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Categoria: | Letteratura |
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Data: | 14.03.2001 |
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Testo
UNA PROSPETTIVA PSICOANALITICA
JANET ADELMAN
“Man and wife is One Flesh”
Hamlet and the Confrontation
With the Maternal Body
In Hamlet, la figura della madre ha determinato il crollo di una già fragile condizione che aveva, fino ad allora, fatto sì che Shakespeare esplorasse nelle sue storie e commedie romantiche, le relazioni sessuali e familiari senza conflitti devastanti. Proprio tale crollo rappresenta il punto di origine del grande periodo tragico. Interpretare, infatti, il ruolo di figlio diventa problematico se si considera la madre come moglie. Le relazioni sessuali interpretate nelle commedie in maniera leggera, non possono essere più interpretate come tali per la potenza del ruolo svolto dalla madre in questo contesto.
In Hamlet, la caratteristica centrale della rappresentazione è rappresentata da due padri, di cui uno vero e l’altro falso. Rispetto alle rappresentazioni precedenti però, i diversi padri tendono ad annullarsi l’uno nell’altro determinando confusione nel figlio nell’identificazione del vero padre. La colpa di tutto questo è determinata dal comportamento della madre di Hamlet, il suo fiasco nel non aver permesso al figlio, attraverso il lutto, di custodire l’immagine del padre. Fin dall’inizio della rappresentazione, ancor prima della cruciale apparizione del fantasma, il fallimento della madre ha determinato in Hamlet un’intollerabile tensione in quanto lo ha reso unico custode della memoria del padre. La custodia della sua memoria è per lui direttamente in relazione alla capacità della madre di dimenticare.
La sessualità femminile, quasi assente nelle commedie, invade la rappresentazione nella personalità di Gertrude. In quest’ultima, Hamlet vede la distruzione stessa del matrimonio in se. Perfino Ophelia diventa “contaminata” ai suoi occhi, soggetta alla stessa fragilità della madre. Egli identifica se stesso con il padre tradito e vede Ophelia come la traditrice, così come era stata sua madre.
If thou wilt needs marry, marry
a foul; for wise men know well enough
What monsters you make of them
(3.1.139-41)
Ophelia diventa pericolosa per Hamlet fintanto che viene da lui identificata con il corpo materno “contaminato”.
Nella rappresentazione è evidente quanto poco conosciamo di Gertrude; anche il suo coinvolgimento nell’assassinio del primo marito è poco chiaro. Possiamo, infatti, interpretare il suo stupore all’accusa di Hamlet di assassinio.
Almost as bad, good mother,
As kill a king and marry with his brother
(3.4.28-29)
come evidenza della sua innocenza o, in alternativa, sia come il turbamento di essere stata scoperta, sia per i modi rudi del figlio. Il fantasma l’accusa di adulterio e incesto ma non la accusa né la esonera dall’omicidio. Poiché sia per il fantasma sia per Hamlet, il suo maggior crimine è la sua sessualità incontrollata. Anche se la Gertrude che noi vediamo non è quella che vedono loro, noi vediamo una donna più soggiogata che attivamente cattiva come anche la sua famosa sensualità è meno apparente della sua sollecitudine sia verso il suo nuovo marito, sia verso il figlio. Anche la sua morte non è esattamente definita: è un suicidio disegnato per difendere Hamlet dal pericolo di morire al suo posto? (Gertrude, nel film di Olivier, beve la coppa consapevolmente). Lei sa che Claudio ha preparato la coppa per Hamlet e mostra una inusuale determinazione nel disobbedire al comando di Claudio di non bere. Ma anche qui lei non parla con chiarezza e il suo personaggio resta abbastanza chiuso.
In rapporto alla caratterizzazione del suo personaggio Gertrude rappresenta per Hamlet un terreno di fantasie incontrollate. Difatti la sua fragilità scatena in Hamlet dei processi mentali di malvagità materna che non corrispondono al carattere reale materno: tale considerazione è più paragonabile a paure di un bambino che non all’apprensione di un adulto.
Sono proprio queste fantasie che emergono allorquando Hamlet viene lasciato solo sul palco:
O that this too too sul lied flesh would melt,
Thaw and resolve itself into a dew,
Or that the Everlasting had not fix’d
His canon ‘gainst self- slaughter. O God! God!
How weary, stale, flat, and unprofitable
Seem to me all the uses of this world!
Fie on’t, ah fie, ‘tis an unweeded garden
That grows to seed; things rank and gross in nature
Possess it merely. That it should come to this!
