Lo sfruttamento dei più deboli

Materie:Tesina
Categoria:Multidisciplinare

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Testo

Lo sfruttamento:nuova schiavitù dei più deboli

PERCORSO DI: Sandra M.
PREFAZIONE:
Le fasce deboli della società,in particolare i bambini,sono da sempre oggetto di sfruttamento e non è improprio parlarne in termini di schiavitù.I media ed in particolare la televisione hanno diffuso immagini e denunciato l’entità dei problema grave, in termini di quantità e causa di seria riflessione, rammarico e dolore di fronte ai sopprusi e alle privazioni dalle quali sono vittima per lo più i minori. Tuttavia per troppi ,una volta spento il video di casa, il problema non sussiste o almeno, spenta l’eco, non c’è più la necessaria attenzione al fenomeno dello sfruttamento. Restano però bambini oggetto di prostituzione, commercio sessuale e di organi e, fenomeno assai ampio, schiavi del lavoro. L’oggetto lavorato da un bambino costa meno di niente al produttore anche se poi costituisce un prodotto griffato e di lusso.
La storia registra l’inizio di questo sfruttamento in forma assai ampia a partire dalla rivoluzione industriale ed è proprio nella denuncia della questione sociale che emerge il problema di un’infanzia che si consuma lavorando senza il diritto di vivere come tale.
SVILUPPO SINTETICO E DISCIPLINE INTERESSATE:
LETTERATURA ITALIANA: Verga, la triste ma realistica novella ottocentesca “Rosso Malpelo” e qualche accenno a Zola, presentando un quadro generale dei suoi romanzi.
STORIA: Rivoluzione industriale (fattori positivi e negativi che ne derivano).
INGLESE: Dickens (pensiero generale)
FILOSOFIA: Karl Marx (fenomeno dell’alienazione).
DIRITTO: Prima Convenzione internazionale dell’OIL.
BIBLIOGRAFIA:
“Libro Rosso” casa editrice G.D’Anna
“Fare Filosofia”casa editrice Paravia
“La Rivoluzione Industriale”biblioteca multimediale Mondatori
LO SFRUTTAMENTO: NUOVA SCHIAVITU’ DEI PIU’ DEBOLI
Non esistono statistiche complete sullo sfruttamento minorile; nella gran parte dei casi i governi e i datori di lavoro si rifiutano di ammetterne l’esistenza,ma un fatto è certo: a dispetto delle leggi nazionali ed internazionali,il lavoro minorile si continua a praticare nel mondo,e forse in certi paesi è anche aumentato.
Esistono ancora oggi piccoli pastori “assunti”illegalmente che lavorano 15 ore al giorno; babyoperai impiegati nei campi infestati dai pesticidi con seri rischi per la salute;bambini costretti a lavorare per ore in miniere buie e strette che ricordano la triste ,ma realistica novella ottocentesca “Rosso Malpelo” di Verga.
Il protagonista del racconto è un ragazzo precocemente indurito dal lavoro in miniera, dalla miseria e dalla mancanza d’affetto.
Il colore rosso dei suoi capelli fa si che venga a crearsi intorno a Rosso Malpelo un pregiudizio, in quanto per un detto popolare “Russu malu pilu” significa: chi è rosso è cattivo.
Malpelo reagisce all’emarginazione, alla quale gli altri lo hanno condannato,con l’accettazione del ruolo di cattivo che gli è stato attribuito.
L’unico dal quale si sente amato e protetto è il padre, che muore tragicamente sul posto di lavoro, davanti ai suoi occhi.
La morte del padre lo getta in una condizione di muta disperazione.
Gli unici esseri con i quali Rosso Malpelo riesce ad instaurare un rapporto fatto di crudeltà e amore sono il cane,l’asino e il fragile amico Ranocchio.
Nei confronti di quest’ultimo,Rosso,assume un ruolo quasi paterno,poiché lo reputa più debole fisicamente e moralmente di lui e vuole educarlo alla legge crudele della vita.
Con la morte di Ranocchio,Rosso,perde ogni ragione di vita e capisce che la sola possibilità che gli resta per sfuggire alla cava e al suo triste destino è la morte.
Pertanto egli accetta una missione esplorativa molto pericolosa nella cava,scegliendo consapevolmente la morte e mantenendo fino all’ultimo il suo atteggiamento di fiero orgoglio e disperata rassegnazione.
Infatti per Rosso (che esprime esattamente le idee di Verga) la società è governata da una legge immutabile,secondo la quale esiste nell’universo una sorta di gerarchia per cui chi è più forte deve scaricare la sua violenza sul più debole in una lotta per la sopravvivenza.
E’ questa la cinica condizione di vita che si è andata diffondendo alla fine del ‘700 inizi ‘800 con l’avvento della RIVOLUZIONE INDUSTRIALE.
Nata in Inghilterra la rivoluzione industriale, diede vita ad una profonda trasformazione dell’economia e della società favorendo il rapido sviluppo di un nuovo settore: l’industria e di conseguenza l’emergere di due classi sociali: la borghesia e il proletariato industriale.
Tra gli effetti positivi della rivoluzione industriale troviamo l’introduzione dei macchinari che garantivano una più ampia produzione di beni in minor tempo, con minor fatica e con una discreta diminuzione di manodopera.
Altre utili innovazioni furono: la macchina a vapore che portò alla nascita della ferrovia e della navigazione a vapore,il telaio meccanico per la trasformazione di fibre di cotone in tessuto.
