A. MANZONI: Biografia e Opere

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Testo

BIOGRAFIA DI
ALESSANDRO MANZONI

Alessandro Manzoni nacque a Milano il 7 marzo 1875 dal Conte Pietro Manzoni e Giulia Beccaria. Le famiglie dei genitori di Alessandro Manzoni avevano idee molto diverse: la famiglia Manzoni era di stampo cattolico, mentre la famiglia Beccaria illuminista.
Infatti a quei tempi chi commetteva un reato veniva messo in galera o condannato a morte; per questo motivo il nonno di Manzoni, sulla scia dell’Illuminismo scrisse “ Dei delitti e delle pene” , nel quale affermava che la reclusione doveva servire a recuperare l’individuo e non a perderlo definitivamente.
Alcuni anni dopo la nascita di Manzoni, Giulia Beccaria si separò dal Conte Manzoni e si trasferì a Parigi dove convisse col Conte Carlo Imbonati.
Anche a causa della separazione dei genitori, l’infanzia di Manzoni non fu felice: dato a balia alla nascita, entrò in tre diversi collegi e vi uscì all’età di 15 anni. Uscito dal collegio, la madre lo invitò a Parigi per conoscere Imbonati, ma quando arrivò a Parigi il Conte era già morto. Visse lì per alcuni anni e poi tornò in Italia.
Nel 1807 conosce a Parigi Enrichetta Blondel, donna della quale si innamorò e che sposò due anni dopo. Colei era figlia di un banchiere ginevrino ed era di religione protestante calvinista, motivo per il quale Manzoni la sposò a Milano con rito Calvinista.
Manzoni sino a questo periodo è ateo perché era cresciuto in conventi dove i metodi pedagogici erano botte e frustate, solo con l’aiuto di sua moglie ridiventa cattolico e la fa convertire al cattolicesimo.

L’episodio della conversione

Il 2 aprile 1810 si celebrano le nozze di Napoleone con Maria Luisa d’Austria e Manzoni e consorte erano invitati; presero parte al banchetto serale ma Manzoni non voleva presenziare allo spettacolo pirotecnico del dopocena in quanto si svolgeva in Place De la Concorde ed egli era agorafobico.
Sua moglie però, grande appassionata, lo convinse a partecipare: ad un certo punto però un fuoco parte orizzontalmente e crea scompiglio tra la folla.
La gente impaurita cerca di scappare travolgendo Enrichetta Blondel e calpesta Manzoni che era a terra solo,terrorizzato. Solo quando la mischia si è diradata Manzoni vede una chiesa, la Chiesa di San Rocco, al lato destro della piazza e vi entra. A questo punto li viene spontaneo inginocchiarsi e mettersi a pregare: è proprio in questo momento che dice:” Mi discese nel cuore una pace indicibile”. Da qui avrà inizio il suo processo di conversione.

Il “ risciacquo dei panni” nell’Arno

Nel 1810 tornano in Italia e Manzoni si trasferisce per 2 anni a Firenze.
Qui “risciacqua i panni nell’Arno”, ovvero riscrive “I Promessi Sposi” senza i lombardismi e lo trasforma in toscano colto.
Quando torna a Milano vede morire in quattro anni quattro dei suo figli, e perciò decide di entrare in politica diventando senatore ad Arona (città sul lago di Garda).

Il secondo matrimonio e la morte

Il 25 dicembre 1833 muore sua moglie, per la quale provava un grande amore. In seguito fu obbligato a risposare una donna che non amava, Teresa Borri Stampa, la quale morì il giorno dell’Unità d’Italia.
Infine Alessandro Manzoni morì nel 1873 e lo stesso Verdi compose una Messa da Requiem.
La sua salma venne seppellita nel cimitero monumentale di Milano, e nel 1959 venne riesumata e venne straordinariamente ritrovata intatta.
Per questo motivo chiesero al Papa in carica di farlo santo, ma ciò non avvenne perché nel periodo in cui era ateo ebbe molti figli illegittimi.

