holden

Materie:Scheda libro
Categoria:Lettere

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Data:13.09.2005
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Testo

Se esiste veramente un libro capace di tracciare con assoluta fedeltà l'archetipo dell'adolescente insofferente e psicologicamente frustrato, questo è proprio Il giovane Holden di J.D. Salinger.
La storia, ambientata negli Stati Uniti degli anni Cinquanta, è quella di un ragazzo come tanti, Holden Caulfield, di famiglia borghese e discreta cultura, che viene cacciato dalla scuola a causa del suo scarso rendimento. Holden preferisce non far saper nulla ai genitori, decidendo di trascorrere in albergo i pochi giorni che separano il giorno dell'espulsione dalle vacanze natalizie e quindi dal rientro a casa.
Il ragazzo prende con grande distacco il suo fallimento scolastico ed ironizza con pungente cinismo sulla sua scuola, Pencey, sui compagni e sulla società in generale. Si abbandona a grandi riflessioni sugli adulti, quasi sempre incapaci di capire cosa passa realmente per la testa dei giovani, sulle donne, sui suoi fratelli troppo occupati o troppo piccoli per potersi occupare di lui; frequenta locali notturni e chiacchiera con vecchi compagni, guarda la realtà con i suoi occhi da adolescente.
E' giovane, ribelle e insofferente al conformismo e al perbenismo che sembrano essere diventati parte integrante di una realtà nella quale non si ritrova, una realtà della quale pretende di conoscere, forse un po' ingenuamente, i più diversi aspetti. È, come tutti quanti, spettatore di un mondo che sta cambiando; il cambiamento non risparmia nessuno, neppure i giovani, semmai li coinvolge ancora di più.
Holden è una figura letteraria estremamente verosimile e coinvolgente, un personaggio capace di affascinare il lettore, spettatore di una vicenda carica di attualità e di profondi interrogativi, narrata con una prosa scorrevole e ironica, punteggiata qua e là da motti caustici e lazzi arguti.
La straordinaria inventiva di Salinger propone un libro estremamente interessante, trascurato in passato e tornato in auge solo da poco tempo, la cui lettura offre notevoli spunti psicologici e la possibilità di una cosciente critica al generale appiattimento della nostra società.

Vi si narra del giovane Holden Caulfield che espulso dal prestigioso college Pencey, prima di rientrare a casa con la ferale notizia, girovaga per New York, incontra amici, fidanzate, prostitute, professori. Si ubriaca, esce sotto la pioggia, si bagna fradicio e si becca una polmonite. Tutta qui la "trama". Ma è il ron-ron interiore ad essere di scena. Holden è un young angry man, un giovane arrabbiato, antisistema, e pervaso da umori anti-istituzionali. Odia il denaro, la borghesia, la stupidità dei coetanei. Ma perché è arrabbiato Holden? È forse un comunista? Un "homme révolté"? Nel romanzo non è detto. La rabbia, la rivolta, non è l'oggetto esplicito della narrazione, ma un suo pre-testo, qualcosa che anche dal punto di vista della scrittura è accaduta prima. Forse la rottura col mondo è decisa da una ragione privata: la morte di un fratello amato. Ragione sufficiente per staccarsi dalla vita, ma non necessaria per la generazione del '68 che non prevedeva le motivazioni esistenziali nel dichiarare guerra al mondo, e che lesse perciò questo romanzo pescandovi secondo le proprie urgenze interiori. Quella generazione leggeva nel libro il rifiuto etico, e quindi "politico", del processo di socializzazione canonico, quello che procede per cerchi concentrici: l'io, la famiglia, il college, la classe di appartenenza, l'America, il mondo. Di questa serie scartava tutto, fuorché l'io e le sue ragioni in contrapposizione a tutto il resto.
Lo stile del libro è volutamente trasandato, senza che la disadorna quanto sapiente negligenza del tratto non suggerisca comunque il pericolo di un manierismo incombente. La voce narrante sembra poi quella di Lee Marvin: spiccia, senza fronzoli. Se Holden deve fare un tema, è un "maledetto" tema; naturalmente il giovane si sdraia su un "dannatissimo" letto, e se parla della "vecchia" Phoebe, non equivochiamo, non è che la sorellina di Holden.
Sicuramente nel '51, quando uscì, il romanzo era davvero nuovo ed eversivo. Ed anche la sciattezza stilistica era una forma di rifiuto del perbenismo borghese e letterario. Oggi la carica di novità e di eversione è stata assorbita dai numerosissimi epigoni e dalla pletora di arrabbiati automatici e anche un po' di lusso (rockers, beats, hippies etc) che seguirono. Tuttavia a differenza di tanti giovani dei '60 (e di oggi) che considerano il giovanilismo una meta e una forma immobile dell'essere, Holden-Salinger la pensa ancora come il "vecchio" Shakespeare secondo cui "Ripeness is all" (la maturità è tutto), e la giovinezza dunque un tratto biologico della vita umana, non già una condizione permanente dello spirito. Dice infatti il professor Antolini in finale di romanzo al confuso Holden in cerca dopotutto di dialogo con gli adulti intelligenti ( e i due dialoghi con i professori, all'inizio e alla fine, sono tra le cose più pregevoli del romanzo): « Ciò che distingue l'uomo immaturo è che vuole morire nobilmente per una causa, mentre ciò che distingue l'uomo maturo è che vuole umilmente vivere per essa».
Non c'è dato sapere quanto e come i giovani di oggi leggano questo romanzo. Ma a meno che non facciano l'inevitabile errore di considerare il mondo nato con loro, scopriranno, leggendolo, quanto sia stato problematico per ogni generazione l'incontro col paradosso del vivere. Scriveva Paul Nizan qualche generazione prima in un libro (Aden Arabie) che sembra anticipare le atmosfere salingeriane: « Avevo vent'anni: non consentirò a nessuno di dire che è l'età più bella della vita. Tutto minaccia di rovina un giovane: l'amore, le idee, la perdita della propria famiglia, l'ingresso fra gli adulti. È duro apprendere la propria parte nel mondo».