But two months dead…
(1.2.129-38)
Il suo soliloquio stabilisce le premesse iniziali della rappresentazione, vale a dire le condizioni psichiche in cui si trovava Hamlet ancor prima dell’incontro con il fantasma e il conseguente, pesante compito della vendetta.
Già dalle prime parole s’intuisce come, per lui, il suo corpo sia diventato fragile e pesante e come tutto possa cambiare solo attraverso la morte. Difatti egli paragona il suo corpo ad un giardino abbandonato nel periodo autunnale e tale considerazione non deve essere interpretata in rapporto alla morte del padre bensì al nuovo matrimonio della madre.
Nel suo soliloquio Hamlet individuare il punto di partenza della sua idea distorta del mondo e della morte nel corpo della madre. Afferma che il mondo è stato trasformato in un giardino abbandonato in cui vi regna soltanto una natura fetida e volgare, perché la madre si è risposata. E, se il giardino incolto era tradizionalmente usato come raffigurazione della Vergine Madre, ora, questo giardino, pieno di semi, rappresenta il corpo “contaminato” della madre. Se la morte del padre di Hamlet è il primo segno di mortalità, il nuovo matrimonio della madre porta desiderio di morte.
L’inizio del soliloquio segna la premessa iniziale della tragedia, poiché pone il corpo materno sessuato come causa del decadimento che porta morte nel mondo. Nell’Hamlet c’è il tentativo di sfuggire a questa condizione, di liberare la sessualità maschile sia del padre, sia del figlio, dalla sua origine nel corpo materno “contaminato”.
Una piccola allegoria è presente all’inizio della rappresentazione nello scambio di battute tra Horatio e Marcellus sulla scomparsa del fantasma. Il primo pericolo in Hamlet è “the extravagant and erring spirit” (1.1.159) del padre che vaga durante la notte ma che al canto del gallo, come una “cosa colpevole”, svanisce. Con l’arrivo del dio-sole, il padre colpevole svanisce. Marcellus spiega la sua scomparsa:
It faded on the crowing of the cock.
Some say that ever ‘gainst that season comes
Wherein our Saviour’s birth is celebrate
This bird of dawning singeth all night long;
And then, they say, no spirit dare stir abroad,
The nights are wholesome, then no planets strike,
No fairy takes, nor witch hath power to charm,
So hallow’d and so gracious is that time.
(1.1.162-169)
Marcellus trasforma il dio del giorno nel Figlio Redentore che rende la notte salubre perché è nato dal corpo asessuato della madre; i pericoli da cui Lui ci protegge non sono identificati soltanto con lo spirito colpevole del padre ma anche con gli oscuri poteri femminili della notte. Questa sequenza -dalla “cosa colpevole”, al dio-sole, al Figlio la cui nascita rende sacro il tempo- segue una logica purificatrice: il corpo femminile della notte può essere “ripulito” solo nel momento in cui il padre colpevole da posto al dio-sole lasciando l’emergere del Figlio purificato.
Come risposta a questo incontro iniziale con il padre impuro, la strategia iniziale sia di Hamlet nel suo soliloquio, sia dell’Hamlet è quella di dividere il padre in due parti, rimandando la colpevolezza su Claudius e ricostruendo lui come un dio-sole senza corpo:
That it should come to this!
But two months dead –nay, so much, not two-
So excellent a king, that was to this
Hyperion to a satyr.(1.2.137-140)
L’identificazione del vecchio Hamlet con Hyperion lo colloca ad una distanza quasi divina, lontano dall’ordinaria sessualità genitale con un potere sessuale analogo a quello di Dio. Secondo quest’ottica la sessualità ordinaria appartiene soltanto a Claudius che diventa tutto ciò che Hyperion/vecchio Hamlet non è, l’agente del male.
Tale processo di separazione è già presente nell’immagine iniziale del corpo della madre come un giardino in decadimento, perché quell’immagine in sé richiede uno sforzo psicologico impossibile. Se il giardino rappresenta il corpo della madre che è stato portato al decadimento a causa del possesso volgare di Claudius, dovremmo allora pensare che, precedentemente, tale corpo non era mai stato posseduto. L’insistenza sulla trasformazione del giardino funge da esonero per il padre, separando quest’ultimo dal corpo sessuato della madre. È il satiro Claudius, non il padre dio-sole, che ha violato lo spazio materno.
