Materie: | Appunti |
Categoria: | Letteratura |
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Testo
PETRARCA
Il Canzoniere è la prima vera e propria raccolta organica di rime scritte in volgare che presenta una sistemazione compatta e una struttura articolata e molto elaborata.Nel concludere il Secretum (opera latina in prosa, divisa in 3 libri, nella quale il P. parla delle contraddizioni che lo lacerano) aveva promesso di raccogliere i frammenti sparsi della sua anima in un altra opera, ed è il canzoniere.
Struttura - leggi numeri - vi sono componimenti giovanili e altri provengono da un Petrarca ormai maturo.
Redazioni 9, 1336 prima raccolta di soli 23 componimenti 1342 seconda tra il 1347 e il 1350 raccolse 150 componimenti altre 7 redazioni, l'ultima tra il 1373 e il 1374
Senso dell'opera: è dato tutto nel primo sonetto Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono dove invita i lettori a seguire il percorso compiuto dal poeta.Dal primo giovanile errore alla definitiva presa di coscienza di essere uomo diverso da quello che era: insomma dalla giovinezza con le sue illusioni e le sue passioni alla maturità.Per P., tutto dedito allo studio e alla ricerca spirituale, il traviamento per Laura è un traviamento intellettuale e sente il bisogno di analizzare a fondo i vari stati d'animo.Il viaggio interiore si conclude con la consapevolezza che tutti i desideri umani sono destinati a svanire con la morte, da qui la vergogna di aver sbagliato a tormentarsi. La fede e il sentimento religioso guideranno il P. ma l'inquietudine resterà.
LAURA tutto il canzoniere è incentrato sulla sua figura. E' la donna amata dal poeta, il simbolo delle passioni terrene,il desiderio di gloria, l'ambizione, la superbia.Laura si confonde con lauro (alloro) pianta di Apollo e della poesia, e proprio con questa pianta p.è stato incoronato poeta sul Campidoglio nel 1341.Laura è simbolo di amore e gloria.
DESCRIZIONE priva di concretezza fisica, vengono ricordati i capei d'oro, la pelle bianca e gli occhi luminosi. Le parole sono tutte tipiche dello Stilnovo dove la donna è vista come una figura angelica.
Paesaggio diventa specchio dello stato d'animo dell'autore.
Stile purezza linguistica e metrica.E' lontano dallo sperimentalismo di Dante e non accoglie parole di basso livello.Suo procedimento stilistico essenziale è quello della pluralità, e cioè nel presentare ogni oggetto del discorso con più termini legati tra loro.Il Canzoniere ha imposto a tutta la tradizione sucessiva un ideale di perfetta misura stilistica e metrica e Petrarca è stato il modello di tutta la successiva poesia amorosa italiana ed europea
LEOPARDI: VITA E OPERE
1798: Nasce a Recanati il 29 giugno.
1799/1815: Formazione culturale, studio "matto e disperatissimo".
1816/1818: Entra nell'ambiente culturale italiano, polemiche con i romantici.
1819/1824: Prima grande produzione lirica. L'Infinito, Alla Luna, La sera del dì di festa, La vita solitaria, L'ultimo canto di Saffo, Alla sua donna. Operette morali. Zibaldone. Deludente soggiorno a Roma.
1825/1827: Soggiorni a Bologna, Milano e Firenze. Stretti contatti con l'editoria e i letterati dell'epoca. Allontanamento dalle convinzioni generali. Il Copernico e il dialogo di Plotino e Porfirio.
1828/1830: Ritorno alla poesia. A Silvia, Le Ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia.
1831/1837: Nuovi soggiorni: Firenze, Roma, Napoli, dove è ospite di Antonio Ranieri. Da una vita di relazione più intensa e dal desiderio di calarsi nel presente nascono i componimenti amorosi del ciclo di Aspasia, i Pensieri, le opere di satira politica e filosofica e le ultime due canzoni, La Giustizia e Il tramonto della Luna.
1837: Muore a Napoli il 14 giugno.
I PENSIERI
I
Io ho lungamente ricusato di creder vere le cose che vedrò qui sotto perché, oltre che la natura mia era troppo rimota da esse, e che l'animo tende sempre a giudicare gli altri da se medesimo, mia inclinazione non è stata mai di odiare gli uomini ma di amarli. In ultimo l'esperienza quasi violentemente me le ha persuase, e sono certo che quei lettori che si troveranno aver praticato con gli uomini molto e in diversi modi, confesseranno che quello ch'io sono per dire è vero; tutti gli altri lotteranno per esagerato, finchè l'esperienza se mai avranno occasione di veramente fare esperienza della società umana, non lo ponga loro dinanzi agli occhi.
Dico che il mondo è una lega di birbanti contro gli uomini da bene e di vili contro i generosi.
XIV
Non sarebbe piccola infelicità degli educatori, e soprattutto dei parenti se pensassero, quello che è verissimo, che i loro figliuoli, qualunque indole abbiano sortita e qualunque fatica, diligenza e spesa si ponga in educarli, con l'uso poi del mondo, quasi indubitabilmente, se la morte non li previene, diventeranno malvagi...
