La canzone di Cielo d'Alcamo

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Testo

LA CANZONE DI CIELO D'ALCAMO

Il più antico documento della nostra letteratura è comunemente creduto la cantilena o canzone di CIELO (diminutivo di Vincenzo) DI ALCAMO, e una canzone di Folcacchiero da Siena.
Quale delle due canzoni sia anteriore, è cosa puerile disputare, essendo esse non principio, ma parte di tutta un'epoca letteraria, cominciata assai prima e giunta al suo splendore sotto Federico II, da cui prese il nome.
FEDERICO II, imperatore d'Alemagna e re di Sicilia, chiamato da Dante chierico grande, cioè uomo dottissimo, fu, come leggesi nel Novellino, «nobilissimo signore, nella cui Corte a Palermo venìa la gente che avea bontade, sonatori, trovatori e belli favellatori. E perciò i rimatori di quel tempo, ancorché parecchi sieno d'altra parte d'Italia furono detti siciliani».
Che cosa è la cantilena di Cielo?
E' una tenzone, o dialogo, tra Amante e Madonna: Amante che chiede, e Madonna che nega e nega, e in ultimo concede: tema frequentissimo nelle canzoni popolari di tutti i tempi e luoghi, e che trovo anche oggi a Firenze nella «Canzone tra il frustino e la crestaia».
Ciascuna domanda e risposta è in una strofa di otto versi, sei settenari di cui tre sdruccioli e tre rimati chiusi da due endecasillabi rimati. La lingua è ancor rozza e incerta nelle forme grammaticali e nelle desinenze, mescolata di voci siciliane, napoletane, provenzali, francesi, latine. Diamo ad esempio due strofe:

Amante
Molte sono le femine
C'hanno dura la testa,
E l'uomo con parabole
Le dimina e ammonesta:
Tanto intorno percacciale .
Sinché l'ha in sua podesta .
Femina d'uomo non si può tenere:
Guardati bella, pur di ripentere .

Madonna
Che eo me ne pentesse?
Davanti foss'io auccisa
Ca nulla buona femina
Per me fosse riprisa.
Er sera ci passasti
Correnno a la distisa.
Acquisiti riposo, canzoneri:
Le tue paraole a me non piaccion gueri.

La canzone è tirata giù tutta d'un fiato, piena di naturalezza e di brio e di movimenti drammatici, rapida, tutta cose, senza ombra di artificio e di rettorica. Ci è una finezza e gentilezza di concetti in forma ancor greggia, ineducata. E perciò il documento è più prezioso, perché se l'ingegno del poeta apparisce ne' concetti e ne' sentimenti e nell'andamento vivo e rapido del dialogo, la forma è quasi impersonale, ritratto immediato e genuino di quel tempo.

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