Analisi dei temi del Don Giovanni di Moliere

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Testo

Giulio Bernardi
3/1/01 – Latino – Analisi dei temi del “Don Giovanni” di Moliere
1 – Lo status sociale
Don Giovanni è sicuramente un personaggio di elevato livello sociale, come possiamo facilmente capire dal gran numero di “indizi” indiretti che a ciò fanno riferimento. Primo fra tutti, sicuramente, il fatto che egli abbia con se un servo che permette anche, fin dalle prime scene, un confronto diretto relativamente al modo di parlare ed esprimersi, che ci mostra un protagonista colto e dal linguaggio elegante. Ancora più evidente è, però, questo fatto, quando per la prima volta compaiono personaggi di bassa estrazione sociale quali Pierino e Carlotta (lo stesso Don Giovanni afferma che si tratta di contadini), nella scena I dell’Atto II, che parlano con un tono più volgare, con frasi sconfusionate, e ponendo continuamente intercalari che rendono perfino comici i loro dialoghi.
Proprio nella scena suddetta troviamo, inoltre, una descrizione delle sfarzose vesti di Don Giovanni, fatta da parte di Pierino alla promessa sposa: “…Veder le storie e l’armamentario che si ficcano addosso questi signorini della Corte! Io, sicuro, mi ci perderei dentro, e me ne stavo lì a bocca aperta a veder tutta ‘sta roba…”, “… e son messi in un modo che io, a andare in giro vestito così, mi romperei l’osso del collo.”.
Insomma, Don Giovanni è un nobile, ma il suo comportamento conferma la sua estrazione sociale solo raramente, quando ne ha la necessità per conquistare una donna o ottenere altro tipo di vantaggi, o quando si trova di fronte a uomini che, almeno in parte, rispetta (ne è un esempio Don Carlo). Di ciò si lamentano molti personaggi ma, in particolare, risalta fra questi la figura di Don Luigi, sia perché padre del protagonista, sia perché l’unico che, nel tentativo di convincerlo a cambiar stile di vita si appigli anche alla speranza di cogliere in lui un qualche attaccamento ai suoi antenati e al titolo che a questi deve: “… Credete che basti portarne il nome e le insegne, e che sia motivo di gloria essere nati di nobile sangue, quando si vive da infami?” (scena IV, Atto IV). Ma Don Giovanni non bada neanche a queste parole poiché, come spesso ripete, non è assolutamente disposto a rinunciare allo stile di vita che ha scelto per se. Il titolo nobiliare che porta non può essere assecondato in alcun modo in quanto se lo facesse, perderebbe lo strumento per realizzare i suoi desideri.
Risultano interessanti sotto questo aspetto anche i rapporti con altri due personaggi che compaiono solo una volta ciascuno in due diverse scene: il signor Domenica e il mendicante. Il primo, creditore di Don Giovanni, così come le contadine, cade vittima dei suoi modi di fare e del suo linguaggio suadente senza riuscire neppure a dire ciò che avrebbe dovuto e allontanandosi “con la coda tra le gambe”. Il secondo, pur essendo, invece, personaggio di rango sociale più basso tra tutti quelli che compaiono nell’opera, si oppone, forte della sua fede in Dio, al volere del nobile. Così, quando gli viene offerto del denaro se avesse bestemmiato egli si rifiuta e in nessun modo viene convinto a cedere ma, anzi, alla fine viene premiato in ogni caso. Questi due personaggi, entrambi entrati in contatto con Don Giovanni per questioni monetarie risultano così quasi opposti e, come detto, solo quello dei due che dimostra la sua ferma forza di volontà esce vincitore, mentre l’altro appare ridicolo e diviene fonte di comicità fin dal suo arrivo in scena.
