Stilnovo: composizione di 6 strofe

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: “Al cor gentil rempaira sempre amore”,è considerato il manifesto del “Dolce Stil Novo “ ed è la canzone più celebre di Guinizzelli, vissuto nel XIII secolo (1235-1276) e ritenuto l'iniziatore di una nuova forma di poetare, il "Dolce Stil Novo".
È una composizione di 6 strofe composte di 10 versi, settenari ed endecasillabi, scritta in un linguaggio elevato, dove non compaiono termini dialettali, poiché Guinizzelli voleva servirsi di un linguaggio nazionale. La parola-chiave della canzone è "gentile".;la gentilezza s’identifica con la nobiltà, non di sangue, che non si eredita, ma che è propria dell'animo. così, come enucleato dal poeta nell’IV stanza,dove sottolinea ch e la nobiltà non è nella "dignità" ereditata dalla propria famiglia. Infatti,se un uomo è privo di un animo "coraggioso", manca di un valore personale e, quindi, non può dirsi nobile.
La canzone, è ricca di similitudini che sono importanti per la sua divisione, in due parti. Nelle prime quattro stanze l'amore e la gentilezza sono paragonati alla natura, mentre nella V e nella VI, i paragoni si riferiscono ad una sfera soprannaturale, teologica. I concetti messi in evidenza sono l'obbedienza dell'uomo alla donna e l'amore come valore religioso, in quanto segno di superiorità spirituale che avvicina l'uomo a Dio è interessante notare che la donna stessa è paragonata ad una creatura divina.
Il conflitto tra amore e religione è evidenziato da Guinizzelli nell'ultima stanza;dove il poeta immagina che Dio lo rimproveri, il giorno in cui se lo ritroverà davanti, per aver attribuito sembianze divine ad una donna terrena; ma egli riesce a giustificarsi sostenendo che la donna sembrava un angelo del Paradiso, messaggero divino, perciò non riteneva che amare una creatura celeste non potesse essere una colpa.
In questa canzone sono presenti, infine, numerosissime immagini, che danno quasi tutte un'idea di luminosità e che in qualche modo rimandano alla luce: splendore lucente, clarità di foco, stella, donna a guisa di stella, ecc.
Le uniche figure retoriche presenti nel componimento sono le numerose similitudini e qualche enjambement.
L’ amore gentile, nobile, la donna angelo, divina, la luce…sono queste le tematiche del “Dolce stil novo”, una corrente letteraria nata a Bologna fra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento. L’iniziatore fu l’autore della poesia analizzata prima, seguito da un gruppo fiorentino, formato da: Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Gianni Alfani, Dino Frescobaldi, Cino da Pistoia e Dante Alighieri che ne fu il rappresentante più insigne.
Il nome della “scuola” deriva dal XXIV canto del Purgatorio di Dante Alighieri. In questo passo Dante incontra Bonagiunta Orbicciani, il quale gli chiede la differenza fra i siculo-toscani e gli stilnovisti. Dante risponde che loro scrivono seguendo la diretta ispirazione d’Amore, e dopo ciò Bonagiunta dice di aver capito la differenza fra i toscani e “questo vostro dolce stil novo”: di qui il nome della “scuola”.
Con questa risposta Dante vuol comunicare che gli stilnovisti analizzano gli effetti dell’amore sul poeta e i suoi sentimenti, descrivendone i cambiamenti psicologici in forma dolce. Infatti, l’unità di questa “scuola” è basata nello stile, che si manifesta nel gusto comune dei poeti di drammatizzare la propria vicenda interiore,di mostrare la realtà esterna in modo attutito,di descrivere la donna come un balenare di luce e di ascoltare la propria coscienza.
Gli stilnovisti intendono definire l’origine e la natura d’amore riconducendo, alla vita della coscienza l'esperienza d’amore, come la gioia, il tormento, la contemplazione, la passione. Essi si definiscono, come un pubblico nuovo di produttori ed utenti della poesia, come libero gruppo di “cori gentili”, capaci di vivere e intendere la nobilitante esperienza sentimentale.
Ogni poeta vive l’amore a modo suo e quindi ognuno scrive poesie diverse, cercando di rappresentare la propria storia d’amore come qualcosa d’esemplare. Le varie vicende non sono raccontate seguendo una trama narrativa, le donne cantate non acquistano consistenza figurativa o drammatica, perché entrambe gli elementi sono metafore della scoperta della propria anima attraverso l’amore.
Nella lirica stilnovista, la donna è descritta come una sorta d’angelo mandato dal Cielo a suscitare nell’animo dell’innamorato sensazioni mistiche. Svolge la funzione d’intermediaria tra Dio e l’uomo e nobilita un sentimento come l’amore, che diviene mezzo per la salvezza dell’anima. Lei è l’ispiratrice di passione è celebrata come creatura “gentile” che dona all’uomo elevazione spirituale e perfetta beatitudine.
Nelle poesie la donna non viene mai descritta, è circondata da un alone di mistero come una perfetta sconosciuta di cui sappiamo solo il nome simbolico, come la Beatrice di Dante, la Selvaggia di Cino, la Giovanna di Cavalcanti.
Questo perchè, per Guizinelli l’amore è la pura contemplazione di una bellezza costituita soprattutto da un’interiore purezza d’animo che contribuisce a rendere l’uomo migliore.
Il concetto di nobiltà, gentilezza e cortesia per Guido e i suoi “amici” è visto come tutto ciò che è bello spiritualmente , e nobile di cuore;soltanto chi ha un animo nobile può amare nel senso spirituale per elevarsi fino ad arrivare a Dio.
Tutte queste caratteristiche si possono notare nel sonetto:“Tanto onesta e tanto gentile” di Dante, tratto da “Vita Nova”, un libretto in cui Alighieri racconta della sua “nuova vita”, illuminata dall’ amore per Beatrice, che trova pieno appagamento nella lode della donna, mezzo di perfezionamento interiore e di avvicinamento a Dio.
Dante con il compnimento lirico “Tanto onesta e tanto gentile” vuole esprimere le “mirabili ed eccellenti operazioni” della sua amata, sottolineando il movimento interiore che provoca la sua visione. Leggendolo si ha l’impressione che la donna descritta sfiori il terreno e che da lei si emani una luce che si riverbera su chi la contempla smarrito.
Il sonetto è costituito da quartine a rima incrociata e da terzine a rima simmetrica.
Lo scrittore, utilizzando alcuni dei luoghi comuni dello stilnovo descrive le virtù dell’amata e gli effetti che la sua apparizione produce non solo sul poeta, ma su tutti quelli che la vedono.
La donna di cui parla (Beatrice) è gentile perchè nobile d’animo, onesta per il suo decoro esteriore che esprime equilibrio interiore, ed è umile;queste sue virtù, si rivelano grazie all’apparizione e al saluto, chi la vede tace, prova tremore e dolcezza. All’inizio del sonetto il tremore impedisce la parola, alla fine la dolcezza della contemplazione e la consapevolezza che la creatura è manifestazione del divino inducono al sospiro.
Il sonetto è pervaso da un‘atmosfera dolce e incantata. Analizzando le singole proposizioni che costituiscono il periodo, notiamo che Beatrice, con i suoi gesti e atteggiamenti, è sempre posta all’interno della proposizione principale, mentre coloro che la ammirano si trovano all’interno delle proposizioni subordinate. Questo, rileva il loro sentirsi sottomessi e inferiori rispetto alla bellezza e alla grazia della donna.

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