"Vita nel Medioevo" di Eillen Power

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

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Testo

Autore: Eillen Power.
Editore: Einaudi.
Riassunto per capitoli :
 Bodo il contadino (la vita in un possedimento di campagna ai tempi di Carlo Magno ): La storia è ambientata nel IX secolo, in un fondo (o fisc, come si chiamava a quel tempo), appartenente ad un’abbazia, chiamato Villaris, presso Parigi. I fiscs erano suddivisi in terre signorili o tributarie. Le prime erano amministrate dai monaci per mezzo di funzionari, le seconde venivano affidate a coloni che ne ricevevano il possesso dall’abbazia; queste erano successivamente suddivise in mansi, piccole fattorie. Coloro che li coltivavano dovevano svolgere, oltre al lavoro nel proprio campo, le opere di coltivazione nei campi dell’abbazia e dovevano anche consegnare un tributo in natura ai padroni. Il lavoro straordinario che, qualche volta, erano tenuti ad eseguire, si chiamava corvée. Oggi, grazie ai documenti che i padroni dei possedimenti compilavano, sappiamo tutto di coloro che lavoravano nelle terre dei signori e dei monaci e degli scambi attuati all’interno di essi. A Villaris, infatti, viveva un uomo di nome Bodo, con sua moglie Ermentrude e i figli Wido, Gerberto e Hildegard. Le giornate dei contadini si svolgevano quasi sempre nello stesso modo ed erano molto faticose: la mattina tutta la famiglia si alzava presto, Bodo con il figlio maggiore, Wido, andavano ad arare la terra, Ermentrude, affidando la piccola Hildegard a Gerberto, si recava al filatoio dove spettegolava un po’ con le altre donne, successivamente tornava a casa per preparare da mangiare e cucire. La sera, poi, tutti a letto presto: non si poteva fare largo uso di candele. Bisogna ricordare che le persone dell’epoca erano tutte molto religiose, ma, specialmente la gente di bassa estrazione sociale, era ancora particolarmente attaccata ai riti pagani che venivano compiuti per “rendere più produttiva la terra” ecc.. Anche durante le feste si cantavano e ballavano musiche pagane, pur trovandosi in netto contrasto con la Chiesa. Una volta all’anno, a Saint – Dennis, si svolgeva una grande fiera che riuniva mercanti provenienti dall’oriente e commercianti comuni che in questo modo si scambiavano prodotti naturali, gioielli, ricchi tessuti. Per Bodo e la sua famiglia, questa fiera era di grande importanza: facevano di tutto per andarci, vi si recavano con il loro vestito migliore e guardavano meravigliati tutte le stramberie e le ricchezze esposte. Probabilmente qualche volta, Carlo Magno in persona prese alloggio presso la casa grande, dai padroni di Bodo, e allora era gran festa e tutti erano in subbuglio per far trovare tutto in ordine, bello e pulito al buon imperatore.
 Marco polo (un viaggiatore veneziano del XIII secolo ): Il racconto inizia con la descrizione di Venezia, possente e ricca città patria di Marco Polo; viene descritta come una festosa e maestosa città dove sono copiose le sfilate in piazza S. Marco in onore dei matrimoni di gruppi di persone agiate (queste parate vengono finemente osservate, commentate e scritte in francese dal doganiere Martino da Canale). Dall’altra parte del modo, in Asia, presso il mare, sorgeva una città come Venezia, ma infinitamente più grande: il suo splendore era incredibile, si chiamava Kinsai (o Hangchow). A venezia, nel 1268, nessuno era a conoscenza di quella città, a causa della inconcepibile distanza che le separava, ma c’era un ragazzo, Marco Polo, a cui piaceva ascoltare dai marinai stranieri le storie riguardanti il temibile, bellicoso popolo dei Tartari, che avevano sotto il loro controllo quasi tutta l’Asia. Poi la paura che gli occidentali avevano per questi dominatori perse consistenza, così due veneziani, Niccolò e Matteo Polo, rispettivamente padre e zio di Marco, partirono ( qualche anno prima del 1268) per la Tartaria. Furono di ritorno nel 1269. Essi avevano visto il Kublai khan, che regnava su tutta la Cina, il quale aveva affidato loro degli incarichi importanti. Tornati in patria, raccontarono la loro storia, eseguirono gli incarichi che il Khan gli aveva affidato e, quando fu l’ora di ripartire, portarono con sé anche Marco. Giunsero a destinazione nel 1275: il Kublai Khan fu molto contento di rivederli, sapendo che non avevano approfittato di lui e provò immediatamente una simpatia speciale per Marco Polo che era curioso ed intelligente; così, diventò presto ambasciatore del re Tartaro. Nel 1292, i tre Polo sbarcarono a Venezia, tra l’indifferenza generale, dato che tutti li credevano ormai morti. Marco volle partecipare come capitano di una nave in uno scontro con la città di Genova, eterna rivale di Venezia, e rimase prigioniero. Durante la sua permanenza nella prigione veneziana, con l’aiuto di uno scrittore pisano scrisse “Il Milione”, libro in cui narrava appunto i milioni di persone, di navi, di ricchezze, di stramberie che aveva visto in quella terra così lontana ma così affascinante. Morì nel 1324, ma dopo di lui, nel periodo antecedente all’oscurità che di nuovo coprì il popolo dei Tartari, molte altre figure seguirono l’esempio dei Polo, recandosi in Asia. Qualche secolo dopo, nel XV secolo, Cristoforo Colombo, proprio mentre leggeva una traduzione latina de “Il Milione” decise di recarsi in Asia passando da ovest, così Marco Polo aveva scoperto la Cina da vivo e l’America da morto.
