Il Principe

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Testo

Relazione de “IL PRINCIPE”, di Niccolò Machiavelli

1. OPERA [IL MONDO DEL TESTO – LE COORDINATE DEL TESTO]

1.1. TITOLO
Il titolo dell’opera è “Il principe”; fa infatti riferimento alle qualità che dovrebbe possedere un principe dell’età umanistico-rinascimentale per essere riconosciuto come una buona figura di potere ed un monarca giusto, oltre che per mantenere la sua carica. In particolare, il destinatario dell’opera di Machiavelli è Lorenzo de’ Medici, il principe che ha regnato a Firenze tra il 1492 ed il 1519. Tuttavia questo non è il titolo originale dell’opera, in quanto quello era “De principatibus”, cioè “Sui principati”. Altri titoli che sono stati dati all’opera sono “De’ principati” e “De principe.

1.2. COMPOSIZIONE/REDAZIONE (epoca e fasi di)
Non vi sono posizioni unanimi riguardo al periodo di composizione e di redazione dell’opera. Secondo Tommasini l’anno di stesura dell’opera sarebbe il 1513, dopo il quale essa sarebbe stata sottoposta a più revisioni. Di diversa opinione è Chabod, la cui ipotesi, più condivisa, ritiene “Il principe”sia stato realizzato solamente nel 1513 senza essere più revisionato. Si può comunque supporre che nel 1513 vi sia stata almeno una prima stesura dell’opera, in quanto siamo in possesso di una lettera indirizzata a Francesco Vettori da Machiavelli, nella quale lo scrittore dice di aver composto un opuscolo intitolato “De principatibus”, dove egli discute riguardo a cosa sia un principato, di che tipo possa essere, come si acquisisca, come si mantenga, come e perché si perda.

1.3. PUBBLICAZIONE/EDIZIONE (rispetto all’epoca di composizione)
Anche in questo caso non ci sono posizioni unanimi rispetto alla data di pubblicazione, Ma possiamo dire che essa sia avvenuta nel 1532, cinque anni dopo la morte di Machiavelli.

1.4. GENERE
L’opera di Machiavelli è un trattato politico ed un trattato sul sovrano ideale, componimento diffuso in età medievale. Probabilmente il componimento ha come modello alcuni trattati politici di pubblicazione vicina all’anno di composizione de “Il principe”, come “De regis et boni principis officio” di Diomede Carafa, “De vero principe” di Battista Platina e “De principe liber” di Giovanni Pontano. L’opera di Macchiavelli si distingue però da queste sia sul piano tematico e formale che su quello teorico ed ideologico.

1.5. STRUTTURA
Il testo risulta articolato in ventisei capitoli, ciascuno con un numero differente di paragrafi caratterizzati da un titolo in latino, che indica i temi esposti nel paragrafo in questione. A questi capitoli si deve però aggiungere la lettera “Ad Magnificum Laurentium Medicem” in cui Machiavelli espone il suo giudizio complessivo rispetto all’opera e dedica il suo componimento a Lorenzo de’ medici.

1.6. FONTI: si rimanda al lavoro di classe

1.7. MOTIVAZIONI COMPOSITIVE (cause)/ FINALITÀ (scopi)
La ragione per cui il testo è stato composto viene bene espressa nella dedica iniziale di Machiavelli, e si può così sintetizzare: la volontà di dimostrare riconoscenza verso Lorenzo de’ Medici donandogli qualcosa che potesse essergli utile. Le testuali parole di Machiavelli sono:”Desiderando io, adunque, offerirmi alla vostra magnificenza con qualche testimone della servitù mia verso di quella, non ho trovato, intra la mia suppellettile, cosa quale io abbi più cara o tanto esistimi quanto la cognizione delle azioni degli uomini grandi, imparata da me con una lunga esperienza delle cose moderne e una continua lezione delle antique;…”.

