Ulisse e la trasfigurazione letteraria

Materie:Tesina
Categoria:Multidisciplinare
Download:768
Data:01.12.2004
Numero di pagine:8
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
ulisse-trasfigurazione-letteraria_1.zip (Dimensione: 21.42 Kb)
trucheck.it_ulisse-e-la-trasfigurazione-letteraria.doc     61.5 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Ulisse e trasfigurazione letteraria
ULISSE è stato un topos letterario a lungo più volte ripreso per la magia delle possibilità che offriva, per i limiti che ha superato, per le verità che ha incontrate, scoperte, dissacrate.
Ha poi rappresentato metaforicamente (Aristotele) il viaggio di ogni uomo che può ritrovare se stesso solo dopo aver superato molte prove.
Ha rappresentato l’approdo alla propria terra e più in generale la vita stessa.
OMERICO
Ulisse lo troviamo per la prima volta nell’Iliade dove rappresenta l’eroe astuto e coraggioso, visto come l’eroe positivo perché nella società arcaica il metro di valutazione di una azione era il suo esito (cavallo di Troia).
Nell’Odissea lo troviamo come protagonista dove l’astuzia, l’intelligenza strategica e la persuasiva eloquenza sono unite alla lungimiranza e alla razionalità.
Queste sono caratteristiche che lo rendono diverso, più complesso degli altri eroi. Rappresenta infatti un nuovo ideale eroico, un eroe multiforme che non si fonda solo sul valore guerriero.
E’ un eroe che si adatta alle circostanze, è duttile, non affronta le situazioni con impeto distruttivo, ma con grande capacità di sopportazione, con pazienza.
Si viene così a creare un nuovo eroe nella società in cui “l’eroe che spacca le schiere” apparirebbe grottesco e anacronistico.
Ulisse cerca di non subire il proprio destino passivamente, ma tenta di diventare egli stesso artefice del proprio destino, un “Homo faber fortunae suae”, caratteristica questa che lo rende il prototipo dell’uomo moderno.
E’ proprio dal suo mito che diversi scrittori hanno preso spunto per dare consistenza alle loro idee: viaggio, sete di conoscenza, travaglio dell’esule, caduta delle certezze.
In VIRGILIO Enea è Ulisse, va alla ricerca della propria patria, erra per i mari, scende nell’oltretomba, ma per Ulisse la patria coincide con la sede della propria famiglia e degli affetti, per Enea il Lazio è la sede che il fato ha assegnato ai troiani e ai loro discendenti e anche se spera di trovarvi la quiete e gli affetti familiari, questi non sono nulla rispetto all’onus, al dovere che Enea ha verso gli ordini divini.
Inoltre in Ulisse troviamo che il desiderio di tornare in patria è forte quanto il desiderio di conoscere l’ignoto.
In Enea questo aspetto è totalmente assente, può essere traviato dalle passioni (amore per Didone), ma le passioni si configurano proprio come un traviamento dalla recta ratio.
Il solo onus che deve assolvere è quello di guidare il suo popolo e di proporgli un futuro glorioso.
Enea è il pius nel quale si concentrano pietas, labor e fatum che sono parole chiave di un personaggio portatore di valori morali e religiosi (vedi restaurazione degli antichi valori del programma augusteo).
Per la pietas egli obbedisce al destino “Italiam non sponte sequor”, reprime le passioni e gli affetti personali.
DANTESCO
Ulisse è anche una figura emblematica della Divina Commedia di Dante.
L’episodio di Ulisse presenta varie tematiche: il tema del viaggio, l’esaltazione dell’intelligenza umana, il tema dei limiti dell’intelletto umano, il tema della Grazia.
Tutte queste tematiche sono presenti nella figura di Ulisse che è bivalente: l’eroe greco che da un lato rappresenta l’astuzia, l’ingegno usato per l’inganno, dall’altro è il simbolo dell’avventura, del desiderio di conoscenza dell’ignoto che rivela la superiorità dell’uomo sulle bestie.
Dante pone Ulisse tra i fraudolenti nell’Inferno, condannandolo per l’uso errato dell’intelligenza, ma Dante rivolge l’attenzione sull’altro aspetto della sua personalità, l’intraprendenza:
“… Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.”
E’ infatti questo aspetto della figura di Ulisse che interessa ed affascina Dante, la voglia di conoscere che caratterizza l’uomo, il coraggio, l’amore per l’avventura.