LE OPERE

Gli inni

Le opere di Manzoni si dividono in due parti: una pre-conversione e una post-conversione.
Dopo la conversione compose “Inni sacri”: l’inno è una narrazione in poesia composta per elogiare qualcuno o qualcosa.
Infatti Manzoni nota che gli inni cristiani più recenti erano stati composti nel IV sec d.C. ; perciò aveva il progetto di comporre 12 inni, uno per ogni festa cristiana. Però non riuscì a comporli tutti e 12 in quanto avrebbe occupato gran parte della sua carriera, ne scrisse solo 5 di cui 4 pubblicati nel 1815:
- La Resurrezione
- Il nome di Maria
- Il Natale
- La Passione
Il 5° inno, l’opera più importante, è stato pubblicato nel 1822 e si intitola “ Pentecoste”.
In seguito compose altri 3 inni, ovvero “ Ognissanti”, “ Natale del 1833”, composto per ricordare la morte della moglie, ma dopo che aveva scritto tre versi non riuscì più ad andare avanti, infine provò a comporre “Corpus Domini”, ma anche qui riuscì a scrivere solo tre strofe perché ormai pensava già di iniziare a scrivere il suo capolavoro, “I Promessi Sposi”.
Perciò pensò di donare le tre strofe alla nipote, perché fossero lette il giorno della sua prima Comunione. Ancora oggi però queste strofe vengono cantate durante la messa e fanno parte degli “Inni e Canti”.
Il messaggio che Manzoni vuole mandarci con i 5 inni è quello del CRISTIANESIMO SOCIALE, ovvero dice che la Chiesa dovrebbe occuparsi della povera gente.

Le odi civili

Le due odi civili che Manzoni ha composto sono “ Marzo 1821” e “ 5 Maggio”.
Marzo 1821 fu scritto proprio in quell’anno, e narra delle truppe piemontesi che valcarono il Ticino per liberare i Lombardi dal dominio austriaco. In Austria però era giunta la notizia dell’avanzata dei Piemontesi e perciò schierarono tutto l’esercito al confine: qui le truppe piemontesi, colte di sorpresa, furono sopraffatte dall’esercito austriaco.
La notizia della sconfitta dei Piemontesi arrivò a Manzoni dopo che aveva composto “Marzo 1821”, perciò quest’ode vuole insegnarci ad essere un popolo unito, e dice che solo essendo uniti possiamo sconfiggere gli invasori.
Il 5 maggio 1821 muore Napoleone e la notizia arriva in Italia circa un mese dopo. Per questo motivo Manzoni decide di comporre un’ode, il “ 5 Maggio” appunto, per esaltare il personaggio di Napoleone: mai nessuno infatti ha iniziato una narrazione con la frase “ Ei fu”.
L’onestà di Manzoni è stata proprio quella di comporre un’ode per Napoleone solo dopo che egli era morto, perciò non poteva più ottenere nessun tipo di privilegio, ha scritto in modo disinteressato e solo al fine di esaltare il grande imperatore.
Secondo Manzoni Napoleone ha passato il suo ultimo mese di vita inginocchiato davanti alla croce e perciò sarebbe morto cristiano; e sempre da cristiano Manzoni risponde a due domande, come mai Napoleone è morto in un modo così misero e come ha fatto un figlio di nessuno a scalare i gradi della carriera militare: la risposta che ha dato a queste domande è che Napoleone era uno strumento nelle mani di Dio per realizzare un progetto.
Questo progetto consisteva nello svecchiare l’Europa dalle strutture feudali che ancora possedeva, ma Napoleone abusò del suo potere e peccò di superbia; e perciò la Provvidenza lo punì su questa terra al fine di dargli il dovuto premio nell’aldilà.
Questo si può tradurre con il concetto di “ PROVVIDA SVENTURA”.

Le due tragedie di Manzoni

Tragediografia= branca della letteratura che si occupa della tragedia.
La tragedia italiana ha conosciuto il suo massimo splendore nel 1500, poi decadde.
Così Manzoni decise di riprenderla scrivendo “ Il Conte di Carmagnola” nel 1816 e “Adelchi” nel 1821-22; iniziò anche a scriverne una terza, “ Spartaco”, della quale noi possediamo solo i primi 10 versi.

Il Conte di Carmagnola

Egli è un personaggio realmente esistito nel 1400, periodo dei mercenari, dei quali egli stesso faceva parte.
Il Conte di Carmagnola, ovvero Francesco Bussane, aveva militato presso i Visconti di Milano e lì sposò una delle ultime figlie di Filippo Maria Visconti; in seguito passò al comando dei Veneziani.
A quell’epoca però Milano e Venezia entrarono in conflitto, ma essendo Francesco Bussane cristiano, decise di combattere onestamente per Venezia. Fu proprio quest’ultima a vincere, ma a fine battaglia decise di non uccidere i fuggiaschi e liberò i prigionieri padri di famiglia.
Ma alcuni generali invidiosi delle capacità in campo militare del Bussane, lo denunciarono al senato di Venezia con l’accusa di essere stato corrotto dai Milanesi. Fu convocato in giudizio a tradimento e, dichiarando di andar fiero di non aver inseguito i fuggiaschi e di aver liberato i padri di famiglia, fu condannato a morte per alto tradimento.
Nel finale sua moglie e sua figlia lo vanno a trovare pochi giorni prima della sua morte ed egli le consolò dicendo loro che aveva la coscienza pulita e che un giorno sarebbero stati di nuovo felici tutti insieme.