1.8. LINGUA/STILE (codice) si rimanda al lavoro di classe

1.9. DIFFUSIONE
“Il principe” circolò in tutta Europa in forma manoscritta prima della sua effettiva pubblicazione nel 1532. La sua lettura è però stata differente da parte di coloro che ne hanno preso visione. La ricezione de “Il principe” è riassumibile però in quattro momenti:
a) L’antimachiavellismo confessionale: nel Cinquecento i Gesuiti ed i Protestanti prendono l’opera come simbolo delle concezioni politiche dell’avversario. Incluso nell’“Indice dei libri proibiti” nel 1559, il libro diventa oggetto di una violenta confutazione da parte della trattatistica cattolica.
b) La trattatistica politica della Controriforma: nel Seicento gli ecclesiastici distorcono fino alla parodia le posizioni espresse nel trattato; i Gesuiti però lo utilizzano di nascosto per giustificare la nozione controriformista di “Ragion di Stato”.
c) L’interpretazione “obliqua” nell’Illuminismo settecentesco: il pensiero di Machiavelli viene rivalutato grazie alla lettura degli illuministi D. Diderot e J.B. D’Alembert secondo i quali il trattato sarebbe indirizzato ai popoli per una presa di coscienza repubblicana e libertalitaria.
d) L’età del Romanticismo e del nazionalismo: prosegue la rivalutazione dell’opera con il Romanticismo in Europa (si pensa a Machiavelli come al fondatore del pensiero laico)ed il Risorgimento in Italia (il libro viene visto come un’esortazione alla libertà d’Italia). Anche nel Novecento e nel XX secolo si rivaluta l’opera, ma spesso, come nel periodo fascista, viene interpretata in modo errato.

1.10. FORTUNA CRITICA/LETTURE CRITICHE
Oltre a quelle già esposte nel paragrafo precedente, altre letture critiche de “Il principe” sono quelle di Leopardi (che ritiene Machiavelli maestro del “nudo vero”), di De Sanctis (Machiavelli come fondatore dei tempi moderni) e di Gramsci (“Il principe” come manifesto politico della borghesia).

2. AUTORE [AUTORE STORICO/MITTENTE]

2.1. IDENTITÀ (biografia)
Niccolò Machiavelli nacque a Firenze il 3 maggio 1469. Di famiglia borghese, ebbe una formazione di stampo umanistico, studiò grammatica, abaco ed i classici latini. Dal 1498 al 1512 ricoprì importanti incarichi nell’amministrazione politica fiorentina che gli permisero anche di conoscere molti principi e di vedere varie forme di governo; ma dopo il 1512, a causa dello spartiacque, fu esiliato per un anno dai Medici. L’anno successivo fu imprigionato per quindici giorni e torturato con l’accusa di aver partecipato ad una congiura antimedicea. Venne poi riconosciuto innocente, ma fu comunque costretto a vivere in esilio nei pressi di San Casciano in Val di Pesa. In questo periodo compone “Il principe” ed inizia “I discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio”, che completa nel 1517. Nel 1518 scrive una delle sue opere più apprezzate, la commedia teatrale “La Mandragola”, ed inoltre compose le “Istorie fiorentine”, in cui vengono narrati i fatti storici fino alla morte di Lorenzo il Magnifico. Nonostante tutto Machiavelli non riuscì più a riottenere la posizione che aveva avuto in passato, anzi muore nel 1527 dopo essere stato accusato di aver preso parte ad una congiura a favore dei Medici.

2.2. STATUTO
Niccolò Machiavelli è stato uno dei più importanti letterati del Rinascimento. Ha ricoperto cariche politiche a Firenze ed inoltre è stato uno scrittore, uno storico ed un filosofo.

2.3. SPAZI IN CUI E’ ATTIVO
Niccolò Machiavelli è stato attivo principalmente nella città di Firenze. E’ lì che ricopre cariche politiche e, anche dopo essere stato esiliato, continuò a comporre opere per i signori di questa città. In minor misura è attivo nell’Accademia fiorentina.

2.4. LINGUA UTILIZZATA NELLE OPERE
Machiavelli nelle sue opere utilizza il volgare fiorentino, in cui sono però presenti dei latinismi e dei costrutti con rimandi latini.

2.5. CONTESTO STORICO-CULTURALE DI APPARTENENZA
Lo scrittore è vissuto in due fasi dell’Umanesimo-Rinascimento: la fase dell’Umanesimo volgare e quella del Rinascimento. In questo periodo vi è una rivalutazione della figura dell’uomo, non più inteso come sottoposto a Dio ma come “Homo faber eius fortunae” e come microcosmo. Inoltre vengono ripresi temi tipici della civiltà classica come la rivalutazione della natura. Nell’ambito letterario, viene ripreso lo studio dei classici e si cerca di comporre opere in volgare che possano competere con questi. Inoltre si assiste al fenomeno del mecenatismo, cioè al fenomeno per cui alcuni signori (i cosiddetti “mecenati”) ospitano e proteggono letterati ed artisti perché questi possano comporre opere in cambio dell’ospitalità, dando così prestigio alla casa del signore.

