MACHIAVELLI e GUICCIARDINI

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Testo

• LA VITA
Nasce a Firenze nel 1469 da un’antica famiglia borghese di Montespertoli. La sua formazione si basa su una solida cultura umanistica latina e sulla lettura di storici e poeti. Le fasi che scandiscono la sua vita sono due: nella prima parte è impegnato negli affari pubblici e nella scrittura di testi di limitata portata teorica. Nella seconda fase, forzato allontanamento di Machiavelli dalla politica attiva si concentra sulla stesura di tutte le sue opere principali.
Alla fine del 1502 è inviato ad Urbino presso Cesare Borgia, il Duca Valentino, un personaggio assai spregiudicato che colpisce profondamente la sua immaginazione.
Machiavelli si reca varie volte in Francia presso la corte di Luigi XII (sulla base di queste esperienze scriverà il “Ritratto di cose di Francia”), ma anche in Tirolo, presso l’imperatore Massimiliano d’Asburgo (occasione per la stesura del “Rapporto di cose della Magna”).
Nominato segretario della magistratura dei Nove ufficiali della ordinanza e della milizia fiorentina, cura la stesura del progetto per la creazione di un esercito non mercenario (“Le cagioni dell’ordinanza”), e procede al reclutamento degli uomini del contado.
Nel 1512, quando i Medici riprendono il potere, inizia la seconda fase della sua vita e cerca di conservare un ruolo politico anche all’interno della nuova gestione di governo, ma viene privato e mandato al confino nel territorio di Firenze. Nel 1513 viene accusato di aver partecipato alla congiura organizzata dai Boscoli e Capponi contro i Medici. Dopo essere stato incarcerato e torturato viene inviato nuovamente al confino. Si stabilisce nel podere paterno dell’Albergaccio presso Firenze beneficiando di un’amnistia per l’elezione del cardinale Giovanni de’ Medici a Papa Leone X.
Nel 1521 è inviato in missione presso il capitolo dei frati minori riunito a Carpi e successivamente in Romagna presso l’amico Guicciardini. Dopo aver ricevuto il compito di comporre la storia di Firenze, egli scrive “Le Istorie Fiorentine” di cui realizza i primi otto libri. In questo stesso anno viene revocata la sua interdizione dai pubblici uffici. Il reinserimento sulla scena politica si rivela di breve durata e poco dopo la cacciata dei Medici da Firenze nel 1527 Machiavelli muore.
• LA CARRIERA POLITICA
1) Una valutazione negativa della natura umana ( mette in luce la meschinità, malvagità, avidità, e la facile mutabilità degli uomini).
2) La convinzione dell’immutabilità nel tempo, di tale natura umana.
3) La necessità di agire sul piano politico tenendo conto della “realtà effettuale” così come essa è nei fatti e non basandosi invece su una realtà ideale o desiderata.
4) L’utilità degli esempi del passato (se la natura umana nel corso dei secoli non muta, le soluzioni del passato sono valide anche per il presente).
5) Se l’attività politica si imposta in questo modo, cioè alla luce di u lucido realismo che tiene conto delle inesorabili leggi della natura umana, essa diventa una scienza che ha una sua autonomia e un fine: la fondazione e il mantenimento dello stato.
La valutazione dell’agire politico va fatta quindi non alla luce di un giudizio morale, ma alla luce del principio di utilità e di congruenza con quel fine. Si tratta quindi di una netta separazione fra giudizio morale e giudizio politico.

• EPISTOLARIO E GLI SCRITTI POLITICI DELLA SEGRETERIA
Fra gli epistolari rinascimentali, quello di Machiavelli figura come una notevole eccezione. Nelle lettere egli adatta la propria abilità di scrittore a fini di spontaneità espressiva, conferendo così un carattere di immediatezza alla propria lucida analisi della realtà. Particolarmente significativo è il gruppo di lettere indirizzate a Francesco Vettori.
