Ugo Foscolo.

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Testo

Ugo Foscolo

6/02/1778 Nasce a Zante. Cresce in uno sfondo socioculturale molto particolare, costituito da un gruppo con una propria fisionomia, non indifferente alla cultura italiana, ma insofferente del dominio veneto.
1793 Foscolo si trasferisce a Venezia, dove subisce grandi influenze come quella dell’abate Dalmistro (figura di spicco del purismo) e di Cesarotti.
1797 Composizione e rappresentazione del Tieste, tragedia d’ispirazione alfieriana.
Trattato di Campoformio → delusione nei confronti di Napoleone.
1798 Combatte contro l’Austria. Fa parte della Società d’Istruzione pubblica nella breve repubblica veneta.
Prima edizione del romanzo epistolare Ultime lettere di Iacopo Ortis.
1802 Seconda edizione dell’Ortis + Poesie.
1808 Docente di Eloquenza italiana e latina a Pavia
1809-10 Ostilità con Monti.
1811 Fallimentare rappresentazione dell’Ajace + trasferimento a Firenze.
1813 Scappa in Svizzera, ricercato dagli Austriaci.
1813 Parte per l’Inghilterra + ultima edizione dell’Ortis.
1827 Muore a Chiswick, vicino Londra.
(1871) I resti mortali sono trasferiti in Santa Croce.

(1798) ULTIME LETTERE DI IACOPO ORTIS

Già nel 1796, Foscolo, nel suo piano di studi, prevedeva un romanzo epistolare, abbozzato nella formula “Laura-lettere”.
Nello stesso anno, il poeta risiede nei colli Euganei, dove sarà poi ambientato il romanzo. E sempre nel 1796 c’è il suicidio dello studente padovano Girolamo Ortis.
Tutte queste potrebbero essere le cause, la preistoria del romanzo.

TRAMA
Jacopo Ortis, un giovane veneziano di famiglia bene e dagli ideali giacobini, è ricercato dalla polizia austriaca, dopo che Venezia è stata ceduta all’Austria da Napoleone. Nascostosi sui colli Euganei, questi conosce Teresa e se ne innamora, sebbene la ragazza sia già promessa ad un possidente di nome Odoardo per motivi “economici”. Teresa contraccambia l’amore di Jacopo, ma allo stesso tempo non vuole opporsi al volere paterno. Il giovane, allora, parte e comincia a scrivere lettere dalle più varie località del Nord Italia. Quando, però, egli riceve la notizia del matrimonio di Teresa, ritorna ai colli Euganei, dove incontra l’amata per l’ultima volta prima di suicidarsi.

L’EDIZIONE DEL 1798
Il primo tentativo di Stampa con l’editore Marsigli fallisce per l’arrivo delle truppe austro-russe che spingono Foscolo alla fuga.
La stampa è portata a termine dall’editore Sassoli con l’aggiunta di alcune parti, la cui paternità non è stata ancora appurata.
Sconfessata da Foscolo, quest’operazione ha fine con la pubblicazione da parte di Mainardi. Pubblicazione che però per screzi tra autore ed editore finisce al macero (si salvano solo due tomi, uno dei quali viene mandato da Foscolo a Goethe).

L’EDIZIONE DEL 1802
La seconda edizione, presso il genio tipografico, si presenta molto diversa dalla prima, e per l’estensione e per i temi e lo stile (Vedi schema di seguito).

L’EDIZIONE DEL 1816/17
Quest’edizione ha la luce a Zurigo e presenta solo qualche lieve ritocco rispetto a quella del 1802. Infatti, consta di una sola lettera in più dal significato non tanto autobiografico (sebbene s’intitoli Notizia Autobiografica), quanto critico.
Nel 1817 esce un’altra edizione londinese.

