Oscar e la dama in rosa

Materie:Scheda libro
Categoria:Letteratura
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Data:17.01.2008
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Testo

ANALISI RELATIVA AL LIBRO “OSCAR E LA DAMA IN ROSA”
DI ERIC-EMMANUEL SCHMITT
Trama:
Il libro “Oscar e la dama in rosa” è l’insieme delle lettere della breve vita di Oscar, bambino malato di cancro e prossimo alla morte, che, dopo un’operazione chirurgica fallita, passa i suoi ultimi giorni in ospedale. Nonna Rosa, l’anziana infermiera, sa che il bambino ha ancora pochi giorni davanti a sé e fa tutto ciò che è nelle sue possibilità per stargli vicino e assicurargli assistenza e conforto. La donna stimola la sua fantasia improvvisandosi ex lottatrice di catch, diventando così la sua paladina e la migliore amica. Nonna Rosa suggerisce ad Oscar di provare a vivere ogni giorno come dieci anni, scrivendo delle lettere a Dio per raccontargli la sua vita e per esprimere un desiderio al giorno. Attraverso queste lettere vive una “vita in miniatura”, immedesimandosi nell’età che ha e facendo un cammino interiore che si concluderà dopo cent’anni, ossia dieci giorni dopo l’inizio della sua nuova vita. Il suo cammino non è facile, è segnato da tante prove e dall’ombra del cancro che grava su di lui. In ogni lettera mette in luce i problemi e le caratteristiche dell’età che sta vivendo, aggiungendo un tocco di sana ingenuità derivata dai suoi anni effettivi. Dalla nascita ai dieci anni Oscar dice di non essersi bene reso conto di essere stato concepito, e con il passare degli anni ha guadagnato in coscienza, ma non è stato per apprendere buone notizie. I dieci anni sono quelli della ragione; per poi proseguire verso l’adolescenza, dove sorgono i primi problemi con gli amici, i genitori, le ragazze, bisogna essere consapevoli dei propri sentimenti ed iniziare ad essere responsabili delle proprie azioni; superato questo periodo si passa ai vent’anni, dove si è sempre stanchi a causa delle serate passate a divertirsi, si pensa al matrimonio, ci si prepara ad avere dei figli, si consolidano gli amori, è un’età di transizione e di cambiamento. Al termine di questo decennio si giunge alla trentina, “l’età delle preoccupazioni e delle responsabilità”. Oscar ci fa vedere lo spazio di tempo che va dai quaranta ai cinquant’anni come il periodo dell’infedeltà coniugale, nel quale si sente il bisogno di avere delle avventure amorose e si fanno molte sciocchezze, per poi puntualmente rendersi conto dello sbaglio e chiedere scusa. Ma sono proprio questi gli avvenimenti che fanno capire quanto una coppia sia stabile perché, nonostante gli errori, si riesce a perdonare e stare uniti più di prima. Dopo che due coniugi hanno superato tante prove insieme la vita coniugale diventa serena. Con l’avanzare della vecchiaia passa la vitalità della giovinezza, la voglia di viaggiare e di divertirsi; si ha più tempo per riflettere e fare un resoconto della propria vita, ma capita anche di trovarsi soli e la perdita di persone importanti nella nostra vita è spesso difficile da accettare. Oscar a novant’anni riceve la visita di Dio, che gli concede il dono della scoperta, riesce a vedere il mondo come la prima volta, con una nuova curiosità, forse un estremo dono prima dell’addio al mondo terreno. Il ragazzino, nonostante i suoi dieci anni, acquisisce una saggezza che sconcerta e, all’età di centodieci anni, muore. Nonna Rosa scrive una lettera a Dio raccontandoGli la scomparsa di Oscar, facendo un’analisi delle cose le sono rimaste nel cuore. Sul comodino Oscar aveva posato un biglietto da tre giorni: “Solo Dio ha il diritto di svegliarmi”. Consapevolezza, dolore, sconforto, ricordi: ecco ciò che rimane al termine del nostro cammino nei cuori degli altri.