Tra gli scritti di carattere politico appartengono i grandi trattati politici: “il Principe”, “I Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio”, “L’arte della guerra”.
• I PRESUPPOSTI FILOSOFICI E LA VISIONE DEL MONDO
La valutazione dei comportamenti umani è fatta da Machiavelli non in base a norme e principi morali, ma in base a principi politici, cioè alla funzionalità o all’efficacia che un dato comportamento può avere sul piano politico. La rassegna dei comportamenti da tenere o da evitare sono soprattutto insistite nel “Principe”; in essa la novità della prospettiva di Machiavelli rispetto alla tradizionale trattatistica di Machiavelli può anche sembrare traumatica per il lettore, perché bontà d’animo liberalità fede alla parola data, considerate virtù, valori positivi della morale religiosa o laica, perdono la loro positività se la loro applicazione nuoce allo Stato e diventano così la crudeltà, l’inesorabile durezza, il tradimento della parola data, il ricorso alla forza e all’astuzia, il comportamento, è una celebre metafora da “lione” e da “golpe”.
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• TRAMA “LA MANDRAGOLA”
Il giovane e ricco Callimaco torna da Parigi a Firenze attirato dalla fama della bellezza di Lucrezia, moglie fedele e devota la marito, più vecchio di lei, sciocco e pieno di sè. Per sedurre Lucrezia gli viene in aiuto Ligurio, un "astuto perdigiorno e profittatore", che sfrutta la buonafede del credulone Messer Nicia e la sua voglia di avere un bambino. Nicia crede ormai che la moglie sia sterile, ma Ligurio gli dice di conoscere un bravo medico, molto celebre a Parigi, che potrebbe guarire la sterilità della moglie. Callimaco, fingendo di esaminare l'urina di Lucrezia, detta la cura che questa avrebbe dovuto seguire: bere una pozione di mandragola, efficace contro la sterilità ma dagli effetti mortali per chi avrebbe giaciuto con la donna la prima notte dopo aver bevuto la pozione. Per evitare il luttuoso evento i due suggeriscono a Messer Nicia di far andare la moglie con uno sconosciuto; riescono a convincere Messer Nicia e Lucrezia, dopo molte resistenze e con l'aiuto di Sostrata (la madre della sposa) e del corrotto frate Timoteo, lautamente pagato; a questo scopo organizzano un rapimento durante la notte per le vie della città e ... rapiscono un giovane deforme e robusto che in realtà è proprio Callimaco.
Tutta la notte giace Callimaco con Lucrezia e al mattino le svela l'inganno e il suo grande amore per lei, e promettendole di sposarla, nel caso in cui Dio avesse voluto chiamare a sé il vecchio Nicia, le chiede di poter continuare ad amarla: Lucrezia allora, che aveva potuto provare quale differenza passasse fra il giovane ed il marito, gli risponde: " Poiché la tua astuzia, la stupidità di mio marito, l'ingenuità di mia madre e la malizia del mio confessore mi hanno condotta a fare quello che mai avrei per me fatto, voglio credere che tutto questo derivi dalla volontà celeste, per cui io non ho il potere di rifiutare quello che il Cielo ha voluto: perciò ti prendo per signore, padrone e guida: sii tu mio padre, mio difensore, ogni mio bene; e quello che mio marito ha voluto per una sera, voglio che sia per sempre".
Callimaco diventa compare di Messer Nicia proprio su consiglio di Lucrezia, e ciascuno ottiene quello che maggiormente desidera.
➢ STRUTTURA E TEMA AMOROSO
Una struttura è quella amorosa: consiste nella passione di Callimaco per Lucrezia, dagli ostacoli che sembrano ostacolare la realizzazione del suo desiderio, a causa di Ligurio.
La seconda struttura è quella della beffa a Messer Nicia.