DIFFERENZE TRA LE EDIZIONI DEL 1798 E DEL 1802

EDIZIONE 1798
EDIZIONE 1802
• 45 lettere.
• tempo coperto: dal 3/9/1797 al maggio 1798.
• Suicidio di Jacopo prevalentemente per delusione d’amore
• Teresa = giovane vedova con una figlia

• Odoardo → stima e simpatia

• Stile letterario, elegante, prezioso
• Prosa d’arte con un prestigio non inferiore alla poesia.
• 67 lettere.
• Tempo coperto: dall’11/10/1797 al 25/3/1799
• Suicidio per motivi politici: delusione e sentirsi tradito dalla rivoluzione.
• Teresa = giovane fanciulla che vive col padre
• Odoardo, giovane avido e affarista → ostilità ed insofferenza
• Stile drammatico, conciso, tacitiano
• Prosa moderna (carta di fondazione)
IL MODELLO GOETHIANO
Tra tutte le possibili fonti (La Nuova Eloisa di Rousseau; Pamela di Richardson, etc.), Goethe è senza dubbio la più influente per Foscolo.
Con i suoi Dolori del Giovane Werther (1774), Goethe imprimeva al genere epistolare una caratterizzazione molto lirica, abolendo i corrispondenti e trasformando l’epistolario in una sorta di diario, per la registrazione degli stati d’animo e non più degli eventi (clima sturmeriano e preromantico) . Soprattutto per l’edizione del 1798, Foscolo riprende con molti riferimenti il Werther. Sia Ortis che Werther sono due incarnazioni dell’eroe sentimentale: generoso, virtuoso, interiormente infelice, a disagio cogli altri e col quotidiano, superiore per nobiltà d’animo, avverso alle convenzioni ed ai compromessi del vivere civile.

L’ORIGINALITÀ DELL’OPERA
L’Ortis, sebbene considerato da molti un romanzo pioniere, non si presenta originale né per la trama né per il carattere del protagonista. Foscolo, infatti, è in un rapporto di emulazione con le proprie fonti, tra cui anche Monti.
La novità sta. Soprattutto, nell’uso della prosa: nel primo Ortis, Foscolo è indirizzato alla creazione di una “prosa d’arte”, che consegua il prestigio della poesia. Si tratta di una prosa ricca di lirismo, cosa molto criticata dagli studiosi; nel secondo Ortis, invece, l’autore tralascia il lirismo per dar vita ad una prosa più incisiva, dalla forza declamatoria, carta di fondazione della nostra prosa moderna.

LA CRITICA
DE SANCTIS: struttura caotica, dovuta al tumulto interiore dell’autore. Mancano gli aspetti fondamentali dello schema del romanzo: inizio, svolgimento, conclusione. “Il lettore sa da subito come andrà a finire.”
CROCE: lettura difficoltosa per l’eccessivo lirismo (soprattutto nella prima edizione), che appesantisce tutta l’opera. Il tono, inoltre, è troppo oratorio.

(1802) POESIE

Le Poesie del Foscolo escono in tre edizioni, dall’autunno 1802 all’autunno 1803.

LA NOVITÀ
Costituita da solo 14 componimenti, la raccolta si presenta come una drastica svolta, rispetto ad una moda di poesia facile ed abbondante; svolta che a suo tempo era stata già accennata da Parini, uno dei modelli foscoliani per eccellenza.
Tuttavia, la novità sta nella materia dell’opera: un’autobiografia eroica, un bilancio personale, che, terminando nella rinuncia alla poesia, a causa della caduta delle idealità giovanili (amore e politica), mostra un netto mutamento esistenziale nella vita del Foscolo. Perduti gli ideali ispiratori della poesia, la gloria potrà esser raggiunta soltanto colle fatiche dotte.
Proprio per queste caratteristiche, le Poesie si presentano come un vero e proprio canzoniere: il poeta vi propone la propria esperienza esistenziale come paradigmatica, esprimendola con una struttura organica, ed elaborandovi un modello linguistico e stilistico unitario (va ricordata la notevole influenza di Petrarca, che Foscolo lesse direttamente senza mediazioni).

LA PRIMA EDIZIONE (1802)
Uscita nel Nuovo giornale dei Letterati di Pisa, questa prima raccolta comprendeva solo otto dei dodici sonetti ed una delle odi.
Schema:

2 sonetti sulle rinuncia della poesia + sonetti amorosi + sonetto di autoritratto + ode “A Luigia…”

LA SECONDA E TERZA EDIZIONE (1803)
Uscita nell’aprile del 1803, questa seconda edizione ha quasi le vesti definitive (manca il sonetto “In morte al fratello Giovanni”, che nella terza edizione sarà il X).
Rispetto alla prima uscita, questa presenta 3 sonetti (“Alla Sera”, “A Zacinto”, “Alla Musa”) ed un’ode in più (“All’amica risanata”).
Ma la grande novità è data dalla struttura che tenta di elevare il poeta su un piedistallo eroico
(→ trasfigurazione letteraria).
Ecco il nuovo schema:

