Esperienze di laboratorio di scienze della materia

Materie:Appunti
Categoria:Ricerche

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Testo

Determinazione del coefficiente di dilatazione dell’acqua
STRUMENTI:
- 2 beute da 250 ml
- 1 cilindro graduato (sensibilità 0,5 ml; portata 25 ml)
- termometro con sostegno
- 1 pipetta con beccuccio lungo
- acqua
PROCEDIMENTO
1. Riempire una beuta con dell’acqua fino al collo
2. Travasare l’acqua in un cilindro per misurarne il volume iniziale
3. Travasare di nuovo l’acqua nella beuta e poi tarare (con un pennarello segnare il livello dell’acqua)
4. Travasare l’acqua in un’altra beuta e calcolarne la temperatura
5. Riscaldare l’acqua sul bunsen fino ad una temperatura
6. Travasare l’acqua nella beuta tarata ed estrarre con una pipetta il volume in eccesso
7. Misurare la variazione di volume attraverso un cilindro graduato
Grazie a questo procedimento determiniamo γ.
Vo = 320 ml
T1 = 21 °C
T2 = 66 °C
La variazione di temperatura è di 45 °C e la variazione di volume è di 4,5 ml quindi:
ΔV 4,5 ml
γ = ––––––––– = –––––––––––––––– = 3,1 * 10 – 4 °C –1
Vo * Δt 320 ml * 45 °C
Relazione di laboratorio di Scienze della materia

Determinazione del coefficiente di dilatazione lineare di un solido
Per determinare il coefficiente di dilatazione lineare di un solido si utilizza un dilatometro: uno strumento sul quale viene posta una sbarra di metallo cava, lunga 60 cm e collegata ad un’estremità con un tubo collegato ad una beuta contenente acqua. Quando si fa bollire l’acqua (e quindi la temperatura sale a 100 °C) il vapore
passa attraverso il tubo e la sbarra. Finche il metallo non raggiunge i 100 °C il vapore acqueo si condensa e così si vede uscire dell’acqua dal tubo collegato all’altra estremità, quando invece esce il vapore allora vuol dire che la sbarra ha raggiunto la temperatura di 100 °C. A questo punto si verifica la variazione della lunghezza grazie ad una
lancetta collegata alla sbarra e che ha sensibilità di 0,05 mm. Conoscendo questi dati si può procedere al calcolo del coefficiente di dilatazione lineare secondo la formula:
ΔL
λ = ––––––––
Lo * Δt
Grazie a questo procedimento abbiamo calcolato il coefficiente di dilatazione lineare di due metalli: ottone e acciaio.
OTTONE
ΔL = 0,85 mm
0,85 mm
λ = –––––––––––––––– = 1,8 * 10 –5 °C –1
600 mm * 79 °C
Confrontando il risultato ottenuto con quello teorico (19,3 * 10 –6 °C –1) calcoliamo l’errore percentuale che risulta del 6,8 %.
ACCIAIO
ΔL = 0,5 mm
0,5 mm
λ = –––––––––––––––– = 10,5 * 10 –6 °C –1
600 mm * 79 °C
Confrontando il risultato ottenuto con quello teorico (10,5 * 10 –6 °C –1) calcoliamo l’errore percentuale che risulta dello 0 %.
DILATAZIONE NEI SOLIDI
Un altro metodo per verificare la dilatazione nei solidi è quello di prendere una sfera di metallo e farla passare in un anello che sia di poco più grande del diametro della sfera. Riscaldando la sfera, però, ci accorgiamo che questa non passa più nell’anello e che quindi si è dilatata.
Relazione di laboratorio di Scienze della materia

L’elettricità statica
Elettroscopio a foglie d’oro
L’elettroscopio a foglie d’oro è uno strumento che serve per rilevare la presenza di cariche elettriche. È formato da un’asticciola di ottone, che è un buon conduttore di elettricità, alla cui estremità inferiore vengono collegate due lamelle sottilissime in oro. L’asticella è sostenuta da un tappo isolante ed è posta all’interno di un recipiente isolato dall’esterno. Quando l’asticella viene avvicinata o viene messa a contatto con un corpo elettrizzato, in questo caso una bacchetta di plastica, le foglie d’oro si caricano entrambe di elettricità dello stesso segno e quindi si divergono respingendosi e rimangono in quella posizione finche le cariche elettriche permangono.
Generatore di elettricità statica
Il generatore di elettricità statica è un strumento formato da due dischi di plexiglas che vengono fatti girare mediante una manovella l’uno nel senso opposto dell’altro. A contatto con questi dischi vi sono delle bacchette che si elettrizzano per strofinio, da qui le cariche si spostano in due condensatori, nei quali si dividono le cariche. Il primo condensatore ha una parte interna costituita da plastica e sughero, e quindi contiene le cariche +; l’altro condensatore ha una struttura interna di metallo e contiene quindi cariche -. I due condensatori sono collegati a due sfere anch’esse di metallo poste a pochi millimetri di distanza; quando la differenza di potenziale tra le due sfere è almeno di 2000 V si verifica una scarica elettrica.
Un altro esempio di elettrizzazione si può osservare avvicinando una bacchetta di plastica elettrizzata mediante strofinio a un rubinetto dal quale fuoriesce un filo di acqua: si può osservare che l’acqua, attratta dalla bacchetta di plastica, tende a cambiare la sua direzione verso la bacchetta.
Relazione di laboratorio di Scienze della materia

