Materie: | Tema |
Categoria: | Lettere |
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Data: | 17.01.2006 |
Numero di pagine: | 4 |
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Testo
Assia Djebar
L’amore, la guerra
“velate il corpo della ragazza da sposare. Rendetela invisibile. Trasformatela in un essere piu cieco di un cieco, uccidete in lei ogni ricordo dell’esterno. Tutto inutile, se sa scrivere.”
Oggi molte algerine si battono coraggiosamente contro le forze oscurantiste del loro paese, che le vorrebbero chiuse negli spazi privati, salvifiche guardiane della tradizione, prive di diritti e lontaneda pericolose contaminazioni con la modernità occidentale. Assia Djebar è una di queste “Non bisogna esagerare nel dipingermi come un’eroina (…) C’è un destino per ogniuno. Certo c’è una minaccia contro la libertà di pensiero, ma c’è anche il destino individuale. Io resisto, so che i miei lettori insorgerebbero se mi fosse fatto qualcosa, e mi sento protetta. I miei libri si vendono in molti paesi: questa è la mia sicurezza.”.
Nata a Cherchell in Algeria il 4 agosto del 1936, Fatima Zohra Imalayéne ha studiato in Algeria e continuato i suoi studi a Parigi (è stata la prima algerina ammessa all'Ecole Normale Supérieure).
Dopo aver partecipato al Movimento di liberazione dell'Algeria, ha insegnato in svariati paesi, e si è imposta come narratrice di lingua francese, raccontando i temi propri del mondo islamico: scelta questa che le è costata un perenne rapporto di amore/conflitto con il suo paese.
In Italia si è affermata con Donne d'Algeri.
Il suo primo libro, La Soif, 1957, scritto in francese, come tutta la sua opera, le ha guadagnato l'accusa di antipatriottismo dopo l'indipendenza dell'Algeria, è proprio con esso che nasce l’omonimo di Assia Djebar “Ero minorenne e temevo il giudizio di mio padre, (…) decisi di avvalermi del mio fidanzato di allora, che aveva un ottima cultura araba classica. (…)appellativi di dio.Quando pronunciò Djebar lo fermai. Mi piacque molto. (…) significa’ l’intransigente’.Assia invece me lo scelsi da sola (…) Ha un significato molto bello:’colei che consola’”;al libro pubblicato dalla casa editrice Julliard seguono Les Impatients (1958), Les enfants du noveau monde (1962) e Les Alouettes Naìves del 1967 a cui seguiranno anni di silenzio “sentii che per una donna scrivere significa inevitabilmente scrivere su di sé. E mi tirai indietro…”.
Ha diretto vari documentari e due film, La Nouba des femmes du Mont Chenoua (1979), premiato al Festival di Venezia del 1979, e La Zerda et les chants de l'oubli (1982).
Torna a scrivere nel 1980, dopo essersi risposata e tornata a Parigi “me ne sono andata perché le strade erano troppo piene di uomini e io, per scrivere, ho bisogno della strada. Non posso scrivere se sono rinchiusa.”, “per me la libertà è libertà di movimento.”.
Il nuovo esordio letterario si apre con: Les femmes d'Alger dans leur appartement, L'amour, la fantasia (1985), Ombre Sultane (1987), Loin de Mèdine (1991) e Vaste est la prison (1995).
Ha ricevuto il Premio Neustadt per il contributo alla letteratura mondiale nel 1996; il Premio Yourcenar nel 1997 e, alla Fiera di Francoforte del 2000, il Friedenpreis des Deutschen Buchhandels. Dal 1997 è professore alla Louisiana State University e direttore del Centro di studi francesi e francofoni della stessa università.
Alla fiera del libro di Francoforte del 2000 le è stato assegnato il premio per la pace degli editori tedeschi. Nella motivazione della giuria si legge: “Rendiamo omaggio a una scrittrice che ha fatto sentire con forza la voce del Marghreb… . La sua opera ci parla della sua speranza nel rinnovamento democratico dell’Algeria, nel ristabilirsi della pace all’interno del suo paese e nella possibilità di dialogo tra culture.Fedele alle radici plurime della sua cultura, Djebar ha contribuito grandemente a una nuova presa di coscienza delle donne del mondo arabo”.
‘L’amore, la guerra’ è una è una storia che intreccia elementi diversi e complessi: la formazione intellettuale di una giovane algerina nella scuola francese, la storia del suo paese e il ruolo della donna nella società araba. Passato e presente si snodano e si legano in continui scambi rivelando lo stile di una scrittrice di grande capacità espressiva.
“Mi ha spinto a scrivere l'urgenza di rappresentare la vita, una vita tragica, appassionata. Il bisogno di scrivere è l'illusione di lottare contro l'oblio, forse è proprio solo un'illusione.” , “In Algeria è molto semplice. Libertà è poter uscire liberamente dall'interno all'esterno. Ci sono ragazze a cui il cui padre o il fratello, a partire dai dieci anni, proibiscono di uscire: questo avveniva ai tempi di mia madre che non è più uscita di casa se non con il marito e sempre coperta da un velo. È la realtà dell'Afganistan, dell'Arabia Saudita,…”.
È la voce della ribellione che scrive. Ribellino contro quella razzia d’identità condotta dall’ossessione paranoica dell’uomo spossessato, che per difendere dallo straniero (Francia) le sue donne, le rinchiude nell’harem/serraglio, disperante esasperazione di una segregazione sessuale nello spazio.Tramite l’intreccio di tante storie distinte, la Djebar ci mostra la vita delle donne algerine.Il libro ha inizio con la vicenda di una bambina araba che va a scuola per la prima volta. Già gli sguardi dei vicini fanno trasparire il pensiero della sventura di quando la vergine imparerà a scrivere… “La vergine sapiente imparera a scrivere e inevitabilmente scriverà quella lettera. Verrà per lei il momento in cui l’amore che si scrive sarà piu pericoloso dell’amore prigioniero”.Una volta avviata alla maturazione la giovane donna verrà chiusa dietro “un muro cieco alzato fino al cielo. Ma se la giovinetta sa scrivere…la sua voce circola nonostante il silenzio.”; come la voce delle tre sorelle le quali scrivono con la speranza di non sposare uno sconosciuto ed una di esse si apre in un grido disperato, in un sogno proibito in Algeria… “Mai, mai mi lascerò sposare a uno sconosciuto che una notte avrà il diritto di toccarmi, così all’improvviso! Per questo scrivo! Qualcuno verrà a prendermi in questo buco sperduto; sarà uno sconosciuto per mio padre e mia madre, ma non per me!”.
Chi vuol far cambiare queste idee, deve necessariamente rischiare.Come è possibile negare la libertà? Ma soprattutto, come è possibile negare l’amore?
“Un peccato? Sarebbe un peccato, amarsi?”
Schade Alessandra
IV C
Sitografia:
www.letteraturealtre.splinder.com
www.pariopportunita.antoniodipietro.it