Monsieur Imbrahim e i fiori del Corano

Materie:Scheda libro
Categoria:Letteratura

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Data:17.01.2008
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Testo

ANALISI RELATIVA AL LIBRO “MONSIEUR IBRAHIM E I FIORI DEL CORANO”
DI ERIC-EMMANUEL SCHMITT
Trama:
Il libro “Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano” di E.E. Schmitt narra la storia di Mosè, ragazzo parigino di undici anni, e della sua amicizia con monsieur Ibrahim, il saggio droghiere da cui si recava ogni giorno. Il loro legame diventava sempre più solido e permetteva a Mosè di evadere dalla sua tetra realtà giornaliera. Infatti il ragazzo viveva con suo padre, un avvocato che con il suo comportamento freddo e il suo atteggiamento di continuo disprezzo e diffidenza verso il mondo rendeva la vita del figlio triste, monotona e senza amore. Inoltre Mosè veniva ripetutamente mortificato dai confronti con suo fratello maggiore Popol, che viveva in qualche angolo del mondo con sua madre. Se da un lato il rapporto con il droghiere gli riempiva le giornate di felicità, dall’altro lo portava a fare dei paragoni con la sua vita quotidiana, deprimendosi ulteriormente. A causa dello scarso amore che riceveva dal padre, dell’abbandono da parte di sua madre e del senso di rifiuto che lo opprimeva, Mosè sentiva il bisogno di innamorarsi per dimostrare a se stesso che poteva amare ed essere amato e che il fatto che tutti si allontanassero da lui non era dovuto al suo modo di essere. Le sue vicende amorose costituivano l’argomento serale con monsieur Ibrahim, che capiva i tormenti del cuore del ragazzo e gli tramandava alcuni insegnamenti del Corano affinché li applicasse nella sua vita. Un ennesimo abbandono attendeva Mosè: suo padre, dopo essere stato licenziato, si era suicidato. Il ragazzo continuava a vivere come il padre ci fosse stato ancora e aveva deciso di cambiare l’aspetto della sua casa, per renderla meno lugubre. In quel periodo aveva anche ricevuto la visita di sua madre ma si era finto un’altra persona, dicendole che Mosè era partito per lasciare quel posto pieno di ricordi ed incontrare il fratello Popol. La donna, sconfortata e sconcertata, gli aveva detto che quel fratello non era mai esistito. Nel frattempo monsieur Ibrahim era riuscito ad ottenere l’adozione del ragazzo e, dopo aver comprato un’auto, erano partiti alla volta della Mezzaluna d’oro, terra del droghiere. Mosè in queste terre aveva imparato a pregare nei tekkè e a far scivolare via l’odio che aveva accumulato dentro di sé. Giunti al mare monsieur Ibrahim aveva chiesto al figlio di attenderlo poiché voleva ispezionare la zona. Passata la mezzanotte Mosè, non vedendolo arrivare, era andato nel più vicino villaggio dove lo trovò in fin di vita. Dopo un breve colloquio il droghiere morì, lasciando Mosè nella disperazione. Il ragazzo era tornato a Parigi in autostop e aveva mendicato per non spendere i soldi che un amico gli aveva lasciato. Aveva ereditato tutto ciò che apparteneva a Ibrahim: la drogheria, i soldi e il Corano. La madre continuava a fargli visita, chiedeva notizie di Mosè e lo aveva persino invitato a cena. Si era ricostruito una vita, aveva una moglie e dei bambini che chiamavano nonna sua madre ed era diventato il nuovo droghiere della via che tutti conoscevano.