La corrente elettrica
Le grandezze fondamentali dell’elettrotecnica
Le grandezze fondamentali sono tre: La differenza di potenziale, che si misura in Volt (V); l’intensità, che si misura in ampere (A); la resistenza, che si misura in ohm (Ω).
Per misurare la differenza di potenziale si usa uno strumento chiamato voltmetro e si indica con una V nel circuito elettrico, nel quale va collegato in parallelo. Il voltmetro ha una resistenza molto alta che non permette agli elettroni di passare e quindi di continuare il loro corso nel circuito.
Per misurare l’intensità della corrente elettrica si usa l’amperometro con una A nel circuito, nel quale va collegato in serie. L’amperometro ha una resistenza molto bassa in quanto non ostacola il passaggio degli elettroni.
La prima legge di Ohm
La resistenza è direttamente proporzionale alla differenza di potenziale e inversamente proporzionale all’intensità della corrente: R = ΔV / I
La resistenza rimane costante, perché al raddoppiare della differenza di potenziale raddoppia anche l’intensità, costruendo un grafico si può vedere direttamente la proporzionalità:
V
A
2,5
0,25
5
0,5
7,5
0,75
10
1
I circuiti elettrici
Se mettiamo una lampadina da 12 V in un circuito elettrico la cui differenza di potenziale è di 10 V risulta che l’intensità della corrente è di 0,2 A. Secondo la formula R = ΔV / I , R è uguale a 50 Ω.
I CIRCUITI IN SERIE
Nei circuiti in serie l’intensità della corrente è pari al rapporto tra la d.d.p. e la somma delle resistenze ( I = ΔV / R1 + R2). La somma delle due resistenze è di 100 Ω, quindi l’intensità è
di 0,1 A. Questo significa che la corrente elettrica che passa nel circuito è minore e quindi le lampadine non rendono il massimo.
I CIRCUITI IN PARALLELO
Nei circuiti in parallelo l’intensità totale è pari alla somma delle intensità. Quindi se si mettono nel circuito due lampadine, queste funzionano regolarmente e utilizzano 0,4 A e la resistenza è quindi di 25 Ω.
La seconda legge di Ohm
La resistenza è direttamente proporzionale alla lunghezza del conduttore e inversamente proporzionale alla sua sezione: R = ρ * l / S
Per verificare la veridicità di questa legge svolgiamo due prove.
Prendiamo un filo di nichel-cromo della lunghezza di un metro e lo colleghiamo ad un generatore che genera una d.d.p. di 10 V. L’intensità della corrente che passa in esso è pari a 0,8 A. Calcolando la resistenza risulta che essa è pari a 12,5 Ω.
Raddoppiando la lunghezza del filo, e sottoponendolo di nuovo alla tensione di 10 V, notiamo che l’intensità è pari a 0,4 A. Calcolando quindi la resistenza, questa risulta uguale a 25 Ω, esattamente il doppio a quella precedente.
Aumentando invece la sezione del filo di nichel-cromo e sottoponendolo alla tensione di 10 V, l’intensità è pari 1,2 A e la resistenza risulta essere di 8,33 Ω.
Relazione di laboratorio di Scienze della materia

La propagazione del calore
NEI SOLIDI
Prendiamo una vaschetta contenente acqua, sulla quale vi sono dei bastoncini di diversi metalli isolati dalla vaschetta tramite del sughero. I bastoncini devono essere a contatto con l’acqua e su di essi viene messa una goccia di cera; quando l’acqua viene riscaldata il calore passa attraverso i bastoncini e scioglie la cera che impiega più o meno tempo a sciogliersi, a seconda del metallo sul quale si trova. La cera si scioglie in meno tempo sul rame, poi sull’alluminio, ottone, ferro, piombo e ghisa.
NEI LIQUIDI
Nei liquidi il calore si propaga attraverso i moti convettivi, questi si possono vedere chiaramente mettendo del permanganato nell’acqua (che le da un colore rosa) per poi riscaldarla.
La convezione può avvenire solo verso l’alto, infatti se prendiamo una provetta piena d’acqua e mettiamo del ghiaccio con della canapa per farlo rimanere sul fondo, questo non si scioglie anche se riscaldiamo l’acqua a metà della provetta.
Relazione di laboratorio di Scienze della materia