1) Le 2 odi neoclassiche, dal linguaggio magniloquente aprono l’opera
2) “Alla Sera”, che introduce nell’atmosfera dell’opera
3) Primo sonetto di denuncia (cambiamento esistenziale): “Non so chi fui”
4) …
5) …
6) “Meritatamente però ch’io potei…”
7) “Autoritratto”, che separa i primi sonetti più drammatici, dai secondi più evocativi
8) Sonetto sulla donna amata
9) “A Zacinto”: destino d’esilio, terra-madre
10) “In morte la Fratello Giovanni” (aggiunto nella III° edizione): evocazione del lutto ed impossibilità del ritorno
11) “Alla Musa”: rimpianto per la poesia della giovinezza
12) Secondo sonetto di denuncia (“Che stai?…”) circa la scadenza secolare → bilancio personale.

IL MODELLO ALFIERIANO
Alfieri influenza molto Foscolo con la sua raccolta di Rime dallo stampo nettamente petrarchesco. Foscolo, tuttavia, va oltre la semplice ripresa di Petrarca, orientandosi verso un preciso disegno di canzoniere.

IL MODELLO PARINIANO
Parini condiziona enormemente Foscolo nel recupero dei classici. Per entrambi, i classici non rappresentano solamente dei maestri di moralità, ma anche esempi di perfezione linguistica e stilistica.
Comunque, la raffinatezza raggiunta dal Foscolo è maggiore di quella pariniana, anche perché, nel primo, l’emulazione del testo antico diviene creativa ed innovativa.
Esempio:
“letto infelice” “egro talamo” (+ raffinato e innovativo)
(Parini: “Per l’inclita Nice”) (Foscolo: “All’amica risanata”)

(1807) DEI SEPOLCRI

L’occasione per la stesura dei Sepolcri, carme in endecasillabi sciolti dedicato a Pindemonte, è data dall’editto di Saint-Cloud del1804.
Tuttavia, quest’opera ha alle sue spalle un contesto culturale ben maggiore:
a) la poesia preromantico inglese sui cimiteri (Thomas Gray)
b) la produzione in prosa o versi sull’utilità dei sepolcri
c) trattatistica erudita sugli usi funebri degli antichi
d) erudizione archeologica
Comunque, la composizione dei Sepolcri non è finalizzata ad una semplice dissertazione sull’editto si Saint-Cloud, ben diverse sono le cause, o meglio le finalità del Foscolo:
- mostrare la funzione eternizzatrice della poesia e dell’arte in generale
- animare, tramite la poesia, l’emulazione politica degli Italiani verso i Grandi del passato
- mostrare l’importanza della tomba, come custode di Storia e legame tra la vita e la morte, il tutto ed il nulla.

