Considerazioni sui promessi sposi

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

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Testo

I rapporti fra i personaggi si uniformano a quello che è lo schema consolidato nel romanzo storico e nel romanzo d'avventura: accanto all'eroe (Renzo) compare l'antagonista (don Rodrigo) e l'oggetto del desiderio (Lucia) che li contrappone. Ecco, poi, una folta schiera di sostenitori, dell'una o dell'altra parte, i "buoni" e i "cattivi". Tuttavia, il discorso si complica perché la notevole capacità di penetrazione psicologica del Manzoni impedisce ai personaggi di assumere connotazioni nette, definite, unilaterali: nessuno (salvo, forse, don Rodrigo e il suo luogotenente, il bravo Griso) è "completamente cattivo. Analogamente la condotta d’eroi positivi come Renzo non va immune da errori e da ambiguità, mentre nel passato di un campione della carità e del perdono come padre Cristoforo campeggia... un omicidio. E la monaca di Monza? Comincia schierandosi a difesa della sicurezza di Lucia e poi, per cause di forza maggiore, si fa complice del suo rapimento! Quanto a don Abbondio, nonostante i suoi sforzi d’essere neutrale, di fatto sostiene gli squallidi propositi di don Rodrigo.Potremmo comunque raggruppare i personaggi secondo le schema vittima-oppressore.le azioni sono collegate secondo la logica che regge tutto l'intreccio dei Promessi Sposi: Renzo e Lucia sono le vittime, mentre Don Rodrigo l'oppressore. I suoi "alleati" (innominato, cugino Attilio, conte zio) con i bravi e tutti i "parassiti" (Azzecca-garbugli, podestà di Lecco) che siedono alla sua tavola, sono gli aiutanti dell'oppressore. Invece figure come padre Cristoforo,Agnese e persino l'energica Perpetua, governante di don Abbondio, o gli amici al paese, come Tonio e il fratello "tocco" Gervaso, possono annoverarsi fra gli aiutanti delle vittime. Renzo e Lucia, infine, hanno anche dalla loro alcuni personaggi che li ospitano, danno protezione, lavoro, sicurezza, come il cugino Bortolo che abita a Bergamo . I personaggi, poi, possono essere ulteriormente suddivisi in due categorie: statici e dinamici, da intendere non solo nel senso che nel corso della storia non mutano e restano fedeli a se stessi nel corso del tempo, ma anche della staticità o dinamicità rispetto allo spazio, se cioè restano fermi in un determinato luogo o sono portati dalle vicende a decidere autonomamente di spostarsi (in questo senso Lucia è statica perché "viene spostata" contro la sua volontà e diviene dinamica solo alla fine quando decide insieme al marito di abbandonare il paesello per andare a Bergamo, ma anche qui con una buona dose di staticità, perché in fondo segue il marito). Sono personaggi statici‚ (o piatti) quelli che non modificano la propria personalità nel corso della narrazione, come don Abbondio, definito "eroe della paura. Egli, infatti, proprio perché si comporta in una maniera diversa da come si dovrebbe comportare un normale parroco, non solamente diverte il lettore, che sorride alle sue eccessive paure, alla sua pavidità di coniglio, al suo egocentrismo, alle sue ansie per la propria tranquillità, alle meschinità messe in atto per non compiere scomodi doveri, ma anche riflette sulle proprie piccinerie: in fondo don Abbondio è il personaggio nel quale meglio si riflettono i difetti degli uomini e, soprattutto, le paure e gli egoismi dei mediocri.Lucia è un altro personaggio che rimane fedele a se stessa. Il Manzoni ne fa, riguardo a talune vicende, una specie di strumento della Provvidenza Divina. Lucia, con la sua umiltà, sembra veicolo della luce della Grazia Divina, ma non tutti i personaggi sanno accoglierla. Anche la monaca di Monza, infatti, si affeziona alla ragazza e si consola al pensiero di poterle fare del bene, lei che conduce, benché religiosa, un'esistenza colpevole. Tuttavia non ha il coraggio di andare