William Shakespeare: "Romeo and Juliet "

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Testo

Paolo Muscia 4ªC Milano, 25-11-2000

Recensione della commedia di William Shakespeare:
Romeo e Giulietta

A partire dal primo martedì di novembre (7-11) è in scena al teatro Nuovo una delle più belle e famose opere scritte da William Shakespeare: Romeo e Giulietta. Per opera del regista Maurizio Scaparro, a Milano sarà possibile vedere in tutta la sua bellezza la commedia romantica che fu scritta nel 1595 dal drammaturgo britannico e stampata per la prima volta nel 1597.
L’opera, interamente costruita sulla concezione medioevale e cortese dell’amore, rievoca le tragiche vicende di due giovani uniti da un amore fatale, che causerà la loro morte. Tutta la rappresentazione è dominata dal contrasto fra un odio antico, che divide le due famiglie di cui fanno parte Romeo e Giulietta (Montecchi e Capuleti) ed un amore giovane e disgraziato nato fra i due protagonisti, che porrà fine agli scontri fra le famiglie avversarie.
Lo spettacolo è suddiviso in cinque atti come l’originale shakespeariano con una rapida chiusura di sipario per permettere la riorganizzazione della scena, che è apparsa molto sobria e semplice. Compare, infatti, solo una struttura mobile che è l’unico strumento di carattere paesaggistico. La scelta dello scenografo Emanuele Luzzati potrebbe essere facilmente giustificabile con l’intento di voler lasciare “correre” la fantasia dello spettatore, che oggigiorno si trova davanti ad un mondo già precostituito senza l’impegno di dover sforzare la propria immaginazione.
Molto apprezzabile la recitazione degli attori ed in particolare dei due protagonisti: M. Malatesta e G. Di Rauso, che hanno interpretato i personaggi in maniera estremamente realistica e mai esasperata. La rappresentazione non è stata mai troppo lenta, fatta forse eccezione per le scene d’amore fra i protagonisti, rivelandosi in alcuni casi particolarmente movimentata, grazie alla presenza di litigi e duelli molto spettacolari.
Spettacolo indicato per giovani che amino riscoprire valori ed emozioni che non fanno più parte del nostro tempo.

Romeo[coming forward]
He jests at scars that never felt a wound.
But soft! What’s the light that comes trough the window?

It is the east, and Juliet is the sun.
Arise (sorgi), fair sun and kill the envious moon,
That is already sick and pale with grief
So you, her maid, are far more fair than she (moon) is.

Be not her maid, because she’s envious.
Her vestal livery is but sick and green (due to envy);

And none but fools wear it: cast it off (toglila).
It is my lady, oh it is my love.
Oh if she knew, she was (a love).
She speaks, yet (anche se) she says nothing. What about that?
Her eyes discourse: I’ll answer to it (the discourse).
I’m too bold (ardito): she’s not speaking to me.
Two of the fairest stars in all the heaven,
Having some business, entreat (supplica) her eyes
To twinkle (brillare) in their spheres till they return.
What would happen if her eyes were there, in her head?
The brightness of her cheek would shame those stars (eyes)
As daylight do with a lamp; her eyes in heaven

Would stream so bright through the airy region
So that birds would sing and think it wasn’t night.

Watch how she leans her cheek upon her hand!
Oh I wish I was a glove upon that hand,
So that I might touch her cheek.
[…]
Juliet
It’s but your name that is my enemy.
You are yourself, though you aren’t a Montague.
Oh take some other name! What’s Montague?
It isn’t nor hand, nor foot, nor arm, nor face,

Nor any part belonging to a man.
What’s in a name? The thing that we call a rose,
Called by another name, would smell as sweet.
So Romeo would, if he weren’t called Romeo,
Retain that dear perfection which he owes
Without that name. Romeo cast your name;
And in change of that name, which isn’t part of you,
Take all myself.
Romeo
I take you at your word.
Call me but love, and I’ll be new baptised;
So I never will be Romeo.
Juliet
What man are you that, screened in the night,
Stumbles in my counsel?
Romeo
I don’t know how to tell you who I am by a name.
My name, dear saint, is hateful to myself
Because it’s an enemy to you.
If I had written it, I would tear the word.