2 – Rapporto con la nobiltà (onore, duello)
Questo tema compare per la prima volta nella scena III dell’Atto III. Qui, infatti, vediamo Don Giovanni dialogare con Don Carlo, fratello di Elvira in cerca di vendetta per l’affronto subito all’onore della sua famiglia dall’ignobile seduttore della sorella. Proprio questo personaggio dà la sua visione della vita del nobile, sempre legata alla difesa dell’onore, che non è messo in pericolo solo dal proprio comportamento, ma anche da quello degli estranei. Così, per salvaguardarlo, il galantuomo, deve mettere in gioco la sua vita, in quanto, quand’anche uccidesse il suo avversario ottenendo la ricercata vendetta, per la legge, verrebbe anch’egli punito con la morte (…”Poiché ci troviamo costretti mio fratello ed io…”, “…ingiurie per le quali un galantuomo dev’esser pronto a morire.”). Questa stessa visione è completata in seguito da Don Alonso, fratello di Don Carlo: “… l’onore è infinitamente più prezioso della vita, nulla si deve in realtà a chi ci ha salvato la vita ma ci ha tolto l’onore” (scena IV, Atto III).
La posizione di Don Giovanni rispetto a questo genere di nobiltà rimane, in un certo senso, piuttosto dubbia in quanto il suo comportamento così come nei confronti del Cielo, presenta alcune evidenti contraddizioni. Lo vediamo, difatti, correre in aiuto di Don Carlo, come egli ammetterà in seguito, non per il semplice desiderio di aiutare chi si trovava in difficoltà sotto l’aggressione di furfanti, ma per salvaguardare il suo personale onore, dato che “il non opporsi sarebbe stato come prendervi parte”. Sempre nella stessa scena (ancora la III dell’Atto III), però, lo ritroviamo a mascherare la sua reale identità di fronte al pericolo di un duello, così come egli, nuovamente mentendo a Don Carlo, affermerà in seguito di voler dedicare la propria vita a Dio e di non potere per questo, né duellare, né sposare alcuna donna: “Ahimè, vorrei davvero anch’io, di tutto cuore, potervi dare la soddisfazione che chiedete! Ma Iddio vi si oppone; egli mi ha ispirato all’anima il fermo proposito di mutar vita,…” (scena III, Atto V).
Anche Don Luigi, come già detto, fa riferimento all’onore nella speranza di convincere il figlio a cambiar vita, poiché è convinto che egli col suo comportamento e il suo stile di vita disonori il suo nome e i suoi antenati che, ritiene, andrebbero imitati nelle gesta e nella gloria. Don Giovanni, pur non accettando ciò che gli viene detto, si rende probabilmente conto dell’importanza che gli uomini danno alla nobiltà e, confermando il suo forte materialismo, decide di mostrarsi, almeno in finzione, così come gli altri vorrebbero che fosse. In appoggio a questa sua idea, afferma che molti sono gli uomini che da sempre fanno altrettanto, e che tutti li vedono come figure positive poiché l’ipocrisia è la più diffusa delle “mode”. In particolare, il dito viene puntato contro coloro che hanno abbracciato la religione, non per reale ispirazione, ma per ottenere i vantaggi, tra cui, essenziale, la protezione politica e sociale, che la classe clericale assicura.
Don Giovanni mantiene comunque, già nelle scene precedenti a quella sopredetta, un atteggiamento gentile e disponibile, in apparenza, di fronte a tutti gli altri personaggi, tranne Sganarello, cui rivela spesso i suoi reali pensieri. Ciò non gli impedisce di apprezzare chi, secondo lui, si comporta nobilmente e, infatti, afferma, riferendosi ancora a Don Carlo: “Direi che è un gentiluomo; si è comportato bene, e mi dispiace aver questione con lui” (scena V, Atto III).
Da queste osservazioni possiamo concludere che il “Don Juan”, oscilla continuamente, rispetto a questo tema della nobiltà e dell’onore, a volte mostrando un atteggiamento degno della classe a cui appartiene ma, ben più spesso, rivelandosi meschino e sleale.