fino in fondo nel suo sforzo di rinnovamento e, a differenza dell'innominato, non riesce a far tesoro del buon influsso che emana la presenza della fanciulla. Anche don Rodrigo è un personaggio statico: lo troviamo sempre nel suo palazzotto, dal quale dirige le operazioni per far capitolare Lucia; a un certo punto, vista la sua impotenza, è costretto a spostarsi nel castellaccio dell'innominato per chiedere aiuto, e alla fine viene letteralmente trascinato al lazzaretto, dove finisce la sua miserabile esistenza: in questo senso lo possiamo definire come il simbolo dell'eterna staticità del male nella sua essenza. Ai personaggi statici (o piatti), si contrappongono i personaggi a tutto tondo‚ (o dinamici), ossia quelli che si evolvono e cambiano nel corso della narrazione, come l'innominato oppure Renzo. Renzo è dinamico anche perché le circostanze lo portano a percorrere, a piedi, chilometri e chilometri. Attraverso la sua persona, l'azione narrativa stessa acquista dinamismo e si sposta da un luogo all'altro del Milanese: è legittimo definire una vera odissea, quella del giovane che, convinto di lasciare il paesino per trovare ospitalità a Milano per qualche tempo, si trova al centro di fatti più grandi di lui. Inseguito dagli sbirri, che lo credono una spia responsabile dei tumulti, fugge in direzione di Bergamo. Non è un percorso facile, il suo! Ricercato dalla polizia, deve "dribblare" astutamente la curiosità di osti e avventori nelle taverne dove si ferma a riposare, deve trovare un riparo per la notte e guadare l'Adda.Quanto camminare! Ma non è soltanto un espediente per dare movimento all'azione. I viaggi di Renzo hanno un significato più profondo, perché questo personaggio è davvero una guida‚ per il lettore. In sua compagnia subisce l'ingiustizia di don Rodrigo e del dottor Azzecca-garbugli, si cala nei tumulti di Milano e vi partecipa come testimone oculare.Un'ultima osservazione circa i personaggi storici. Sono figure fortemente suggestive: l'innominato è modulato sull'immagine di Bernardino Visconti, feudatario di Ghiara d'Adda, di cui parlano le cronache milanesi del Seicento. Si sa che, per merito di Federigo Borromeo, cambiò vita e, dopo aver congedato i suoi bravi, visse onestamente gli ultimi anni della sua esistenza. La monaca di Monza era Marianna De Leyva, figlia di don Martino, costretta alla monacazione con il nome di suor Virginia. Ciò che di loro tramandano le cronache viene illuminato poeticamente e viene messo in luce quanto la storia non può dire: le segrete speranze, i timori, le pressioni psicologiche, il disagio esistenziale, il bisogno di amore, di bontà, di chiarezza nella vita, di dialogo aperto con i propri simili, lo sforzo di non lasciarsi sopraffare dalla prepotenza altrui. Anche il gran cancelliere Antonio Ferrer, protagonista di una delle più vivaci sequenze durante i tumulti di Milano, viene presentato con le sue caratteristiche storiche ma anche nelle sue connotazioni psicologiche. Operando con la fantasia l'autore immagina il suo atteggiamento umile e cortese di fronte alla folla in rivolta e gli pone in bocca frasi in due lingue: in spagnolo dice ciò che pensa veramente, in italiano pronuncia frasi di circostanza per ammansire i Milanesi inferociti: «è vero, è un birbante, uno scellerato» dice alla gente, ma subito, chinato sul vicario di provvisione che sta portando in salvo, mormora in spagnolo: «Perdone, usted». un particolare curioso: il protagonista del romanzo è tutto il secolo, il Seicento‚ illustrato nel suo carattere di epoca piena di contraddizione, dove i nobili ostentano sfarzo, ma anche sudiciume, dove i sentimenti più umani e profondi cedono all'orgoglio, dove possono avvenire le più incredibili prevaricazioni, nonostante le leggi parlino chiaro, dove un giovane onesto che vuole difendere un suo diritto, viene cacciato dall'avvocato abituato a difendere soltanto