Gli adulti

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Testo

Alunno: Giulio Colla
Classe: 1 A Ginnasio
Gli adulti e i loro commenti

Molte volte ho avuto occasione di sentire gli adulti sfiduciati verso noi giovani “dell’ultima generazione”. In articoli dei giornali, in interviste, nelle comuni conversazioni sostengono che non abbiamo aspirazioni future, che non riusciamo a impegnarci in una qualsiasi cosa in modo serio e costante, che non abbiamo voglia di lavorare o studiare, che non abbiamo valori.
Questi sono per me solo dei pregiudizi. Pregiudizi che gli adulti hanno sempre avuto, in ogni era, nei confronti dei più giovani. Dalle iscrizioni sumeriche, a Cicerone a Turgheniev, tutta la storia è costellata di affermazioni di questo tipo, a testimoniare che la differenza fra generazioni è un problema vecchio come il mondo.
Io ritengo la maggior parte dei ragazzi ricchi di aspirazioni, di voglia di emergere, di diventare un qualcuno. Oggi per riuscire nella vita ci vuole molta più grinta e molto più impegno che un tempo. È difficile trovare la propria strada, sia essa un lavoro che un titolo di studio, in questa epoca difficile.
I miei amici, come del resto me, si dedicano a molte attività oltre allo studio: c’è chi suona uno strumento musicale, chi si dedica ad attività sociali, chi fa parte di una compagnia teatrale… insomma, non si può certo dire che siano svogliati.
Ma perché allora gli adulti si ostinano a dire che siamo svogliati e amorfi?
Le risposte possono essere molte, anche se è molto difficile sviscerare il problema che è assai complesso.
Innanzitutto gli adulti che ci criticano sono di un’epoca molto differente dalla nostra.
Sono “dell’epoca del sacrificio”. Una volta la vita era un continuo susseguirsi di sacrifici: sacrifici per portare il pane in tavola, per avere un tetto sopra la testa, per farsi una cultura.
In famiglia si racconta che mio zio Mario entrò in seminario non tanto per vocazione, ma per avere un titolo di studio.
Ora questi problemi quasi del tutto scomparsi, per lo meno negli ambienti che frequento.
Noi abbiamo tutto subito e facilmente, compreso il cellulare in tasca: il sacrificio, praticamente, non c’è più. Questo, se da un canto dimostra a che livello di benessere economico è arrivata la società occidentale, dall’altro toglie una “esperienza” molto importante nella nostra crescita. Il sacrificio serve infatti a capire che non si può avere tutto e subito. È un modo per dare un valore a un oggetto. Un valore che va ben al di là di quello prettamente economico.
È ovvio che una persona che è cresciuta nell’epoca del sacrificio biasimi con disgusto la mia generazione. Tanti soldi, divertimenti, passatempi e soprattutto tanti sprechi. Non solo sprechi di soldi, ma anche di tempo e di capacità.
Infatti, è inutile negarlo, alcuni giovani non hanno molti interessi. Sprecano opportunità che potrebbero accrescerli culturalmente, preferendo la televisione, i videogiochi o quant’altro per passare il tempo.
Sono questi ragazzi che sono diventati, per gli adulti, gli esponenti della mia generazione. Questo mi infastidisce parecchio. È mai possibile che “i grandi” prendano in considerazione solo questi casi negativi?
Un altro fattore di critica degli adulti verso noi giovani si giustifica con un processo che si chiama generalizzazione, consistente nel fare di ogni erba un fascio.
La moda e i mass-media ci rendono una unica grande massa uniforme. Gli adulti ci vedono come un enorme gregge di pecore nere, non solo per la “macchia della società” che rappresentiamo per loro, ma anche per la moda del nero che da un po’ di anni si è diffusa.
All’interno di questo grande gregge ci sono ragazzi rassegnati, ragazzi nulla facenti ma anche ragazzi motivati, responsabili e ricchi di ideali. Questi ultimi di solito sono meno appariscenti.
Io credo che se non ci fermeremo di fronte alle apparenze e supereremo i pregiudizi troveremo la strada giusta per il dialogo e la reciproca comprensione.
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