Il Colosseo

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Testo

COLOSSEO
Il più grande anfiteatro mai edificato a Roma e simbolo stesso della romanità fu eretto ad opera degli imperatori Flavi e perciò chiamato Amphiteatrum Flavium; il nome di Colosseo gli fu attribuito solo a partire dal Medioevo per la vicinanza della colossale statua bronzea raffigurante Nerone (Colosso di Nerone) come il dio Sole che si ergeva nel luogo dove era sorto il vestibolo della Domus Aurea.
La costruzione del Colosseo fu intrapresa dall’imperatore Vespasiano nel 70 d. C. nella valle tra Celio, Palatino ed Esquilino, che ospitava il lago artificiale, centro della resistenza regale neroniana, prosciugato per l’occasione. Lo scopo dichiarato di Vespasiano era di restituire al popolo romano ciò che gli era stato tirannicamente tolto da Nerone, oltre a quello di dotare Roma di un grande anfiteatro stabile in luogo dell’ormai insufficiente Anfiteatro di Tauro nel Campo Marzio, riedificato provvisoriamente in legno da Nerone dopo l’incendio del 64 d.C. .
I lavori iniziarono nei primissimi anni del regno di Vespasiano e nel 79 d.C. l’edificio giungeva solo ai primi due ordini esterni con le prime tre file di gradini all’interno. Il suo completamento fino alla quarta e quinta fila di gradini si deve a Tito, figlio e successore di Vespasiano, e fu inaugurato nell’80 d.C. con spettacoli e giochi grandiosi durati cento giorni. In quella occasione vi trovarono la morte centinaia di gladiatori e migliaia di belve delle quali ne perirono cinquemila in un solo giorno. Marziale compose per la circostanza il suo “Liber de spettaculis” che dedicò all’imperatore. L’anfiteatro non era però completamente finito e fu Domiziano che lo portò all’aspetto e alle dimensioni attuali, aggiungendo la parte terminale dell’edificio con le ultime gradinate e portando a termine i lavori di rifinitura e di perfezionamento. Infatti secondo le fonti egli giunse ad clipea, ossia a porre gli scudi bronzei che decoravano l’attico, aggiungendo il maenianum summum, il terzo ordine interno realizzato a gradinate di legno. Inoltre fu lui a far costruire i sotterranei dell’arena, cosa che impedì da allora di far svolgere nel Colosseo le “naumachie” (spettacoli di battaglie tra navi, per le quali era necessario inondare l’arena), che avevano qui avuto luogo precedentemente, come sappiamo dalle fonti letterarie.
Interventi successivi furono effettuati da Nerva, Traiano e Antonino Pio. Alessandro Severo restaurò l’edificio per i danni che aveva subito a causa di un incendio provocato da un fulmine nel 217 d.C. . Ulteriori restauri si devono a Gordiano III e in seguito a Decio, dopo che il Colosseo era stato ancora una volta colpito da un fulmine nel 250 d.C. . Altri lavori di ripristino furono necessari dopo i terremoti del 429 e del 443 d.C. . Odoacre ne fece ricostruire le gradinate inferiori, come ci attestano le iscrizioni che vi possiamo leggere con i nomi dei senatori, datate tra il 476 e il 483 d.C. . Con Teodorico si ha l’ultimo intervento di restauro dell’edificio, che cadde subito dopo in uno stato di totale abbandono.
Divenne così fortezza dei Frangipane nel Medioevo e altri terremoti fecero si che si iniziasse a riutilizzare i materiali crollati per nuove costruzioni; dal XV secolo esso si trasformò così in una cava di blocchi di travertino, fino a metà del XVIII secolo quando fu consacrato da papa Benedetto XV.
L’edificio è di forma ellittica e misura in lunghezza m. 188 x 156 ai limiti esterni e m. 86 x 54 a quelli interni, mentre l’altezza è di quasi m. 49. La facciata esterna è realizzata interamente in travertino, una pietra bianca porosa largamente diffusa in Roma, e si presenta su quattro ordini, i primi tre costituiti da 80 arcate ciascuno, inquadrate da pilastri con addossate semicolonne, tuscaniche nel primo piano, ioniche nel secondo e corinzie nel terzo. Essi sono coronati da un attico che funge da quarto piano, scandito da lesene corinzie tra le quali compaiono alternativamente una finestra quadrangolare e uno spazio, adesso vuoto, che conteneva gli scudi dorati; una serie di fori tra mensole alloggiavano la travatura di sostegno del grande velario, “velarium”, una grande copertura di stoffa che doveva proteggere gli spettatori dal sole o dalla pioggia, manovrato da una squadra della flotta militare di Miseno.