Personaggi:
Nel libro sono pochi i personaggi che animano la vicenda e spesso sono in netto contrasto tra loro. Quelli principali sono Mosè e monsieur Ibrahim.
Mosè è un ragazzino di undici anni che vive con il padre in un buio appartamento di Parigi. Non ci sono sue descrizioni fisiche ma conosciamo molti dei suoi ragionamenti. Emerge la figura di bambino ingenuo che tenta di ingannare il mondo degli adulti. Questa sua caratteristica è un tema ricorrente nel brano e sono presenti più frasi che ne danno l’impressione. Il ragionamento che più mi ha divertita è stato quello sul sufismo. Mosè, alla notizia che monsieur Ibrahim era sufista, si sente a disagio credendo di parlare di un malattia. Arrivato a casa ne cerca il significato sul dizionario: “Sufismo: corrente mistica dell’Islam sorta nell’VIII secolo. Opposta al legalismo, attribuisce un’importanza fondamentale alla religione interiore” ”Dall’intera faccenda ne usciva che monsieur Ibrahim, con la sua anisette, credeva in Dio alla maniera musulmana, ma in un modo che rasentava il contrabbando, in quanto opposto al legalismo, cosa che mi ha dato non poco filo da torcere..Infatti se il legalismo era lo scrupolo di rispettare minuziosamente la legge, come dicevano quelli del vocabolario…Il suo contrario significava cose che andavano contro la legge, cioè in pratica che monsieur Ibrahim era disonesto, e quindi le mie frequentazioni erano poco frequentabili.”Un altro pensiero particolare lo rivolge al padre quando viene licenziato: “francamente, non mi stupiva più di tanto che nessuno volesse lavorare con mio padre – sicuramente deprimeva i criminali -, ma allo stesso tempo non avevo mai immaginato che un avvocato potesse smettere di fare l’avvocato”. La sua vita è legata a Ibrahim, del quale è presente una curiosa descrizione: “ Monsieur Ibrahim era sempre stato vecchio. Tutti…avevano sempre visto monsieur Ibrahim dentro la sua drogheria dalle otto del mattino a notte inoltrata, incuneato tra la cassa e i detersivi, una gamba verso l’ingresso e l’altra sulle confezioni di fiammiferi, grembiule grigio sopra una camicia bianca, denti d’avorio sotto baffi ispidi e occhi pistacchio, verdi e marroni, più chiari della sua pelle scura segnata dalla saggezza.” Era un saggio uomo, tranquillo e felice. La sua contentezza era dovuta al fatto che conosceva il contenuto del suo Corano, dalla lentezza e dalla tranquillità con cui viveva e, in seguito, dall’aver Mosè affianco. E’ dotato di un finissimo intuito ed è anche un abile psicologo quando si tratta dei sentimenti del ragazzo. Trasmette al figlio alcuni degli insegnamenti presenti nel Corano che sono utili nella vita di tutti i giorni, i più significativi sono “E’ il sorridere che rende felici” “Educato va bene. Cordiale è meglio. Prova a sorridere e vedrai” “Il cuore dell’uomo è come un uccello richiuso nella gabbia del corpo. Quando danzi, il cuore canta come un uccello che aspira a fondersi con Dio.”
Ibrahim sostituisce la figura del padre di Mosè. Quest’uomo aveva tempo solo per il lavoro e la lettura e trattava il figlio con freddezza e distacco. Mosè ci dà alcune informazioni sul suo modo di pensare, paragonando la sua concezione della vita ad un salvadanaio a senso unico. Non credeva in Dio perché “Essere ebrei significa avere solo ricordi. E sono ricordi brutti” ed “Era chiuso tra le mura della sua scienza”. Egli aveva perso i genitori durante la dittatura nazista ma lui era riuscito a salvarsi. A causa della mancanza di modelli da seguire e del senso di colpa per essere rimasto vivo si era suicidato, non a caso, buttandosi sotto un treno: il mezzo che non lo aveva portato alla morte come era successo alla sua famiglia. Il figlio ci parla spesso dei confronti con il fratello Popol, “l’antitesi della sua nullità”.Secondo me questo fratello, che non è mai esistito, ha puramente un valore simbolico. Forse l’intento del padre era quello di sminuire Mosè portandolo a essere quella figura ideale di fanciullo perfetto che è identificata con il nome di Popol, ma che potrebbe avere qualsiasi altro nome poiché è unicamente dettata dai canoni di comportamento del padre.