LA STRUTTURA
L’opera si apre con un esordio dal tono alquanto colloquiale (apostrofe a Pindemonte), su modello dell’epistola oraziana: il discorso, anziché far intuire un suo possibile sviluppo, sembra ripiegarsi verso una necessaria conclusione negativa. Tutto questo dà al carme un andamento in “crescendo”. Infatti, alle prime due interrogative, ne corrispondono altrettante, che hanno la funzione di riaprire il discorso che sembrava già chiuso. Di conseguenza, ad una prima conclusione negativa, ne corrisponde una positiva.
Segue quindi l’avversativa sull’editto di Saint-Cloud, spostando il punto di vista del discorso, dal piano individuale a quello istituzionale. Ecco che il Foscolo, per mostrare l’assurdità della legge, porta l’esempio di Parini e del suo mancato sepolcro illustre. Quindi, dopo una lugubre descrizione di una possibile fossa comune, il poeta sposta l’attenzione dal singolo alla collettività, per la quale, da sempre, il sepolcro è stato il fulcro della vita civile. Alla tetra raffigurazione delle tombe all’interno delle chiese, che provocano incubi ai bambini, Foscolo oppone la visione lieta dei sepolcri antichi, veri e propri paradisi naturali. Ecco che, per associazione, ci si sposta ai cimiteri-giardino inglesi, dove le “vergini britanne” piangono il prode Nelson, sottolineando, perciò, il valore patriottico del sepolcro.
Per giustapposizione prende quindi piede l’invettiva contro “il dotto, il ricco ed il patrizio vulgo”, dal quale il poeta si dissocia, sperando in un sepolcro onorato.
Troviamo a questo punto la seconda apostrofe a Pindemonte, la quale introduce la sezione sulla funzione dei “grandi” sepolcri. Ecco l’esperienza di Foscolo, che ritrova in S. Croce tutte le tombe maggiori (Machiavelli, Michelangelo, Galileo), che lo portano ad ammirare Firenze, patria di Dante e Petrarca. Una Firenze, luogo prediletto anche di Alfieri, perché custode delle “itale glorie”, le poche rimaste dopo le invasioni straniere.
Sullo stesso piano delle tombe fiorentine si collocano quelle che i Greci consacrarono ai caduti nella battaglia di Maratona. Battaglia che, ecco la terza apostrofe, Pindemonte potrà rivivere passando per quei luoghi (mentre Foscolo no → accenno all’esilio).
Inizia, quindi, l’ultima parte del carme, dedicata alla tomba dei grandi Troiani. Il poeta invoca allora le Muse per poter parlare (concezione dl poeta-vate). Ha così il via la descrizione dei sepolcri di Elettra e di tutti gli eroi troiani:tombe ormai eterne, grazie alla poesia omerica. Finalmente, viene dunque espresso il tema della poesia, dell’arte eternizzatrice.

CHIAVI DI LETTURA
1) Andamento dal presente al passato: il sepolcro, da tangibile segno della morte del defunto, diventa qualcosa di eterno ed immutabile, pura memoria storica.
2) Andamento a ritroso della poesia: da impegnata (Parini) ad ispirata dalla natura e dal sublime (Omero), attraverso le fasi intermedie (Alfieri, Petrarca, Dante).
3) Schema argomentativo ridotto all’osso o addirittura sottaciuto: si procede per associazione di idee, negazioni, etc.

TEMI
• L’arte come eternizzatrice delle gesta umane
• La poesia come sprone per gli Italiani ad emulare l’esempio dei Grandi
• La funzione del sepolcro, custode di storia e civiltà, eternizzatore, legame tra vivi e morti.
• Concezione meccanicistica e materialistica, in contrapposizione colle illusioni.
• Fugacità del tempo [tempus edax]
• Valore delle grandi gesta, che lasciano il segno nella memoria umana
• Affetti familiari, necessari perché un sepolcro abbia senso

ANALISI
La lingua del poemetto si contraddistingue per la mole di riferimenti classici:
a) rinvii mitologici (Giove ed Ellettra)
b) Immagini e topoi desunti dai testi classici (ore danzanti, Speranza ultima dea)
c) Reminescenze e citazioni di testi antichi ( Callimaco, Omero, Virgilio, Pindaro, Catullo)
d) Frequenti opzioni per le forme più latineggianti e per costrutti latini.
e) Emulazione delle lingue classiche, che dà vita ad accostamenti nuovi per le lingue volgari, in alcuni casi a vere e proprie hapax.
Nel classicismo foscoliano non va trascurata la valenza dei classici, che non sono solo modelli poetici, ma espressione della funzione religioso-etico-sociale della poesia, quindi dei valori principali della civiltà umana (storia maestra di vita → Vico).

(1813) NOTIZIA INTORNO A DIDIMO CHIERICO

Sin dal 1805-7, Foscolo intraprende la traduzione di “Sentimental voyage through France and Italy “ di Lawrence Sterne.
Quest’opera dell’autore inglese si presenta come una delle prove più originali della narrativa settecentesca. In essa, infatti, Sterne sostituisce la tradizionale letteratura di viaggio, simbolo del cosmopolitismo, con un dettagliato “reportage interiore” delle sensazioni del giovane Yorick. Non si tratta più di una narrazione diaristica, bensì interpretativa.
La prima prova di traduzione da parte di Foscolo (1805) si presenta come una versione letterale del libro di Sterne, ricca di anglismi e dalla lingua troppo letteraria.
Questo primo approccio è presto rifiutato dallo stesso autore che, nel 1813, esce con una nuova traduzione, questa volta più libera. Foscolo, infatti, facendo sue le parole di Pindemonte, si convince di come la traduzione non debba essere una mera trasposizione, bensì una sorta d’invenzione, in cui il traduttore non deve mai cessare di essere un poeta. Inoltre, Foscolo è molto influenzato dalla preoccupazione linguistica: egli sente l’italiano come una lingua ancora troppo legata all’antichità, poco attuale.
Comunque, quella del 1813 non è l’ultima traduzione, ci sono state varie revisioni ed addirittura un altro tentativo di trasposizione in lingua. Tentativo che però non ha mai avuto una vita editoriale, se non in parte, come appendice dell’edizione dell’Ortis del 1817.