XLVIII
Quanto sia grande l'amore che la natura ci ha dato verso i nostri simili, si può comprendere da quello che fa qualunque animale, e il fanciullino esperto, se si abbatte a vedere la propria immagine in qualche specchio; che, credendola una creatura simile a sé, viene in furore e in ismanie, e cerca ogni via di nuocere a quella creatura e di ammazzarla. Gli uccellini domestici, mansueti come sono per natura, per costume, si spingono contro lo specchio stizzosamente, stridendo, con le ali inarcate e col becco aperto, e lo percuotono; e la scimmia, quando può, lo gitta in terra, e lo stritola coi piedi.
LV
... E' assioma trito, ma non perfetto, che il mondo non si contenta dell'apparenza. Aggiungasi per farlo compiuto, che il mondo non si contenta mai, e spesso non si cura, e spesso è intollerantissimo della sostanza. Quell'antico si studiava più di essere uomo da bene, e di non essere.
LXXV
... E il mondo è, come le donne, di chi lo seduce, gode di lui e lo calpesta.
Pessimismo storico
- Anelito dell'uomo alla felicità, dato che la natura stessa lo ha creato per questa (felicità dello stato di natura).
- Perdita di questa felicità attraverso lo sviluppo della civiltà, dalla caduta dell'impero romano in poi.
- Tentativi dell'Illuminismo e della rivoluzione francese per ripristinare uno stato di civiltà
- Fallimento della rivoluzione e di questo tentativo.
Inerzia del mondo attuale, privo, tutt'assieme sia di quella sensibilità e vita del cuore che potrebbero assicurare una felicità illusoria, ma pure a suo modo reale, sia di quel culto della Ragione che farebbe riprendere il lavoro interrotto dell'illuminismo.
LXVII
Poco propriamente si dice che la noia è mal comune. Comune è l'essere disoccupato, o sfaccendato per dir meglio; non annoiato. La noia non è se non di quelli in cui lo spirito è qualche cosa. Più può lo spirito in alcuno, più la noia è frequente, penosa e terribile. La massima parte degli uomini trova bastante occupazione in che che sia, e bastante diletto in qualunque occupazione insulsa; e quando è del tutto disoccupata non prova perciò gran pena. Di qui nasce che gli uomini di sentimento sono si poco intesi circa la noia, e fanno il volgo talvolta maravigliare e talvolta ridere, quando parlano della medesima e se ne dolgono con quella gravità di parole, che si usa in proposito dei mali maggiori e più inevitabili della vita.
LXVIII
La noia è in qualche modo il più sublime dei sentimenti umani. Non che io creda che dall'esame di tale sentimento nascano quelle conseguenze che molti filosofi hanno stimato di raccorne, ma nondimeno il non poter essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per dir così, dalla terra intera; considerare l'ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole maravigliosa di mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell'animo proprio; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l'universo infinito, e sentire che l'animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che sì fatto universo; e sempre accusare le cose di insufficienza e nullità, e patire mancamento e voto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà, che si vegga della natura umana. Perciò la noia è poco nota agli uomini di nessun momento, e pochissimo o nulla agli altri animali.
C
...non potendo l'uomo in sulla terra confidare in altro che nelle sue forze, nulla mai non dee cedere né ritrarsi indietro un passo volontariamente, (...), ma resistere difendendosi fino all'estremo, e combattere con il sforzo ostinato per ritenere o per acquistare, se può, anche ad onta della fortuna, quello che mai non gli verrà impetrato da generosità de' prossimi né da umanità.
CI
... Perché se l'estimazione di un uomo non comincia da esso, difficilmente comincerà da ella altronde: e se non ha saldissimo fondamento in lui, difficilmente starà in piedi. La società degli uomini è simile ai fluidi; ogni molecola dei quali, o globetto, premendo fortemente i vicini di sotto e di sopra e da tutti i lati, e per mezzo di quelli i lontani, ed essendo ripremuto della stessa guisa, se in qualche posto il resistere è il risospingere diventa minor, non passa un attimo, che, concorrendo verso colà a furia tutta la mole del fluido, quel posto è occupato da globetti nuovi.
Pessimismo cosmico
- Fallimento dell'illuminismo, della rivoluzione francese, e quindi della ragione.
- Il pessimismo diventa più vasto e profondo e investe anche la natura.
- Natura matrigna che ignora l'uomo.
- Sgomento dell'uomo di fronte alla propria inutilità e mancanza di obiettivi (concetto di noia).
- Accettazione del proprio destino e eroica resistenza.
