Il tesoro di Farfa

Materie:Riassunto
Categoria:Lettere
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Data:22.03.2007
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Testo

. Ci può illustrare il Suo primo romanzo, Il tesoro di Farfa, con riferimento alla storia vera che vi è in esso contenuta?
Riguardo quel mio libro, che ormai ha qualche anno – è stato pubblicato nel 1998 – vorrei soltanto accennare che deriva da esperienze reali, di vita vissuta, nel senso che l’ambiente, e cioè un monastero antichissimo come quello di Farfa, non c’è per pretesto o per caso: io ho vissuto per un certo numero di anni con la comunità di monaci benedettini, sia pure da laico, perché ero incaricato della biblioteca, una biblioteca particolare in quanto annessa a un monumento nazionale. Quindi, avendo scoperto, leggendo le cronache di Farfa, che una volta era effettivamente esistito un tesoro, mi è venuto in mente di crearci intorno una storia.
La storia del tesoro è molto breve: in un antica cronaca farfense, come detto, troviamo ricordato che dopo sette anni di assedio [alla fine del IX sec.] dei Saraceni all’Abbazia – era un’Abbazia fortificata, che aveva la fortuna di avere un suo acquedotto interno, altrimenti non ce l’avrebbero fatta a resistere – dopo sette anni di assedio, una notte i monaci radunarono tutti i tesori, preziosissimi, che possedevano. Questi tesori, tra cui il più importante era un cofanetto d’oro e pietre preziose regalato da Carlo Magno all’Abbazia – a suo tempo Farfa fu Abbazia imperiale, quindi un “feudo” imperiale a stretto contatto con il Regno della Chiesa –, vennero divisi in tre parti: tre drappelli di monaci si dispersero poi nella notte in tre direzioni diverse, uno verso Roma, uno verso le Marche, uno verso Rieti. Ma al momento in cui stavano riponendo questi beni si accorsero che le pietre che formavano il ciborio non sarebbero riusciti a portarle via. Parliamo in questo caso di pietre preziose, di lapislazzuli, di onici e cose di questo genere – i lapislazzuli anche oggi sono pagati a peso d’oro: tanti grammi di lapislazzuli, tanti grammi di oro – oltre ai libri antichi, con preziosissime rilegature, ai calici, alle pissidi , a tutto quello che poteva essere l’oro all’interno di una chiesa e oltre, torno a dire, il famoso cofanetto di Carlo Magno: non essendo in grado di portare tutto questo peso, una parte del tesoro fu nascosta.
Questa storia è stata poi trasmessa attraverso i secoli anche agli abitanti di quella zona della Sabina, per cui ci sono stati cercatori del tesoro in tutti i secoli, anche in tempi abbastanza recenti, mi raccontavano i contadini che abitano nella zona: il tesoro, però, non è stato mai trovato. Ecco, da queste vicende mi nacque l’idea di fare un racconto sulla storia del tesoro, che naturalmente poi viene trovato dal protagonista, ma nessuno mai saprà dov’è realmente collocato.

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