Romeo[facendosi avanti]
Lui si prende gioco di cicatrici, che non subirono mai ferita.
Ma dolce! Che luce è quella che viene attraverso la finestra?
E’ l’est e Giulietta è il sole.
Sorgi, bel sole e uccidi la luna invidiosa,
Che è già stanca e pallida per il dolore,
Così tu, sua ancella, sei molto più bella di quanto lo sia la Luna.
Non essere la sua ancella, perché lei è invidiosa.
Il suo abito chiaro non è altro che malato e verde (per l’invidia);
E nessuno se non un matto lo indosserebbe: toglila.
E’ la mia donna, oh il mio amore.
Oh se lei sapesse che è il mio amore.
Lei parla, anche se non dice niente. Cosa circa questo?
I suoi occhi conversano: lo chiederò a loro.
Sono troppo ardito: lei non mi sta parlando.
Due delle più belle stelle del paradiso,
Hanno un gran da fare, prega che i suoi occhi
Brillino nel cielo fino a che non ritornino.
Cosa accadrebbe se i suoi occhi fossero qui, nella sua testa?
La lucentezza delle sue guance invidierebbe quelle stelle
Come la luce del giorno fa con una stella; i suoi occhi nel paradiso
Fluirebbe così luminosa attraverso le regioni del cielo
Cosicché gli uccelli canterebbero e penserebbero che non è notte.
Guarda come appoggia le sue guance sulle sue mani!
Oh se fossi un guanto su quella mano,
Così potrei toccare le sue guance.
[…]
Giulietta
Non altro che il tuo nome mi è nemico.
Tu sei te stesso, anche se tu non fossi un Montecchi.
Oh prendi un altro nome! Che cos’è Montecchi?
Non è una mano, non un piede, non un braccio, non una faccia,
Nessun’altra parte appartenente ad un uomo.
Cosa c’è in un nome? Ciò che noi chiamiamo rosa,
Chiamata con un altro nome, profumerebbe come dolce.
Così Romeo, se non si chiamasse Romeo,
Manterrebbe quella cara perfezione che possederebbe,
Senza quel nome. Romeo butta via il tuo nome;
E in cambio di quel nome, che non è parte di te,
Prendimi tutta.
Romeo
Ti prendo in parola.
Chiamami non altro che amore, e io sarò ribattezzato;
Così io non sarò mai stato Romeo.
Giulietta
Che uomo sei tu che, nascosto nella notte,
Inciampi nel mio pensiero segreto?
Romeo
Non so come dirti chi sono con un nome.
Il mio nome, caro santo, mi è odioso
Perché ti è nemico.
Se lo avessi scritto, straccerei la parola.

Romeo
Oh she could teach the torches to burn bright!
It seems she hangs upon the cheek (maschera) of night
As a rich jewel in a Ethiop’s ear-
Beauty too rich for use, for Earth too dear!
So shows a snowy dove trooping with crows
As that lady over her fellows shows.
The measure done, I’ll watch her place of stand,
And touching hers make blessed my rude hand.
Did my heart love till now? Forswear (rinnega) it, sight!
Because I’ve never seen true beauty till this night.
[…]
Romeo[to Juliet touching her hand]
If I profane with my most unworthy hand
This Holy shrine, this is a gentle sin (peccato):
My lips, two blushing pilgrims, ready stand

To smooth that rough touch with a tender kiss.
Juliet
Good pilgrim, you do too much wrong (fai del male) to your hand,
Which mannerly (giusta) shows the devotion in this (hand):
Because saints have hands that pilgrim’s hands have to touch,
And the pilgrim’s kiss is “palm to palm”.
Romeo
Haven’t saints lips, and holy pilgrims too?
Juliet
Yes, pilgrim, lips that they must use in praying
Romeo
Oh then, dear saint let lips do what hands do

They pray: grant you (concedilo), so that faith doesn’t turn to despair.
Juliet
Saints don’t move, though grant for prayers sake (intento).

Romeo
So don’t move, while I’ll take my prayer’s effect.

He kisses her
Therefore my sin is purged (liberare/scaricare) from my lips to yours.

Romeo
Oh lei potrebbe insegnare alle torce a bruciare luminose!
Sembra che tenga addosso la maschera della notte
Come un ricco gioiello sull’orecchio di un’Etiope-
Una bellezza troppo ricca per l’uso, troppo cara per la Terra!
Mostra così uno spirito gelido che si unisce ai corvi
Come fa una donna nei confronti dei suoi compagni.
Questo è fatto, guarderò il posto dove si trova,
E toccandola sia benedetta la mia rozza mano.
Ha mai amato il mio cuore finora? Rinnega la visione!
Perché non ho mai visto la vera bellezza fino a questa notte.
[…]
Romeo[a Giulietta toccando la sua mano]
Se io profanassi con le mie mani così indegne
Questo sacro reliquiario, questo sarebbe un nobile peccato:
Le mie labbra, due pellegrini arrossati(per vergogna), restano fermi
Per lisciare con un tenero bacio questo rude tocco.
Giulietta
Buon pellegrino, tu fai fin troppo male alla tua mano,

Che giusta mostra la devozione che vi è in questa:
Poiché i santi hanno mani che i pellegrini devono toccare,
E il bacio del pellegrino è palmo contro palmo.
Romeo
I santi non hanno labbra, come i sacri pellegrini?
Giulietta
Sì, pellegrino, labbra che devono usare per pregare
Romeo
Oh allora, caro santo lascia che le labbra facciano ciò che fanno
le mani
Loro pregano: concedilo, cosicché la fede non diventi disperazione.
Giulietta
I santi non si muovono, sebbene lo concedano per l’intento dei preganti.
Romeo
Allora non muoverti, mentre io prenderò io miei risultati da pregante
Lui la bacia
In questo modo il mio peccato è passato dalle mie labbra verso le tue.

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