Di sicuro, contrariamente ai fratelli di Elvira, che affermano l’onore sopra la vita stessa, Don Giovanni, lo pone sotto e, sopra a tutto, vede invece la coerenza ad uno stile di vita per lui irrinunciabile.
3 – Rapporto padre-figlio
Nelle analisi precedenti abbiamo già visto che il padre di Don Giovanni, Don Luigi, fa parte dei personaggi che, disperatamente, tentano di cambiare il carattere del protagonista con la forza delle parole. Nell’opera tale personaggio compare solo due volte: la prima, nella scena IV dell’Atto IV, infuriato e totalmente privo di speranza per la riconversione del figlio; la seconda, nella scena I dell’atto V, addolcito e ingenuamente convinto della sincerità di ciò che gli viene detto. Queste due opposte situazioni sono divise dalla decisione, decisiva nell’avvicinare il protagonista alla fine che lo aspetta, di seguire la via dell’ipocrisia per eliminare le continue proteste da parte di chi lo circonda.
Nella sua prima apparizione, Don Luigi, afferma di non essere in grado di accettare un figlio dai comportamenti così privi di rispetto per l’onore e per Dio, e sfoga tutta la sua rabbia arrivando a sostenere che il suo amore di padre è ormai finito e che, perciò, è deciso ad abbandonare a se ed alle sue scelte Don Giovanni. Questo padre risulta, così, incapace di far valere la sua autorità su un figlio, d'altronde, irrispettoso nei suoi confronti e ben deciso a trattarlo così come ha fatto con tutti coloro che, allo stesso modo o con altri mezzi, hanno tentato di convincerlo a cambiare. Il desiderio di libertà di Don Giovanni, in effetti, è talmente forte da indurlo facilmente all’odio, evidente nella frase detta al momento in cui il padre sta per allontanarsi: “Morite presto, che la cosa che mi fa imbestialire è il vedere dei padri che vivono quanto i loro figli.”. In questa frase rabbiosa, inoltre, possiamo vedere anche l’espressione di una marcata insofferenza nei confronti di un sistema sociale che rende i figli schiavi e subordinati al padre.
Don Luigi, già in questa scena, provoca quasi un senso di pietà, ancor più accentuato nella sua seconda comparsa quando si dimostra così disposto a ristabilire il suo amore per il figlio e così felice per la sua decisione, senza sospettare neppure lontanamente di essere di fronte ad un inganno. Il rapporto padre-figlio vede, perciò, una netta superiorità del secondo nei confronti del primo che altro non riesce a fare se non inutili preghiere e altrettanto inutili prediche sull’onore e sulla religione che non possono assolutamente scalfire le idee di chi non crede in questi valori, ma che convincono Don Giovanni a trovare una soluzione, seppur conforme allo stile di vita adottato fino a quel momento. In un certo senso possiamo dire che il protagonista trova Don Luigi più insopportabile degli altri “predicatori” che lo tormentano (“Ah sono a posto! Ci mancava soltanto quest’altra visita per farmi imbestialire.”), perché, proprio in quanto padre, ha maggiori pretese di altri, che si limitano a dare consigli, senza alcun particolare interesse personale (fa quindi eccezione donna Elvira).
4 – Rapporto con il Cielo
Il tema della religione e di Dio è quello che più frequentemente ricorre nel testo ed esprime, se vogliamo, l’incancellabile tentazione dell’uomo a ribellarsi ai dogmi in favore della scienza sperimentale. In questa prospettiva, il protagonista può essere presentato o come un vero e proprio ateo, o come un peccatore che pur senza negare Dio gli si ribella e gli si contrappone. Nel corso delle vicende vediamo però oscillare la figura di Don Giovanni fra queste due rappresentazioni senza mai soffermarsi realmente su una sola.