Riconoscimento di sali
OBIETTIVO: riconoscimento dei due anioni e dei due cationi presenti in un miscuglio.
STRUMENTI:
- due anioni e due cationi
- dei composti (HCl, AgNO3, etc…)
- un vetrino d’orologio
- delle provette
- una spatola
- un agitatore
- un becher
- un foglio di carta da filtro
- un bunsen
- del filo di nichel-cromo
Dopo aver preso una provetta contenente un miscuglio, troviamo attraverso le varie prove gli anioni e i cationi contenuti in essa.
Per trovare gli anioni mettiamo con una spatola un po’ di miscuglio in una provetta con dell’acqua distillata e aggiungiamo i vari componenti per verificare che il risultato sia uguale a quello della prova dimostrativa.
Effettuate le varie prove si sono ottenuti i seguenti anioni: carbonato (CO3) e cloruro (Cl – ).
Infatti aggiungendo acido solforico (HSO4) prima e idrossido di bario (Ba(OH)2) poi,
secondo le formule:
Na2CO3 + HSO4 → Na2SO4 + H2O + CO2↑ e CO2 + Ba(OH)2 → BaCO3 + H2O, si ottiene un gas.
Aggiungendo invece nitrato di argento ( AgNO3) secondo la formula
NaCl + AgNO3 → AgCl↓ + NaNO3 si ottiene un precipitato bianco che filtrato da un colore grigio.
Per quanto riguarda i cationi mettiamo un filo di nichel-cromo con il miscuglio sulla fiamma del bunsen per vedere che colore assume quest’ultima. La fiamma prende un colore lilla e un colore arancio-rosso poco persistente, quindi i cationi sono: potassio (K) e calcio (Ca).
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Determinazione del sale presente in una reazione ricorrendo al calcolo delle moli
OBIETTIVO: determinare il sale che reagisce con l’acido cloridrico (HCl) per produrre una certa quantità di anidride carbonica (CO2).
MATERIALE OCCORENTE:
- una beuta (250 ml)
- una bilancia elettronica
- un cilindro graduato
- acido cloridrico (20 ml in eccesso)
- del sale (1-1,5 g)
- un vetrino d’orologio
PROCEDIMENTO
Per sapere quale sale reagisce con l’acido cloridrico dobbiamo prima conoscere quanta anidride carbonica produce la reazione, quindi mettiamo almeno 20 ml di acido cloridrico in una beuta e poi pesiamo: la beuta contenente HCl pesa 164,62 g.
A questo punto bisogna aggiungere da 1 a 1,5 g di sale nell’acido cloridrico: avendo aggiunto 1,06 g di sale risulta che la beuta con l’acido cloridrico e il sale pesa 165,68 g.
Aggiunto il sale cominciamo ad agitare la beuta per far uscire l’anidride carbonica dalla beuta: questa azione deve durare lo stesso tempo che è servito per la prova in bianco.
Finito di agitare pesiamo di nuovo la beuta e notiamo che la nuova massa è 165,40 g, quindi facendo la differenza con la massa iniziale troviamo la quantità di anidride carbonica che si è prodotta: (165,68 – 165,40) g = 0,28 g
Sapendo che la massa molare dell’anidride carbonica è 44 g, impostiamo una proporzione per trovare la massa molare del sale che ha reagito con l’acido cloridrico:
x : 44 g = 1,06 g : 0,28 g
da cui risulta: x =166,57 g
Finita la prova possiamo sapere che il sale che abbiamo fatto reagire era carbonato di potassio (K2CO3), che ha massa molare: M (K2CO3) = 138,2 g
Quindi confrontiamo il nostro risultato con il risultato teorico e ne calcoliamo l’errore percentuale secondo la formula:
vsperimentale - vteorico (166,57 – 138,2) g
e% : –––––––––––––––––––– * 100 = ––––––––––––––––––––––– * 100 = 20 %
vteorico 138,2 g
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Velocità di una reazione
Attraverso le seguenti prove sperimentiamo come i diversi fattori possano determinare la velocità di una reazione.
Questi fattori sono:
- la natura dei reagenti
- la temperatura
- la concentrazione
- la superficie di contatto
- i catalizzatori
LA NATURA DEI REAGENTI
Cambiando uno dei composti che reagiscono possiamo notare come la velocità delle reazioni cambi radicalmente. L’esempio di reazione è stata quella della decolorazione del permanganato, in cui i due composti che vengono fatti reagire con il permanganato cambiano.
MATERIALE
- 2 becher da 100 ml
- soluzione di permanganato di potassio (KMnO4) [0,01]
- soluzione di solfato di ferro (FeSO4)
- soluzione di acido ossalico (H2C2O4)
- soluzione di acido solforico (H2SO4)
PROCEDIMENTO