3. DENTRO IL TESTO

3.1. TEMA

I momenti chiave della trattazione sono così riassumibili: dapprima Machiavelli, nella sua dedica, presenta il motivo per cui ha composto quest’opera e chiarisce a chi è destinata.
In seguito passa ad analizzare, nei primi capitoli del libro, i vari tipi di principato dicendo che “E’ principati sono: o ereditarii, dé quali el sangue del lor signore ne sia suto lungo tempo il principe, o e’ son nuovi…..”; “tutti gli stati, tutti e’ dominii che hanno avuto e hanno imperio sopra gli uomini, sono stati e sono o repubbliche o principati….”. Machiavelli sostiene che è più facile da mantenere un principato ereditario perché necessita solamente di un principe di “ordinaria industria” per non cadere in rovina, al contrario del principato nuovo (cioè conquistato o annesso ad un principato che già si possedeva) dove il popolo per il nuovo signore è un incognita e “bisogna avere gran fortuna e grande industria per tenerli”.
In seguito Machiavelli passa ad analizzare in che modo debba comportarsi un principe per abituare i principati nuovi alle leggi che lui vuole imporre (capitolo V): il principe ha tre soluzioni per questo, e cioè “ruinarle; andarvi ad abitare personalmente; lasciarle vivere con le sue leggi traendone una pensione”. Vengono poi analizzati i principati conquistati con le proprie armi e con le proprie capacità, che possono essere mantenuti solamente dimostrando la propria virtù personale e, se necessario, quella del proprio esercito. Non è così facile invece mantenere principati ottenuti con la fortuna altrui perché questi si reggono sulla “voluntà e fortuna di chi lo ha concesso loro” e non su quelle del principe in carica. Machiavelli sostiene inoltre che. un principe capace può fare fatica a conquistare un principato, ma in seguito si troverà facilitato a gestirlo, concetto che troviamo nei versi “quelli e’ quali per vie virtuose, simili a costoro diventeranno principi, acquistano el principato con difficoltà, ma con facilità lo tengono”. Si analizza poi il principato ottenuto con atti scellerati riguardo al quale lo scrittore sostiene che non si può chiamare virtù ammazzare i propri cittadini, tradire gli amici, essere senza fede, senza pietà, senza religione, “li quali modi possono fare acquistare imperio, ma non gloria”. Infine si analizza il principato civile, in cui è necessario sia il consenso popolare che il favore di personaggi importanti dato che l’aiuto del popolo può causare l’avversione dei potenti e il favore di questi può causare malcontento tra il popolo, entrambi fattori che possono portare alla perdita del principato. Inoltre un principe, se dipende troppo dai potenti, rischia di diventare un burattino nelle loro mani. Visti sbrigativamente i principati ecclesiastici “perché, sendo esaltati e mantenuti da Dio, sarebbe offizio di uomo presuntuoso e temerario discorrerne”, Machiavelli passa a parlare dell’esercito del principe. Secondo il suo punto di vista i soldati che compongono l’esercito non dovrebbero essere mercenari o ausiliari in quanto questo tipo di truppe sono ritenute “disunite, ambiziose, sanza disciplina, infedele; gagliarde fra gli amici; fra e’ nemici, vile; non timore di Dio, non fede con gli uomini; e tanto si differisce la ruina, quanto si differisce lo assalto; e nella pace se’ spogliato da loro, nella guerra da’ nemici”. Non sono consigliabili neppure le milizie di altri signori poiché si sostiene che “l’arme d’altri o le ti caggiono di dosso, o le ti pesano, o le ti stringono”.
Altra parte importante del libro è la descrizione della figura del principe ideale, argomento trattato nei capitoli dal XV al XVIII. In questi si stabilisce se sia più utile essere parsimonioso o munifico,crudele o incline al perdono, leale oppure sleale. L’autore sostiene che sia molto più utile essere parsimonioso perché la parsimonia permette di evitare lo sperpero delle ricchezze dello Stato e perciò permette di imporre meno tasse Allo stesso modo un principe dovrebbe essere per evitare che il proprio principato cada in rovina, dato che ls troppa pietà può portare alla progressiva perdita del proprio potere. Naturalmente non si deve essere crudeli in maniera eccessiva perché questo può portare odio. Altra idea rivoluzionaria espressa da Machiavelli nella sua opera è che la lealtànon è utile nell’ambito della politica. Alla fine di questo confronto risulta che per un principe “è molto più sicuro essere temuto che amato” e che “debbe per tanto uno principe non si curare della infamia di crudele, per tenere e’ sudditi sua uniti et in fede”. Lo scrittore inoltre sostiene che un principe ideale non dovrebbe mai togliere le armi ai propri sudditi ma anzi dovrebbe armarli se questi non posseggono armi, dato che, “armandosi, quelle arme diventano tua, diventano fedeli quelli che ti sono sospetti, e quelli che erano fedeli si mantengono”. Ma, concludendo, si torna a rimarcare il concetto che per sentirsi sicuri la miglior difesa è il non essere odiato dal popolo, e quindi espone dei metodi per avere il consenso delle masse e per scegliere al meglio i propri collaboratori.
Gli ultimi tre capitoli dell’opera descrivono la situazione politica in Italia. Qui lo scrittore sostiene che i principi italiani non siano adatti al loro compito e quindi conclude il suo componimento con un’esortazione rivolta alla famiglia dei Medici perché liberino ed uniscano l’Italia.