Il primo a mettere ad affrontare la questione è Sganarello che, parlando con Gusman, servo di Elvira, afferma inizialmente con certezza l’eresia del suo padrone ma poi, non riuscendo a sottrarsi ai dubbi, chiede direttamente a Don Giovanni di parlare dell’argomento nella scena II dell’Atto I. La risposta che viene data appare molto significativa: “Va, va, questa è una questione che riguarda Dio e me, e ce la sbrigheremo noi senza che tu te ne preoccupi.”. Con ciò infatti, non vuole escludere la presenza della divinità ma allo stesso tempo le riserva una considerazione non degna della sua rilevanza, e la abbassa quasi al livello di un qualsiasi altro uomo con cui si possa avere in corso un diverbio. Don Giovanni continua su questa linea anche in seguito facendo della credenza altrui uno strumento per raggiungere i propri scopi, non solo quando alla fine dice che il volere di Dio lo ha convertito ma, anche in precedenza, quando, ad esempio, afferma, durante il suo primo incontro con Carlotta, che è il volere del Cielo ad averlo portato da lei, come a voler rendere più solenni e veritiere le sue parole.
Il dialogo con Sganarello di cui abbiamo già parlato riprende nella scena I dell’Atto III e qui vediamo che le risposte del protagonista sono diverse e, anzi, non si possono forse considerare delle vere e proprie risposte alle domande chiare e dirette che il servo rivolge. Don Giovanni infatti si limita a ridere, far brevi esclamazioni o annuire quasi per dar soddisfazione al suo interlocutore senza render chiaro se ciò che fa è da prendere più o meno seriamente. Sganarello interpreta, però, ciò che sente come una chiara negazione di Dio e a questo proposito chiede allora quale può essere la credenza di Don Giovanni, sempre che ne abbia una. Questi dà, questa volta, una risposta dal significato ben preciso: “Credo che due più due fa quattro, e che quattro più quattro fa otto”. Ossia, egli crede in ciò che è certo e provato e non in ciò che nasce da supposizioni o da dogmi non verificabili. A ciò il servo contrappone la sua teoria: “Il mio ragionamento è che nell’uomo c’è qualcosa di straordinario… che nessun sapiente potrà mai spiegare.”, ma senza provocare alcuna reazione e, quindi, ponendo fine alla discussione. Quindi Dio verrebbe effettivamente negato, e ciò sarebbe confermato dal fatto che Don Giovanni mantiene un comportamento coerente con tale idea ma, quando ne parla, in realtà, non ne esclude mai l’esistenza in modo esplicito. Così, per esempio nella scena IV dell’Atto V troviamo la frase, rivolta a Sganarello: “Va,va, Dio non è così pignolo come credi tu;…”, che mette in risalto nuovamente la contraddizione tra comportamento e pensiero. A questo punto, prendendo come significativa l’ultima frase di rifiuto che Don Giovanni esprime: “No, no, non sia mai detto, accada quel che accada, che io non mi pieghi a pentirmi.”, potremmo dire che l’aspetto prevalente è quello di un protagonista disposto a sfidare Dio e, per questo, peccatore. Ma in effetti, non possiamo escludere totalmente l’altra faccia, secondo cui egli invece nega ogni dogma, poiché, come visto, il personaggio oscilla continuamente fra uno e l’altro aspetto senza mai esplicare con chiarezza le proprie idee in merito.
Da questo tema nasce una possibile interpretazione: Don Giovanni non è solo un uomo pieno di vizi ma anche un peccatore che rifiuta Dio per basarsi unicamente sulle leggi della scienza moderna, e la sua punizione potrebbe aver quindi un significato più ampio di quello riguardante semplicemente la morale, per inglobare anche l’aspetto religioso e quello scientifico.
5 – Rapporto con le donne (nobili e povere)
Anche il tema delle donne è centrale rispetto all’opera poiché, quella di essere seduttore, è l’accusa più evidente e a cui si fa maggior riferimento nel corso degli eventi che emergono. Don Giovanni è un conquistatore per passione, non per crudeltà, e si innamora continuamente di donne belle e di ogni rango sociale, che abbandona non appena terminano in lui le forti emozioni iniziali.