malfattori. Il Seicento viene "illustrato" attraverso alcune descrizioni che hanno il fascino delle stampe d'epoca. Manzoni è maestro nel ritrarre le scene di duello per le strade, i banchetti e le conversazioni, i discorsi dove non si dice ma si sottintende un accordo che, per allusioni, viene siglato. È un invito agli intellettuali del primo Ottocento a riflettere sulla necessità di un ricambio di classe al potere: la borghesia sembra la più idonea a superare la crisi, a promuovere una nuova realtà, nella quale i diritti civili siano rispettati e le energie popolari possano proficuamente esplicarsi, senza soprusi, violenze, privilegi mortificanti,- Il paesaggioL'uso del paesaggio nei Promessi Sposi è un elemento tecnico molto importante che porta alla soluzione di un problema fondamentale: come far capire al lettore in profondità l'anima dei personaggi dando nel contempo una collocazione spaziale in campo aperto alla vicenda (il campo aperto si contrappone al campo chiuso rappresentato da una casa o addirittura una stanza), ed è descritto sempre con molta sobrietà. Rappresenta spesso il commento alle vicende e lo specchio dello stato d'animo dei personaggi. La celebre descrizione di Quel ramo del lago di Como offre al lettore le coordinate spaziali della vicenda e la inquadra in un alone di poesia. I segni della carestia, che ha aggredito anche gli abitanti delle campagne, sono evidenziati all'inizio del capitolo IV con la rappresentazione dei contadini che seminano con parsimonia e preoccupazione, con la ragazzetta che conduce una mucca magra e le sottrae erbe commestibili, da portare alla famiglia.
L'Addio ai monti, a conclusione del capitolo VIII sottolinea la struggente nostalgia di Lucia che si allontana da luoghi cari, prendendone congedo con strazio, mentre il cielo luminoso, che accoglie Renzo dopo aver guadato l'Adda all'alba e aver conquistato la libertà (cap. XVII), sembra la promessa di un futuro sereno. La valle cupa e le montagne brulle su cui incombe il castello dell'innominato sono un'introduzione alla comprensione della sua violenza, mentre il cielo che lo sovrasta pare fungere da interlocutore, quasi da coscienza per il tiranno (cap. XX). E quando egli, dopo la notte drammatica in cui le parole di Lucia gli hanno suggerito una possibile soluzione al disagio della sua vita, si affaccia alla finestra, vede la valle chiara allietata dallo scampanio e il cielo grigiastro percorso da nuvole leggere: paiono simboleggiare il suo passato che si va sfaldando, per lasciar spazio alla luce della Provvidenza Divina (cap. XX). Molte sono le indicazioni di paesaggio che sembrano configurare aspetti della vita degli uomini.Lo notiamo nelle scene di villaggio, nella descrizione dell'interno delle case, in quel «brulichio» che riempie le strade al crepuscolo e dà la misura della vita, la sera in cui Renzo organizza il matrimonio a sorpresa (cap. VII). Anche il palazzotto di don Rodrigo, cui si arriva per una stradetta che attraversa il villaggio dei bravi, pare visualizzare il male come frutto di mediocrità, egoismo, opacità intellettuale, piattezza morale e staticità spirituale. A guardia della massiccia costruzione stanno due bravi e due carcasse di corvi, mentre le finestre sbarrate, l'urlo dei mastini all'interno e il vociare dei convitati al banchetto del padrone non sono meno volgari dell'aspetto degli abitanti del villaggio: «... omacci tarchiati e arcigni... vecchi che, perdute le zanne, parevan sempre pronti... a digrignar le gengive; donne con certe facce maschie, e con certe braccia nerborute...» (cap. V). Non è propriamente una descrizione di paesaggio, ma rimanda a un ambiente con una precisa connotazione spirituale e, dunque, è coerente col modo in cui il Manzoni intende il paesaggio, come riflesso e elemento per capire le alterne vicende umane.