Ulisse compie un viaggio straordinario, superando i limiti posti all’uomo da Dio, ma lo compie autonomamente senza intervento della Grazia divina.
Anche Dante intraprende un viaggio straordinario, salvifico per l’umanità, però per volontà divina.
Come se Dante ci volesse dire che la montagna del Purgatorio non si scopre con il coraggio, ma con l’ascesi e la conversione interiore.
E’ qui il senso tragico del folle volo di Ulisse verso un eroico ma inevitabile fallimento.
Un autore del novecento che riprende la figura dell’Ulisse dantesco reinterpretandola a suo modo è PRIMO LEVI che la prende in prestito per “evadere” una sola ora dall’inferno del lager.
Nello spiegare il canto di Ulisse al francese Pikolo, gli sembra di ascoltare quei versi per la prima volta, vi ritrova infatti la propria condizione di prigioniero:
“… Ma misi me per l’alto mare aperto …”
(diverso da Je me mis, implica l’idea di scagliarsi al di là di una barriera)
“… fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.”
(il lager costringe l’uomo a perdere la sua identità, a vivere come un bruto e l’uomo non può “seguir” ciò per cui è nato: virtute e canoscenza)
“… Li miei compagni fec’io sì acuti …”
(visione dell’ebreo, capace ed intraprendente)
“… de’ remi facemmo ali al folle volo …”
(Primo Levi ha osato pensare, evadere dalla macchina del Lager)
“… Infin che ‘l mar fu sopra noi rinchiuso.”
(triplice significato: si chiude così il canto di Ulisse, il folle volo di Ulisse, il folle volo di Levi)
FOSCOLIANO
Foscolo ritrova in Ulisse una somiglianza con le sue vicende personali.
Il tema principale che li accomuna è l’esilio.
Nel sonetto A Zacinto Foscolo ci presenta una similitudine tra il suo peregrinare per motivi storico-politici e le peregrinazioni per mare di Ulisse.
Ulisse è l’eroe classico, esule ma positivo che può:
“… baciare la sua petrosa Itaca”.
Foscolo invece si sente l’eroe romantico, esule e negativo che:
“…non altro che il canto”
lascerà alla sua Zacinto.
Emerge dalla poesia A Zacinto il contrasto classico-romantico che si inserisce nella più generale polemica classicismo-romanticismo che ebbe avvio intorno al 1816 con la lettera “Sulle maniere e l’utilità delle traduzioni” di Madame De Stael.
Diversi intellettuali dell’ottocento presero posizione diversa nella polemica (Manzoni, Leopardi, Giordani).
PASCOLIANO
Nella poesia “L’ultimo viaggio” tratta dai Poemi conviviali Giovanni Pascoli presenta Ulisse come un eroe ormai vecchio e stanco che ritorna nei luoghi del passato, non per compiere nuove audaci imprese, ma per comprendere il senso dell’esistenza.
L’eroe è caratterizzato da un senso di sconfitta e da un sentimento antieroico.
Giunto presso l’isola di Calipso, Ulisse chiede il significato dell’esistenza alla dea che gli risponde:
“… Non essere mai! non essere mai!
più nulla ma meno morto, che non essere più!”
Il senso delle parole della dea è drammatico: meglio per l’uomo non nascere, dato che deve inesorabilmente morire.
Ulisse perde così le sue certezze per divenire il simbolo della crisi dei valori che caratterizza il decadentismo.
Ulisse è Pascoli.
Egli infatti nella sua vita non fu un ribelle, - anche la sua adesione al socialismo nasce da una spinta umanitaria e non dalla adesione a precise dottrine politiche: “socialista dell’umanità e non di una classe” (un socialismo senza Marx) - anzi, alla maniera decadente si chiuse nel suo dolore, si isolò in se stesso, solo con le sue memorie e con i suoi morti.
Non c’è ribellione nella sua poesia, ma rassegnazione al male, una certa passività di fronte ad esso: vi domina una malinconia diffusa nella quale il poeta immerge tutto: uomini e cose.
Egli accetta la triste realtà come è, un mistero insondabile nei confronti del quale l’atteggiamento dell’uomo è una sorta di vertigine.
DANNUNZIANO
“… E in me solo credetti.
Uomo,
io non credetti ad altra virtù se non a quella inesorabile d’un cuore possente.
