"Pace non trovo et non o' da far Guerra"

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Testo

Analisi del sonetto di Petrarca “Pace non trovo et non o’ da far guerra”
Nella prima quartina è sottolineata la conflittualità nell’animo del poeta, evidenziata dalle varie antitesi, paranomasie e rime interne.
Pace ⇔ Guerra
Temo ⇔ Spero
Ardo ⇔ Ghiaccio
Cielo ⇔ Terra e Volo ⇔ Giaccio
Nulla ⇔ Tutto ‘l mondo
L’idea del volo, ovviamente metafora, dello staccarsi da terra, intesa come liberazione.
Petrarca generalmente predilige le vocali, che danno una sensazione di chiarezza, di solarità, mentre in questo sonetto compaiono molte parole formate in prevalenza da consonanti. Questo è un fatto da sottolineare poiché si tratta di un’eccezione in Petrarca, e serve a far ulteriormente capire al lettore la situazione di sofferenza nel quale l’autore si trova al momento.
Nel secondo verso ci sono due antitesi, una nel primo emistichio e una nel secondo, che si possono collegare in un chiasmo.
Temo Spero
Ardo Ghiaccio
Poiché la paura (temo) riempie l’animo di freddezza (ghiaccio), e la speranza (spero) di ardore, calore (ardo).
L’espressione “Tal” che il poeta usa per chiamare Laura è banalizzante, volta a sminuire la figura dell’amata che tanta pena gli procura.
Possiamo individuare un altro chiasmo nel primo e secondo verso della seconda quartina.
Non m’apre Né serra
Né per suo mi riten Né scioglie il laccio
Petrarca è perso, in balia di Laura, che non gli fa capire chiaramente i propri sentimenti verso di lui, costringendolo a vivere nell’indecisione.
Il soggetto della prima strofe è l’Io in quanto soggetto di tutti i verbi della prima quartina, sebbene sia sottinteso e mai esplicitamente dichiarato.
Nella seconda quartina Petrarca è vittima, mentre nella prima era protagonista. Infatti, nella seconda quartina, subisce l’azione di Laura, dell’Amore, non ha più il controllo della situazione e si ripresenta solo in funzione di Laura e dell’amore che per lei prova.
Gli ultimi tre versi della prima quartina iniziano tutti con la congiunzione coordinante “e”, che si ripete anche all’interno dei versi.
Nella seconda quartina alla congiunzione “e” si sostituiscono “non”, “né”, così da sottolineare il pessimismo, la negazione.
Nella prima terzina c’è un paradosso “vedo senza occhi”.
Analisi eseguita alla lavagna dalle studentesse Isabel Daini, Sibilla Olivieri, Sara Tarrini e Claudia Casacchia, con interventi degli altri studenti a posto e della professoressa Elena Fumi volti a coordinare la discussione.
Classe 3°E, Liceo Scientifico XXV Aprile, Pontedera (Pi).
Introduzione del libro (“La Scrittura e l’Interpretazione di Romano Luperini, Pietro Cataldi e Lidia Marchiani) a questo sonetto.
La condizione dell’amore, e anzi, meglio, la condizione del desiderio determina nella interiorità del poeta una serie di violenti conflitti. La figura retorica dell’antitesi si incarica di rappresentarli, attraverso una successione descrittiva di tipo prevalentemente metaforico che costituisce una specie di casistica della poesia amorosa successiva. La dichiarazione dell’amore si incarica, la tempo stesso, di riprodurre e di dominare la tensione interiore. Si mostrano qui una lingua e uno stile destinati a diventare per secoli i veicoli storici attraverso cui manifestare la tensione esistenziale.
Metrica: sonetto con rime, secondo lo schema ABAB, ABAB; CDE, CDE. Ed è una rima siciliana.
Parafrasi del sonetto a cura del libro
Non trovo Pace, e non ho mezzi per fare guerra; e temo e spero; e brucio, e sono (un pezzo di) ghiaccio; e volo su (sopra) in cielo, e giaccio in terra; e non possiedo nulla (et nulla stringo) e abbraccio tutto il mondo.
Una persona (tal) [: Laura] mi tiene (m’a = mi ha) in una prigione che non mi apre e non (né) [mi] chiude (serra), e non mi prende (né … mi riten) come (per) suo [prigioniero] e non mi apre (scioglie) i vincoli (il laccio); e Amore non mi uccide (non m’ancide), e non mi libera (non mi sferra = ‘non mi toglie dai ferri [della prigionia]’), e non mi vuole vivo, e non mi toglie (né mi trae) dalla sofferenza (d’impaccio) [: con la morte].
Vedo (veggio) senza [avere gli] occhi, e grido [anche se] non ho lingua; e desidero (bramo di) morire, e chiedo (cheggio) aiuto; e odio (ò in odio) me stesso, e amo un’altra (altrui) [: Laura].
Mi nutro (pascomi) di dolore, rido mentre piango (piangendo); la morte e la vita mi dispiacciono (mi spiace; al singolare) nello stesso modo (egualmente): [o] donna [: Laura], io sono in questo stato per causa vostra (per voi).

Spiegazione del sonetto a cura del libro
Si può tentare una spiegazione specifica per ogni opposizione, e anche per ognuno dei suoi due termini; ma è utile, intanto, vedere il significato complessivo di esse nel loro insieme: il poeta vive una situazione conflittuale ed è attraversato da sentimenti contrastanti. Il poeta non ha pace, perché la passione ed il desiderio gliela tolgono; e d’altra parte non è nelle condizioni di reagire (o per difendersi o per ottenere di essere ricambiato da Laura): verso 1. Ha paura di non essere amato, e spera a volte di esserlo, e passa dal bruciare della passione al gelo del timore e della disillusione: verso 2. L’amore per Laura e il pensiero di essere riamato gli danno l’impressione di innalzarsi in Paradiso; ma timore e disillusione lo gettano nello sconforto: verso 3. Non ha certezze di nulla, ma con il desiderio gli pare di stringere a sé tutto il mondo, tanto il desiderio è grande: verso 4.
La prigionia imposta da Laura al poeta non si decide ad essere esplicita e voluta, oppure a interrompersi, ridando libertà al prigioniero; cioè: la donna non si decide né ad accettare l’amore del poeta, né a rifiutarlo in modo da lasciarlo libero per la sua strada. Lo stesso Amore non uccide l’innamorato, ma al tempo stesso non gli permette di vivere veramente. Più che una vera contrapposizione, c’è qui una contraddizione ambivalente e sospesa.
Il poeta ha perso la vista a causa della passione, e continua a vedere con la sola forza dell’irrazionalità, senza vedere in senso razionale; grida di dolore ma è incapace di parlare, perché è come se non avesse la lingua; vorrebbe morire, eppure chiede all’amata di aiutarlo a vivere. La ragione di queste condizioni paradossali è il fatto che egli ama Laura e invece odia sé stesso, contro il principio elementare dell’amor proprio.
Così come Laura e Amore non si decidono sulle sorti del poeta, egli stesso è sospeso tra dolore e felicità, tra voglia di vivere e desiderio di morire.

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