- Le tematiche della visione religiosa della vita Numerose sono le tematiche del romanzo: spicca,in primo piano, il tema del rapporto fra libertà e condizionamento, in cui si innestano i motivi dell'amore, della prevaricazione, della paura, che concorrono a sviluppare quello unificante del matrimonio mancato. La libertà è il valore su cui si incardina la morale cristiana, ma viene cancellata da disvalori, primo fra tutti il conformismo (come quello di don Abbondio e di Gertrude, per i quali si parla giustamente di "cadute senza riscatto").Importante è anche il tema del contrasto fra ideale e reale, ossia fra come dovrebbe essere la società e come, invece, di fatto è. Ecco, allora, comparire i motivi del privilegio che tocca solo a una piccola categoria di persone, dell'ingiustizia che colpisce tutti coloro che patiscono l'oppressione dei privilegi altrui, della violenza nell'ambito sociale, politico e anche familiare, della mancanza di moralità che nasce dal mancato rispetto delle più elementari norme evangeliche. A questo punto il pessimismo di Manzoni, insieme a un certo senso latente e sommesso di condanna si allenta nel tono bonario dell'ironia, soprattutto nei punti in cui smaschera le piccole astuzie degli umili (che non sortiscono effetto, come il matrimonio a sorpresa) oppure si colora di amarezza quando denuncia le ipocrisie dei politici come il conte zio o Ferrer e diviene denuncia aspra quando constata come anche i valori più sacri, quali la paternità, siano inquinati dall'orgoglio, che porta alla menzogna, alla coercizione (si pensi al padre di Gertrude), allo stravolgimento dei valori della famiglia e della società. Il tema più significativo, però, quello su cui poggia il messaggio manzoniano, si riferisce alla visione religiosa della vita, ossia l'opera della Provvidenza di Dio nella storia e nelle umane vicende. Il pessimismo manzoniano emerge nella constatazione della presenza del male, dell'irrazionalità dell'agire umano, della forza dirompente degli egoismi in contrasto. Pure la Grazia di Dio non abbandona gli uomini che lo cercano e confidano in Lui. Per chi ha fede nella Provvidenza il succedersi dei fatti acquista un senso, una logica. Naturalmente Dio non è colui che punisce i malvagi e premia i buoni, come un giustiziere. Il Suo giudizio e la Sua opera riescono per la maggior parte delle volte insondabili agli uomini che devono accettare i fatti con umiltà e fiducia. Allora, insieme, gli sposi giungono alla conclusione che, di fronte alle tribolazioni, bisogna confidare in Dio e sperare che le sofferenze migliorino la vita.Il tema religioso, insieme con la scelta di porre gli umili ,a protagonisti della storia, rappresenta sicuramente l'elemento di grande novità del romanzo. Non solo balzano alla ribalta due contadini, ma anche le figure importanti ,sono valutati sulla base della posizione che assumono nei confronti di quelli. Infine flagelli e pubbliche calamità ,assumono rilievo perché creano il contesto in cui si pongono le avventure dei protagonisti. È una scelta rivoluzionaria e un coraggioso rovesciamento di valori letterari, che il Manzoni attua, convinto e sorretto dal messaggio evangelico. Questo, d'altra parte, appare diluito tra le pagine come il tessuto connettivo della narrazione; affiora spesso ma con discrezione e a volte si incarna in personaggi "minori" di notevole interesse. Valga, tra tutti, quella modesta ma splendida figura che è il servitore di don Rodrigo: compare nel V capitolo ad accogliere padre Cristoforo in visita al palazzotto di don Rodrigo. L'aiuto che egli dà al frate è fondamentale anche per lo svolgimento della storia, perché lo informa del progetto di rapire Lucia, in seguito al quale il cappuccino organizza la fuga dei giovani dal paese e innesca il meccanismo che dà luogo alle vicende della seconda sezione. Non a caso padre Cristoforo lo definisce «un filo» della Provvidenza.

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