Grecia Antica

Materie:Appunti
Categoria:Ricerche
Download:447
Data:28.05.2001
Numero di pagine:25
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
grecia-antica_1.zip (Dimensione: 29.11 Kb)
trucheck.it_grecia-antica.doc     76 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Grecia antica Civiltà sviluppatasi nella Grecia continentale, nelle isole Egee e sulla costa dell'Asia Minore dal III millennio a.C. Sin dall'età neolitica, i numerosi porti naturali lungo le coste e le brevi distanze tra le molte isole dei suoi arcipelaghi favorirono il crescere di una cultura omogenea, che tuttavia non si tradusse mai in unità politica. Le montagne e le valli profonde che attraversano la penisola determinarono infatti una divisione in unità economiche e politiche, ciascuna corrispondente a una città con il territorio circostante. Nonostante questo particolarismo politico, i greci riconoscevano una comune identità in base alla condivisione della lingua, della religione e di un insieme di valori etici e culturali: "elleni" erano infatti tutti quelli che parlavano greco, sia che abitassero ad Atene, a Sparta o nelle colonie della Magna Grecia.
La preistoria e la protostoria
Per il Paleolitico e il Mesolitico (vedi Età della Pietra) si hanno poche notizie riguardo all'insediamento umano nelle isole dell'Egeo e nella Grecia continentale. La ricerca archeologica ha invece mostrato la presenza di insediamenti durante il Neolitico; già nel VII millennio a.C., soprattutto nella zona orientale della Grecia e nel Peloponneso nordoccidentale, si diffusero l'agricoltura, l'allevamento di animali e la produzione di ceramica. La popolazione viveva in villaggi caratterizzati da rudimentali opere di difesa e abitava in capanne dapprima circolari, poi ovali e infine rettangolari, divise in più ambienti fra i quali comincia a delinearsene uno centrale, il futuro mégaron. Il passaggio all'età del Bronzo si attesta all'inizio del III millennio a.C. quando si delinearono nella regione tre aree culturali, cui corrisposero tre aree geografiche diverse: la civiltà elladica nella Grecia centrale e nel Peloponneso, la civiltà cicladica nelle Cicladi e la civiltà minoica nell'isola di Creta (vedi Civiltà dell'Egeo).
A partire dall'inizio del II millennio a.C. la penisola greca subì una serie di invasioni: popolazioni indoeuropee originarie del bacino del Danubio, a loro volta costrette probabilmente a migrare da altri invasori, si insediarono nella regione abitata nell'età precedente dai pelasgi e da altre popolazioni provenienti forse dall'Asia Minore, che la tradizione greca chiamava cari e lelegi. Gli indoeuropei che si stabilirono in Grecia in ondate successive furono gli achei (nel Peloponneso), gli ioni (nella regione centrorientale dell'Attica e nelle Cicladi), gli eoli (in Tessaglia) e infine i dori, che subentrarono agli achei nel Peloponneso nel XII-XI secolo a.C.
Dall'età del Bronzo all'età del Ferro

Nelle isole Cicladi, già abitate dal 4500 a.C., si sviluppò a partire dal 3200 a.C. una cultura fiorente, che presentò caratteri originali e autonomi soprattutto fino al 2000 a.C., quando ebbe termine l'Antico Cicladico, periodo in cui questa cultura raggiunse anche il massimo splendore. Infatti le Cicladi erano, per la loro stessa posizione geografica, al centro degli scambi commerciali che si andarono sempre più intensificando nel corso del III millennio a.C. fra le varie regioni del Mediterraneo. Gli abitanti delle isole partecipavano attivamente alle attività commerciali (come testimoniano anche le raffigurazioni di navi su manufatti in ceramica), esportando soprattutto l'ossidiana. All'inizio del medio cicladico (2000-1570 ca. a.C.) venne edificato a Delo un importante santuario dedicato a una divinità femminile, successivamente identificata con Artemide. Ma già agli inizi del II millennio a.C. la civiltà cicladica cominciò a subire l'influenza di Creta e degli abitanti della Grecia continentale, che dal XVII secolo a.C. colonizzarono le isole dell'arcipelago fino a che, nel Tardo Cicladico (attorno al 1450 a.C.), tutto l'Egeo passò sotto il controllo di questi popoli invasori, i micenei.
Anche nell'isola di Creta, già abitata durante il Neolitico, si sviluppò all'inizio del III millennio una fiorente civiltà che rimase quasi completamente sconosciuta fino al 1900, quando l'archeologo britannico Arthur Evans vi condusse importanti scavi. Tale civiltà, definita proprio da Evans "minoica" dal nome del mitico re Minosse (che in realtà non è un nome proprio, ma un termine per indicare il re, come faraone in Egitto), è convenzionalmente divisa in tre fasi, determinate dall'evoluzione stilistica della ceramica: il Minoico Antico (dal 3000 al 2200 ca. a.C.), il Minoico Medio (dal 2200 al 1700 ca. a.C.) e il Minoico Recente (dal 1700 al 1450 ca. a.C.).
Durante il Minoico Antico la popolazione, che abitava in case di pietra, era dedita non solo all'agricoltura, ma anche alla lavorazione della ceramica e all'artigianato, i cui prodotti cominciavano a essere esportati per mare. Nel periodo successivo (Minoico Medio), fra il 2000 e il 1900 a.C., a Creta si formarono alcuni agglomerati urbani (Cnosso, Festo, Mallia), caratterizzati dai grandiosi palazzi, non difesi da mura, la cui costruzione è generalmente messa in rapporto con l'affermarsi di un potere monarchico: il palazzo divenne il centro non solo della vita politica della città, ma anche della vita religiosa, in quanto vi erano locali adibiti al culto. Al palazzo erano annessi anche ampi magazzini per le abbondanti merci che venivano scambiate dai marinai cretesi, la cui attività commerciale si sviluppava sempre di più in tutto il bacino dal Mediterraneo, grazie alla supremazia che Creta allora esercitava sul mare.