Callimaco, inizialmente si presenta con una forte determinazione, esprimendo subito i suoi presupposti:
a) desiderio di azione, volontà di ricorrere a qualunque mezzo per raggiungere i suoi intenti, i tratti del tipico eroe machiavelliano, ricco di virtù.
Ben presto l’azione è delegata a Ligurio.
b) l’azione subentra i lui, l’esaltazione della personalità; si mescola una trama compatta di immagini, similitudini, metafore, che alludono ad un eros basso, carnale e volgare.
• PERSONAGGI
Callimaco: si presenta inizialmente come una ben diversa energia e determinazione, esprimendo sin dalla prima scena i suoi propositi attivi. (Vedi tema amoroso)
Messer Nicia: la commedia presenta la struttura della beffa. Il portatore di questa tematica è Messer Nicia, che rappresenta lo sciocco, il semplicione vittima dei raggiri dei furbi. Ma, non è solo il tipo dell’ingenuo credulone, il suo personaggio è più ricco di sfumature e sfaccettature. Innanzitutto è infatuato dal proprio prestigio di dottore in legge e ostenta di presunzione per la propria cultura; ha un’attenzione puntigliosa per il rispetto dei titoli accademici, è pieno di ammirazione per la scienza esibita dal finto medico. Oltre a ciò è anche disonesto, lo possiamo intuire da come arrotonda i modesti proventi della professione con loschi traffici; è avaro e attaccato al denaro. Non solo è brutale e autoritario nei confronti della moglie, ma è anche egoista. Ma il tratto più rilevante nel personaggio è la sua angustia di orizzonti. Egli mette al primo posto il suo fine, l’obbiettivo del raggiro. Nicia usa una lingua fortemente dialettale, ricca di espressione gergali, addirittura rionali.
Ligurio: è il personaggio più affascinate, è lo stratega dell’azione, l’intelligenza che mette insieme l’intrigo, lo dirige con sicurezza e lo conduce al fine sperato. È lui che architetta la falsa pozione e che riesce a convincere Lucrezia, donna di ferrei principi etici e religiosi, a giacere con lo sconosciuto garzonaccio. Caratteristiche di Ligurio sono quindi la capacità di architettare e di calcolare tutte le mosse, la freddezza e la sicurezza nell’agire, la spregiudicatezza. Dalla negatività di Ligurio è però escluso un aspetto, l’avidità, l’interesse economico. Infatti non è indotto ad aiutare Callimaco con lo scopo di ottenere un guadagno, ma ciò che lo muove è la smania dell’azione per l’azione. Ne emerge dunque quel attivismo energico, eroico che è l’elemento centrale della visione di Machiavelli.
Fra Timoteo: come Ligurio, è portatore di una lucida intelligenza che lo porta a calcolare attentamente le mosse degli avversari. Anche egli è quindi un personaggio negativo che rappresenta la corruzione, ma a differenza di Ligurio, ciò che spinge il Frate a prestarsi al raggiro è esclusivamente l’utile economico
Lucrezia: è un personaggio che ha un ruolo di primaria importanza nel testo anche se compare pochissimo in scena. I tratti che la caratterizzano sono la superiorità morale, il rigore della devozione religiosa, la castità, l’onesta e la saggezza. Solo dinanzi all’irresistibile argomentare teologico del frate resta senza mezzi di difesa e deve cedere. Nel finale si può notare la sconcertante trasformazione della donna, che scoperto l’inganno si adatta a divenire l’amante di Callimaco.
