Il Barocco

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Testo

IL CONCETTO DI BAROCCO

L’età della controriforma va dal Concilio di Trento agli anni Ottanta del Seicento. È suddividibile in due fasi successive: la prima arriva sino al primo o al secondo decennio del Seicento ed è caratterizzata, sul piano economico, da una permanenza dello sviluppo e, sul piano letterario, dalla resistenza dei modelli classicistici, per quanto già corrosi dall’interno; la seconda fase è qualificata da una profonda crisi economica e, al livello artistico, dall’abbandono dei criteri classicistici e dall’affermazione di una nuova maniera di percepire il mondo. Lo stile barocco tende a dominare in tutto il secolo XVII, anche se comincia ad apparire in crisi già negli anni Settanta in Francia e successivamente anche in Italia.
Gli anni estremi considerati, cioè 1610 e il1690, sono significativi anche sul versante politico o economico: fra il 1609 e il 1612, si ebbe la prima crisi manifatturiera e mercantile europea, che, ripetendosi dieci anni dopo determinò conseguenze catastrofiche in buona parte dell’Europa. Il 1689 è l’anno della Dichiarazione dei Diritti fatta da Guglielmo III in Inghilterra, che segna l’affermazione della rivoluzione borghese e, per la prima volta, dei principi di sovranità popolare e del potere del parlamento.
Quanto al termine Barocco, esso può avere origini diverse. Ma, sia che voglia significare un sillogismo difettoso, sia che indichi piuttosto un tipo di perla irregolare, né è evidente l’accezione negativa, che vuole sottolineare, nella nuova tendenza artistica, gli aspetti bizzarri e irrispettosi delle norme. Per lungo tempo ha prevalso questa concezione negativa del Barocco, identificato con il “cattivo gusto”.
Per quanto riguarda la letteratura, il termine Barocco tende ormai a sostituire le denominazioni precedentemente in uso di marinismo o di secentismo in Italia, di culteranismo e di concettismo in Spagna, di preziosismo in Francia, di poesia metafisica in Inghilterra. Questi sono anche paesi nei quali si è maggiormente diffusa la letteratura barocca, mentre l’arte barocca si affermò anche in Austria, in Germania, nelle Fiandre. Il Barocco respinge la tradizione di misura e di equilibrio del classicismo perché si ispira a una nuova visione del mondo e a un nuovo modo di percepire le cose, prodotti dalla rivoluzione scientifica e dalla fine delle vecchie certezze. Può cercare di collegare le cose soltanto con i sensi e con la ragione, con l’analogia e la metafora o con lo sforzo celebrale, e facendo ricorso frequentemente all’allegoria. Non c’è più un collegamento spontaneo fra l’io e il tutto, ma i rapporti fra le cose sono solo relativi, stabiliti dall’ingegno del singolo individuo.

LE POETICHE DEL BAROCCO

La nuova visione del mondo si traduce, in campo letterario, in una estetica anticlassicistica e in una poetica della metafora.
Il maggior teorico del Barocco letterario è il gesuita spagnolo Baltasar Gracìan, autore nel 1648 del trattato “acutezza e arte dell’ingegno”. Già nel titolo appaiono due parole chiave, “acutezza” e “ingegno”. La prima è il procedimento stilistico che concettualizza i rapporti sottili e ambigui esistenti fra le cose; il secondo consiste nell’attività di un’intelligenza pronta, arguta e provocatoria che rende possibile tale concettualizzazione.
Già in Gracìan si incontrano due aspetti diversi e potenzialmente contraddittori: da un lato, la metafora pone in rapporto aspetti distinti e lontani delle cose attraverso l’analogia, vale a dire attraverso accostamenti che possono sembrare irrazionali e che comunque paiono dipendere dall’empiria sensoria; dall’altro, essi sono anche il prodotto cerebrale.
In Spagna e in Italia l’”ingegno” è visto soprattutto come produttore di concetti. Il concetto è il collegamento, con nessi impreveduti, di due elementi o immagini appartenenti a campi diversi o opposti, con conseguente di meraviglia e gusto del sorprendente. Di qui il concettismo che prevale soprattutto in poesia.
In Italia già Alessandro Tassoni, nelle Considerazioni sopra le Rime del Petrarca, aveva attaccato la tradizione aristotelica e classicistica e demolito il principio di imitazione e d’autorità, sostenendo la superiorità dei moderni rispetto agli antichi.