Anche la Grecia continentale era soggetta all'influsso culturale e commerciale di Creta: la leggenda di Teseo e del Minotauro celebrerebbe il ricordo di pesanti tributi imposti dai cretesi ad Atene, e lo svilupparsi della civiltà micenea nel Medio Elladico sarebbe dovuta all'influsso esercitato dalla civiltà minoica sul continente. All'inizio del II millennio si sviluppò la scrittura, dapprima ideografica (fino al XVII secolo a.C.), poi fonetica, detta "lineare A" e non ancora decifrata. Attorno al 1700 a.C. si ebbe la prima distruzione dei palazzi di Cnosso e Festo, probabilmente a causa di un terremoto o di un'invasione dall'esterno. Tuttavia ben presto non solo vennero ricostruiti i palazzi distrutti, ma ne furono edificati altri ed ebbe inizio un periodo caratterizzato da grande splendore e prosperità: il Minoico Recente.
I cretesi continuarono a esercitare il predominio sul Mediterraneo, instaurando rapporti commerciali sempre più frequenti con le Cicladi e con l'Egitto (dove esportavano per lo più legno, olio, tessuti, oggetti in bronzo); fondarono anche delle vere e proprie colonie a Thera (l'odierna Santorini), Citera, Melo e Rodi. Ma attorno al 1500-1450 a.C. avvenne la seconda distruzione dei palazzi, dovuta o all'invasione degli achei o a una catastrofe naturale (maremoto o terremoto) verificatasi in concomitanza all'eruzione vulcanica che distrusse l'isola di Thera, cui avrebbe comunque fatto seguito l'invasione degli achei, che si impadronirono di Creta e posero fine alla civiltà minoica. Gli achei ricostruirono solo il Palazzo di Cnosso e si sostituirono ai micenei nell'esercizio del ruolo egemone sul Mediterraneo.
Con il termine civiltà "elladica" si indica la civiltà sviluppatasi nella Grecia continentale nell'età del Bronzo e divisa convenzionalmente in tre periodi: Antico Elladico (2800-2000 ca. a.C.), Medio Elladico (2000-1580 ca. a.C.), Tardo Elladico (1580-1100 ca. a.C.). All'inizio dell'Antico Elladico agli originari abitanti, i pelasgi, si sarebbero aggiunti popoli provenienti dall'Asia Minore; poi, tra la fine del III millennio a.C. e l'inizio del II, si sarebbe verificata l'invasione dei popoli indoeuropei, fra cui gli achei, che si stabilirono nel Peloponneso. Questi popoli, la cui civiltà, fusasi con quella degli antichi abitanti, caratterizzò tutto il periodo seguente (il Medio Elladico), erano portatori di una cultura diversa: conoscevano l'uso della ruota da vasaio, si servivano dei cavalli, fino ad allora sconosciuti, e usavano sepolture individuali.
Alla fine del periodo Medio Elladico era praticato anche il commercio per mare, soprattutto con i cretesi che esercitarono un forte influsso culturale ed economico sui più importanti insediamenti achei nel Peloponneso (Micene, Tirinto, Argo, Pilo, Sparta, Corinto). Dall'incontro fra la cultura medio-elladica e quella minoica, si sviluppò la civiltà micenea (così chiamata dalla città più potente e importante, Micene) che viene solitamente divisa in tre periodi: Miceneo I (1580-1500 ca. a.C.), Miceneo II (1500-1400 ca. a.C.) e Miceneo III (1400-1100 ca. a.C.).
Della civiltà micenea si conosceva, fino alla fine del XIX secolo, solo quanto si poteva desumere dai poemi epici di Omero, l'Iliade e l'Odissea. Importanti perciò furono i risultati degli scavi compiuti, a partire dal 1878, da Heinrich Schliemann che riportò alla luce i resti dell'antica città di Micene, basandosi sia sul racconto di Omero che sulla descrizione fatta da Pausania il Periegeta; inoltre, la decifrazione nel 1952 da parte degli inglesi Michael Ventris e John Chadwick della scrittura micenea, detta "lineare B", contribuì a fornire un quadro più preciso della civiltà e dell'organizzazione sociale dei micenei.
Anche nel mondo miceneo, il palazzo, difeso però da solide mura e caratterizzato da un vasto mégaron (eredità delle popolazioni pre-indoeuropee), era il centro della vita amministrativa, politica e religiosa. Il potere supremo era esercitato da un sovrano, chiamato wánax, che svolgeva anche mansioni religiose, mentre l'esercito era comandato dal lawagétas. L'economia era basata sull'agricoltura, sull'allevamento e sull'artigianato, i cui prodotti venivano esportati nel bacino del Mediterraneo grazie alla florida attività commerciale. Infatti i micenei dapprima si affiancarono, poi scalzarono gli stessi cretesi nel dominio sul Mediterraneo: a partire dal XVI secolo a.C. cominciarono a conquistare le Cicladi e nel XV secolo a.C. stabilirono basi commerciali a Rodi e sulle coste dell'Asia Minore (Mileto, Rodi, Cnido, Alicarnasso) e occuparono Creta e Cipro; parteciparono anche all'attacco mosso dai cosiddetti popoli del mare contro l'Egitto nel XIII secolo a.C.