Si versano 75 ml di permanganato di potassio (KmnO4) in un becher e si aggiungono 3 ml di acido solforico (H2SO4), fatto questo si divide la soluzione in due parti uguali per esser certi che la concentrazione e la quantità fossero le stesse.
Dopodiché si versa uno stesso volume di acqua distillata in due provette e poi aggiungere solfato di ferro (FeSO4) in una provetta, e acido ossalico (H2C2O4) nell’altra. Ora si versa il contenuto della prima provetta in un becher e il contenuto della seconda nell’altro becher.
- reazione 1
2KMnO4 + 10 FeSO4 + 8H2SO4 → 5Fe2(SO4)3 + K2SO4 + 2MnSO4 + 8H2O
- reazione 2
2KmnO4 + 5H2C2O4 + 3H2SO4 → 2MnSO4 + 10CO2 + K2SO4 + 8H2O
La prima è stata una reazione istantanea, in quanto il permanganato di potassio ha impiegato 2 o 3 secondi per decolorarsi, a differenza della seconda che invece ha impiegato circa 20 minuti.
LA CONCENTRAZIONE
La concentrazione è un altro fattore che diversifica la velocità della reazione stessa, infatti aumentando la concentrazione la velocità diminuisce: questo si può verificare attraverso un semplice esperimento.
MATERIALE
- carbonato di sodio (Na2CO3)
- acido cloridrico (HCl) [1 M]
- 2 cilindri
PROCEDIMENTO
Si versano 50 ml di acido cloridrico (HCl) in un cilindro, poi se ne versano 25 ml nell’altro cilindro a cui si aggiungono anche 25 ml di acqua distillata in modo che i volumi fossero uguali, ma che le concentrazioni fossero diverse: infatti nel primo cilindro l’acido aveva concentrazione 1 M, nel secondo aveva concentrazione 0,5 M. Ora si aggiunge il carbonato di sodio (Na2CO3) in entrambi i cilindri e si può vedere la differenza di tempo impiegato per far sciogliere del tutto il carbonato: infatti nel primo cilindro (in cui c’era l’acido a 1 M) il carbonato ha impiegato meno tempo per sciogliersi rispetto all’altro che aveva una minore concentrazione.
LA SUPERFICIE DI CONTATTO
Cambiando la superficie di contatto cambia la velocità, cioè maggiore è la superficie e minore è la velocità. L’esperimento svolto prova questa affermazione.
MATERIALE
- 0,42 g di rame in polvere
- 0,42 g di rame in barrette
- acido nitrico (HNO3)
PROCEDIMENTO
Si riempiono due becher con 30 ml di acido nitrico ciascuno, in modo da avere lo stesso volume; poi si sono presi 0,42 g di rame in polvere e 0,42 g di rame in barrette, avendo così la stessa quantità; ora si aggiunge il rame in polvere nel primo becher e il rame in barrette nel secondo.
Cronometrando notiamo che il rame in polvere si scioglie in circa 31 s; il rame in barrette, invece, in circa 1 minuto e 30 secondi.
Il rame in polvere si scioglie prima del rame in barrette, poiché la superficie di contatto del rame in polvere è maggiore.
LA TEMPERATURA
L’aumento di temperatura causa l’aumento della velocità della reazione.
MATERIALE
- permanganato di potassio (KMnO4)
- soluzione di acido solforico (H2SO4)
- un bunsen
PROCEDIMENTO
Si riempiono due becher con 40 ml di permanganato di potassio (KMnO4) in cui si aggiunge la stessa quantità di una soluzione di acido solforico (H2SO4). Secondo le reazioni il permanganato di potassio si deve decolorare. Mettendo un becher sul bunsen, quindi aumentandone la temperatura, il permanganato di potassio impiega meno tempo a decolorarsi rispetto a quello contenuto nell’altro becher.
I CATALIZZATORI
I catalizzatori sono sostanze che fanno aumentare la velocità di una reazione senza consumarsi.
Grazie ad una prova possiamo provare come i catalizzatori aumentino notevolmente la velocità di una reazione.
MATERIALE
- acqua ossigenata (H2O2)
- ossido di manganese (MnO2)
- un provettone
PROCEDIMENTO
Si mette l’acqua ossigenata in un provettone e poi vi si aggiunge anche il catalizzatore (ossido di manganese). Quando si aggiunge l’ossido di manganese dal provettone esce l’ossigeno, che è facilmente visibile perché sotto forma di fumo. Alla fine della reazione si ottengono l’acqua e l’ossido di manganese, che deve essere filtrato per dividerlo dall’acqua. Questo è un esempio di come agiscono i catalizzatori, infatti per far sì che l’ossigeno si dividesse dall’acqua ossigenata ci sarebbero voluti diversi giorni.
Relazione di laboratorio di Scienze della materia

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