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Categoria: | Letteratura |
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Data: | 10.10.2001 |
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Testo
I PERSONAGGI
I tanti personaggi utilizzati da Manzoni ne “I PROMESSI SPOSI” vengono messi ad uno ad uno in gioco con una contrapposizione tra loro: umili contro potenti.
Gli umili personaggi del romanzo sono Renzo e Lucia, i quali si preparano tranquilli per il giorno delle loro nozze, ignari di quello che sta macinando il crudele Don Rodrigo, intento a rapire la povera Lucia della quale egli si era “infatuato”.
La stessa antitesi si nota anche nel lato ecclesiastico, nel quale si trovano Gertrude e il Cardinale Borromeo (nobili) , Don Abbondio e Fra Cristoforo (umili), personaggi che hanno alta rilevanza nel susseguirsi degli eventi.
GERTRUDE
Ultima figlia di una nobile famiglia di Monza che, a causa di ciò, dovette per “costrizione” prendere i voti. Nel convento di Monza (dove venne educata alla vita monastica) ella continuò a vivere ed essere trattata da principessa con tante piccole distinzioni e privilegi al punto tale da non essere più una semplice monaca ma “la Signora”. Fu al suo cospetto che s’inginocchiarono Angese e Lucia per chiederle un aiuto nella risoluzione del guaio causato da Don Rodrigo oltre alla tranquilla ospitalità nel convento, nel quale le due donne avrebbero dovuto essere al sicuro.
Nessuno mai avrebbe potuto pensare a ciò che faceva la Signora, la quale esercitava (con quella bellezza delicata e sfiorita) un certo fascino sulla mente, sulla fantasia e nei sensi del giovane Egidio preso a tal punto da cadere nella sottile tela che Gertrude aveva preparato: essere complice con la stessa del delitto di una consorella venuta a sapere della loro relazione.
Gertrude non riuscendo più a liberarsi del giardiniere decise di assecondarlo facendo uscire (con un pretesto) Lucia dal convento in modo che potesse essere rapita dai Bravi.
DON ABBONDIO
Don Abbondio è il vecchio curato che avrebbe dovuto portare a compimento la felicità dei due promessi. Questo personaggio è di indole tranquilla, abitudinario, che non vuole fastidi, egoista quel poco che gli permette di rimanere fedele alle sue abitudini. Don Abbondio ha fatto di questo modo di vivere un vero e proprio sistema, alla base del quale vi è un istinto ben radicato nel suo essere: LA PAURA. Il suo appartenere a un ceto ecclesiastico gli garantiva oltre che ai benefici una certa sicurezza, cosa di cui aveva molto bisogno. Si umiliava per ragioni meschine, quali il tornaconto personale a danno dei due giovani.
PERPETUA
Perpetua, la donna di servizio del parroco, aveva all’incirca 40 anni ed era celibe per aver rifiutato tutti i partiti a lei offerti.
Oltre ad una semplice donna di casa, era anche rifugio e appoggio per il curato (perché sapeva ubbidire e comandare).
Fra i due vi era molta confidenza e Perpetua era molto intraprendente e ben decisa a far parlare il curato che era trattenuto soltanto dalla sua grande paura.
Perpetua non era così riservata come voleva far credere e aveva perfettamente compreso il carattere ed il sistema di vita del suo “padrone”, ella cercava di fargli capire che un atteggiamento più deciso e meno pauroso gli avrebbe risparmiato molti guai.
RENZO
Lorenzo Tramaglino è uno dei protagonisti di questa sventurata avventura, essendo il promesso di Lucia. E’ di carattere allegro e molto gioviale, è un onesto lavoratore (filatore di seta)ed appartiene ad un ceto sociale umile come la sua sposa e la maggior parte dei personaggi di questa vicenda. Si trova a sfidare Don Abbondio ed il suo “latinorum” proprio il giorno in cui avrebbe dovuto fissare la data delle sue nozze, inconscio dell’incontro tra il curato ed i Bravi di Don Rodrigo.
Il giovane non può soffrire penna, carta e calamaio, non si fida degli avvocati e dei poeti, dei signori diffida; ama però le rivoluzioni (come si può notare in uno dei capitoli del romanzo)ed è il tipo che vuol sempre dir la sua (cacciandosi a volte nei guai).
Il carattere di questo personaggio si nota soprattutto quando si trova a colloquio con don Abbondio o l’Azzeccagarbugli, i quali entrambi non fanno altro che parlare in latino, oppure quando si trova nel pieno dell’assalto ai forni del pane a Milano, dove s’inimica con i gendarmi a causa di certe sue affermazioni fatte in una locanda ed in stato non del tutto sobrio, quando invece avrebbe dovuto essere in chiesa ad attendere un frate cappuccino, amico di Fra Cristoforo, che gli avrebbe donato ospitalità.
CARDINALE FEDERIGO BORROMEO
L meditazione delicata sullo spirito degli uomini, la vita lontana dalle pomposità e continuamente fissa sul nostro mondo interiore, l’esperienza di tutte le debolezze e le infelicità umane che egli ha cercato instancabilmente di correggere e di lenire, hanno dato al Cardinale una singolare capacità di comprendere ogni passione, ogni condizione, ogni miseria. I suoi convincimenti e la sua forza di persuasione, trasfusi in ogni atto e in ogni parola, s’irradiano dal portamento stesso e dallo sguardo. Il Cardinale è il personaggio de “I PROMESSI SPOSI” in cui si vede meglio la serenità imperturbabile a cui conduce uno svolgimento della sua attività evangelica nella vita; la mente e il cuore sono così armonizzati che in ogni sua azione non c’è quasi mai un incertezza o una debolezza, è molto eloquente e meditativo, ed è anche grazie a questo suo carattere che riesce a riportare la fede nel duro cuore dell’Innominato.