Nel periodo della massima espansione (Miceneo III) si sviluppò il commercio con l'Italia, soprattutto verso la Toscana, la Sardegna e le isole Eolie, ma la politica di espansione dei micenei continuava a rivolgersi anche all'Oriente: una coalizione di città achee, verso il 1200 a.C., mosse infatti una guerra (raccontata poi da Omero nell'Iliade) contro la città di Troia che controllava, grazie alla sua posizione strategica sullo stretto dei Dardanelli, il commercio nel bacino che collega l'Egeo al Mar Nero. La distruzione di Troia, avvenuta secondo la tradizione nel 1184 a.C., segnò il culmine della potenza micenea; subito dopo, infatti, Micene, Tirinto e Pilo vennero espugnate e devastate probabilmente dai dori che, muovendosi dall'Epiro e dalle regioni balcaniche del Nord, si spinsero verso il Peloponneso e, avuta ragione degli achei grazie a un più efficace armamento in ferro, si insediarono nella parte sudorientale della penisola e diedero inizio all'età del Ferro.
I dori occuparono tutto il Peloponneso, eccetto l'Arcadia, rimasta immune dall'invasione, come del resto anche l'Attica, e successivamente le Cicladi, Creta, Rodi e la costa sudoccidentale dell'Asia Minore. I rapporti fra i nuovi invasori e le popolazioni indoeuropee già stanziatesi in Grecia (ioni, eoli e achei) non furono sempre facili: molti achei trovarono rifugio nel Peloponneso settentrionale, nella regione chiamata da allora in poi Acaia; altri (soprattutto gli abitanti della Laconia e della Tessaglia) tentarono di opporre resistenza e, dopo essere stati soggiogati, vennero fatti schiavi. Tra le popolazioni che dal Peloponneso si trasferirono in Attica e nell'isola di Eubea, alcune migrarono insieme agli eoli verso le coste dell'Asia Minore, che venne colonizzata nei secoli successivi al 1200 a.C. (la cosiddetta prima colonizzazione).
L'invasione dorica segnò comunque l'inizio di una nuova fase, non molto conosciuta, chiamata tradizionalmente "Medioevo Ellenico " (XII-VIII secolo a.C.), in cui la Grecia non subì ulteriori invasioni esterne. Tuttavia questo fu un periodo di crisi economica, caratterizzato da un certo regresso culturale e materiale: scomparvero infatti la scrittura e l'architettura monumentale, che avevano caratterizzato la civiltà micenea, e l'economia si ridusse esclusivamente alla pastorizia e all'agricoltura. Si determinarono inoltre cambiamenti politico-istituzionali: al wánax miceneo si sostituì il basiléus, che non era propriamente un re ma un capo militare, di origine nobile, cui erano attribuiti anche compiti religiosi e civili. Nell'esercizio del potere, che tenderà a divenire ereditario, questi era affiancato da un consiglio di anziani, capi dei gruppi gentilizi (ghéne), che costituiranno l'aristocrazia nella futura società greca e che erano i proprietari delle terre lavorate dai ceti più bassi della popolazione.
Il Medioevo Ellenico non fu però solo un periodo di crisi, poiché vennero introdotte dai dori alcune significative novità che caratterizzeranno lo sviluppo delle età successive. Comparvero infatti i primi edifici religiosi dedicati esclusivamente al culto (vedi Templi), nella ceramica si affermò lo stile geometrico, si sviluppò la lavorazione del ferro e, soprattutto, si andò embrionalmente costituendo una nuova struttura politico-sociale, la pólis (città-stato).
L'età arcaica (VIII-VI secolo a.C.)
La nascita della pólis
Quando si esaurirono i movimenti migratori nella regione dell'Egeo, la Grecia continentale, le isole e le coste dell'Asia Minore erano tutte occupate da popolazioni che, sebbene divise in unità territoriali politicamente indipendenti, riconoscevano di avere una comune identità culturale, basata sulla lingua, sulla religione e sulle comuni tradizioni; esse adottarono anche la comune denominazione di "elleni", che, secondo Omero, era in origine il nome di una popolazione che viveva a sud della Tessaglia. Il termine "greci", usato in seguito da popoli stranieri, deriva da Graecia, nome latino di una piccola tribù dell'Epiro che fu forse la prima con la quale i romani entrarono in contatto.
L'età arcaica, sebbene caratterizzata dall'assenza sia di invasioni dall'esterno sia di conflitti con i popoli confinanti, fu tuttavia un periodo travagliato, di forti tensioni sociali: i fenomeni più importanti furono la nascita delle póleis (città-stato), il passaggio dalla monarchia ai regimi aristocratici, l'insorgere di tirannidi o di regimi democratici, e la colonizzazione. Le città-stato si formarono nel corso dell'VIII secolo a.C., in conseguenza del progressivo allentarsi dei legami gentilizi che nell'epoca precedente avevano avuto il sopravvento su quelli politici. Alcune póleis si svilupparono da antiche città micenee, altre invece furono fondate ex novo in zone fertili o vicine al mare, che avessero però anche facilità di comunicazione con l'interno; tuttavia, indipendentemente dalla loro origine, le città-stato caratterizzarono la storia greca per quattro secoli e furono al tempo stesso centro politico, economico e militare.
Ciascuna pólis era costituita dalla città vera e propria (ástu) e dal territorio circostante (chóra); la città era di solito cinta da mura e aveva, oltre alle case e alle botteghe degli artigiani, una piazza (agorá) dove si tenevano il mercato e le assemblee del popolo; l'acropoli, cioè la "città alta", costituiva la parte più fortificata dell'abitato, dove i cittadini potevano rifugiarsi in caso di pericolo e dove vi era il tempio della divinità protettrice della città. La popolazione però non viveva tutta nel centro urbano, ma anche nel territorio circostante (chóra), destinato prevalentemente all'agricoltura o al pascolo.