Personaggi:
Il protagonista del libro è Oscar, un bambino di dieci anni malato di cancro. L’unica certezza che abbiamo sul suo aspetto fisico è il cranio calvo, causa del suo soprannome “Testa d’uovo”. E’ un bambino sensibile, ingenuo, che nel corso della sua storia comprende il vero significato della malattia, si confronta con la morte, affidandosi a Dio su consiglio di Nonna Rosa, l’infermiera più anziana. La donna è molto legata a lui, gli dà l’affetto che i genitori naturali non riescono ad esprimergli. Nell’ultima lettera presente nel libro Nonna Rosa ringrazia a Dio per averle fatto conoscere Oscar e capiamo parte della sua personalità attraverso poche ma significative righe. Con lui era sempre divertente ad allegra, s’inventava sempre delle leggende, s’improvvisava lottatrice di catch. Era riuscita ed entrare nel suo mondo, a diventare la sua eroina, a donargli fantasia e la speranza di poter vivere una vita come gli altri considerando ogni giorno dieci anni. Oscar è secondo me il simbolo della fragilità umana, la prova autentica che nessuno di noi è immortale né immune al dolore, che storie come questa non capitano solo agli altri, ma possono succedere ad ognuno di noi. Oscar condivide la sua degenza con gli altri pazienti dell’ospedale, bambini che a causa delle vicissitudini della vita si trovano per motivi diversi a dover fronteggiare le malattie più disparate nello stesso luogo. Tra questi bambini ce ne sono alcuni che hanno un rapporto amichevole con Oscar, come Pop Corn, Einstein, Bacon e la Cinese, amicizie che rendono meno pesanti le ore e danno un tocco di brio alla freddezza delle mura dell’edificio. Ma anche tra le asettiche mura ospedaliere un amore vero può sbocciare; così è stato infatti per il bimbo malato di cancro e Peggy Blue. Il loro amore è pur sempre visto con gli occhi di un bambino, che non può avere la maturità, la profondità e la consapevolezza dell’altro come in un rapporto tra adulti, però serve ad entrambi, nessun impegno sentimentale nella nostra vita è inutile. Per Oscar questo rapporto forse ha avuto più rilevanza nella vita rispetto a Peggy, perché per lui rappresenta il vero amore della sua breve vita, l’unica storia su cui poter investire tutti i suoi sentimenti, per Peggy invece potrebbe anche essere la prima di una serie, oppure un piccolo mattoncino su cui costruire la propria persona, partendo dall’impegno sentimentale e dal dono di sé ad un’altra persona.
Le personalità più commoventi del libro sono secondo me i genitori di Oscar. Comprendo perfettamente la loro situazione e i loro disagi. Pur non essendo stata madre credo di poter immaginare cosa significhi perdere un figlio, nascondergli la morte che sicuramente lo colpirà, comportarsi in modo naturale e spontaneo cercando di non pensare al tempo che scorre, alla morte sempre più vicina, ad una perdita sicura ed imminente. Oscar ritiene stupido il comportamento dei suoi genitori, che lo sommergono di giocattoli per fargli passare il tempo, ed arriva a detestarli. Il bambino non si mette nei panni dei genitori, comportamento che quasi nessuno di noi fa nei confronti degli altri. Siamo sempre molto attenti a noi stessi, ai nostri interessi e ai nostri problemi, senza pensare che non ci siamo solo noi. Quest’odio nei loro confronti non fa altro che rendere più reale il racconto, perché quando ci accadono delle disgrazie tendiamo a dare la colpa o, come in questo caso, detestare chi ci sta accanto, spingiamo lontano da noi la colpa e la rabbia la sfoghiamo sugli altri, per istinto e per comodità. Oscar non è un personaggio fiabesco. Ha delle paure, dei rancori, degli eroi, proprio come qualsiasi altra persona. Con la sua ingenuità e la sua dolcezza Oscar ci trasmette un messaggio infelice: la malattia può colpire chiunque, senza distinzioni.