Gli archi del piano terreno erano numerati per consentire l’accesso ai diversi ordini di posti della cavea. All’estremità degli assi fondamentali del complesso si trovavano i quattro ingressi d’onore, non numerati, riservati a personaggi di rango, quali magistrati, membri di collegi religiosi, Vestali; in particolare l’ingresso del lato nord era preceduto da un protiro (portichetto a due colonne) e da esso si raggiungeva la tribuna imperiale attraverso un corridoio decorato con stucchi.
Dalle arcate esterne si accedeva a un doppio corridoio anulare da cui si dipartivano le scale che congiungevano agli sbocchi, vomitoria (centosessanta), interni della cavea; al secondo piano si aveva un analogo doppio ambulacro, e così al terzo piano, ma di altezza inferiore ai primi due, mentre due singoli corridoi sovrapposti correvano all’altezza dell’attico.
All’interno la cavea era separata dall’arena da un podio alto quasi quattro metri, dietro il quale si trovavano posti d’onore; essa era ripartita orizzontalmente in tre settori, maeniana, gallerie , separate da opere in muratura, baltei. I primi due meniani , di cui il secondo suddiviso a sua volta in inferiore e superiore, avevano i gradini in marmo ed erano scanditi verticalmente dagli accessi che vi si aprivano, vomitoria e da scale; si venivano così a costruire dei settori circolari detti cunei. Era in questo modo possibile contrassegnare posti col numero di gradino, di cuneo e di sedile. Il terzo meniano, o maenianum summum, era invece realizzato con gradini di legno e separato dal sottostante maenianum secundum da un alto muro; presentava un colonnato con una galleria riservata alle donne, al di sopra della quale una terrazza ospitava le classi più basse della società con posti in piedi. In senso verticale le scalinate dividevano la cavea in spicchi detti cunei.
Ai vari settori di posti della cavea si accedeva per classi sociali con ordine decrescente d’importanza dal basso in alto: il palco imperiale si trovava all’estremità meridionale dell’asse minore e qui sedevano anche i consoli e le Vestali; all’estremità settentrionale era posto il palco che ospitava il prefetto della città (Praefectus Urbis) assieme ad altri magistrati. I gradini più vicini dell’arena erano riservati ai senatori. Infatti le iscrizioni che possiamo leggere su alcuni gradini che si sono conservati ci informano della loro precisa destinazione a particolari categorie di cittadini.
Due ingressi, situati ai due lati opposti, lungo l’asse maggiore, davano l’accesso diretto all’arena, che era lo spazio più basso, cosparso di sabbia, per l’appunto in latino detta arena, che era in origine ricoperta al centro da tavole di legno che si potevano togliere quando le varie operazioni attinenti agli spettacoli lo richiedevano. A protezione degli spettatori della cavea, in caso di cacce ad animali feroci, veniva innalzata una rete metallica che terminava con zanne di elefante e con rulli ruotanti posti in posizione orizzontale, per impedire alle belve di farvi presa con le zampe.
I sotterranei dell’arena contenevano tutto il necessario all’allestimento degli spettacoli: gabbie per le belve, scenografie, depositi di armi per i gladiatori, macchinari etc. . Erano articolati su tre ambulacri anulari con aperture che consentivano una funzionale comunicazione tra tutti i settori; nel muro perimetrale una serie di trenta nicchie serviva probabilmente ad ospitare montacarichi che dovevano portare al piano dell’arena gli animali e i gladiatori.
Per la costruzione del Colosseo fu sfruttata razionalmente la presenta della depressione artificiale del lago della Domus Aurea che, una volta prosciugato, consentì di gettare le fondamenta, risparmiando un enorme mole di lavori di scavo. In una grande platea ellittica di calcestruzzo furono posti i pilastri di travertino a formare un’intelaiatura fino al terzo piano, mentre i muri radiali a blocchi di tufo e laterizio vennero inseriti tra essi. Era così possibile un lavoro contemporaneo nella parte inferiore e in quella superiore, tanto che l’edificio fu suddiviso in quattro settori realizzati simultaneamente da quattro differenti cantieri.
Nel Colosseo venivano dati diversi generi di spettacoli: i munera, ossia i combattimenti tra gladiatori, le venationes, cioè le cacce di animali feroci, e le già citate naumachie. Queste ultime furono abbastanza presto trasferite in altri appositi edifici, per la difficoltà che presentava l’allagamento dell’arena dell’anfiteatro: celebre è rimasta la ricostruzione voluta da Tito della battaglia navale tra Corinzi e Corciresi, che impegnò tremila uomini.
