Apocalisse a New York

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Testo

Ondata di attentati contro alcuni degli edifici simbolo degli Stati Uniti: due aerei si sono schiantati contro le torri gemelle a New York, distruggendole. Un terzo ha colpito il Pentagono in Virginia. E almeno un altro aereo di linea è precipitato alle porte di Pittsburgh, in Pennsylvania.
Apocalisse a New York
Il governo degli Stati Uniti non ha dubbi: si è trattata di una catena di attentati senza precedenti. Il presidente Bush, che aveva interrotto una visita in Florida, è decollato immediatamente a bordo dell Air Force One ma non è rientrato a Washington. L'aereo presidenziale è stato fatto atterrare in Louisiana, e successivamente in nebraska. Bush ha fatto ritorno a Washington solo in serata.
Il primo aereo è andato a sbattere contro una delle due torri alle 8,45 ora locale, il secondo contro l'altra torre 18 minuti dopo, in diretta televisiva - poco dopo delle nove del mattino locali (le 15 in Italia). I due grattacieli, ciascuno di 110 piani, sono andati in fiamme. Attorno alle 10 una terza esplosione ha colpito la torre Sud del World Trade Center, che è crollata su se stessa. Alle 10,30 si è sbriciolata anche la torre nord. Intanto giunge la notizia che un terzo aereo (un Boeing 757 dell'American Airlines).si è schiantato nel quartier generale del Pentagono a Langley, in Virginia, poco distante dalla capitale Washington Dc, provocando un enorme incendio e il crollo di un’ala della sede del Dipartimento della Difesa. Alle 10, mentre un altro incendio divampa a Capitol Hill, sede del congresso, vengono evacuati tutti gli edifici dove hanno sede gli uffici governativi. Poco dopo (alle 10,45, per la precisione) vicino a Pittsburgh precipita un altro aereo: era stato dirottato verso Camp David, residenza estiva del presidente, ma non raggiunse il suo obbiettivo per cause ancora da definire. Attorno alle 17,30 ora locale, ore dopo la strage, i 47 piani dell'edificio numero 7 del complesso del World Trade Center (sede del congresso), hanno ceduto di schianto causandone il crollo.
Il numero di aerei dirottati e precipitati quindi è quattro. Due sono dell'American Airlines: (un volo da Boston a Washington con 92 persone a bordo, tra passeggeri e membri dell'equipaggio e un altro da Washington a Los Angeles che aveva a bordo 64 persone) il primo contro una delle due torri del World trade center, e il secondo contro l'ala Ovest del Pentagono, a Langley. Gli altri due sono della United Airlines: (uno della da Newark a San Francisco che trasportava 45 persone e uno da Boston a Los Angeles con 65 persone) uno si è schiantato alle porte di Pittsburgh, in Pennsylvania, mentre l'altro ha centrato la seconda torre di New York.
Il World Trade Center era già stato oggetto di un grave attentato di estremisti islamici nel febbraio del 1993. Una bomba fece 6 morti e un migliaio di feriti.
Al momento dell’attentato non si aveva alcuna idea precisa di quanti possano essere stati i morti, anche se il sindaco di New York Rudolph Giuliani temeva un orrendo numero di vittime.
Nessuno, tuttavia, osava fare cifre. Non Giuliani, non i politici nazionali, non gli organi di informazione. Soltanto George Bush, in un discorso televisivo alla nazione, parlava di "migliaia di vite perdute".
Non è possibile, infatti, sapere quante persone fossero presenti nelle due torri al momento degli attentati, e quante di queste siano riuscite a mettersi in salvo. Di norma, negli uffici delle due torri lavorano circa 50.000 persone.
Nei giorni successivi si è registrato un incessante aumento delle vittime che ha raggiunto un tetto di oltre seimila persone.
Purtroppo nei sono rimasi coinvolti centinaia di poliziotti e vigili del fuoco che al momento dei crolli erano all’interno degli edifici nel tentativo di soccorrere i feriti.
L'attacco terroristico contro il Pentagono avrebbe poi causato 800 morti.
Il Pentagono è stato immediatamente evacuato. Per motivi precauzionali sono state evacuate anche la Casa bianca, il dipartimento del Tesoro, il dipartimento di Stato e la sede del Parlamento, Capitol Hill. E’ stata chiusa la borsa di Wall Street (riaperta alcuni giorni dopo con perdite economiche devastanti), e sono state evacuate le Nazioni Unite. In Florida la Disney ha chiuso Disneyworld, mentre la Nasa ha evacuato il centro spaziale di Cape Canaveral.
L'attività in tutti gli aeroporti del Paese è stata bloccata. Alcuni degli aerei in arrivo verso gli Stati Uniti sono stati fatti atterrare in Canada, mentre gli altri sono tornati indietro.Il confine tra Stati Uniti e Messico è stato chiuso.