Nella scena I dell’Atto I, Sganarello parla del suo padrone a Gusman e, nella sua descrizione profondamente negativa inserisce anche un riferimento al fatto che egli abbia sposato decine di donne di ogni genere e poi le abbia abbandonate infrangendo, quindi, il sacramento del matrimonio. Ma Don Giovanni stesso, solo poco dopo, parla del suo comportamento a Sganarello nella scena II dell’Atto I e in sua difesa, afferma: “… La bellezza mi conquista dovunque la trovo, e mai cedo tanto facilmente come alla dolce violenza con cui essa ci trascina.”, ammettendo quindi la sua debolezza, ma poi aggiunge: “… L’amore che ho per una bella donna non m’impegna affatto a fare ingiustizia alle altre; conservo occhi per vedere i pregi di tutte, e a ciascuna pago gli omaggi e i tributi cui la natura ci obbliga.”. Quindi il suo comportamento, è sì dovuto a una debolezza ma, nella sua visione, è anche giusto in quanto non fa di lui un uomo legato ad una sola donna ma a tutte quelle che lo meritano per le loro qualità naturali.
Don Giovanni descrive, poi, il piacere nella nascita di ogni nuovo amore e le emozioni della lenta conquista, fino alla fine della passione, che lo porta inevitabilmente a cercare in altre donne le stesse emozioni appena perse. Da ciò, nascono i suoi obiettivi: egli vuole conquistare tutte le donne del mondo, vivendo unicamente per questo scopo, senza mai rinunciarvi. Sganarello, in questo episodio, non riesce a opporsi alle idee del suo padrone, in quanto il modo chiaro e apparentemente logico con cui egli le esprime, lo spiazzano e, per la sua inferiore capacità dialettica, lo rendono incapace di controbattere.
Nel testo sono tre le donne conquistate da Don Giovanni che compaiono e, mentre due appaiono molto simili tra loro, una terza si distingue in modo particolare: donna Elvira. La incontriamo già nella III scena dell’Atto I in cui, affermando di aver seguito l’uomo da lei amato, chiede le ragioni di quella che altro non era se non una fuga, mettendo a nudo una “curiosa” incapacità di mentire. In effetti, Don Giovanni, rimanendo senza parole alle richieste della donna cerca delle scuse e tenta di far parlare il suo servo, rendendo evidenti le ragioni del suo allontanamento ma, allo stesso tempo, creando qua una falsa figura di se, poiché nel resto della commedia dimostrerà di essere un abile e astuto mentitore. Donna Elvira, vedendosi rivelata la vera identità dell’uomo amato, lo minaccia prima di una punizione divina e poi, rendendosi conto che questa non ha alcun effetto su di lui, ricorda lo spirito vendicativo delle donne, dopodiché esce di scena. Ricompare ancora nella scena VI dell’Atto IV per tentare di convincere Don Giovanni a cambiar vita, dopo essersi resa conto del suo errore e dopo aver deciso di tornare in convento, rivolgendo tutto il suo amore a Dio.
In contrasto rispetto alla figura di Elvira vediamo le due contadine, Carlotta e Maturina, diverse non solo per estrazione sociale e modo di parlare ma, molto chiaramente, anche per intelligenza. Queste, infatti, non comprendono e non sospettano niente degli inganni di Don Giovanni e rimangono convinte del suo amore per ciascuna. Esemplare è, inoltre, la scena II dell’Atto II, in cui il protagonista procede alla conquista della contadina Carlotta tramite false promesse, frasi dolci e riferimenti alla volontà divina, a cui ella crede fin da subito.
In conclusione, vediamo che il rapporto di Don Giovanni con le donne si basa essenzialmente sulla menzogna come mezzo per la conquista e per la fuga. Solo con Elvira egli appare in difficoltà ma ciò, probabilmente, perché come detto, tale donna si differenzia fortemente per qualità intellettive dalle semplici e sciocche contadine.