Le póleis avevano una dimensione limitata, ma erano politicamente indipendenti e autonome: ciascuna infatti aveva culti, leggi e feste sue proprie. Proprio la limitata estensione del territorio, che spesso non forniva sufficienti risorse agli abitanti, spinse le città a cercare di espandersi a discapito dei centri vicini, che talora persero la loro autonomia a vantaggio della città più forte (vedi Sinecismo). Frequenti erano però le anfizionie (leghe sacre), alleanze di più póleis, solitamente limitrofe, che si riunivano intorno a un santuario molto venerato: dapprima le anfizionie si occupavano solo di finanziare il santuario e di organizzare le feste religiose, successivamente cominciarono a dirimere le questioni sorte fra le póleis e, trasformandosi in federazioni di contenuto sempre più politico, potevano decidere anche una "guerra sacra" contro qualche città della lega che non avesse rispettato i patti. L'anfizionia più importante fu quella che aveva sede a Delfi, nella Focide.
Nonostante le città-stato greche avessero ciascuna una propria autonomia, esse furono comunque caratterizzate da un comune sviluppo politico: alle originarie monarchie che dominavano le póleis nella fase del loro consolidamento, tra l'800 e il 650 a.C., si sostituirono governi aristocratici formati da oligarchie, che detenevano, oltre al controllo delle terre, anche quello politico. La gran parte della popolazione, composta da piccoli proprietari terrieri, artigiani, contadini, mercanti, aveva scarso peso politico; importanti erano invece le aggregazioni tribali, che talora prendevano forma più ampia, assumendo così il nome di fratríe.
Un altro fenomeno di importanza rilevante fu la colonizzazione, che interessò vaste zone del Mediterraneo dall'VIII al VI secolo a.C. (seconda colonizzazione) e alla cui origine vi furono fattori determinanti, come il bisogno di terre coltivabili (scaturito dall'incremento demografico), la connaturata povertà del suolo greco e l'affermarsi del latifondo a discapito della piccola proprietà, il desiderio di esportare le merci in sovrabbondanza e la ricerca di materie prime. Ma anche le lotte all'interno delle città tra le opposte fazioni per la conquista del potere facevano sì che gli esponenti delle fazioni sconfitte o scegliessero o fossero costretti ad andare in esilio. Questa seconda espansione coloniale si diresse sia verso Occidente (Magna Grecia, Sicilia, Francia) sia verso Oriente (penisola calcidica e costa della Tracia). I coloni greci non incontrarono resistenza nelle zone in cui si insediarono e la convivenza con gli indigeni fu solitamente pacifica. La città che veniva fondata, pur mantenendo un legame particolare con la madrepatria (la città colonizzatrice) conservandone il dialetto, i costumi e le tradizioni, era politicamente indipendente.
La colonizzazione fu importante sia perché diffuse la cultura greca nel Mediterraneo sia perché accelerò lo sviluppo economico e politico della Grecia. Tra il VII e il VI secolo a.C. si verificò infatti una fase di forti conflitti sociali che opposero l'aristocrazia fondiaria al popolo (démos) che, grazie allo svilupparsi delle attività artigianali e commerciali, si arricchiva sempre di più e aspirava ad avere un peso politico maggiore. Questi contrasti causarono l'avvento di due nuove e diverse figure politiche nel mondo greco: i legislatori e i tiranni. In alcune città, infatti, si ricordano figure di legislatori (Licurgo a Sparta, Zaleuco a Locri, Dracone ad Atene) dalla storicità non sempre sicura, considerati quasi dei "padri" della costituzione locale. Altrove, invece, facendo leva sul malcontento popolare presero il potere con la forza degli aristocratici, che governarono con scarsi vincoli costituzionali: furono detti tiranni.
L'età dei tiranni (650-500 ca. a.C.) rappresentò un momento di grande sviluppo culturale: anche se il titolo indicava un potere conquistato illegalmente, i tiranni Periandro di Corinto, Gelone di Siracusa o Policrate di Samo furono buoni governanti. Al rafforzamento economico e politico si affiancò una notevole fioritura della cultura greca, anche grazie alla reintroduzione della scrittura agli inizi dell'VIII secolo a.C.: si fissarono per iscritto i poemi di Omero; nella Ionia nacque il pensiero filosofico con le speculazioni di Talete, Anassimandro e Anassimene; Esiodo e i poeti lirici (tra cui Archiloco, Mimnermo, Alcmane, Tirteo, Alceo) scrissero le loro opere.
Politicamente frammentata nelle numerose città-stato, la Grecia tuttavia riconosceva la propria identità sul comune terreno della cultura, della lingua e della religione. Il santuario di Delfi, con il suo oracolo, acquisì grande importanza in tutto il territorio greco, così come i quattro grandi giochi panellenici, tutti a carattere religioso: i giochi olimpici, istmici, pitici e nemei; i primi (che si tenevano regolarmente ogni quattro anni) erano così importanti che invalse l'uso di calcolare il trascorrere degli anni a partire dalla prima Olimpiade, svoltasi nel 776 a.C.
Oligarchia e democrazia: Sparta e Atene
Tra l'VIII e il VI secolo a.C. Sparta e Atene emersero come i centri più potenti della Grecia, dopo aver unito in una confederazione, sotto la loro guida, le città vicine. Sparta, città-stato aristocratica a carattere militare, affermò la sua supremazia con la forza. L'unificazione dell'Attica fu invece raggiunta attraverso accordi pacifici da Atene, che riconobbe la cittadinanza ateniese agli abitanti delle città minori.
Sparta aveva un ordinamento costituzionale antichissimo (VIII-VII secolo a.C.) la cui natura strettamente oligarchica si mantenne costante nel tempo; la tradizione fa addirittura risalire la costituzione spartana al mitico legislatore Licurgo. A capo dello stato vi erano due re, discendenti delle nobili famiglie degli Agiadi e degli Europontidi, che governavano collegialmente. Accanto a loro fungeva da organo consultivo la gherusía, ristretto consiglio di ventotto anziani eletti dai cittadini liberi – gli spartiati – riuniti nell'apélla (assemblea di "uguali"). Importante fu anche la presenza di cinque efori, originariamente ministri del culto, che assunsero sempre più funzioni di natura politico-giudiziaria.