In seguito agli attentati, le intere forze armate degli Stati Uniti sono state messe in allerta. A New York e a Washington è stata allertata la guardia nazionale, in tutte le basi aeree i caccia sono in stato di massima allerta per intercettare eventuali aerei commerciali che dovessero uscire dalla rotta assegnata. E cinque navi da guerra sono state fatte salpare dalla base navale di Norfolk, in Virginia, per essere dispiegate lungo la costa orientale degli Stati Uniti.
Un particolare agghiacciante riguarda il volo schiantatosi contro il Pentagono: poco prima dell'impatto, la passeggera Barbara Olson - moglie di Ted, uno degli avvocati di Bush - ha chiamato il marito dal suo telefonino: "Ci stanno dirottando", ha detto. La donna ha raccontato al marito che piloti e membri dell'equipaggio erano stati confinati nel retro dell'aereo, e che i dirottatori erano armati di coltelli e tagliacarte. Poi la telefonata è stata interrotta bruscamente.
Sullo volo dirottato verso Camp David, un altro passeggero si è chiuso in bagno e ha chiamato la moglie spiegandole la loro situazione e informandola di aver preso la decisione di andare contro i dirottatori nel tentativo di fermarli. Inizialmente infatti si pensò che la causa della caduta dell’aereo fosse stata dovuta ad un’insurrezione da parte dei passeggeri. Lew autorità hanno poi informato che l’aereo era stato intercettato da jet americani che lo avrebbero costretto ad abbandonare la propria rotta.
Noi e l’America
L’orrore e la solidarietà provati dall’intera Italia è stato subitamente comunicato alle autorità americane, come dimostra questo comunicato che il nostro presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha esternato su tutte le reti italiane poche ore dopo la tragedia:
"Non vi sono parole che possano esprimere il mio sgomento e il mio orrore nell'apprendere dei devastanti attentati che hanno colpito gli Stati Uniti, ma che offendono e chiamano in causa tutta la comunità internazionale.
"L'Italia e il popolo italiano sono vicini a Lei e a tutti gli americani nel lutto, nel dolore e nell'esecrazione. L'Italia è al fianco degli Stati Uniti. La comunità internazionale deve rispondere compatta a questi atti esecrandi.
"Nella lotta senza quartiere al terrorismo dobbiamo lavorare insieme in assoluta comunità di intenti per la difesa di quei valori a cui gli Stati Uniti hanno fornito un contributo impagabile e che sono stati barbaramente violati oggi.
"I terroristi debbono sapere che i loro gesti criminali saranno puniti."
Roma, 11 settembre 2001
Allo stesso modo non mancarono tutti gli altri paesi europei e in seguito giunsero all’America discorsi simili da tutti gli stati del mondo. Un eccezione è però costituita dal Pakistan che nonostante abbia rotto i rapporti diplomatici con l’Afganistan, non ha ancora dimostrato la sua solidarietà nella lotta contro il terrorismo intrapresa dall’America.
L’Italia, come altri paesi europei, è legata dagli impegni presi con la Nato, che uniscono diplomaticamente e militarmente i paesi che ne fanno parte.
Sta dunque alle autorità americane la decisione di come, quando e con chi agire.
Con tutte le cautele del caso, il ministro della Difesa, Antonio Martino, da giorni aveva cominciato a dire agli italiani che anche truppe di casa nostra potrebbero essere chiamate a dar manforte agli americani. In seguito il ministro è stato più esplicito: «Siamo totalmente al fianco degli alleati americani e fedeli ai nostri impegni alla Nato. Faremo tutto ciò che possiamo per partecipare alla risposta a questo inaccettabile, terribile atto di terrorismo. Faremo tutto ciò che ci verrà richiesto. Schiereremo i nostri soldati se ce lo chiederanno, metteremo a disposizione i nostri aerei se ci verrà richiesto». Non si parla solo di solidarietà politica o diplomatica, ma anche militare. Questa quindi la nostra posizione
Osama Bin Laden
Diciassettesimo dei 53 figli di Muhammad bin Laden, a 22 anni si unì alla resistenza afgana per combattere l'invasione russa, istruendo migliaia di mujahiddin, paradossalmente, con il supporto anche della CIA. Attualmente comanda un'organizzazione terroristica chiamata Al-Qaeda, in italiano "La Base" e dovrebbe essere "ospitato" dai Talebani.
Gli attentati del '98 alle ambasciate americane in Kenya e Tanzania e l'attentato alla base navale nel Golfo Arabo dello scorso anno sono state progettati e soprattutto finanziati da lui.
E' considerato uno degli uomini più pericolosi del globo perché, oltre ad essere ricco, super-armato e circondato da soldati fedeli, sembra esser riuscito ad organizzare una rete terroristica a livello internazionale.