6 – Rapporto con i servi
Non molto possiamo dire sul rapporto di Don Giovanni coi servi in quanto l’unico di essi ad entrare realmente in contatto col protagonista è Sganarello. Gli altri, dei quali si fa il nome solo di Violette e Ragotin, compaiono unicamente nelle ultime scene e altro non fanno se non obbedire agli ordini impartiti dal loro padrone.
Sganarello, comunque, è una figura molto particolare poiché è il confidente di Don Giovanni e con lui intrattiene numerosi dialoghi che oltre a metterne meglio in luce la mentalità, danno spazio a numerosi temi rilevanti. Il servo, infatti, grazie ad un permesso accordatogli è libero di esprimere i suoi pensieri che però, non riescono mai a modificare quelli di Don Giovanni che, in alcuni casi, lo ascolta senza ribattere e in altri oppone le sue idee, senza che i due arrivino mai a qualche valida conclusione. Essi, quindi, appaiano opposti nei pensieri e nei valori, talmente sicuri delle loro convinzioni che i loro diverbi devono sempre essere interrotti poiché potrebbero non aver mai termine visto che nessuno dei due riesce mai a convincere l’altro.
La figura di Sganarello potrebbe essere riconducibile a quella del servo che segue il protagonista per vantaggio, come lo è Artotrogo nella commedia di Plauto, il “Miles Gloriosus”. Sganarello difatti pur non assecondando sempre il suo padrone, lo fa ogni volta che è effettivamente necessario per placarlo, non per propria convinzione ma solo per far si che Don Giovanni sia contento di lui. Inoltre questa somiglianza appare ancor più evidente se guardiamo le ultime parole che il servo dice nella commedia: “La mia paga! La mia paga!”. Sganarello quindi, non era realmente fedele al suo padrone, come dimostra il fatto che non si preoccupa minimamente della sua fine, ma lo seguiva unicamente per ricevere i soldi che gli spettavano per il suo lavoro. Ciò è comunque individuabile anche in altri episodi dell’opera, in cui, quando vediamo qualche pericolo presentarsi, il servo rimane nascosto o scompare del tutto dalla scena, mostrando di non aver alcun legame con Don Giovanni oltre a quello servo-padrone.
7 – I mascheramenti
All’interno dell’opera è possibile individuare due grandi generi di mascheramenti: il primo è quello fisico, basato sull’uso di vesti altrui allo scopo di nascondere la propria identità; il secondo è, invece, basato sulla menzogna per nascondere le proprie idee, o farle credere diverse da come realmente sono.
Nella scena I dell’Atto III vediamo Don Giovanni vestito da contadino e Sganarello travestito da medico, nel tentativo di sviare i cavalieri che, secondo un informatore, sarebbero sulle tracce del nobile per ucciderlo. Questa situazione, che permette al servo di “giocare” fingendosi realmente un medico, dà l’opportunità per un dialogo da cui emerge l’idea che i due personaggi hanno della medicina. Dietro il travestimento di Sganarello c’è, perciò, una scelta ben precisa dell’autore che ha voluto dare un occasione di riflessione, e esprimere delle critiche su un aspetto della società del suo tempo.
Dal punto di vista della storia, però, la “maschera” serve a ben poco a Don Giovanni che, ben presto viene riconosciuto da Don Alonso e corre il rischio di venir ucciso. In modo analogo anche il secondo mascheramento viene svelato in quanto chi conosce la realtà (Don Alonso conosce, evidentemente, il volto di Don Giovanni, e Dio, sicuramente, ne conosce i pensieri), non si lascia giocare da quella che è solo apparenza. Così, quando Don Giovanni finge di fronte a tutti di essere pentito delle sue azioni e indossa la “maschera” dell’uomo illuminato dal volere divino, rivelandosi solo a Sganarello, non evita, comunque la punizione che giunge, quasi prevedibile, alla fine della commedia.