3.2. CATEGORIE SPAZIO-TEMPORALI/CONTESTO STORICO DI ANALISI
La trattazione abbraccia un arco cronologico di circa trenta anni, compreso tra gli anni ottanta del Quattrocento e i primi dieci anni del Cinquecento. Vi sono infatti vari riferimenti ad eventi e personaggi contemporanei a Machiavelli come Cesare Borgia, figlio di Papa Alessandro VI e figura importante nella situazione politica italiana dopo essere stato eletto cardinale, e Luigi XII, re di Francia. Vi sono però anche dei riferimenti ad eventi del passato, come le imprese di Alessandro Magno ed avvenimenti dell’età dell’impero romano.

3.3. PERSONAGGI
Protagonista indiscusso dell’opera è il principe. L’opera intera infatti, come più volte detto, si prefigge l’obiettivo di poter essere considerata un manuale a cui il principe può far riferimento per sapere come comportarsi per poter esser ritenuto un buon principe. Per questo rimando al terzo paragrafo del punto 3.1
Un ruolo di rilievo lo rivestono poi tutte le persone che aiutano il principe nelle sue mansioni, come ad esempio i ministri. Per questo il principe deve stare attento nel scegliere i propri collaboratori perché essi possono rivelarsi dannosi per il principato. Allo stesso modo un principe deve tenersi lotano dagli adulatori, altre figure dannose per lo stato. Sono importanti anche il popolo e i nobili, e riguardo al rapporto che ci deve essere tra questi ed il principe rimando nuovamente al punto 3.1

3.4. MESSAGGIO IDEOLOGICO (sistema di credenze/valori)
Dalla lettura del testo emerge una visione della politica di potere di tipo laico: la politica diventa autonoma rispetto alla religione ed alla morale. L’autore qui sostiene che la virtù di un principe si capisca non dal suo comportamento, ma dai successi che ottiene. Dobbiamo però esplicitare cosa siano per Machiavelli i concetto di “virtù” e di “fortuna”. Nell’opera i due termini sono strettamente legati alla politica: la “virtù” è la capacità di agire nell’arte del governo, la “fortuna” è un elemento che pone dei limiti a questa. Machiavelli ritiene che “virtù” e “fortuna” agiscano in uguale misura ma anche se in modo opposto. Da quanto si legge nell’opera perciò si deve tenere in conto la “realtà effettuale” dei fatti e non le idee e le utopie. Il principe deve adoperarsi per il bene dello stato e per questo l’uso della forza diventa necessario per risolvere dei problemi, questa quindi non è perciò da disprezzare.

4. LETTORE/ PUBBLICO [DESTINATARIO]

4.1. IL LETTORE/PUBBLICO IDEALE
Il lettore ideale secondo Machiavelli è sicuramente Lorenzo il Magnifico, al quale è indirizzato il libro. Ma questo libro è indirizzato anche a qualunque principe italiano che governava o si apprestava a governare un principato.

4.2. IL LETTORE/ PUBBLICO STORICO
Il primo lettore dell’opera fu Lorenzo il Magnifico, ritenuto il lettore ideale da Machiavelli, che però non apprezzò l’opera. Probabilmente altri lettori furono persone della corte medicea, ma il componimento non fu letto da molte persone in quanto ritenuto immorale per l’epoca.

4.3. IL LETTORE/PUBBLICO REALE
Nonostante la diffidenza iniziale vi sono stati numerosi lettori di quest’opera nel corso degli anni. Per i principali rimando ai punti 1.9 e 1.10 di questa stessa relazione. Altri lettori ideali sono chiunque abbia letto o legga “Il principe”.

5. LESSICO SPECIFICO

Latinismi: “non solum”, “etiam”, “tum”; “imperio”, “tamen”; “ruina”…

Latinismi appartenenti al volgare toscano: “iusto”, “iudicio”, “esperientia

Latinismi presenti nella lingua italiana: “impeto”, “accidente”, “espedito”; “periculo”.

Costrutti tipici: uso di “ e’ ” al posto dell’articolo determinativo maschile plurale “i”;
il gerundio del verbo essere diventa “sendo”;
largo utilizzo della correlazione disgiuntiva “o… o…”;
uso di “el” al posto dell’articolo determinativo maschile singolare “il”.

Esempio