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- IL PRINCIPE
➢ Fasi della composizione
Il 10 dicembre 1513 dall’esilio dell’Albergaccio, Machiavelli annunciava all’amico Vettori di aver composto un “opuscolo De Principatibus”. Oggi gli studiosi tendono a collocare la composizione tra luglio e dicembre 1513 in una stesura di getto, mentre si ritiene che la Dedica a Lorenzo De’ Medici sia stata scritta in seguito (1515/1516). Si è pensato che la stesura de “I Discorsi” sia stata interrotta per far posto alla composizione del Principe che rispondeva ai bisogni di maggior urgenza, dovuti ai problemi attuali della situazione italiana. Inizialmente Machiavelli intendeva dedicare il trattato a Giuliano De’ Medici , figlio del Magnifico; più tardi invece fu indirizzato a Lorenzo, capitano generale dei fiorentini. La Dedica sembra testimoniare la volontà da parte dello scrittore di cercare un avvicinamento ai Medici e di offrire la sua collaborazione in un momento in cui la famiglia grazia all’assunzione al pontificato di uno dei suoi membri aveva acquisito una posizione di grande potenza e mirava a costituire un forte dominio dell’Italia centrale. L’Opuscolo fu pubblicato solo nel 1532 a Firenze e a Roma suscitando scalpore.
➢ Rapporti con la precedente trattatistica
SPECULA PRINCIPIS: il principe si può collegare ad una precedente tradizione trattatistica politica. Nel Medioevo erano diffusi trattati con cui tracciavano il modello del Principe. Specula Principis, specchi del principe, fornitogli per riflettersi e specchiarsi e conoscersi, apprendendo quali comportamenti devono avere. Nel 400 con l’affermazione delle signorie e dei Principati si possono citare i De regis et boni principis officio, De principis liber. Machiavelli capovolge questa tradizione, mentre tutti questi trattati mirano a fornire un’immagine ideale, Machiavelli vuole guardare la verità sulle cose e non all’immaginazione. Egli dice che un principe per conquistare e mantenere uno stato deve essere crudele, spietato, mentitore quando le esigenze dello stato richiedono.
➢ Struttura dell’opera
È un’operetta breve, scritta in forma coincisa e incalzante, ma densa di pensiero.
Si articola in 26 capitoli, di lunghezza variabile, preceduti da titoli tutti in latino.
Il Principe è diviso in 3 blocchi.
I capitoli I-X elencano i vari tipi di principato e mirano ad individuare i mezzi che consentono di conquistarlo e di mantenerlo, conferendogli forza e stabilità. Machiavelli distingue tra principati ereditari (cap.II) e nuovi. I nuovi possono essere misti (cap.III) o nuovi del tutto (cap.IV-V), come Milano a Francesco Sforza, o un sovrano li acquista come il Regno di Napoli a Ferdinando d’Aragona. A loro volta possono essere conquistati con la virtù o con le armi proprie (cap. VI), o con la fortuna o armi altrui (cap.VII). Nel cap. VIII parla di coloro che giungono al principato attraverso scelleratezze e qui distingue tra la crudeltà “bene e male usata”. Nel cap. IX si affronta il principato civile in cui il principe riceve il potere dai cittadini stessi. Nel cap. X si esamina come si devono misurare le forze dei principati e nell’XI si tratta dei principati ecclesiastici. I cap. XII-XIV sono dedicati al problema delle milizie. Egli giudica in modo negativo l’uso degli eserciti mercenari perché combattono solo per denaro e sono infidi: questa è una delle principali cause delle debolezze dello stato. Secondo lui la forza dello stato consiste nel poter contare su armi proprie e su un esercito composto dagli stessi cittadini che combattono per difendere i loro averi e la loro vita. Nel cap. XV-XXIII si tratta il comportamento del principe: poiché gli uomini sono malvagi, avidi, mancatori della fede, violenti, il principe è costretto ad agire senza seguire del tutto le leggi morali e ad essere non buono, dove è necessario e deve guardare il fine dello stato. Nel XXIV cap. esamina le cause per cui i principi italiani hanno perso il loro stati. Nel ca. XXV si tratta il rapporto tra virtù e fortuna e nell’ultimo capitolo (XXVI) Machiavelli esorta ad un principe nuovo, accorto ad energetico e spiega come vuole e come speri che sia lo stato.
