dire universale e necessario e perciò non derivante dall’esperienza (per esempio, la somma degli angoli interni di un triangolo è 180°). L’opera intende dunque rispondere alla domanda come siano possibili giudizi sintetici a priori, ovvero come è possibile la scienza, poiché opera con simili giudizi. Queste “condizioni di possibilità” della scienza e della conoscenza risiedono negli elementi a priori che ordinano le impressioni : l’oggetto dell’esperienza risulta da una sintesi tra un dato della sensibilità e un elemento a priori: Kant chiama tale oggetto “fenomeno”. La CRITICA DELLA RAGION PURA vuole indagare gli elementi formali , o trascendentali, della conoscenza; per trascendentale si intende una conoscenza “che si occupa non di oggetti, ma del nostro modo di conoscenza degli oggetti”. Questa inversione del rapporto conoscitivo per cui è l’oggetto ricevuto dalla sensibilità e pensato dall’intelletto che si adegua al soggetto conoscente e non viceversa viene definita da Kant la rivoluzione copernicana del pensiero. La CRITICA DELLA RAGION PURA si divide nell’estetica trascendentale e nella logica trascendentale (analitica dei concetti e analitica dei principi) e dialettica trascendentale.
L’estetica trascendentale determina le forme pure della sensibilità, entro cui le sensazioni sono ordinate: sono le intuizioni pure di spazio e di tempo, che possiedono una “realtà empirica” e una “idealità trascendentale” e condizionano il modo delle cose di apparire a noi. Se la sensibilità è recettività, l’intelletto è spontaneità e la sua attività è il giudizio: dunque pensare significa giudicare. La logica trascendentale astrae dal contenuto empirico e tratta dei concetti puri, o categorie dell’intelletto. L’attività dell’intelletto si esplica nel giudicare secondo classi (quantità, qualità, relazione, modalità) che si articolano in funzioni intellettuali (le 12 categorie: per esempio, unità, molteplicità; realtà, negazione; causalità, azione reciproca). Per applicare le categorie agli oggetti dell’esperienza occorre il passaggio della “deduzione trascendentale”. Se infatti nella sensibilità il molteplice dell’esperienza viene ordinato secondo le intuizioni di spazio e tempo, nell’intelletto il molteplice dato dalla sensibilità deve sottostare “alle condizioni dell’unità sintetica originari dell’appercezione”: l’Io penso. Il pensiero di un oggetto mediante i concetti dell’intelletto può diventare conoscenza solo se relazionato agli oggetti e non ai sensi. Ciò significa che pensare e conoscere non sono la stessa cosa: un oggetto può essere pensato tramite le categorie, ma tale oggetto pensato può essere conosciuto solo mediante le intuizioni sensibili di spazio e di tempo.
L’analitica dei principi insegna ad applicare ai fenomeni i concetti, e ciò implica che sia trovata una mediazione tra sensibilità e intelletto, tra intuizione e concetto. Occorre cioè un terzo termine, omogeneo con il concetto, che è intellettuale, e con il fenomeno, che è sensibile: si tratta dello “schema trascendentale”, un prodotto dell’immaginazione. L’immaginazione configura nel tempo (che è a priori come le categorie dell’intelletto e intuibile come le forme pure della sensibilità), secondo le varie categorie, il materiale fornito dalla sensibilità.
La dialettica trascendentale intende dimostrare che i giudizi sintetici a priori valgono solo per le cose come appaiono, ossia per i fenomeni. I giudizi sintetici a priori risultano illegittimi applicati alle cose in sé, che Kant definisce nuomeni e giudica inconoscibili. Pertanto se le categorie hanno una funzione costitutiva nella conoscenza, le tre idee dell’anima, del mondo e di Dio, fondamento del sapere metafisico, hanno solo una funzione regolativa e sono pensate dalla ragione, che a differenza dell’intelletto non opera sui dai sensibili, gli unici veramente conoscibili. La ragione tende a unificare i dati attraverso l’idea dell’anima, i dati esterni attraverso l’idea del mondo e a fondare tutto l’esistente nell’idea di Dio. L’errore nasce quando la ragione “entifica”, trasforma cioè in enti reali, queste idee di cui non abbiamo alcuna esperienza, traendone una conoscenza, la metafisica tradizionale, che è illusoria perché pretende di andare oltre ai limiti dell’esperienza sensibile. Negativa è quindi la risposta al quesito iniziale, ossia se sia possibile una metafisica come scienza.
LA CRITICA DELLA RAGION PRATICA
La CRITICA DELLA RAGION PURA(1788) si propone la ricerca delle condizioni della morale. Nell’uomo è presente una legge morale (definita un “fatto della ragione”) che comanda come un imperativo categorico, ossia incondizionatamente. Questa legge del dovere comanda per la sua forma di legge, come norma che prescrive di obbedire alla ragione e perciò a differenza della “massima” (la regola di condotta individuale) deve essere universale, principio oggettivo valido per tutti: indica come fine il rispetto della persona umana e afferma l’indipendenza della volontà come pure l’autonomia della ragione. “il dovere per il dovere” indirizza così a quell’ordine morale, il “regno dei fini”, in cui il valore di un’azione dipende dalla conformità della volontà alla prescrizione della legge morale. Postulati della legge sono innanzitutto e fondamentalmente la libertà ( se l’uomo non è libero non ci sarebbe moralità)l’immortalità dell’anima (perché nel nostro mondo non si realizza mai la piena concordanza della volontà alla legge che rende degni del sommo bene) e l’esistenza di Dio (che fa corrispondere la felicità al merito acquisito). Così le idee della ragione (anima e Dio) sono pensabili nella CRITICA DELLA RAGION PURA ora si presentano come postulati della moralità.
LA CRITICA DEL GIUDIZIO
Tra il mondo fenomenico, di cui si dà scienza, e il regno dei fini, sottratto al determinismo e del tutto libero, c’è eterogeneità, eppure il mondo nuomenico (cioè “pensato quale deve essere secondo i dettami della legge morale”) deve avere qualche riflesso su quello sensibile affinché la libertà possa attuarvisi.
L’attività del giudizio, argomento della CRITICA DEL GIUDIZIO (1790), deve proprio scorgere questo riflesso del regno dei fini sul mondo fenomenico e lo può fare in due modi: o come “giudizio determinante! O come giudizio” riflettente”. Il caso del giudizio determinante è quello del giudizio gnoseologico, in cui è già data una norma universale che permette all’intelletto e alla volontà di “determinare” il particolare, ossia il dato della scienza o l’azione della morale (per esempio, la trasformazione dell’acqua in ghiaccio è causata dal freddo; questa azione è giusta). L’esigenza del giudizio riflettente consiste nel fatto che, dato il molteplice empirico, bisogna trovare il suo principio unitario, la finalità di natura, formulato dalla facoltà di giudizio “riflettendo” su se stessa e sulla propria esigenza di unità. Il giudizio riflettente può essere estetico, riguardante la bellezza, e teologico, o finalistico, riguardante gli scopi della natura: entrambi si fondano sulla finalità, ossia su un rapporto di armonia e di accordo reciproco fra parti, e non sono conoscitivi.

Bibliografia:
Siro Morettini “Principi e metodi della fisica”
Magni-De Bartolomeo “Filosofia” ATLAS
AA.VV. “FILOSOFIA” DeAgostini
Internet (tutte le immagini- la parte riguardante Beccaria)
Oggi come ieri:
i grandi temi di attualità
Cesare Beccaria
“Dei Delitti e delle Pene”
la pena di morte

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