Ad Atene e nella sua area di influenza la monarchia venne abolita all'inizio del VII secolo a.C. dall'aristocrazia, i cui esponenti (i cosiddetti eupatridi) esercitarono il potere attraverso la carica di arconte; nove arconti, eletti dall'ecclesía, si avvicendavano annualmente e governavano col concorso dell'areopago, consiglio di ex arconti che fu organo custode delle leggi e tribunale per i reati più gravi. Nel 621 il legislatore Dracone pubblicò il primo codice scritto di leggi, limitando la discrezionalità del potere giudiziario dei nobili. Successivamente l'arconte Solone nel 594 a.C. riformò il codice draconiano, dividendo il corpo civico timocraticamente (cioè in base al censo) in quattro classi, che furono, in ordine di ricchezza: i pentacosiomedimni (gli unici che potessero aspirare all'arcontato), i cavalieri, gli zeugiti, i teti. All'areopago affiancò la bulé, consiglio di quattrocento nominati per sorteggio dalle prime tre classi, e il tribunale popolare dell'eliéa.
Durante il regno del tiranno Pisistrato (560-527 a.C.), che salì al potere facendo leva sul malcontento del ceto medio-basso, alcuni caratteri democratici delle istituzioni ateniesi vennero ulteriormente accentuati in chiave demagogica. Ippia e Ipparco, suoi figli ed eredi, si rivelarono molto più dispotici del padre e, dopo l'uccisione di Ipparco, Ippia venne cacciato da un'insurrezione scoppiata nel 510 a.C.: la memoria collettiva di Atene associò questa fase alla figura dei due "tirannicidi" Armodio e Aristogitone, gli uccisori di Ipparco nel 514 a.C., salutati dalle generazioni successive come campioni della democrazia.
Ne seguì una lotta politica che vide vincitore, contro una fazione oligarchica, il partito democratico guidato da Clistene, che promulgò ad Atene una nuova costituzione basata su principi democratici e isonomici (cioè di uguaglianza politica), la cui entrata in vigore nel 502 a.C. segnò l'inizio del periodo di maggior splendore della storia ateniese. Alla base di essa ci fu un complesso meccanismo di ripartizione territoriale dell'Attica, suddivisa in tre regioni: città, costa, entroterra. All'interno di queste furono previste ulteriori circoscrizioni amministrative: le trittíe e i démi.
Ma la vera novità fu la "mescolanza" del popolo, che si ottenne con l'istituzione di dieci tribù, cui venivano iscritti cittadini di vari démi di ognuna delle tre grandi regioni, che avrebbero dovuto fornire l'esercito di Atene, ciascuna sotto la guida di uno stratega. Gli arconti divennero dieci, e i loro poteri furono ridotti, come quelli dell'areopago, ora unicamente tribunale per i reati di sangue; la bulé (che si ampliò a cinquecento membri) e l'ecclesía accrebbero invece le loro funzioni, diventando il fulcro della vita politica di Atene: la prima come sede di proposte di provvedimenti legislativi, la seconda come luogo della loro discussione ed eventuale approvazione. A garanzia dell'istituzione democratica fu inoltre introdotto l'ostracismo.
Attraverso il progressivo sviluppo dell'agricoltura e del commercio, Atene divenne il centro più importante di cultura artistica e del bacino del Mediterraneo.
L'età classica (V-IV secolo a.C.)
Le guerre persiane
Le colonie greche dell'Asia Minore erano cadute sotto il dominio del re di Lidia Creso, che le aveva conquistate all'inizio del suo regno (560-546 a.C.). Creso era un sovrano mite, di cultura filoellenica; alleatosi a Sparta, assicurò alle colonie solidità politica e una florida vita economica e culturale. Nel 546 a.C. venne rovesciato da Ciro il Grande, re di Persia, che annetté ai suoi domini tutte le città greche della regione anatolica, con l'esclusione dell'isola di Samo. Ne conseguì un fase di contrasti tra la Persia e il mondo greco che sfociò nelle guerre persiane.
Nel 499 a.C. la confederazione ionica, assistita da Atene ed Eretria, sotto la guida del tiranno di Mileto Aristagora si ribellò al dominio persiano (la cosiddetta "rivolta ionica"). Cinque anni dopo, il nuovo sovrano persiano Dario I marciò su Mileto e, dopo averla saccheggiata, ristabilì il controllo assoluto sulla Ionia. Postosi quindi a capo di una grande flotta, nel 491 a.C. fece rotta verso Atene per punirla dell'appoggio fornito ai ribelli, ma la maggior parte delle navi naufragò al largo del monte Athos. Dario mandò allora messaggeri in tutte le città greche pretendendone un atto di sottomissione. Se la maggior parte di queste cedette, Sparta e Atene respinsero però gli inviati persiani. Dario, a seguito di tale provocazione, preparò una seconda spedizione, che partì nel 490 a.C. (prima guerra persiana). Distrutta Eretria, l'esercito persiano procedette verso la piana di Maratona vicino ad Atene. I capi della città inviarono una richiesta di aiuto a Sparta, ma il messaggio giunse durante una festa religiosa che impedì agli spartani di partire immediatamente. Le forze ateniesi, guidate da Milziade, conseguirono nella battaglia di Maratona un'importante vittoria sull'esercito persiano, molto più numeroso, che fu costretto a ritirarsi.