Ambienti:
L’ambiente nel quale si svolge quasi tutto il racconto è l’ospedale. Non ci sono descrizioni dettagliate dell’edificio, ma io l’ ho immaginato un luogo freddo e un po’inospitale. Questa rappresentazione è associata ai ricordi della mia degenza durante l’infanzia, quando ho subito un intervento chirurgico. Non è stata una bell’esperienza e, nonostante fossi piccola, ricordo ogni singolo particolare. Oscar fortunatamente ha attorno a sé delle persone che riescono spesso a distrarlo da tutto ciò che è brutto, tanto che il bambino definisce l’ospedale “un posto strasimpatico, con un sacco di adulti di buon umore che parlano forte, con un mucchio di giocattoli e di signore in rosa che vogliono divertirsi con i bambini, con amichetti sempre disponibili come Bacon, Einstein o Pop Corn, insomma. L’ospedale è molto gradevole se sei un malato gradito.” Questa è la vera sofferenza. Dietro a quella maschera di disponibilità da parte delle infermiere, di quell’apparente voglia di divertirsi, c’è una triste realtà. Le infermiere sfidano ogni giorno la malattia, la combattono con l’allegria. Però nemmeno loro sanno regalare un sorriso ad un bambino che chiede se deve morire. Da quando Oscar sente di nascosto il dottore parlare con i suoi genitori annunciandogli la morte sicura del bambino tutti all’ospedale avevano cambiato atteggiamento verso di lui, nessuno sorrideva più, non era più un paziente gradito. Oscar durante un colloquio con Nonna Rosa dice una mesta verità: “Fanno come se si venisse all’ospedale solo per guarire. Mentre ci si viene anche per morire”. Questo è l’ospedale per molte persone, l’inizio e la fine di tutto.
Un altro ambiente presente nel libro è la casa di Nonna Rosa, che viene citata durante la fuga di Oscar nel periodo natalizio. Agli occhi del bambino è un ambiente molto accogliente, con un camino e un albero di Natale che strizzava gli occhi. Nella mia immaginazione questa casa era calda, ma non riscaldata dal fuoco del camino, bensì dall’amore di Nonna Rosa. Nel racconto quest’ambiente contrasta fortemente con l’ospedale, lo si potrebbe definire l’antitesi. E’ un piccolo paradiso, luogo di riconciliazione tra Oscar ed i genitori, fonte d’amore e via d’uscita dal tetro ospedale. Secondo me il miglior ambiente presente è la cappella. Di questo luogo sappiamo solamente che è situato in fondo al parco dell’ospedale. La descrizione del luogo è assente, l’unico particolare descritto è il crocefisso. Oscar si sente a suo agio in quel luogo: “In fondo si stava bene in quella chiesa deserta con te, Dio, che avevi un’aria così tranquilla.” Credo che questo particolare abbia influito positivamente sulla fede di Oscar, che si è sentito vicino ad un Dio sofferente; quella stessa sofferenza che provava lui.

Commento e riflessioni:
Il libro “Oscar e la dama in rosa” è una fiaba per adulti raccontata dai bambini. Con la dolcezza e l’innocenza che solo un bambino può avere vengono trattati temi che nell’uomo provocano sofferenza come la morte e la malattia. Noi veniamo toccati nel vivo dei nostri timori, perché la malattia colpisce un innocente, che può personificarsi in ognuno di noi. Il problema principale è il modo di affrontare la malattia, che può essere accomunato dalla fede. Oscar e Nonna Rosa fanno una riflessione sulla figura di Gesù sofferente e sulla fede. Noi ci sentiamo più vicini ad un Dio che soffre piuttosto che ad un Dio che non prova niente. Ma la sua sofferenza è solo fisica, non è morale. “La sofferenza fisica la si subisce. La sofferenza morale la si sceglie.” Siamo noi che scegliamo se avere paura della morte, se condannarci con le nostre stesse mani. La fede allevia il dolore morale e razionalizza quello fisico, in questo modo noi possiamo affrontare qualsiasi avvenimento, anche il più tragico.
Nella vita di Oscar Nonna Rosa è un punto fermo, una figura fondamentale. Io la considero un angelo custode che spiana al bambino la strada verso il paradiso e lo prepara per l’incontro con Dio.
E’ importante avere una “Nonna Rosa” al nostro fianco, una persona che ci ricordi che c’è qualcosa che ci può salvare, che può alleviare i nostri dolori e rimarginare le nostre ferite.
“Oscar e la dama in rosa” non è il primo libro letto su quest’argomento, ma credo che sia raro che un libro riesca a trasmettere determinati valori, sentimenti, messaggi e a trattare argomenti come la morte e la malattia senza necessariamente rendere triste il racconto. La dolcezza, l’ingenuità, l’amore, la fantasia sono oscurate dalla malattia, dal dolore e dalla morte; ma c’è una cosa che può farle brillare per sempre: la Fede.

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