Analogie con Guicciardini
fallimento storico dell'Illuminismo
Pessimismo storico Pessimismo cosmico
crisi rinascimentale della ragione
Pensiero del Machiavelli Pensiero del Guicciardini
MONTALE
Pur cercando la parola scabra ed essenziale non è giunto mai alla totale disintegrazione della forma tradizionale. Il suo stile si articola in un discorso diffuso e ricco di incisi, ove si mescolano vocaboli colti e popolareschi in un tono da colloquio intimo, nel desiderio accorato e vano di un colloquio con se stesso, con le cose, con l'Altro. Ma non è un colloquio dimesso e effuso dei Crepuscolari: ogni parola definisce e scava l'abisso dell'anima e del destino dell'uomo. Quello del Montale è un linguaggio autenticamente nuovo, aspro e nudo, "pietroso" come l'implacabile realtà della vita; mediante tale linguaggio il poeta esprime il dramma esistenziale del proprio io e dell'uomo moderno, la sua angoscia raggelata e senza speranza. Materia del suo canto è la negazione, l'assenza, l'uomo incapace di credere il vivere come male, come nulla. La poesia di Montale è molto spesso scura, essa nasce dalla scoperta dell'assurdità del reale, dal rovesciamento delle certezze solo apparentemente solide. Essa esprime nella musica aspra del verso e nel succedersi di impeti di canto e di pause desolate e di silenzi la tragedia dell'uomo moderno. Una tragedia che ha toccato il suo culmine nell'ultima guerra e mai forse come allora abbiamo sentito l'attualità e la verità della lucida disperazione di Montale.
Il compito della poesia: per Montale la poesia vale unicamente come testimonianza di una sofferta condizione esistenziale, essa non propone soluzioni rivoluzionarie, ma una soluzione di compromesso tra l'accettazione delle regole tradizionali (la realtà costituita) e la loro infrazione (l'incapacità di identificarsi in essa) ed è questa incapacità di identificarsi che suona come rifiuto di una data condizione storica che è quella determinata dal Fascismo. La poesia è concepita come conoscenza in negativo, poiché di fronte all'impossibilità di sciogliere il mistero della vita, non può che proporre una forma di conoscenza in negativo, priva di certezze e di ipotesi propositive, interamente risolta nell'acuta coscienza del relativismo e della discontinuità che regolano le leggi dell'esistenza, per questo il suo compito è quello di indagare la condizione dell'uomo contemporaneo assumendo il valore di una insostituibile testimonianza.
NON CHIEDERCI LA PAROLA
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco Sì qualche
Lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato
Ah l'uomo che se ne va sicuro
Agli altri e a se stesso amico,
ombra sua non cura che la canicola
Stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
si qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti
Ciò che non siamo ciò che non vogliamo
Metro: tre quartine formate da versi di varia lunghezza, con rime ABBA, CDDC, EFEF (la rima del v.7 è ipermetra)
È il primo componimento degli Ossi Brevi, che uscirono nel 1925. La sua fama oltre che alle efficaci metafore attraverso cui Montale enuncia la propria poetica, è dovuta soprattutto al verso finale, interpretato come posizione antifascista. Le tre strofe della poesia costituiscono una struttura circolare, volutamente imperfetta, la prima e la terza sono simmetricamente costruite e si oppongono alla seconda che si presenta con quattro versi diseguali. Anche dal punto di vista tematico la prima e la terza strofa affrontano il medesimo argomento, sottolineato dallo stesso incipit negativo (non chiederci la parola, non domandarci la formula). Il poeta si rivolge a un ipotetico interlocutore che si identifica con il lettore dei suoi versi. Usa la prima persona plurale per coinvolgere anche gli altri poeti. Nel testo si afferma l'impossibilità, sul piano di conoscenza, di comunicare qualsiasi messaggio positivo. La parola di cui dispone il poeta risulta insufficiente strumento conoscitivo della natura dell'uomo e del suo rapporto con la realtà. Poiché i poeti della nuova generazione non hanno "formule" in grado di definire l'animo umano perché esso è informe e quindi non si lascia definire dalle parole. La quartina centrale funge come elemento di raccordo, presenta l'immagine dell'uomo sicuro, del conformista, appagato, integrato nel mondo in cui vive. L'interazione d'apertura rappresenta un segno di rammarico e di totale estraneità nei confronti dell'uomo sicuro, deciso in pace con se stesso e con gli altri. Il giudizio appare negativo, l'uomo sicuro è superficiale, non si preoccupa di dare un senso alla sua vita, non va oltre alle apparenze, ma nello stesso tempo il poeta appare venato di nostalgia perché quell'uomo sicuro vive una situazione di non conflittualità che lo rende opposto ed estraneo al poeta. La parola viene ridotta a qualche storta sillaba e secca, il suo linguaggio è antilirico, scabro e antimusicale. Anche il paesaggio nei sui contorni aspri e duri, non può divenire fonte di consolazione per il poeta, risulta piuttosto un mondo estraneo e oscuro, impenetrabile e chiuso, pur nella sua tangibile corporeità. Il distico finale riassume le ragioni dell'intero componimento, esprime con estrema lucidità la condizione di un'esistenza priva di certezze conoscitive e di valori alternativi; di qui l'inutilità di ogni speranza , che solo una forma di un pensiero negativo è in grado di cogliere nella sua nuda essenza.
confronto tra leopardi e petrarca sui temi del ricordo e sul rapporto tempo-spazio