In entrambe le situazioni osservate, quindi, fingere di essere ciò che non è, non serve al protagonista per raggiungere gli scopi prefissi poichè viene sempre, inevitabilmente, smascherato nonostante alcuni vengano tratti in inganno. Tra questi personaggi risalta sicuramente Don Carlo, di cui Don Giovanni si prende gioco ben due volte.
Il messaggio che se ne può ricevere è abbastanza chiaro: mascherare il nostro vero io con l’ipocrisia può permettere di ingannare alcuni, ma non tutti e, soprattutto, non Dio.
8 – Ideologia dell’epoca
Riguardo a questo argomento possiamo trarre, dal Don Giovanni, principalmente osservazioni relative alla morale, alla religione e alla scienza.
Per quanto riguarda il primo dei tre argomenti sopraccitati, è molto evidente come esso sia strettamente legato alla religione. In effetti, tutti i personaggi all’interno dell’opera, escluso chiaramente Don Giovanni, danno una visione della loro ideologia morale come strettamente legata alla fede, poiché ritengono giusto ciò che non va contro i dettami della religione stessa. La credenza in quest’ultima è, per alcuni, quasi totale, ma troviamo anche personaggi come Don Alonso e Don Carlo che ad essa antepongono l’onore della propria famiglia, o Don Luigi che mette Cielo e Onore quasi sullo stesso piano, e vediamo anche, attraverso i dialoghi di Don Giovanni, descrizioni di uomini ipocriti e falsi. Nonostante il finale a cui il personaggio è destinato in effetti, pare che Moliere lo abbia usato, in alcuni momenti, per esprimere delle proprie critiche ed idee. Quindi il riferimento suddetto, potrebbe essere preso proprio come una di queste critiche a uomini che fanno dell’ipocrisia la loro arma di vita e, spesso, usano la religione come maschera difensiva contro le difficoltà e la realtà della loro scelleratezza. In tal caso l’intera commedia diverrebbe un “avviso” per queste persone, a cui l’autore mostra un finale alquanto terribile per il protagonista che, in un certo senso, li rappresenta.
Un altro argomento per cui Don Giovanni si fa portavoce delle idee di Moliere è quello che riguarda la medicina dell’epoca. Il protagonista della sua commedia, infatti, critica le tecniche usate per guarire i malati, basate principalmente su salassi e clisteri, affermando che dopo una tal cura l’effettiva guarigione del malato è unicamente dovuta al caso e non ad un reale merito dei medici. L’inserimento di elementi comici, come il dialogo relativo all’uomo in agonia, “salvato” dandogli finalmente la morte tanto attesa, da ancor più risalto alla scena.
Per quanto riguarda la scienza, in ultimo, possiamo forse vedere una mancanza di fiducia da parte dell’autore che, mettendo le caratteristiche dello scienziato moderno, bisognoso di prove per dimostrare ogni teoria, nel suo Don Giovanni, fa si che automaticamente questa divenga una caratteristica negativa poiché permette di negare l’esistenza di Dio e l’essenza della fede. Infatti, questo personaggio, alla fine, appare persino stolto nel tentare di combattere ciò che è senza ombra di dubbio un fantasma, per provare che lo sia effettivamente.
9 – Confronto con altri personaggi della letteratura analizzati
Don Giovanni è un “modello”, le cui caratteristiche possono essere individuate, almeno in parte, in numerosi altri personaggi di commedie o di altre opere letterarie. Tra quelli di questi che abbiamo analizzato, si sono individuate delle analogie con Pirgopolinice, antagonista nel Miles Gloriosus, di Plauto, e Don Rodrigo, nobile crudele che si oppone al matrimonio dei promessi sposi nel romanzo del Manzoni.

Per rendere il confronto più immediato ho utilizzato una tabella:
Pirgopolinice
Don Giovanni
Don Rodrigo
Ruolo del personaggio negli eventi narrati
Antagonista che, con il rapimento di Filocomasio, ostacola la felicità del congiungimento di questa con il fidanzato Pleusicle.