Le due figure di Claudius e del vecchio Hamlet, però, tendono a convergere. Il fallimento nel differenziare le due figure non è solo di Gertrude, anche la stessa rappresentazione insiste sulla loro similitudine pur rendendo chiara la loro assoluta differenza. Ciò che li accomuna è il desiderio che Gertrude nutre nei loro confronti.
La rivelazione del fantasma sull’adulterio di Gertrude è terribile non solo perché rivela la mancanza di fedeltà di quest’ultima alla memoria del padre (il suo rapido matrimonio lo aveva già evidenziato), ma anche perché minaccia di distruggere la differenziazione per Hamlet tra Claudius, lo zio, e il suo vero padre. Se l’appetito di Gertrude per i due uomini è lo stesso, allora anche il vecchio Hamlet è tanto implicato nella sua sessualità quanto Claudius. Lo spirito del vecchio Hamlet rivela, inoltre, non solo i delitti compiuti da Claudius ma anche i suoi compiuti quando era in vita. I due “padri” che Hamlet tenta di tenere fortemente separati, minacciano continuamente di convergere. Anche quando Hamlet vuole assassinare uno per vendicare l’altro, non può considerarli separatamente.
In 3.3, quando Hamlet trova Claudius inginocchiato a pregare, potrebbe compiere la sua vendetta ma, conoscendo i delitti compiuti dal padre e vedendo Claudius pregare, non vede più quella netta differenziazione tra i due, al punto che si preoccupa che Dio avrebbe potuto mandare in paradiso l’uomo sbagliato.
Le principali intenzioni di Hamlet nel colloquio con la madre in 3.4, sono proprio di ricostruire la distinzione tra i due padri che sembrano ormai convergere. Ancora una volta il vero padre diventa un Dio con “Hyperion’s curls, the front of Jove himself, / An eye like Mars” (3.4.56-57); e Claudius
diventa una “mildew’d ear / Blasting his wholesome brother” (3.4.64-65).
Il significato reale nascosto dell’Hamlet risiede nello spostamento dell’agente contaminante da Claudius al corpo femminile. Non è una semplice storia di rivalità fratricida, è piuttosto, la storia di una donna che conduce alla morte, di un padre morto non per il tradimento di un fratello ma per la sua soggezione ad una donna. Nonostante l’assenza di Gertrude dalla scena del giardino, psicologicamente il suo “veleno” è la causa della vulnerabilità del padre e del figlio.
La colpevolezza dell’omicidio passa dall’uomo alla donna, da Claudius a Gertrude. L’inizio di questo trasferimento della colpa si riscontra già nel racconto dello spirito del suo omicidio, in cui la condanna più forte è verso la sessualità di Gertrude. Nel “The Murder of Gonzago”, rappresentazione scenica del racconto del fantasma, al ruolo dell’omicida viene data meno enfasi che non a quello della regina. La Regina afferma: “None wed the second but who kill’d the first” (3.2.175). In questa formulazione il risposarsi è in sé una forma di omicidio.
A second time I kill my husband dead,
When second husband kisses me in bed
(3.2.179-180)
In questa recita il crimine di Claudius è quasi assente. Egli diventa una vittima passiva del volere sessuale di Gertrude, che diventa l’omicida attiva.
Nel “The Murder of Gonzago”, quando Luciano porta sul palcoscenico il veleno, “fetida mistura d’erba raccolta a mezzanotte”, richiama senza dubbio, alle erbacce del primo giardino incolto. Quando il Re-attore versa il veleno nell’orecchio del dormiente, il linguaggio insiste sul fatto che il veleno non deriva dall’ambizione politica di Claudius ma dalle erbacce del corpo di Gertrude, simbolo della sua sessualità.
Per quanto il personaggio di Gertrude possa sembrare mite, nella rappresentazione diventa la personificazione dell’inferno e della morte, il fuoco in cui il padre di Hamlet è confinato che riproduce la “ribellione infernale” che brucia nelle sue ossa (3.4.82-88).
La sessualità femminile dell’Hamlet è sempre materna, il corpo di Gertrude è l’unico della rappresentazione ad essere visto da un punto di vista sessuale. Il corpo materno è sessuato, quindi corrotto per definizione, l’unica eccezione è rappresentata dalla Vergine Madre. Il corpo stesso della madre rappresenta morte perché, nel suo generare, da un corpo al figlio e quindi la mortalità.
In questa logica, il nome alternativo che si potrebbe dare al veleno è “unione”: quella delle “fetide erbe”, veleno che uccide il vecchio Hamlet, e quella di sessualità e morte. La stessa unione sessuale adultera è fonte di pericolo.