Nel libro appare anche come semplice comparsa Brigitte Bardot, a Parigi per girare un film. In realtà la sua breve presenza nella vicenda è di grande importanza per il rapporto tra Ibrahim e Mosè, poiché è stato grazie a lei che i due hanno conversato per la prima volta. Il ragazzo fa una dettagliata descrizione dell’atteggiamento della donna,in un modo divertente e particolare: “La guardo, mi fa pensare alla gatta dei vicini del quarto piano, una graziosa piccola gatta che adora stiracchiarsi al sole sui balconi , e che sembra vivere, respirare, sbattere le ciglia solo per suscitare ammirazione. Studiandola meglio, scopro anche che somiglia proprio alle puttane di rue de Paradis, senza capire che, in realtà, sono le puttane di rue de Paradis che cercano di assomigliare a Brigitte Bardot per attirare clienti”.
L’ultimo personaggio che incontriamo nel racconto è l’amico di monsieur Ibrahim, Abdullah, che, alla morte dell’amico, dona a Mosè del denaro. ”Il signor Abdullah era come monsieur Ibrahim, ma un monsieur Ibrahim su pergamena, pieno di parole rare, di poemi che sapeva a memoria, un monsieur Ibrahim più impegnato a leggere libri che non a far suonare la cassa.” Altri personaggi presenti nel libro sono le prostitute di rue de Paradis, che, secondo il protagonista l’hanno “battezzano” all’età adulta, e la madre di Mosè, che riesce a ristabilire i rapporti con il figlio dopo molti anni dal giorno del suo abbandono. La donna aveva sposato il padre di Mosè solo per lasciare la sua casa, non lo aveva mai amato; era però pronta ad amare il figlio se il marito gliene avesse data la possibilità. Lei si era innamorata di un altro ed era stata cacciata, senza possibilità di tenere con sé Mosè, ma continuando ad averlo nel cuore.
Ambienti:
Un luogo importante dove spesso avvenivano i colloqui tra Ibrahim e Mosè era la drogheria, di cui il ragazzo fa una descrizione breve ma significativa. Essa viene contrapposta ai negozi della ”vera Parigi”: “Mi facevano uno strano effetto quei negozi immensi e vuoti in confronto alla bottega di Monsieur Ibrahim, grande sì e no quanto una stanza da bagno ma dove non c’era millimetro lasciato inutilizzato, dove dal pavimento al soffitto, da uno scaffale all’altro, su tre file e quattro livelli, si trovavano tutti gli articoli di prima, seconda e anche terza necessità.” Viene inoltre fatta da Ibrahim una considerazione interessante su quegli stessi negozi e ci fa riflettere sul fenomeno attuale del consumismo: “Il lusso è così…Niente in vetrina, niente in negozio. Tutto nel prezzo.”
Un altro ambiente chiuso che viene descritto è la casa di Mosè, tetro appartamento parigino di rue Bleue. Del suo interno sappiamo che era presente un’immensa libreria che conteneva molti libri di suo padre, che Mosè aveva venduto per ricavare un po’ di soldi. Per rendere più ospitale la sua abitazione il ragazzo aveva deciso di rendere più chiari i muri e a vendere i vecchi mobili che sapevano di passato “Ma non di passato bello, no, di passato andato a male, rancido, quello che puzza come uno strofinaccio vecchio”.
Per quanto riguarda gli spazi aperti Ibrahim ci saggia di un’attenta osservazione, curiosa ma veritiera durante il viaggio con meta il Medio Oriente in cui avevano attraversato paesi come la Svizzera, l’Albania, la Grecia e la Turchia: “Quando vuoi sapere se il posto dove ti trovi è ricco o povero, guarda la spazzatura. Se non vedi immondizia né pattumiere, vuol dire che è molto ricco. Se vedi pattumiere ma non immondizia è ricco. Se l’immondizia è accanto alle pattumiere, non è né ricco né povero: è turistico. Se vedi l’immondizia e non le pattumiere, è povero. E se c’è la gente che abita in mezzo ai rifiuti è molto, molto povero.”