Dario intraprese allora una terza spedizione (seconda guerra persiana), ma morì prima di poterla effettuare: lo sostituì il figlio Serse I, succeduto al padre nel 486 a.C., che si mise alla testa di un ingente esercito. Nel 481 a.C. i persiani attraversarono lo stretto dell'Ellesponto e si diressero a sud. I greci opposero il primo tentativo di resistenza nel 480 a.C. al passo delle Termopili, difeso dal re spartano Leonida con poche migliaia di soldati. Dopo aver avuto la meglio sull'eroica resistenza del piccolo contingente greco (trecento spartani e settecento tespii), i persiani raggiunsero Atene, ormai abbandonata, e la saccheggiarono. Gli ateniesi, nel frattempo, avevano allestito una flotta in grado di competere con quella persiana che seguiva l'esercito a terra. Al largo dell'isola di Salamina, di fronte ad Atene, 400 navi greche, guidate dello stratega Temistocle, ebbero la meglio sulle oltre 1200 nemiche, costringendo Serse a un'affannosa ritirata verso i suoi possedimenti asiatici; nel 479 a.C., le residue forze persiane ancora presenti in Grecia furono definitivamente sconfitte nella battaglia di Platea e nella battaglia navale di capo Micale. Nel 478 a.C. l'ultima guarnigione persiana che si trovava a Sesto sull'Ellesponto fu cacciata.
L'ascesa di Atene
In seguito alla vittoria conseguita sui persiani e quale maggiore potenza navale del suo tempo, Atene divenne la città-stato più influente della Grecia, mentre Sparta perse progressivamente prestigio e supremazia militare. Nel 477 a.C. numerose città-stato si unirono, per iniziativa ateniese, nella lega delio-attica allo scopo di liberare dalla presenza persiana l'intero territorio greco (comprese le coste dell'Asia Minore). Raggiunto l'obiettivo grazie all'abile guida politica di Aristide e poi di Cimone, Atene iniziò a esercitare un ruolo egemone all'interno della lega, trasformando il rapporto di alleanza con gli altri membri in una sudditanza di fatto, tanto da riscuotere regolari tributi e giungere a distruggere le fortificazioni dell'isola di Nasso quando questa annunciò di voler abbandonare la lega.
Nel V secolo a.C. Atene segnò il culmine della sua supremazia politica e il punto di massima fioritura culturale, in particolare con Pericle, capo del partito popolare e "leader" della città dal 460 a.C. Rivestendo per trent'anni consecutivi la carica di stratega, egli completò l'evoluzione democratica della costituzione di Clistene, introducendo forme di retribuzione per i cittadini che assumessero pubbliche funzioni: permise così anche a membri di classi meno abbienti l'accesso alle magistrature e ai tribunali popolari. Fu inoltre il massimo fautore di quella politica imperialistica nei confronti degli alleati della lega delio-attica cui si è già accennato. Politicamente, infatti, auspicava il sorgere ovunque di regimi democratici, e debellò pertanto presso gli alleati ogni tentazione oligarchica. Dal punto di vista fiscale, invece, accentuò nei loro confronti la pressione tributaria, necessitato anche dalla politica di spesa per le opere pubbliche, ad Atene e nell'Attica, della quale si era fatto promotore. Nel corso della cosiddetta "età di Pericle", infatti, furono costruiti il Partenone, l'Eretteo, i Propilei e altri edifici pubblici. Durante il V secolo a.C., inoltre, la letteratura greca raggiunse le sue più alte espressioni con le tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide e le commedie di Aristofane, con le opere storiche di Erodoto e Tucidide e il sapere filosofico di Socrate: molti di loro vissero negli anni del governo pericleo.
La guerra del Peloponneso
Il declino politico di Atene si manifestò tuttavia nell'ambito della politica estera. Allo scontento degli alleati-sudditi della lega delio-attica si aggiunse una rinnovata capacità di competizione di Sparta. Una lega tra le città del Peloponneso che gravitavano attorno a Sparta esisteva dal 550 a.C.; nel 431 a.C. il malessere a lungo rimasto sopito emerse quando gli abitanti dell'isola di Corcira (attuale Corfù) chiesero aiuto a Sparta per liberarsi del legame imposto loro da Corinto, alleata di Atene. La lotta che seguì tra le due confederazioni sfociò nella cosiddetta guerra del Peloponneso, che colse Atene orfana di Pericle e in mano a politici o poco capaci (vedi Cleone) o troppo ambiziosi (vedi Alcibiade). Il conflitto si protrasse fino al 404 a.C., e portò alla supremazia di Sparta sulla Grecia e all'imposizione del regime oligarchico dei trenta tiranni ad Atene; sistemi di governo simili vennero istituiti anche in tutte le città greche dell'Asia Minore. La dominazione spartana si dimostrò però assai più dura e oppressiva di quella di Atene. Nel 403 a.C. la fazione democratica degli ateniesi, guidata da Trasibulo, si ribellò, scacciò le guarnigioni spartane di occupazione e abbatté il potere dei tiranni restaurando le istituzioni democratiche e la propria indipendenza.
Dall'egemonia spartana a quella tebana
Per liberarsi del giogo spartano, molte delle città greche non esitarono a rivolgersi al nemico di un tempo, la Persia, che dal 399 a.C. era tornata a premere sulle colonie dell'Asia Minore obbligando Sparta ad effettuare ripetute missioni militari nella regione. Nel 396 a.C. Argo, Corinto e Tebe si unirono ad Atene per abbattere definitivamente il potere di Sparta. La cosiddetta guerra di Corinto che ne seguì si concluse nel 387 a.C. con la pace di Antalcida, dal nome del generale spartano che si accordò con la potenza persiana, cedendole l'intera costa occidentale dell'Asia Minore in cambio del riconoscimento dell'autonomia delle città greche e del proprio ruolo di "gendarme" contro il risorgere delle pretese egemoniche di Atene.