 Madama Eglentyne (la superiora di Chaucer nella vita reale ): Geoffrey Chaucer, scrittore inglese, ci fornisce tutte le notizie su Madama Egletyne, nobildonna dai bei lineamenti e dalla bella intonazione vocale che era diventata monaca grazie a suo padre, visto che egli non voleva fronteggiare le spese per il futuro matrimonio della figlia. Bisogna sapere che a quei tempi i vescovi si recavano regolarmente a far visita ai monasteri per sottoporsi alle possibili (sempre presenti) lamentele delle monache. Madama Egletyne, aveva così preso i voti, ma era molto premurosa nei riguardi di certe dame che, di tanto in tanto, erano ospiti del convento. Infatti finiva per farsi dare consigli su come indossare l’abito (che scopriva leggermente le caviglie), su come appuntare il soggolo (che oramai scopriva quasi tutta la fronte) e su come indossare piccoli gioielli (braccialetti e collanine)… Inoltre amava molto i cani, quelli di piccola taglia, che nutriva con carne arrosto, latte e focaccia, e piangeva se vedeva un topolino morto in una trappola o un cane bastonato. Ella, poiché era nobile, divenne badessa del convento, ma non appena arrivò il vescovo per sapere se tutto funzionava nel convento, non mancarono le lamentele riguardo al suo comportamento troppo mondano che mandava nell’oblio il monastero. Molti furono i divieti che furono emanati dal vescovo o da altri potenti di uscire dal convento, di ricevere ospiti o di tenere cani (ovviamente non riguardavano solo il convento di Madama Egletyne: molte monache erano “arzille” come lei), ma tutto fu vano. Così, come l’abbiamo incontrata, lasciamo la badessa di Chaucer a dirigere il suo monastero, con o senza il consenso delle altre monache.
 La moglie del Ménagier (una donna di casa parigina del XIV secolo ): Gli uomini del medioevo, come del resto quelli attuali, amavano scrivere libri riguardanti il comportamento che dovevano tenere le loro mogli, così il Ménagier de Paris (potremmo chiamarlo “Saggio Marito”) scrisse un libro - tra il 1392 e il 1394 - per istruire la giovane moglie che aveva appena quindici anni. Egli, al contrario, aveva superato la sessantina e si era preso la briga di comporre questo “manuale della perfetta moglie” per istruire la ragazza e far sì che, quando si sarebbe risposata (dato che sarebbe morto sicuramente prima lui), il nuovo marito fosse stato fiero di lei e non avesse disprezzato il vecchio consorte della donna. Nel suo libro, quando si riferisce direttamente alla moglie, il Ménagier la chiama sempre con l’appellativo “cara sorella”, in segno di grande rispetto. I temi trattati nel componimento del signore parigino sono molto vari: dal portamento che deve avere una signora al comportamento che deve assumere nei confronti del marito, da come si sceglie la servitù migliore alle ricette culinarie o ai trucchi per eliminare macchie difficili sui tessuti. Ma quello che più interessa all’autore del libro è che la sua giovane mogliettina non si differisca dalle altre signore per i suoi modi di fare vergognosi o irriverenti, desidera che diventi proverbialmente competente nel suo ruolo di padrona della casa (perché il lavoro che compiono le donne è senza fine e faticosissimo, anche se spesso viene dimenticato) e che faccia sentire a proprio agio il marito quando torna dal lavoro. Tutto il libro ruota attorno a questo perno principale, infatti è per questo motivo che il Ménagier le dà tutti i consigli possibili affinché impari a tenere lontane le pulci, ad organizzare e dirigere i banchetti, ad assumere e controllare la servitù. Egli le suggerisce anche il modo di vestire e l’espressione che deve assumere quando esce con le altre signore: non deve avere vestiti stropicciati né sporchi, non deve nemmeno indossare troppi gioielli ma nemmeno pochissimi e non può assolutamente ubriacarsi né essere svogliata; inoltre deve sempre guardare davanti a sé, tenendo lo sguardo abbassato, senza voler curiosare a destra e a sinistra. Così termina il libro del Ménagier che vuole istruire sua moglie ma che ci fornisce anche un’importante quadro di come si svolgeva la vita delle donne nel Medioevo.