IL DIDIMO CHIERICO
In calce alla traduzione del romanzo di Sterne, Foscolo aggiunge la Notizia intorno a Didimo Chierico, presunto traduttore del Viaggio Sentimentale. Già a partire dal nome (Didimo era un grammatico- filosofo del I° secolo a.C.) si comprende come questo personaggio sia inventato. Inoltre la parola chierico in aggiunta rende questo Didimo ancora più stravagante, a metà strada tra cristiano e pagano, erudito e uomo di chiesa.
Didimo, così come a suo tempo l’Ortis, è la controfigura di Foscolo, ma non Foscolo rassegnato, ironico, pacato, distaccato, disilluso. È per questo che Didimo viene considerato l’anti-Ortis (Jacopo è un giovane irruente, passionale ed infelice).
Per quel che riguarda la prosa, la Notizia è essenziale ed asciutta, efficace veicolo per la disillusione del protagonista: uno stile, ben lontano da quello appassionato dell’Ortis.

(1803-27) LE GRAZIE

Poemetto mitologico incompiuto, che il Foscolo inizia nel 1803 e la cui elaborazione, con pause più o meno lunghe, porta avanti sino alla morte.
Le fasi di lavoro possono essere divise in tre periodi:
1) Esperimenti preliminari (1803-9): 4 frammenti
2) Fase creativa: progetto di un carme a Canova prima unitario, poi tripartito. Nel 1814 l’ultimo tentativo.
3) Fase di stasi: solo un intervento sulle Grazie di Canova in un’enciclopedia per il duca di Bedford.

LA FRAMMENTARIETÀ
Varie sono le ipotesi fatte dai critici per spiegare la frammentarietà dell’opera, ma le due più plausibili sono:
a) Scotti: la poesia delle Grazie è una poesia occasionale, cioè aperta alle provocazioni del presente, quindi alla vita. Questo porta a continue modificazioni, che non permettono la creazione di una struttura organica.
b) Gavazzeni: la frammentarietà è dovuta alla difficile mescolanza tra due generi: epico, di cui Foscolo attinge la tecnica narrativa, e lirico, ispiratore di tono e materia.

POETICA
Poesia che rasserena attraverso la bellezza e che permette all’uomo di distaccarsi dalla realtà andando verso la fantasia.
L’arte dà forma all’immaginazione dell’uomo, confinandolo per poco in un mondo onirico, privo di preoccupazioni.
Diversamente dal primo classicismo del Foscolo, più pariniano, quello delle Grazie si potrebbe definire “mitopoietico”, proprio per la sua funzione di rinnovamento del mito.
Inoltre, nelle Grazie, Foscolo vuol tentar di fondere insieme più arti, attingendo da ognuna una caratteristica:
POESIA → successione nel tempo di idee concrete
MUSICA → successione nel tempo di suoni
PITTURA → evidenza dell’azione
SCULTURA → mostrare i contorni delle figure
ARCHITETTURA → severità dell’ordine

GLI INNI
I° inno a Venere: primordi della civiltà umana + origine delle Grazie
II° inno a Vesta: sacrificio del poeta alle Grazie
III° inno a Pallade: il Velo, protettore delle Grazie dalle passioni umane.

CRITICA
De Sanctis: le Grazie rappresentano un’involuzione nell’iter foscoliano. Egli, infatti, anziché proseguire nel suo impegno civile, si dà, ormai rassegnato, ad una poesia disimpegnata.
“Le Grazie non sono altro che una splendida ma fredda statua di marmo”.
Donadoni: le Grazie sono la conclusione di un percorso. Infatti, dopo l’esaltazione di alcuni valori, prima civili (Ortis), poi più elevati ed universali (Sepolcri), Foscolo si è soffermato su quello più importante: la Poesia.

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