"Le Baruffe Chiozzotte"

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura

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Testo

LE BARUFFE CHIOZZOTTE

Un affresco popolare che si snoda fra liti e riconciliazioni: un gruppo di donne sedute davanti alle loro case sta lavorando al merletto. La scena è trasferita a Chioggia, il villaggio di pescatori che Goldoni aveva conosciuto molti anni prima in occasione del suo impiego alla cancelleria penale. Dopo le nutrite esperienze intorno alla borghesia veneziana, culminate nella trilogia della villeggiatura e nell’altra trilogia, quella composta dei Rusteghi, dalla Casa nova e dal Sior Todero brontolon, Goldoni ritorna, ormai prossimo alla partenza per la Francia, all’anima popolare e quotidiana della sua ispirazione. Dopo avere esplorato la tradizione delle maschere e aver cominciato a derivarne personaggi sempre meno tipizzati e sempre più individualmente concepiti; dopo aver rappresentato con la sua riforma il mondo della nobiltà e soprattutto della borghesia, Goldoni aveva soffermato la sua attenzione su quelle classi subalterne che con tanta precisione aveva individuato nel Campiello e ora nelle Baruffe. Una volta individuati i pregi e i difetti delle classi più elevate, ormai libero da condizionamenti ideologici e da quelle paure di estinzione sociale manifestate dal Gozzi, l’occhio di Goldoni coglie la densa stratigrafia della gente umile. “Era ben giusto – scrive nella prefazione alle Baruffe – che per piacere a quest’ordine di persone, che pagano come i nobili e come i ricchi, facessi delle commedie nelle quali riconoscessero i loro costumi e i loro difetti, e mi sia permesso di dirlo, le loro virtù”.
Nei ricordi del Goldoni le Baruffe sarebbero andate in scena nel 1760: tuttavia le cronache registrano sette rappresentazioni della commedia soltanto alla fine di gennaio 1762, a poche settimane dalla partenza per la Francia. Concepita come commedia “popolare e plebea” e come “tableau d’après nature”, nei Mémoires Goldoni rievocava le motivazioni e gli stimoli che la produssero: “Ero stato a Chioggia da giovane, in qualità di coadiutore del cancelliere criminale, carica che corrisponde a quella di sostituto del luogotenente criminale; avevo trattato con quella popolazione numerosa e chiassosa di marinai, di pescatori e di donnette il cui salotto è la strada; conoscevo i loro costumi, il loro linguaggio singolare, la loro allegria e malizia; ero in grado di dipingerli, e la capitale, che non dista che otto leghe da quella città, conosceva perfettamente i miei modelli: la commedia ebbe un esito brillantissimo, e chiuse la stagione del Carnevale”.
Come Goldoni puntualizza, l’intreccio è inesistente poiché “il merito sta tutto nel quadro naturale”: e il quadro è ovviamente una tranche de vie marinara nella quale donne e uomini conducono un’esistenza semplice, essenziale, scandita dai ritmi del lavoro, dalla precarietà che deriva da quella condizione sociale. Dunque un grande quadro sociologico, quello approntato nelle Baruffe, con uno sguardo particolare al tratto linguistico del dialetto di Chioggia che, se da un lato si rivela a tratti incomprensibile, dall’altro non fa che riaffermare la straordinaria letterarietà dell’esperienza teatrale goldoniana, l’abilità tecnico-registica nel sopperire con la coralità e gestualità della scena allo scarto linguistico. Una lingua finalizzata del tutto all’operazione ideologica e culturale che presiede a un testo come le Baruffe, nel quale Goldoni sembra non voler scendere a patti con le esigenze immediate della comprensione proprio perché questa guasterebbe tutta l’atmosfera dell’opera: “I veneziani capiranno un poco di più; gli esteri, o indovineranno, o avranno pazienza. Io non ho voluto cambiar niente né in questo [Padron Fortunato], né in altri personaggi; poiché credo e sostengo, che sia un merito della commedia l’esatta imitazione della natura”. E di seguito, nella lunga nota che precede il testo nella Pasquali del 1774, Goldoni torna a difendere la sua operazione contro i soliti detrattori: anzi, nella commedia l’autore ritaglia per sé una sorta di controfigura, quella di Isidoro, il coadiutore del cancelliere criminale, intento a pacificare le liti delle due famiglie, a dipanare la matassa degli intrecci amorosi, a porsi infine come testimone borghese dentro una società che, se pure non gli appartiene, merita ugualmente un sentimento di umana partecipazione.

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