Gertrude è un personaggio dall’innocenza ambigua, nella fantasia più profonda della rappresentazione svolge il ruolo della donna colpevole: il suo corpo è il giardino nel quale viene assassinato il marito, la sua sessualità è l’erbaccia che lo uccide e avvelena il mondo intero secondo il figlio. La presenza della madre nell’Hamlet è sinonimo della morte del padre idealizzato perché la sua presenza segnala la sua assenza, l’assenza delle difese del figlio contro il suo potere annientatore e contaminante. Il figlio domina la sua paura di questo potere attraverso la sua identificazione con il padre idealizzato, ma se il padre fallisce e sembra anche lui assoggettarsi a lei, anche l’identificazione protettiva fallisce. Questa è esattamente la situazione psicologica all’inizio dell’Hamlet dove il padre non è più disponibile per il figlio. La sua scomparsa lascia Hamlet nel dominio di una madre con una forte personalità, svegliando tutte le paure insite nel legame madre-figlio primario. La perdita del padre porta al dominio psicologico da parte della madre.
La caratteristica principale dell’Hamlet è lo spostamento della colpa e del pericolo dall’uomo alla donna. Se è Gertrude da condannare e non Claudius, allora slitta il compito principale di vendetta di Hamlet. Nonostante la sua voglia di vendetta, il compito psicologico principale di Hamlet non è vendicare la morte del padre ma di ricreare una madre ad immagine e somiglianza della Vergine Madre.
Questo spostamento di priorità, dalla vendetta del padre al tentativo di salvare la madre, ci spiega il motivo per il quale la scena del confronto con la madre sembra molto più centrale e vivace del confronto fra Hamlet e Claudius. “The Murder of Gonzago” è creata, infatti, proprio per catturare la coscienza della regina. Addirittura il momento in cui Hamlet si trova di fronte a Claudius, che dovrebbe rappresentare l’apice della vendetta, il confronto potenziale tra il vendicatore e la sua preda, diventa per il pubblico e per il vendicatore stesso soltanto un’interruzione di un momento più rilevante. Non è uccidendo lo zio che Hamlet sente di poter riavere la madre di cui ha bisogno, ma soltanto separandola dalla sua sessualità. Nel suo confronto con la madre, Hamlet sottolinea la differenza tra il suo vero padre e suo zio Claudius, cercando di creare in lei una repulsione non per la scelta dell’uomo sbagliato ma per la sessualità stessa.
Il tentativo stesso di allontanare la madre dalla sua sessualità richiama la fantasia infantile della madre asessuata. Nell’atto III, la prima e l’ultima parola della scena IV, è “madre”. Mentre, però inizialmente Hamlet vorrebbe che Gertrude non fosse sua madre (“would it were not so, you are my mother”; 3.4.15), alla fine della lunga scena di rabbia, le battute diventano quasi commoventi nel loro evocare un desiderio della presenza materna che può restaurare il senso del mondo.
Per la prima volta Hamlet riscopre la presenza materna benigna. Verso la fine della scena, tutte le paure notturne sono svanite. Le varie ripetizioni di Hamlet della convenzionale frase “buonanotte”, segnano il suo passaggio dalla rabbia per la sessualità materna al rimpossessarsi della buona madre che aveva perso. Se la scena inizia quasi come un disconoscimento della figura materna, questa termina con un’infantile ripetizione di un bambino che non vuole lasciare la madre che lo rende sicuro: “Once more, good night… So again, good night… Mother, good night indeed…Good night, mother” (3.4.172,179,215,219).
Alla fine non si comprende se il personaggio di Gertrude sia realmente ripristinato visto che la sua figura resta sempre uno schermo delle fantasie di Hamlet, piuttosto che un personaggio con un’individualità pienamente sviluppata. Alla fine Hamlet sente di poterla riconsiderare “a good lady” (3.4.182), nuovamente disponibile come la madre amorevole e protettiva dell’infanzia, preoccupata per la sua condizione, che lo ripulisce quando combatte e che, forse consapevolmente, beve la coppa con il veleno che destinata a lui. Credendo di nuovo in lei, riesce ad avere più fiducia in se stesso e può di nuovo ricostruire l’identità maschile che era stata precedentemente contaminata.
Nel creare una rappresentazione in cui la sessualità materna è il segno del tradimento e della morte del padre, Shakespeare utilizza una fantasia infantile. Dall’Hamlet in poi, tutte le relazioni sessuali saranno incentrate sulla minaccia della madre e l’identità maschile sarà formata problematicamente in relazione a quest’ultima.
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