➢ Rapporti tra morale e politica
Con Machiavelli si spezza il rapporto fra morale e politica. Politica e morale sono due campi diversi e inconciliabili: la politica appartiene all’ambito della realtà concreta, la morale riguarda l’ideale. Esse perciò sono regolate da due diversi sistemi di valori, autonomi tra di loro. Il principe buono, secondo Machiavelli, non è quello buono e giusto da un punto di vista etico, ma quello che sa fare gli interessi del suo stato indipendentemente dal carattere morale delle sue azioni. Questo non significa rinnegare la validità dei principi morali in sé, ma si tratta di negare che tali principi siano applicabili in politica. Sospendendo qualsiasi giudizio di carattere etico, egli giunge a considerare l’azione politica come giusta o sbagliata solo in relazione al fine politico che si è professato. Chi vuole governare attenendosi agli insegnamenti della morale è destinato alla rovina, perché l’uomo è malvagio e inaffidabile.
➢ Virtù e Fortuna
La Fortuna è un insieme di dati terreni e storici, in insieme di elementi che costituisce il terreno sul quale la virtù può svilupparsi. La Virtù è un modo di essere, un insieme di qualità concepito in una dimensione terrena e laica. La vicenda storica, le realizzazione e le sconfitte degli uomini risultano dall’interrelazione di queste due forze. Tuttavia, Machiavelli volendo quantificare la possibilità dell’uomo di determinare la storia, afferma che la fortuna è arbitra della metà delle nostre azioni e che l’altra metà è di pertinenza dell’uomo.

➢ Aspetti stilistici e letterari
È uno stile profondamente diverso da quello del genere trattatistico rinascimentale. La scelta deriva dallo stretto rapporto che l’opera vuole avere con la prassi, con la realtà politica, effettuale: per incidere sul reale, per fornire uno strumento da applicare immediatamente non è pensabile il ricorso alle ornamentazione retoriche, ma occorre una prosa agile, chiara, di immediata presa, che si imponga solo grazie alla forza delle cose che vede dire. Si tratta comunque di periodi sempre ricchi di energia, nervosi, incalzanti, incisivi. Il lessico impiegato è lontano da quello aulico della trattatistica. È un lessico libero e vario, dove si mescolano latinismi tecnici, latinismi letterali dei classici, ma anche parole comuni e quotidiane, o addirittura termini plebei. Hanno una funzione essenziale le metafore, le immagini e i paragoni. Come nel pensiero Machiavelli rifugge dall’astrazione e vuole essere aderente al concreto, così il suo linguaggio rifugge dall’astratto e dal vago, ed ama le immagini corpose, concrete e materiali.
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• GUICCIARDINI (1483-1540)
Le opere principali:
➢ “I Ricordi” sono costituiti da 221 pensieri sugli argomenti più diversi. Dal punto di vista letterario è l’opera più importante. Il problema della redazione dei ricordi è molto complesso ed è stato oggetto di un intenso dibattito filologico. Il primo nucleo dei ricordi risale al 1512 (datazione di mano dell’autore su due quaderni, uno di 12 l’altro di 29). Seguì una seconda redazione molto più ampia che comprendeva 161 ricordi (di questa non si possiede l’autografo ma è quella sulla quale si basano parecchie edizioni del 500. la terza redazione (autografata) è del 1528e rielabora i ricordi precedenti portandoli a 181 (ormai indicata come “serie b”). La redazione definitiva è del 1530 e contiene 212 ricordi (indicata come “serie c”). Il passaggio da una redazione all’altra, non interessa soltanto per l’aumento del numero dei ricordi, ma per questioni di stile. Ne deriva un’argomentazione più serrata e uno stile più analitico e preciso che mette a fuoco l’argomento eliminando ogni ambiguità o particolare superfluo.