Nel 382 a.C. la rinnovata supremazia di Sparta impose a Tebe un governo oligarchico, contro il quale tre anni dopo si ribellò (con il sostegno di Atene) il generale Pelopida; nel 371 a.C. questi, affiancato da Epaminonda, inflisse nella battaglia di Leuttra una disfatta militare a Sparta, che si vide così sostituita da Tebe nel ruolo di potenza egemone in Grecia. La nuova posizione raggiunta da Tebe si basava tuttavia in gran parte sull'abilità politica e sulle doti militari di Epaminonda e venne meno quando questi rimase ucciso nella battaglia di Mantinea (362 a.C.) contro le forze di una coalizione antitebana promossa da Atene e Sparta, alleatesi tra loro.
La supremazia macedone
Mentre la Grecia era divisa da continue lotte interne, delle quali la battaglia di Mantinea era stato un esempio lampante, nel vicino regno di Macedonia salì al trono Filippo II (359 a.C.); grande ammiratore della civiltà greca, questi era ben consapevole della profonda debolezza cui essa era condannata a causa della mancanza di unità politica. Il nuovo sovrano procedette all'annessione delle colonie greche sulle coste meridionali della Macedonia e della Tracia, e nel giro di vent'anni, vinti i tentativi di resistenza sostenuti dall'oratore ateniese Demostene (stroncati con la vittoria nella battaglia di Cheronea nel 338 a.C.), pose fine all'indipendenza della Grecia, sottomettendone progressivamente tutte le città.
Mentre stava organizzandosi per muovere guerra alla Persia, Filippo venne assassinato (336 a.C.); sul trono gli succedette il figlio ventenne Alessandro, che nel corso di dieci anni, dal 334 al 323 a.C., estese l'influenza della civiltà greca in tutto il mondo antico conosciuto, dando vita a un impero che si estendeva dall'India all'Egitto: proprio per questo è conosciuto con l'appellativo di Alessandro Magno. Dotato di una solida formazione militare e di una cultura letteraria e filosofica secondo il modello greco (fu, tra l'altro, allievo di Aristotele) Alessandro si erse, nelle sue imprese di conquista in Oriente – soprattutto ai danni della Persia – a campione della grecità contro i barbari. D'altro canto, però, assunse su di sé i poteri propri della dinastia achemenide (il cui sovrano era detto "re dei re") e cercò in ogni modo di elevare la propria figura regale al di sopra dell'umanità comune, giungendo a farsi proclamare, nel santuario di Ammone in Egitto, figlio del dio. Niente di simile si era visto prima nel mondo greco, che mai aveva accettato, per i propri governanti, alcuna forma di divinizzazione.
L'età ellenistica (323-146 a.C.)
Alla morte di Alessandro, i generali macedoni entrarono in conflitto tra loro per la suddivisione del vasto impero che egli aveva creato, e la lunga serie di guerre che seguì, tra il 322 e il 275 a.C., ebbe in gran parte come teatro la Grecia.
L'età ellenistica, compresa tra la morte di Alessandro Magno e la trasformazione della Grecia in provincia romana nel 146 a.C., segnò il trionfo della cultura e della civiltà greche, che assursero a modello universale in ogni regione del Mediterraneo antico. Quest'epoca fu dominata dalle tre grandi dinastie fondate dai diadochi, i generali di Alessandro (dal greco diádochos, cioè "successore"): i Tolomei in Egitto, i Seleucidi in Siria, gli Antigonidi in Macedonia, alle quali si aggiunse poi la dinastia degli Attalidi di Pergamo (vedi Regni ellenistici). Le aristocrazie urbane di questi regni utilizzavano il greco come lingua comune; l'arte e la letteratura si svilupparono inoltre attraverso la combinazione di elementi greci e di tradizioni locali. Vennero fondate nuove città o ne vennero rifondate o abbellite altre preesistenti: le più importanti furono Pergamo in Asia Minore, Antiochia in Siria e, soprattutto, Alessandria (fondata dallo stesso Alessandro Magno nel 332 a.C.) in Egitto. Sotto i Tolomei, che utilizzarono le loro ricchezze per richiamare a corte poeti, eruditi, artisti e scienziati, Alessandria divenne il massimo centro economico, culturale e religioso di tutto il Mediterraneo. Crocevia di razze, lingue, merci di ogni provenienza, fu anche sede della famosa biblioteca, presso la quale prosperarono parimenti le discipline scientifiche e quelle umanistiche.
La fioritura culturale dell'età ellenistica fu caratterizzata ovunque dall'attività di matematici e scienziati come Euclide, Archimede, Apollonio di Perge, Eratostene, Aristarco di Samo, Ipparco di Nicea, Erone di Alessandria; di filosofi come Epicuro e Zenone; di poeti come Callimaco, Apollonio Rodio e Teocrito. L'esperienza della libertà civica delle singole póleis era infatti ormai superata e – dopo la costituzione dell'impero di Alessandro e dei suoi successori – assolutamente irripetibile; non si era persa però quella libertà intellettuale, quella creatività, che aveva contraddistinto il genio dell'uomo greco nei secoli precedenti.
Nel 290 a.C. le città-stato greche tentarono però di riguadagnare l'indipendenza unendosi in istituzioni di tipo federale come la lega etolica (confederazione politico-militare costituita già durante il regno di Filippo II dalle città dell'Etolia per garantirsi sicurezza reciproca) e la lega achea (280 a.C.), confederazione delle città del Peloponneso del Nord a cui si unirono altre città greche. Entrambe le alleanze cercarono di porre fine al dominio macedone, ma la crescente potenza acquisita dalla lega achea spinse quest'ultima a tentare di acquisire il controllo della Grecia: guidata da Arato di Sicione, entrò in conflitto con Sparta, in una guerra in cui non esitò ad appellarsi alla potenza macedone per avere ragione della resistenza spartana; questa venne infine piegata, ma a costo di consolidare la dipendenza della Grecia dalla Macedonia in modo ormai definitivo.