 Thomas Betson (un commerciante di lana del XV secolo ): La più grande compagnia di commercianti inglesi, nel Medioevo, era quella dei Mercanti dell’Emporio, che si occupavano della lana. Questa era l’attività più redditizia di tutta l’Inghilterra: i mercanti di lana erano gli uomini più ricchi del Paese e se il re necessitava di qualche prestito, sicuramente si rivolgeva a loro. La città mercato, variava di tanto in tanto: certe volte era Bruges, oppure Anversa, ma, solitamente, era Calais (scelta inizialmente nel 1363 e confermata nel 1423). Rilevante è la corrispondenza tra singoli mercanti o tra le famiglie appartenenti alla compagnia: tra i documenti che possediamo, ci sono pervenute lettere della famiglia Stonor, dei Cely, e di Thomas Betson. I legami che legano queste persone sono dettati dall’amore, dall’amicizia, dal buon rapporto tra colleghi. William Stonor avea sposato Elizabeth Riche, amica di Thomas Betson e questi si era innamorato della propria cugina, Katherine Riche. Tra i Cely e Thomas, invece, esisteva solamente un rapporto di lavoro e di buona amicizia. Molte sono le lettere che il protagonista scrive alla promessa sposa che, all’età di sedici anni, lo sposa, dopo aver atteso tanto. Purtroppo la malattia lo porta sull’orlo della morte ed è solo grazie ad un certo Brinkley che egli riesce a guarire. Purtroppo, morì la signora Elizabeth che sciolse i legami tra Thomas e William. Così Thomas Betson riprese il suo mercanteggiare: comprava la lana in giro per tutta l’Inghilterra, la faceva imbarcare sulle navi che attraversavano la Manica (se non si imbattevano in qualche tempesta o nei pirati) e poi la rivendeva a Calais o alle fiere che periodicamente si svolgevano in altre città. Così progredì il breve matrimonio di Thomas (che morì sette anni dopo), durante il quale egli ebbe due figli maschi e tre femmine e prese parte alla Compagnia dei mercanti di pesce. Egli lasciò la maggior parte della sua fortuna a Katherine che, pur essendosi risposata, volle riposare per l’eternità accanto al suo primo, caro marito.
 Thomas Paycocke di Coggeshall (un pannaiolo dell’Essex al tempo di Enrico VII ): L’attività riguardante l’industria tessile ha lasciato molte tracce in Inghilterra nel campo architettonico, letterario e sociale. Molte sono le chiese contenenti le tombe di uomini dediti a questo settore; sulle case di loro proprietà sono presenti stemmi e incisioni di vita quotidiana; esistono anche leggende riguardanti queste persone (tanto che possono essere paragonate a personaggi come Robin Hood…) e molti cognomi derivano poi dalle specializzazioni di questi lavoratori (Dyer significa Tintore, Weaver Tessitore…). Una di quelle figure era Thomas Paycocke, pannaiolo di Coggeshall (Essex). Possiamo ricostruire la sua vita non in modo diretto, ovvero con documenti scritti che narrano la sua vita, ma studiando attentamente la sua casa, la sua lapide e il suo testamento. La sua dimora è riconoscibile dal marchio personale di Thomas: una coda di ermellino che si presenta come un trifoglio con due gambi. Questo marchio, oltre ad essere presente in varie parti nella sua casa, era sempre impresso sulle sue balle di stoffa. Il testamento di Paycocke, a sua volta, ci fa comprendere che egli era una persona molto generosa, buona e religiosa: nelle sue disposizioni testamentarie sono presenti lasciti per i familiari (moglie, figli, nipoti, cognati…) per molti amici, per alcuni lavoratori alle sue dipendenze e per la chiesa (aveva predisposto il modo in cui si sarebbe dovuto svolgere il suo funerale: così aveva lasciato del denaro ai parroci, per la funzione e per le spese a cui andavano incontro per soddisfare la sua volontà, ad adulti e bambini per il ruolo che avrebbero avuto durante la celebrazione della S. Messa). La vita di Thomas fu molto agiata e serena: il suo lavoro era moto redditizio e, pur non avendo avuto eredi maschi, ebbe un ottimo rapporto con le due mogli. Al momento del funerale, tutti erano persi e dispiaciuti per la perdita di un uomo come lui che, anche se non più in vita, poté essere fiero della sua casa (quattrocento anni dopo era ancora splendente ed abitata) e della sua Coggeshall (che divenne ancora più famosa per un nuovo tipo di stoffa fabbricato dai suoi nipoti).

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