➢ “La Storia d’Italia” è costituita da 20 libri ed e stata scritta negli ultimi anni della sua vita (1535-1540). In essa sono esposti gli avvenimenti della storia italiana dalla morta di Lorenzo il Magnifico (1492) a quella di Clemente VII (1534). È la storia della tragedia della libertà italiana che si è conclusa con l’affermazione definitiva del predominio spagnolo sulla penisola. Grazie alla sua attività politica e diplomatica egli aveva avuto modo di seguire da vicino alcuni avvenimenti e rievoca e narra con l’amarezza il fallimento della politica suicida dei principi italiani e il suo personale.
➢ Da giovane (1509) aveva scritto ”Le Storie Fiorentine” in cui narrò le vicende di Firenze, dal tumulto dei Ciompi alla battaglia della Ghiaradadda. In essa condanna il governo popolare e il regime autoritario dei Medici ed esprime il proprio ideale politico di una repubblica aristocratica.
Il confronto con Machiavelli
➢ Analogie: Machiavelli e Guicciardini hanno in comune alcuni elementi che rivelano la loro
appartenenza alla civiltà rinascimentale.
a) hanno la capacità di studiare la realtà con animo sgombro da pregiudizi morali e religiosi; hanno in comune una concezione laica della politica e della storia: la politica è considerata come attività autonoma dello spirito umano, distinta dalla morale e dalla religione, la storia è vista come opera dell’uomo, senza alcun intervento di forze soprannaturali.
b) In Guicciardini troviamo lo stesso disprezzo del Machiavelli per il popolo considerato “vulgo”, che subisce passivamente il corso degli eventi storici.
➢ Differenze: per il Guicciardini è impossibile formulare leggi universali della politica.
Questa impossibilità deriva dal modo con cui egli concepisce il rapporto tra il passato e il presente. Machiavelli era arrivato a due conseguenze:
1) considerò possibile formulare le leggi della politica, basandole sulla conoscenza della natura umana;
2) assegnò al passato un valore paradigmatico, cioè di modello, di esemplarità, considerando la storia di Roma come un’alta scuola di educazione politica e civile.
Riguardo ciò il parere del Guicciardini è l’opposto:
a) la storia non si ripete mai, essendo il presente sempre diverso dal passato. Cade per tanto la possibilità di formulare leggi politiche universali, valide in ogni tempo e in ogni luogo.
b) Machiavelli nutre la fiducia l’uomo può regolare e modificare il corso della storia con un atto della sua volontà eroica, e può piegare persino la fortuna, per Guicciardini la storia è talmente varia e complessa che né se ne può prevedere il corso né dirigerlo.
Al contrario del principe del Machiavelli, il principe del Guicciardini non ha nessun modello da imitare, in quanto sono impossibili leggi universali della politica. Per il suo principe il Guicciardini elabora una dottrina politica basata sulla valutazione obiettiva e spregiudicata del singolo caso, da analizzare nell’intrico segreto delle sue componenti, per poter prendere le decisioni più utili nell’interesse dello stato.
➢ Discrezione e particolare
La virtù somma dell’uomo politico risulta la discrezione, ossia la capacità di “discernere”, di distinguere ed analizzare i vari aspetti di una situazione, per poter agire nel modo miglior; questo non si impara dai libri ma è frutto dell’esperienza quotidiana.
Anche l’uomo privato, aggiunge Guicciardini, deve avere la sua discrezione, che consiste nell’accortezza di badare al proprio particolare, cioè nel perseguire il proprio interesse, difendere la propria posizione individuale e familiare, mantenere salda la propria riputazione, recitare nel miglior modo possibile la parte avuta in sorte.
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• TESTI ANALIZZATI
➢ La Mandragola atto terzo
Appare Sostrata, la madre di Lucrezia, che è stata informata dell’affare sul quale è d’accordo, convinta che è dovere di un saggio prendere tra le soluzioni malvagie quella migliore. In seguito Nicia dialoga con Ligurio che gli dà suggerimenti di comportamento per il colloquio con frate Timoteo.
Fra Timoteo si intrattiene in un ambiguo dialogo in chiesa con una donna. Dopo arrivano Ligurio e

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