Adelchi

Siamo nell’epoca dei Longobardi (700 d.C.), questi sono in Italia e il Papa Adriano I capì che stavano sfruttando la Chiesa in quanto non pagavano tasse. Per questo decise di chiedere aiuto a Carlo Magno, capitano dei Franchi. Il momento in cui è ambientato “Adelchi” è il finale della guerra, e descrive gli Italiani che gioiscono della cacciata dei Longobardi. Lo scopo è quello di spingere gli Italiani a ribellarsi.
Il re dei Longobardi, Desiderio, ebbe tre figli: Ansverga, che diventò poi Badessa in un convento, Ermengarda e Adelchi, protagonista della vicenda.
Quando il re si accorge che i Franchi stanno per attaccarlo, decide di dare Ermengarda in sposa a Carlo Magno; essi si amano ma quando Carlo Magno scopre che era una manovra politica, la ripudia. Ermengarda disperata tornò dal padre, il quale vista la sua disperazione, decide di mandarla in convento dalla sorella; morirà alcuni anni dopo di malattia.
Adelchi è l’unico figlio maschio di Desiderio e perciò avrebbe dovuto partire per andare in guerra; egli però era profondamente credente e non voleva combattere al punto tale che disse al padre:”Con la guerra è tutto perduto, con la pace è tutto salvato”.
Quando poi Adelchi vede le condizioni disperate della sorella ripudiata da Carlo Magno, decide di andare in guerra animato dal solo amore che provava nei confronti della sorella.
Intanto re Desiderio viene assediato e fatto prigioniero a Pavia, ma non chiederà a Carlo Magno la grazia per se stesso, ma per suo figlio.
Nel frattempo Adelchi viene ferito a morte a Verona, vuole però portare l’ultimo saluto al padre. Riesce ad arrivare a Pavia e una volta davanti al padre dice: “ A questo mondo per un cristiano non restano che due scelte: o far torto o patirlo”.
Il messaggio che “Adelchi” vuole mandarci è proprio quello che nel mondo si è obbligati o a far del male o a subirlo, e che soltanto la pace potrà porre fine a questa condizione.

I PROMESSI SPOSI

Dopo la stesura delle due odi civili, Manzoni si dedicò alla stesura del romanzo con u primo titolo “ Fermo e Lucia”.
Se nell’affrontare questo genere letterario egli sembrava ricollegarsi alla moda allora dominante del romanzo storico di Walter Scott, ben altri e più profondi sono i motivi, di natura artistica e morale, che contribuirono alla genesi dell’opera. Dal momento della sua conversione al cattolicesimo, Manzoni aveva difeso il principio di un’arte volta a fini morali, educativi e religiosi, accessibile a tutti, patrimonio dei più umili, vicina alla concretezza della vita, una letteratura che avesse “ l’ utile per iscopo, il vero per soggetto, l’interessante per mezzo”.
La scelta del romanzo storico che egli definì” componimento misto di stoia e di invenzione”, gli consentiva dunque di attuare il suo principio per cui l’rte deve rappresentare il vero.
Con il nuovo titolo “I Promessi Sposi”; storia milanese del XVII sec. scoperta da A. Manzoni, col titolo di “ Historia del cavalier perduto” composta da Pace Pasini, il romanzo uscì nel 1827 (la cosiddetta edizione “ventisettana”): dal 1824 al 1826 l’autore aveva ridotto il testo in linee più essenziali, perfezionato la documentazione storica, limato le difficoltà linguistiche e culturali.
La seconda edizione del romanzo ( la “quarantana”) fu pubblicata a dispense dal 1840 al 1842, con in appendice la “Storia della colonna infame”, nella quale Manzoni approfondì un tema già trattato nei capitoli XXXI –XXXVII, il processo agli “untori”, ritenuti ingiustamente responsabili della diffusione della peste nella Milano del ‘600. Il romanzo ottenne numerosi riconoscimenti anche da stranieri e fu tradotto nelle principali lingue europee. Per comprendere la sua novità occorre tener presente che negli anni dell’elaborazione Manzoni aveva ben poco a cui riferirsi ( la tradizione settecentesca e la lezione dello Scott): egli fu dunque il primo grande innovatore della forma del romanzo e il creatore di una narrativa moderna.
L’ elaborazione de “I Promessi Sposi” coincide, in Italia, con la fase di trapasso da una concezione della storia basata sui grandi personaggi alla diversa prospettiva che fa degli uomini di “piccol affare” i protagonisti della storia. L’ingresso degli umili nel mondo del romanzo si accompagna all’introduzione di una prosa narrativa moderna, che segna il passaggio da una letteratura destinata a una ristretta cerchia di persone a una indirizzata a un pubblico popolare e nazionale.
Dopo la seconda edizione dei “ Promessi sposi” Manzoni si dedicò alla stesura di diversi saggi di carattere storico e letterario.

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