Insieme ai due personaggi principali facciamo un viaggio per Parigi, lungo la Senna, che“adora i ponti, è come una donna che va matta per i braccialetti”, nei giardini degli Champs-Èlisèes, “tra i teatrini e le marionette”, per rue du Faubourg Saint Honorè, “piena di negozi e di marchi prestigiosi” e nei giardini segreti del Palais Royal: tutti luoghi suggestivi che aumentano la magia del racconto.
Commento e riflessioni:
A mio parere il libro è stato piacevole da leggere soprattutto per la forma in cui è stato scritto. Infatti il linguaggio utilizzato non è particolarmente ricercato, la presenza di molti discorsi diretti contribuisce a mantenere l’attenzione del lettore e la carenza di dettagliate descrizioni degli ambienti lasciano ampio spazio alla nostra immaginazione o ai ricordi nel caso in cui avessimo visitato o visto i luoghi citati. I temi presenti nel libro sono trattati in modo particolare, infatti attraverso una riflessione o una frase del Corano, Ibrahim ci pone dinanzi ad un problema reale; sta a noi riflettere sul suo significato profondo ed interiorizzarlo.
Un pilastro del racconto è per esempio la conoscenza e la comprensione di altre religioni. Monsieur Ibrahim aiuta Mosè a riconoscere i vari luoghi sacri attraverso il loro odore: ceri per le chiese cattoliche, incenso per quelle ortodosse e odore di uomini nelle moschee. Il ragazzo apprende anche a danzare nei tekkè, monasteri dove i dervisci pregano girando su se stessi. Questi accenni alle altre religioni uniti ad un breve rimando all’Olocausto costituiscono un richiamo alla tolleranza e al rispetto di coloro che hanno idee differenti dalle nostre.
Un altro argomento trattato sempre in ambito religioso è il concetto dell’appartenenza ad un gruppo. Mosè dice che per lui essere ebreo significa “una cosa che gli impedisce di essere qualcos’altro”. Questa affermazione dovrebbe far riflettere anche noi cristiani, che ci dichiariamo tali senza magari conoscere i veri pilastri della nostra religione, oppure, più banalmente, dovrebbe far ragionare quelle persone che dicono di appartenere ad un gruppo, senza convinzioni proprie o solamente per seguire la massa. L’autore tratta quindi temi odierni in un clima parigino da anni Cinquanta, in una serie di magici balzi tra passato e presente.
L’autore: Eric-Emmanuel Schmitt
Eric-Emmanuel Schmitt è nato a Lione nel 1960 ed è tuttora vivente. Si è laureato all’Ecole Normale Supèrieure de le rue d’Ulm nel 1983 ed è conosciuto non solo per le sue opere teatrali ma anche per la sua grande fama di romanziere e saggista.Tra le opere teatrali più importanti vi sono: “La Nuit de Valogne” (1991), che lo ha reso noto in Francia ed è stato allestito dalla Royal Shakespeare Company, “Le Visiteur” (1993), premiato con il “Premio Molière” nel 1994 come rivelazione teatrale, miglior autore, migliore spettacolo e rappresentato in tutto il mondo, “Golden Joe” (1995), “Variations Enigmatiques” (1996), “Le libertin” (1997), “Milarepa” (1997), un monologo sul buddismo, “Frederick ou le boulevard du crime” (1998), “Hôtel des deux mondes” (1999-2000) e “Monsieur Ibrahim et les fleurs du Coran” (1999), monologo da cui è stato realizzato un film omonimo di successo internazionale che ha partecipato alla rassegna cinematografica di Venezia nel 2003. Nello stesso anno l’autore ha ricevuto il Grand Prix du Théâtre per l’insieme della sua opera.
Come saggista ha pubblicato un’opera filosofica dal titolo “Diderot o la filosofia della seduzione” (1997). Appassionato di musica, ha firmato la traduzione francese delle “Nozze di Figaro” di Mozart (1997) ed ha tradotto il “Don Giovanni”, opera dello stesso musicista.
Come romanziere ha ottenuto il Prix du Premier Roman per la “Secte des egoistes”. Nel 2000 ha pubblicato “L’evangile selon Pilate”, di grande successo critico, vincitore del premio delle lettrici di Elle magazine e presente da diversi mesi nelle classifiche dei migliori venti.
Ultima opera, ma non meno importante, “La parte de l’autre” (2001).

Esempio



  


  1. ajradin ademi

    buono,educativo,numero uno nel mondo