I combattimenti gladiatorii si svolgevano in forma di duello, tra schiere contrapposte, il più delle volte fino alla morte di uno dei due contendenti. Nelle venationes, date al Colosseo da Domiziano, il quale , secondo le cronache del tempo, si divertiva egli stesso, dall’alto del suo palco e con grande gioia della plebe, a colpire le fiere con grande abilità, si esibivano, come varianti delle cacce, i gladiatori, spesso disarmati e per lo più condannati a morire. Memoria di sanguinosi esiti di questi spettacoli ci rimane negli scrittori antichi che ci parlano tra l’altro di diecimila gladiatori e undicimila animali feroci impiegati da Traiano per i giochi in occasione del trionfo sui Daci e del numero impressionante di belve fatte cacciare da Probo sempre in occasione del suo trionfo.
In questo genere di spettacoli notevolmente curata era la parte scenica per cui si provvedeva perfino alla costruzione posticcia di collinette, di piccoli boschi, corsi d’acqua, deserti ecc. che servivano a dare più immediata l’illusione della realtà e ad ambientare le varie bestie nel paesaggio in cui vivevano naturalmente.
Accanto a questi due tipi di spettacoli, ce n’era un altro, particolarmente gradito al popolino, che consisteva in parodistiche rievocazioni di episodi della leggenda, del mito o anche della storia, scelti fra quelli più spettacolari e soprattutto cruenti.
C’era , infine tutta un altra serie di rappresentazioni minori che andavano dalla rappresentazione di animali esotici o di animali addomesticati.
Non è certo se proprio nel Colosseo siano stati martirizzati dei cristiani.
Onorio emanò nel 397 d.C. un editto che proibiva i giochi gladiatorii, ma essi furono ripresi sotto Valentiniano III.
Dal 438 d.C. fu possibile tenere solo cacce, sempre meno sontuose, fino all’ultima che si ebbe nel 523 d.C. sotto Teodorico.
Un ultimo aspetto da considerare è il numero di spettatori che il Colosseo poteva contenere: le opinioni sono controverse, ma la cifra dovrebbe oscillare intorno ai 50.000 posti.
Le mutate condizioni della città di Roma nel Medioevo, diminuita d’importanza e ridotta di popolazione, trasformarono il Colosseo, oltre che in oggetto di grande meraviglia, anche in cava e deposito di pietra che , contrariamente alle cave naturali, offriva materiale già lavorato e pronto per l’uso!

!Fine imprevista della formula!Fine imprevista della formulaTEATRO DI MARCELLO
La progettazione del così detto Teatro di Marcello risale al tempo di Cesare, ma la costruzione dell’edificio venne portata a termine da Augusto nel 13 a.C. ; questi lo dedicò ufficialmente a nome del genero Marco Claudio Marcello, suo primo erede designato, morto prematuramente nel 23 a.C.
Nel tredicesimo secolo l’edificio fu occupato dalla nobile famiglia dei Savelli; nel diciottesimo secolo passò agli Orsini.
Il bel palazzo rinascimentale che occupa il terzo piano della facciata esterna della cavea è opera dell’architetto Baldassarre Peruzzi.
Il teatro romano, contrariamente a quello greco, che era ricavato in una collina, su un fianco della quale veniva ad adagiarsi la cavea, sorgeva invece sempre in pianura per cui la cavea era poggiata su una struttura muraria. Infatti l’edificio teatrale dovette essere costruito su poderose sostruzioni, cioè su strutture sotterranee a sostegno di una costruzione soprastante, e presenta una facciata monumentale curvilinea la cui fronte ricevette un prospetto a quarantuno arcate, inquadrate da semicolonne, su tre piani.
I primi due piani sono di ordine dorico e ionico, il terzo, del quale non rimane niente, perché inglobato nel palazzo degli Orsini che vi venne costruito sopra, doveva essere un attico chiuso con paraste corinzie. Questo tipo di scansione, cioè dorico, ionico e corinzio formano la cosiddetta “sovrapposizione degli ordini”.
L’altezza originaria era di m. 32,60.
Si è calcolato che la cavea (diametro m. 129.80) potesse contenere da 15.000 a 20.000 spettatori, costituendo così il più capiente teatro di Roma antica.
Al di là dell’orchestra (diametro mt. 37), che da grande e rotonda come era nei teatri greci classici, qui si riduce a un piccolo semicerchio perdendo gradualmente importanza, era la scena architettonica, della quale non si hanno resti anche se sappiamo che questa era sempre più complessa rispetto alle precedenti, adattandosi alle necessità delle rappresentazioni teatrali romane.
Essa era affiancata da due aule absidate, di una delle quali restano in piedi un pilastro ed una colonna. Dietro la scena era infine una grande esedra semicircolare con due tempietti.
L’edificio si segnala anche per una certa ricchezza decorativa, ancora apprezzabile nel fregio dorico del primo ordine.

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