Altrettanti furono però gli effetti negativi. La rivoluzione industriale ebbe enormi costi umani in quanto le condizioni di lavoro e di vita degli operai erano durissime e disumane.
Gli imprenditori e gli industriali spinti anche dalla feroce concorrenza cercavano di risparmiare dovunque fosse possibile e pretendevano di ottenere dagli operai tutto il lavoro che potevano dare.
I risultati furono:orari di lavoro lunghissimi in ambienti malsani troppo piccoli troppo piccoli e sovraffollati.
Nella prima fase dell’industrializzazione il personale di fabbrica era spesso formato da donne e bambini,che si pensava essendo più piccoli e più agili,si potessero adattare meglio al tipo di lavoro richiesto per azionare le macchine.
L’alimentazione degli operai era del tutto insufficiente e si limitava a volte ad un solo pasto giornaliero.
Le condizioni delle abitazioni non erano certo migliori:interi quartieri affollati da catapecchie costruite sfruttando il minor spazio possibile,su strade strettissime,senza luce né aria e praticamente senza servizi igenici.
Nacquero in questo periodo le work houses britanniche che accoglievano poveri ,vagabondi e minorenni, nate con lo scopo di ridurre il vagabondaggio divennero in realtà luoghi ideali per la diffusione di malattie contagiose.
Molti furono gli intellettuali che denunciarono questa insostenibile condizione sociale.Nella letteratura inglese troviamo Dickens, che basandosi sulla sua esperienza personale(lavorò a 12 anni in una fabbrica, a causa dell’imprigionamento del padre per debiti, e fu per lui un’esperienza traumatica)e sulla realtà dei suoi tempi scrisse vari romanzi che lo portarono all’attenzione del grande pubblico e della critica:egli venne considerato la coscienza morale dell’epoca capace di interpretare e dare corpo al diffuso bisogno di giustizia sociale e di equità economica.
Contemporaneo di Dickens è Zola, principale esponente del naturalismo francese.
Anche lui incentra i suoi romanzi su problemi sociali:
dedica interi libri alle lotte dei minatori della Francia del nord,descrive la vita della classe operaia parigina e condanna apertamente la borghesia capitalista, ma in ogni suo romanzo emerge soprattutto l’intenzione del disperato isolamento dell’uomo in una società disumana.
Sarà con Karl Marx che questa riflessione si farà più accesa quando si troverà ad affrontare il fenomeno dell’alienazione.
Per Marx l’alienazione è una condizione patologica,
di dipendenza ed autoestraneazione;una condizione reale di natura socio-economica,in quanto si identifica con la condizione storica del salariato nell’ambito della società capitalista.
L’alienazione si manifesta quando il lavoratore oltre a dipendere dall’oggetto che produce, non si sente realizzato nella sua attività lavorativa che prende la forma di lavoro forzato e ripetitivo e che non gli permette di dar libero sfogo al suo naturale senso creativo.
La causa del meccanismo dell’alienazione risiede nella proprietà privata dei mezzi di produzione, dove il capitalista può utilizzare il lavoro dei salariati per accrescere la propria ricchezza.
Per combattere l’alienazione è necessario,
oltre a superare il regime della proprietà privata educare il popolo alla formazione dell’uomo nuovo che non pera più per necessità ,ma in libertà utilizzando il lavoro come realizzazione di sé stesso.
Per fare in modo che ciò accada dovranno essere presi provvedimenti in materia scolastica collegando l’istruzione con il lavoro.
Si dovrà innanzitutto fornire una preparazione teorica sui principi scientifici e sui processi di produzione, e una pratica addestrando i ragazzi all’uso pratico dei principali strumenti di lavoro.
Marx,nel suo orientamento pedagogico, prevedeva inoltre, l’abolizione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche che oltre ad essere disumanizzante,offre anche una visione sbagliata del lavoro.
I primi interventi di legislazione sociale per eliminare le forme più brutali di sfruttamento sul lavoro di minori, si registrarono in Inghilterra e in Francia verso la metà del 1800.
Accanto all’iniziativa pubblica si ebbe l’intervento di privati che svolsero un’azione di assistenza garantendo un’istruzione elementare generalizzata ai ragazzi.
La prima Convenzione internazionale in materia di lavoro minorile risale al 1919,adottata nella prima conferenza dell’O.I.L.(organizzazione internazionale del lavoro)che fissava a 14 l’età minima per l’assunzione nell’industria.
Nel 1989 la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia stabilisce il riconoscimento del diritto del fanciullo di essere protetto dallo sfruttamento economico e di non essere costretto a praticare lavori che comportino rischi a livello fisico, mentale, spirituale, morale e sociale.
L’obiettivo della convenzione è il graduale innalzamento dell’età minima al lavoro in vista dell’abolizione del lavoro minorile.

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