Sono subito ricaduti su di lui tutti i sospetti e attualmente è di 5 milioni di dollari la taglia che L'FBI ha messo sulla sua testa, vivo o morto che sia.
Bin Laden si è congratulato con i responsabili dell’attacco sottolineando tuttavia di non essere coinvolto in alcun modo nella tragedia.
Un orrore da capire
Gli attacchi terroristici contro gli Stati uniti rappresentano delle enormi atrocità. Come ordine di grandezza possono non aver raggiunto il livello di molti altri episodi terroristici, come per esempio il bombardamento del Sudan deciso da Clinton, senza pretesti credibili, che ha distrutto metà delle scorte farmaceutiche di quel paese e ucciso un numero imprecisato di persone (nessuno sa quante perché gli Stati uniti hanno bloccato l'inchiesta alle Nazioni unite e nessuno si preoccupa di farla proseguire). Per non parlare di casi ben peggiori, che tornano facilmente alla mente. Ma che in questo caso specifico ci si trovi di fronte a un orrendo crimine, non c'è dubbio alcuno. Il maggior numero di vittime, come sempre, si trova fra i lavoratori: portieri, segretarie, vigili del fuoco, ecc. E' facile immaginare come tutto questo si ripercuoterà, pesantemente, nei confronti dei palestinesi e di altri popoli, poveri e oppressi. Ed è anche molto probabile che condurrà all'adozione di misure di controllo molto severe, con molteplici implicazioni a scapito delle libertà civili e della libertà interna.
Questo evento rivela, drammaticamente, la follia del progetto di "difesa missilistica". Come risulta assolutamente ovvio, e come è stato ripetutamente messo a fuoco da analisti strategici, se qualcuno volesse causare un grave danno agli Usa, anche con armi di distruzione di massa, difficilmente lancerebbe un attacco missilistico, certamente intercettato e annientato. C'è un'infinità di altri mezzi più semplici, praticamente incontrollabili. Ma gli avvenimenti di questi giorni, molto probabilmente, saranno sfruttati per aumentare la pressione sullo sviluppo di questi sistemi e sulla loro realizzazione. Il termine "difesa" è un sottile velo per riscoprire i progetti di militarizzazione dello spazio e, con una buona propaganda, anche gli argomenti più deboli assumeranno il loro peso su un'opinione pubblica spaventata.
In breve, l'attacco è un regalo a coloro che sperano di usare la forza per controllare i loro settori. E questo anche mettendo da parte le possibili reazioni statunitensi e ciò che queste comporterebbero - cioè ulteriore attacchi come questi ultimi o anche peggiori. Gli scenari che abbiamo davanti sono persino più sinistri di quanto non apparissero prima di queste ultimi, atroci fatti.
Su come reagire abbiamo la possibilità di una scelta. Possiamo esprimere un orrore giustificato; possiamo tentare di capire cosa può aver portato al gesto criminale, e ciò significa fare uno sforzo per entrare nella mente dei possibili autori dell'attentato. Se scegliamo questa seconda strada, non possiamo fare di meglio, credo, che riflettere sulle atrocità della guerra. E' evidente che ci vuole una risposta, un atto, un'azione. E ci sarà, sarebbe assurdo se non ci fosse. Ma temo che una soluzione militare al problema del terrorismo non ci sia, o sia inefficace, utile solo a placare l'opinione pubblica interna. Il nemico che ha colpito New York è un manipolo di un centinaio di uomini, che in alcuni casi vivevano da anni negli Usa e in Canada. Il nemico è dentro le nostre città. Credo che un'operazione di polizia internazionale, di "intelligence", che si avvalga anche delle informazioni a disposizione dei servizi segreti francesi e russi, potrebbe essere più efficace. Ci vuole una risposta collettiva, di tutti gli stati che sono sotto minaccia. Vi hanno interesse i cinesi come i russi.
Non è una guerra. E' un attentato terribile e moderno che apre una fase di instabilità. E' la reazione degli Stati Uniti che può trasformarlo in una guerra. Ma contro chi? Questo e' il problema.
E' certamente vero che la distruzione dei simboli della ricchezza e della potenza Usa possono essere considerati da una parte dei poveri del mondo come una vendetta contro il mondo ricco. Ma questi gruppi che agiscono sono tutt'altro che fatti di poveri, né sono guidati da poveri. I terroristi vengono anzi da famiglie abbastanza benestanti, sono spesso studenti, educati nelle università, hanno brevetti da pilota. Sono figli essi stessi della globalizzazione, grazie alla quale si spostano senza problemi dallo Yemen alla Florida. Questo rende loro più pericolosi e noi più insicuri su come fermarli.
Abbiamo quindi una scelta da fare: possiamo tentare di capire, o rifiutarci di farlo, contribuendo al concretizzarsi dell'ipotesi che il peggio sia ancora davanti a noi.

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