IL BAROCCO, L’ALLEGORIA E L’ARTE CONTEMPORANEA

Le ragioni dell’interesse novecentesco per il Barocco sono tre:
1) Una ragione gnoseologica, che ha a che fare, cioè, con il momento della conoscenza. Con la visione del mondo barocca viene meno la capacità di sintesi e di totalità.
2) Una ragione estetica e artistica: l’arte barocca e l’arte novecentesca sono anticlassiche. Dal precedente deriva infatti che l’arte classica viene rifiutata o ritenuta impossibile dai teorici del Barocco.
3) Una ragione formale, rappresentata da un ricorso all’allegoria. L’arte rinascimentale, soprattutto quella ispirata al neoplatonismo, è un’arte fondata sul simbolo, non sull’allegoria: nei particolari l’autore rinascimentale coglie l’universale, e cioè il significato della vita e l’armonia di ogni cosa.

LA POESIA LIRICA

Il periodo di più profonda rottura del canone classicistico e petrarchesco e di massima innovazione si registra nei primi trenta-trentacinque anni del Seicento. Il gusto barocco comincia ad attenuarsi in seguito agli effetti culturali e politici della condanna di Galileo, che segna il trionfo definitivo della Controriforma anche in campo letterario.
I primi trenta-quaranta anni del secolo vedono una grande fioritura del genere lirico, che é ancora considerato, insieme con quello epico o eroico, la chiave del successo di corte. Scrivere poesie è un atto di promozione e di affermazione sociale, che fa parte organica della competizione fra i gentiluomini e delle rivalità fra i letterati.
La fioritura del genere lirico riguarda ogni regione d’Italia, anche quelle dove nel Cinquecento esso era stato meno frequentato, come il Friuli, il Piemonte o la Puglia.
Il momento di piena affermazione del nuovo gusto coincide con la pubblicazione della raccolta di liriche la Lira di Giambattista Marino, nel 1614. ma la poetica barocca del concettismo comincia a diffondersi già alla fine del Cinquecento e all’inizio del Seicento.
I canzonieri , non raccontano più di una storia unitaria, una organica vicenda d’amore, ma vengono organizzati in modo tematico. Prevalgono il frammento, l’elemento casuale e disorganico il modello petrarchesco viene perciò rifiutato nel suo aspetto fondamentale: quello di rappresentare in una storia d’amore una vicenda esemplare. Sul piano metrico, inoltre , tendono a sparire la sestina e la ballata, si riduce l’importanza della canzone, si afferma con forza il madrigale. Le rivalità reciproche il bisogno di affermazione l’esigenza di colpire l’attenzione del pubblico portano a una costante ricerca del nuovo sia sul piano della rappresentazione grafica della scrittura e della pagina, sia su quello tematico.
Sul piano grafico si sviluppa la poesia figurata, cioè una tendenza a rappresentare tipograficamente nomi e oggetti attraverso i colori e soprattutto attraverso la disposizione dei versi e delle parole. Se l’acrostico pone in risalto il nome della persona a cui la poesia è dedicata, il calligramma riproduce visivamente gli oggetti.
Sul piano tematico, prevalgono il decentramento dei particolari, la dispersione anedottica o la tendenza alla narratività. Le poesie vengono dedicate a piccoli particolari del corpo femminile isolati dal resto, ad aspetti del vestiario, ad atti minuti della vita quotidiana. Ne deriva un drastico ridimensionamento dell’aspetto intimo, esistenziale, psicologico e sentimentale. La nuova poesia tende a essere ludica e cerebrale: un gioco di società dove domina la finezza dell’ingegno, non la profondità dello scavo interiore. Sotto l’esuberanza delle immagini e i giochi esibiti delle metafore si percepisce però, a mano a mano che si procede nel tempo, e soprattutto dopo il ’30, la presenza di temi funebri come il terrore per la morte e per la caducità della vita o il motivo del teschio e dello scheletro.