LUCIA
Lucia è una ragazza piena di buonsenso, molto legata alla madre e a Dio, modesta ma con il sorriso sempre sulle labbra. I neri capelli, spartiti sopra la fronte, con una bianca e sottile riga, si riavvolgevano sul capo, con molte trecce trapassate da lunghi spilli d’argento che formavano a raggi un’aureola come usanza delle contadine milanesi del tempo. Solo in questa descrizione si può già capire quale fosse l’animo di Lucia. Essa era sulla dritta via per dono di nascita, i principi della virtù erano spontanei nel suo animo, le sue doti caratteristiche erano l’innocenza e il lavoro. Nonostante tutte le sventure e le sofferenze non si ribellava, ma si rassegnava ricorrendo con umiltà alla Provvidenza. Tutto il mondo de “I PROMESSI SPOSI” gira intorno alla sua innocenza: Lucia è il cardine del romanzo.
FRA CRISTOFORO
L’antica natura di fra Cristoforo: altera ed orgogliosa, si scontra in continuazione col nuovo stato che esige, come modello di vita l’umiltà. Il suo atteggiamento è autenticamente cristiano. La sua vita di frate cominciò nel momento in cui, salvatosi dalla ferita mortale provocatagli in un duello in cui lui uccise un nobilotto locale, si pentì amaramente andando umilmente a chiedere perdono alla famiglia del giovane defunto. Egli non si limita a dar consigli e a suggerire pazienza, ma spende tutto il suo operato perché la giustizia trionfi. Gode di tanta stima presso il popolo. Prudente, ma questa gran virtù cristiana non gli vieta di affrontare Don Rodrigo con un linguaggio di verità e di giustizia. Non esita a rifugiare i fuggiaschi in convento, andando contro le regole interne. Solo gli umili e i perseguitati ne comprendono la bontà eroica: i mendicanti, il barcaiolo e lo stesso Renzo che nel romanzo gli disse: “Lei non è di quelli che dan torto ai poveri” cap. V
DON RODRIGO
Di natura violenta e ignorante, guastata ancora di più dalla sua “falsa” educazione e dalle malabitudini della sua posizione sociale, tutto ciò perché egli è un nobilotto degenere di villaggio, antico feudatario che vuole solo per lui uomini e cose. Cerca di far valere il suo “diritto” con la forza e con l’aiuto di alcuni servi (Bravi). Tuttavia c’è un po’ di borghesia intorno a lui: podestà, console, notaio e avvocato; ciò favorisce la sua cattiveria congiungendo anche l’intrigo e la corruzione. La sua vita non ha scopo, è ozioso. Il suo falso onore lo rende ostinato fino al delitto. Andando avanti nella lettura del romanzo si può notare che, Don Rodrigo, non è il peggiore dei suoi pari, c’è nel fondo del suo cuore qualche buon sentimento, che lo rende pensoso davanti alle parole di fra Cristoforo. C’è un mondo superiore le cui leggi non si violano senza essere puniti e la penitenza di Don Rodrigo è piena di terrore e di compassione, il sentimento umano che si sviluppa è il medesimo che fra Cristoforo e Renzo provano davanti alla sua agonia nel Lazzaretto.
L’INNOMINATO
Uomo grande, dalla rugosa faccia , che a prima vista gli si darebbe più di 60 anni, ma il contegno, le mosse, la durezza dei lineamenti e il lampeggiare sinistro, ma vivo degli occhi, indicano una forza di corpo e d’animo. Vive in una rocca impenetrabile “come un aquila nel suo nido” cap. XX, circondato da alcuni servi che ubbidiscono senza parlare e si muovono solo ad un suo cenno. Il suo ambiente materiale è umano, nato da lui e che scomparirebbe con lui, sembra partecipare alla rivolta della sua anima (dopo l’incontro con Lucia). Le parole di supplica di Lucia battono ogni momento nella sua mente, facendogli a volte dimenticare il tipo di persona che lui è nella realtà. Lui, il grande, avvolto nell’ombra di una potenza misteriosa (Lucia) che in un certo modo lo perseguita; è una situazione agghiacciante, il tempo gli si affaccia davanti…vuoto, si agitano dentro di lui fantasmi che dominano l’anima più oscura, eppure siamo in quegli abissi dell’anima, dove penetra sovrana la musica e non vi sono immagini definite. Questa è una delle maggiori bellezze della conversione dell’Innominato, la musica della disperazione in quell’anima che si trasforma.
AGNESE
Vecchia e saggia madre di Lucia, cerca di aiutare in tutti i modi da lei conosciuti i due promessi. E’ lei che manda, invano, Renzo dall’Azzeccagarbugli con due capponi, senza sapere però che l’avvocato era “stipendiato” da Don Rodrigo. Il buon, senso dettato dall’esperienza, che non evita di utilizzare qualche sotterfugio quando necessario, pur di arrivare ad una soluzione veloce dei problemi. La figura di Agnese si trova, nel romanzo, molto spesso, in ogni vicenda triste o felice s’intravede l’occhio astuto di quest’angelo custode pronto a trovare la soluzione facile e veloce a tutti i problemi.