L'età romana e bizantina
La conquista romana
La Roma repubblicana, in un'ottica di sempre crescente imperialismo, cominciò a interessarsi alle questioni politiche greche. Nel corso del III e del II secolo a.C. Roma fu infatti impegnata in un lungo conflitto con la Macedonia per il dominio nel settore orientale del Mediterraneo, che si svolse nel corso di tre guerre. Nelle prime due il comando macedone fu tenuto dal re Filippo V, sconfitto nel 197 a.C. a Cinoscefale dai romani – alleatisi con le due leghe delle città greche – sotto la guida del console Tito Quinzio Flaminino. Il figlio di Filippo V, Perseo, continuò la resistenza contro Roma, provocando lo scoppio della terza guerra macedonica; nel 168 a.C. il suo esercito fu però sconfitto nella battaglia di Pidna dal generale Lucio Emilio Paolo: la Macedonia divenne provincia romana nel 146 a.C. In quello stesso anno l'ultima rivolta della lega achea contro Roma si concluse con la presa e la distruzione della città di Corinto, ciò che segnò la fine della libertà per la Grecia: ne seguirono lo scioglimento delle leghe cittadine e l'inclusione della Grecia nella provincia romana di Macedonia.
Nonostante nei sessant'anni successivi al 146 a.C. il governo romano in Grecia si caratterizzasse per una particolare liberalità (Atene, Sparta e altre città mantennero una certa autonomia), quando nell'88 a.C. Mitridate VI re del Ponto iniziò una campagna di conquista dei territori controllati da Roma, molte città greche lo sostennero, attratte dalla sua promessa di concedere loro l'indipendenza. Le legioni romane guidate da Lucio Cornelio Silla costrinsero Mitridate a lasciare la Grecia e sedarono la rivolta antiromana, saccheggiando Atene nell' 86 a.C. e Tebe un anno dopo. La decadenza della Grecia, sottoposta da allora a un duro regime di occupazione, fu inevitabile; Atene rimase un importante centro di cultura, ma le sue attività commerciali divennero quasi inesistenti.
Affermata ad Azio la propria supremazia, nel 27 a.C. l'imperatore Augusto separò la Grecia dalla Macedonia facendone una provincia senatoria a sé stante con il nome di Acaia. Sotto l'impero romano, nei primi secoli dell'era cristiana, la Grecia conobbe una rinascita culturale ed economica soprattutto durante il regno dell'imperatore Adriano, che vi soggiornò ripetutamente. Adriano intraprese ad Atene un'intensa attività edilizia e restaurò molte delle città in rovina. Sempre per quanto riguarda Atene, fu rilevante l'attività del ricchissimo retore Erode Attico, che promosse opere benefiche ed edilizie, come l'odeon, ancora oggi ben visibile, che egli fece costruire nel 160 d.C. in memoria della moglie Regilla. Dal 212 in poi, per effetto della Constitutio antoniniana promulgata dall'imperatore Caracalla, tutti gli abitanti dell'Ellade – come del resto tutti gli altri provinciali – ottennero la piena cittadinanza romana.
Larga parte della classe dirigente romana nutriva grande passione per la cultura e la civiltà greche; dai tempi degli Scipioni, specialmente con Scipione Emiliano, per arrivare a molti imperatori (come Nerone e Adriano), la Grecia venne vista come culla di valori che i romani avrebbero dovuto assumere e coniugare con il costume patrio (il mos maiorum). Non era mancata però anche una certa ostilità verso il mondo greco, che alcuni romani più conservatori (ad esempio Catone il Censore) consideravano troppo raffinato ed elegante, in grado quasi di corrompere le virtù civili del popolo romano. Molti furono comunque gli intellettuali greci attivi in epoca romana, tra cui lo storico Polibio (II secolo a.C.), il retore Plutarco (I-II secolo d.C.) e numerosi filosofi di varie scuole.
La Grecia sotto l'impero bizantino
Alla metà del III secolo d.C. (267-268) i goti invasero la Grecia, saccheggiando Atene, Argo, Corinto e Sparta. Dopo il 395 l'impero romano fu però governato da due imperatori: uno nell'Occidente latino, l'altro nell'Oriente greco. Quando nel 476 l'impero d'Occidente cadde, quello d'Oriente – detto bizantino dalla sua capitale Bisanzio – non solo resistette, ma iniziò una fase di grande fulgore politico: vi erano sottomesse, fra l'altro, tutta la Grecia e la regione egea. L'impero bizantino fu caratterizzato da una mescolanza di cultura greca e orientale, dall'assunzione del diritto romano e dall'affermazione del cristianesimo. E mentre l'Occidente, patria della romanità, si disgregava nei regni romano-barbarici e perdeva progressivamente l'esperienza della cultura politica romana e l'uso della lingua latina, l'impero bizantino e la lingua greca perpetuavano l'eredità di Roma e del mondo classico.
Quando crollò l'impero d'Oriente (1453), i territori che lo costituivano, Grecia compresa, caddero in mano ai turchi ottomani di Maometto II il Conquistatore. Ma gli abitanti della penisola ellenica, pur sottomessi a un'aspra e lunghissima dominazione, che impose loro modelli politici, culturali, religiosi, linguistici estranei alla loro tradizione, trovarono proprio nell'essere "elleni", cioè eredi della Grecia antica e dell'impero bizantino, il modo per mantenere una propria identità. Ancora una volta, come era successo molte volte nel corso della storia greca, la comunanza di lingua (il greco), di religione (la fedeltà alla Chiesa cristiana ortodossa), di valori (l'aspirazione alla libertà) fecero sentire i greci un solo popolo, a prescindere dal tipo di organizzazione politica cui furono soggetti.

Esempio