LA POETICA BAROCCA: LA MERAVIGLI E LA METAFORA

La poetica barocca vuole adeguarsi al pubblico e alle mode, adattandosi di volta in volta alle attese dei lettori, al bisogno di novità alla volubilità del gusto; vuole essenzialmente suscitare effetti di stupore e di meraviglia sul pubblico. Essa dunque non tende all’immobilità e alla fissità sottratta al flusso del tempo delle regole classiche; ma è del tutto temporale, del tutto dipendente dalla caducità e dalla varietà delle situazioni, dei tempi e dei luoghi. Insomma bisogna che il poeta sia in grado di provocare piacere nel lettore, e la strada per ottenere tale effetto viene visto nella meraviglia che possono produrre le metafore e i concetto. Mentre la metafora istituisce analogie fra campi diversi e lontani, solitamente considerati inconciliabili, il concetto spiega tali ardite connessioni attraverso una trovata arguta che da loro un senso. La capacità dell’arguzia deriva dall’ingegno: è dunque squisitamente intellettuale o, addirittura cerebrale. Il poeta barocco cerca di stimolare nel lettore un piacere eminentemente intellettuale: mira non a fargli sentire particolari sentimenti, ma a farlo pensare a cose nuove, a indurlo a collegamenti strani e bizzarri, provocandogli un piccolo shock, un sobbalzo di stupore o di meraviglia. Ebbene, se da un lato tale procedimento può peccare di artificiosità, dall’altro può contenere anche una particolare carica conoscitiva.

VITA E OPERE DI MARINO

Giambattista Marino fu il poeta italiano che ebbe maggior successo non solo nel nostro paese ma in Europa. Dotato di sfrenato narcisismo e di una straordinaria volontà di affermazione, sino all’esaltazione più sfacciata dei potenti che più potevano influire sulla sua carriera,non era privo tuttavia di uno spirito inquieto e insofferente che poteva indurlo all’insubordinazione, alla fuga e alla rivolta, come anche rischi dell’intrigo e dell’inganno.
Nato a Napoli nel 1569, la sua formazione letteraria è fortemente influenzata dal modello manierista di Torquato Tasso. Adolescente fu aiutato da Giambattista Manso, biografo di Tasso, e ospitato da nobili famiglie napoletane che lo accolsero nelle loro dimore dopo che era stato cacciato di casa dal padre, un giure consulto che invano aveva tentato di avviarlo agli studi giuridici e che disapprovava la sua vita scapestrata. Dopo tre anni a Ravenna, sempre al seguito del cardinale, nel 1608 passò a Torino, al servizio del duca Carlo Emanuele di Savoia per cui scrisse un poemetto, Ritratto del serenissimo don Carlo Emanuele di Savoia. Nel 1609 ricevette da Carlo Emanuele la nomina a cavaliere e si scontrò con il segretario del duca, il poeta genovese Gaspare Murtola, invidioso del suo successo a corte. I due si scambiarono versi satirici e violentemente polemici. Murtolo arrivò ad aggredirlo per strada sparandogli contro con una pistola. Nel 1614 riunì i suoi versi lirici sotto il titolo unitario La Lira. È l’opera che determinò il suo successo e la sua fama. Nello stesso anno pubblicò anche Dicerie sacre, esempio di oratoria religiosa. Dal 1615 al 1623 Marino fu a Parigi alla corte di Francia, chiamatovi da Maria dè Medici, vedova di Enrico IV. Quando Luigi XIII nel 1617 giunse al potere e l’influenza di Maria venne drasticamente ridimensionata, Marino conobbe un periodo difficile. Riuscì tuttavia a superarlo ingraziandosi il giovane sovrano. Nel 1616 pubblicò Epitalami, poesie per nozze; nel 1619 La Galleria liriche dedicate a opere o a oggetti d’arte; nel 1620 La Sampogna, idilli mitologici e pastorali. Nello stesso anno 1623 decise per ragioni di salute, di tornare in Italia, dove morì nel 1625. Uscirono il poema d’argomento religioso La strage degli innocenti scritto in gran parte durante il soggiorno parigino e varie raccolte di Lettere, che per vivacità, spiriti polemici e capacità di autoesaltazione possono ricordare un personaggio come Pietro Aretino. Alcuni fra i più significativi documenti della poetica dell’autore si incontrano nelle Lettere. Bisogna tuttavia ricordare anche una celebre terzina della Fischiata XXXIII, dove si sostiene che il fine principale del poeta consiste nella meraviglia che egli deve saper suscitare nel lettore. Per la poetica di Marino sono importanti oltre alle prefazioni delle opere, soprattutto due lettere, una, del 1624, al poeta Girolamo Preti, l’altra, di quattro anni prima, al poeta Claudio Achillini, premessa alla Sampogna.
Nella lettera a preti Marino si prende gioco dei pedanti, sostiene la necessità di rompere le regole e di adattarsi al gusto del tempo. L’unico criterio estetico che va rispettato è il successo e dunque è stabilito dal numero dei libri venduti. Si tratta di un critico assolutamente spregiudicato che può far pensare a quanto succede anche nella società contemporanea, in cui il mercato ha spesso un peso decisivo nell’imporre determinati valori letterari. La lettera ad Achillini è interessante soprattutto perché vi si professa un altro tipo di spregiudicatezza: quello di leggere con il gancio, traendo spunto, cioè , da ogni tipo di lettura, attingendo a piene mani da classici e moderni, accozzando e variando, senza timore di riprodurre testi altrui o di riprendere motivi da altri autori.
Al piacere e alla meraviglia del lettore tutto insomma viene subordinato. La letteratura de passato diventa un’enorme serbatoio a cui attingere in modo indiscriminato.