E’ molto sensibile al fascino femminile.
Protagonista della narrazione. Si innamora continuamente di giovani donne che illude e poi tradisce una volta conquistate.
E’ il personaggio che si oppone alla felicità dei protagonisti, ostacolandoli con ogni mezzo in suo potere e costringendoli alla fuga e alla separazione.
Status sociale
E’ un soldato, di status sociale piuttosto agiato. E’ vanitoso ed esagerato negli apprezzamenti di se.
E’ un nobile, come si può osservare da alcuni elementi: ha un servo, parla in modo diverso (e in particolare più colto) rispetto agli altri personaggi, e ha un vestiario ricco (come viene descritto dal personaggio di Pierino).
E’ un nobile signorotto di Lecco che conduce una vita oziosa e viziata.
Azioni compiute
Si innamora della futura sposa di Pleusicle e per questo separa i due giovani, portando la ragazza nella sua casa di Efeso, dove verrà raggiunto da personaggi che cercheranno di ristabilire la situazione iniziale.
Si innamora di tutte le donne belle che vede e, dopo averle conquistate le abbandona. Fra queste è in risalto donna Elvira che, assieme anche ad altri personaggi, cerca di convincerlo a cambiar vita, pur senza ottenere nessun risultato.
Si invaghisce di Lucia, promessa sposa di Renzo, e dopo aver ricevuto un rifiuto da parte di questa, cerca di rapirla. Inoltre egli riceve un’ulteriore spinta alle sue azioni malvagie dalla scommessa fatta col cugino, che non è disposto a perdere.
Caratteristiche
Appare come negativo in quanto antagonista ma la sua figura è continuamente vittima di beffe e inganni che lo rendono un personaggio quasi comico. Inoltre la sua stupidità lo porta a fidarsi di personaggi che in realtà si limitano a sfruttarlo o perfino lo ingannano e tradiscono.
E’ un personaggio che viene sempre descritto come negativo dagli altri personaggi che ritengono il suo stile di vita privo di ogni valore morale e religioso, pericoloso per la salvezza della sua anima. Don Giovanni però non si cura mai di ciò che gli viene detto e, in un certo senso, affronta apertamente il Cielo.
Viene visto in modo fortemente negativo. Nonostante questo, appare un mediocre, tradito perfino dal suo uomo di fiducia per pochi denari.
Comportamento nei confronti delle donne
Si innamora di tutto ciò che ritiene bello ed è, quindi, molto volubile. Crede fermamente nella sua bellezza e nel fatto che tutte le donne lo desiderino e, perciò cade facilmente nell’inganno di Palestrione. In realtà le donne lo disprezzano per la sua bruttezza e stupidità.
La sua strategia è quella di illudere e abbandonare donne di ogni rango sociale, per amore di ciò che è bello e per il gusto della conquista, per cui maggiori sono le difficoltà e maggiore è l’appagamento dato dal successo.
Non riesce ad accettare che una donna possa rifiutarlo in quanto, il suo status sociale lo ha abituato ad essere assecondato in ogni suo desiderio.
Ultima apparizione
Al termine della commedia, dopo aver rinunciato a Filocomasio per un’altra donna, viene punito fisicamente. Egli, poi, afferma di aver capito la lezione e ammonisce gli adulteri fornendo una specie di morale.
Al termine dell’opera, come più volte era stato preannunciato, Don Giovanni viene punito con l’Inferno. Egli, infatti, nell’evidenza di una punizione celeste, viene risucchiato dalla terra lasciando sulla scena solo il servo che ancora aspettava di essere pagato per i suoi servizi.
Alla fine del racconto, quando si troverà in punto di morte a causa della peste, verrà perdonato per le sue azioni, da Renzo, che inizialmente lo vedeva come un acerrimo nemico.

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