E a me solo fedele io fui,
al mio solo disegno.”
In questi versi e nella figura di Ulisse s’incarna l’ideale superomistico dannunziano.
Sia Ulisse che il poeta nel loro incontro si conoscono e si riconoscono come l’incarnazione del superuomo caratterizzato da uno sfrenato individualismo, da una visione aristocratica della vita.
Il superuomo al pari del “fanciullino” pascoliano e del “santo” di Fogazzaro, rappresenta la risposta alla crisi dell’intellettuale nella nascente società di massa.
La volontà di potenza del superuomo dannunziano non è altro che il rovesciamento fantastico dell’impotenza effettiva dell’intellettuale piccolo borghese in onnipotenza velleitaria.
Il superuomo dannunziano al contrario di quello nietzschiano non comporta la distruzione di tutti i valori codificati, ma l’abile manipolazione dei valori del popolo. D’Annunzio esasperò gli elementi antiborghesi ed antidemocratici, il superuomo dannunziano ha bisogno della folla che lui “disprezza” e ha bisogno di quella società piccolo borghese che lui rifiuta.
(Manifesto politico ed artistico del superuomo sono le opere “Le vergini delle rocce” e “Il fuoco”).
Il superuomo di D’Annunzio nasce dalla lettura personalissima dell’oltreuomo nietzschiano.
La nascita dell’Ubermensch nietzschiano coincide con la morte di Dio. L’Ubermensch avendo preso coscienza del fatto che tutti i valori tradizionali sono crollati è in grado di tornare ad essere “fedele alla terra”.
Poiché Dio è morto l’unica realtà è ora la vita terrena, non esiste più “un mondo dietro il mondo” in cui trovare consolazione al pensiero della morte, il superuomo è colui che dice SI alla vita, con uno spirito dionisiaco (nichilismo completo attivo).
L’Ubermensch supera timori e debolezze dell’uomo comune, sostenendo la morte di Dio e accettando l’eterno ritorno dell’uguale.
Il superuomo ha in sé una forza creatrice che gli permette di operare la trasvalutazione dei valori e di sostituire ad essi la propria volontà di potenza, liberandosi dal dogmatismo, dal conformismo e dalla passività.
Il superuomo è un essere totalmente libero:
“… il tipo riuscito al massimo grado.”
l’incarnazione della volontà di potenza che sta “Al di là del bene e del male”, che è libero dalla morale cristiana (il Cristianesimo è una indelicatezza che è stata fatta nei confronti dei pensatori).
JOYCIANO
We can find Ulysses also in Joyce where Leopold Bloom is poles apart from the classical hero with his certainties and values and with his desire of knowledge. Leopold Bloom is forced to live in the hell of social prison.
Ulysses is part of the second period of Joyce’s writings, which is characterized by a systematic use of symbol and allegory.
The style changes and becomes more difficult to understand in fact he rejects logical sequences and conventional syntax. In the novel there is no action because it takes place in the mind of the protagonist.
Ulysses takes place in Dublin (the centre of paralysis) on a single day, the 16 th of June 1904, and it is about the life of three Dubliners, and so it’s divided in three parts.
The central character in the first part is Stephen Dedalus, Joyce’s alter-ego.
He is a man with intellectual ambitions, a writer who is seekhing a father.
He represents Thelemacus of a Odyssey.
The second part is dominated by the figure of Leopold Bloom.
He represents Ulysses, a Dublin Jew in his middle-age, he is seeking a son.
The third part is dominated by is wife the adulterous Molly Bloom.
The day finishes with the return home of the two man and Molly’s monologue.
The most important part is Molly’s monologue where thoughts, feelings and reflections are free from restrictions of punctuation and grammar.
It lasts for 40 pages.
It is very important in Ulysses the symmetry, in fact each chapter is linked with the Odissey of Omero.
Joyce uses the technique of stream of consciousness.
It is a mental process in which thoughts, feelings, reflections and sensations run away like water with no order.
Instead interior monologue is the form in which the stream of consciousness is organized through punctuation and through ordinary sequences of thought.
The modern novelists like Joyce prefer to write stream of consciousness as it was in the mind of a character so as to allow us to know, to feel the consciousness of the character.

BEATRICE DAVINI BERTACCINI - LICEO CLASSICO PELLEGRINO ROSSI - MASSA (MS) - A.S. 2001/2002 - CLASSE III C

1

Esempio