LAPOESIA LIRICA DI MARINO: LA LIRA

La Lira uscì nel 1614. Il titolo complessivo allude allo strumento a corde, assunto a simbolo della poesia e dunque a tutte le varie possibilità tecniche e tematiche che le sono proprie e che il poeta sarebbe stato capace di realizzare. La suddivisione del canzoniere è per generi e per temi.
L’attenzione non è più posta sulle vicende interiori, psicologiche, sentimentali del soggetto poetico, ma è tutta proiettata su dati esterni, su particolari oggettivi, su quadretti di vita comune. Prevale insomma un atteggiamento visivo: è il senso della vista che predomina. In altri casi l’interesse consiste nello svolgimento nuovo di topoi poetici, nel loro trattamento paradossale, nella loro combinazione inedita e stupefacente. Si tratta di una poesia improntata a freddezza cerebrale, in cui la partecipazione sentimentale è nulla. Proprio tale controllo razionale fornisce tuttavia all’autore un suo equilibrio. A veder bene, Marino resta lontano da astruserie eccessive: la tendenza paradossale della sua poesia non valica mai i confini della ragione. Di qui la sua fortuna nel Seicento: essere un grande innovatore e tuttavia compiere questa operazione di rinnovamento senza inutili estremismi e anzi saccheggiando il repertorio della tradizione lirica- giovò alla sua ricezione rendendolo ben accetto a settori diversi di pubblico. Questa moderazione si coglie anche nel linguaggio: Marino rifiuta la lingua poetica teorizzata da Bembo e introduce neologismi, parole desunte dal volgare, dai dialetti, dal latino ecc., ma amalgama tale impasto sulla base della lingua poetica di Tasso e di Guarini che costituiva allora la koine linguistica prevalente in campo poetico. I testi tolti dalla Lira che diamo qui di seguito documentano la tendenza alla frantumazione dei particolari e della bellezza femminile; la stessa idealizzazione della figura femminile ne esce fortemente ridimensionata: l’omaggio galante isola quadretti domestici e persino umili. Non manca l’esaltazione di una bella schiava di colore: mentre i poeti petrarchisti lodano il candore luminoso della pelle, Marino svolge un elogio paradossale al suo colore bruno e tenebroso.

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