Il diciassettenne Holden Caufield è un adolescente ribelle che poco prima di un Natale dei primi anni '50 viene espulso dall'Istituto Pencey, college della Pennsylvania. Il giovane, senza dire nulla ai genitori, ne approfitta per intraprendere la sua piccola avventura nella Grande Mela dove inizia a vagare tra locali e stamberghe in cerca delle emozioni del mondo adulto e, in fondo, della sua stessa maturità che sente vicina e della quale tutto sommato ha paura.
Holden è sì un giovane coraggioso e ribelle, ma in fondo è soprattutto un bravo ragazzo che vuole soltanto realizzare un suo piccolo sogno di libertà prima di fare rientro a casa. Durante questa breve esperienza Holden rimpiange quella sua "infanzia schifa" che progressivamente si vede sfuggire di mano; teme l'approssimarsi dell'età adulta che percepisce fatta di falsità ed apparenza e critica rabbiosamente la società americana che è così distante dal suo modo fatto di amicizie, affetti e sincerità.

Holden è l'adolescente "diverso" per antonomasia, quello che, per motivi all'apparenza difficili da decifrare che appartengono alla sua storia di vita, si discosta dal gruppo in maniera vistosa. E' uno dei tanti ragazzi che è facile definire "atipici" per i quali gli adulti (e la scuola in particolare) non sembrano prevedere i tempi diversi di cui avrebbero bisogno. Non a caso, quando conosciamo Holden, all'inizio del romanzo, è già stato "sbattuto fuori" da tre scuole superiori e da quel che dice non c'è dubbio che quella che sta lasciando (la quarta) sarà l'ultima. Non si riscriverà ad un'altra, ma insieme all'idea di uscire dal sistema scuola se ne fa avanti un'altra (all'inizio in modo confuso, poi sempre più invasivo): quella di uscire di scena definitivamente, messa in atto, poi, in modo non del tutto consapevole e maldestro, alla fine del libro.
Holden non riesce a trovare intorno a sé persone o punti di riferimento cui appigliarsi, la vita per lui è un accavallarsi di delusioni e fallimenti. Non accetta il conformismo, tutto gli sembra stupido, non sopporta le regole, ha costantemente "una malinconia del diavolo", non gli riesce di "cavar fuori niente da niente". Ipersensibile, ipercritico con sé e con gli altri, cinico e ironico, distrugge con lucidità i miti della classe sociale alla quale appartiene. E' talmente convinto di valere poco e di non potercela fare che ogni tentativo di andare avanti si risolve poi nel fuggire da qualcosa o da qualcuno. La scuola, gli amici, le partite di rugby, il tifo sfegatato per la squadra, gli hobbies, le ragazze, le spacconate, i discorsi trasgressivi di sesso accompagnati da bevute di liquori che sembrano "mandare in sollucchero" i suoi compagni di stanza e di corso scorrono su di lui senza lasciar traccia o gli procurano un vero e proprio senso di nausea. Un po' per volta si consolida dentro di lui la convinzione, espressa nei gesti come nelle parole, che non c'è niente per cui valga veramente la pena di vivere.
Quando si fa il mestiere dell'insegnante ad ogni nuovo anno scolastico si sa già che nelle nuove classi dove ci troveremo a lavorare e a convivere ci saranno uno, due (o forse più) giovani Holden, ragazzi (o ragazze), la cui storia individuale li colloca "sul limite". In questi casi l'intervento isolato di un insegnante solo qualche volta può avere un esito positivo, perduto o stemperato in mezzo a quelli più o meno disinteressati degli altri professori. E d'altra parte, un intervento mirato, individualizzato, di cui tutti si assumono la responsabilità non è consentito perché non ci sono (né ci possono essere, del resto) le "pezze d'appoggio", gli incartamenti ufficiali su cui far forza.
Sono le situazioni più difficili, quelle nelle quali la diversità non si mostra in modo palese ma c'è, profonda e radicata al punto da innescare spesso una serie di meccanismi a catena di cui è difficile prevedere l'esito.
Holden, col suo modo di fare tenero e sperduto, è un personaggio simbolo che è un po' in tutti noi, così come Ulisse, come Penelope, come Orlando.

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