UGO FOSCOLO (1778-1827)

Materie:Riassunto
Categoria:Letteratura Italiana
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Testo

UGO FOSCOLO (1778-1827)
Vita e opere
Niccolò Ugo Foscolo nasce nel 1778 a Zante (o Zacinto), un’isola del mar Ionio allora appartenente alla Repubblica di Venezia. La madre è greca, il padre un medico veneziano, ha un fratello e una sorella minori. Dopo un’infanzia felice sull’isola (Zante per lui è il simbolo della civiltà e dei miti classici greci), la sua adolescenza è sconvolta a soli quattordici anni dalla morte del padre, evento che lo metterà per la prima volta a confronto con il dramma della perdita di una persona cara. Nel 1784 si trasferisce a Spalato per frequentare la scuola del seminario arcivescovile; è in questo periodo che prendono forma il carattere tormentato (si definisce egli stesso infermo spesso per malinconia e talvolta feroce ed insano per ira) e il temperamento di Foscolo e cominciano a mettersi evidenza alcuni temi (condizionati dalla sua vita sfortunata) che poi saranno fondamentali nella sua poetica. Nel 1792 si trasferisce con la famiglia a Venezia dove si appassiona alle idee rivoluzionarie provenienti dalla Francia. Ideale politico rivoluzionario, passione amorosa, studio di opere letterarie e filosofiche e la frequentazione di scrittori d’alto livello (Cesarotti, Bettinelli, Pindemonte) sono le parole-chiave di questo periodo della sua vita. Nel 1797, frequentandone il salotto, si innamora di Isabella Teotochi Albizzi. In quello stesso anno scopre la figura dell’Alfieri e i suoi ideali giacobini sempre più accesi lo portano a rappresentare la tragedia “Tieste”, fatto che gli darà fama ma che farà archiviare il suo nome tra quelli dei sovversivi negli elenchi della polizia della Serenissima. Sfugge all’arresto rifugiandosi nella filonapoleonica Repubblica Cispadana (Bologna) ma torna a Venezia non appena anche quest’ultima insorge e diventa una repubblica democratica e giacobina. Tuttavia, sempre nello stesso anno, il Trattato di Campoformio (che cede Venezia all’Austria suscitando verso Napoleone un senso di profondissima delusione da parte di molti intellettuali italiani tra cui Foscolo, che da lì in poi si vedrà spinto a considerare pure illusioni del cuore sia gli ideali politici che la fiducia riposta nei grandi uomini di Stato) costringe Foscolo a scappare di nuovo per sfuggire al governo e alla polizia austriaca; sceglie come rifugio per il suo volontario esilio la Repubblica Cisalpina (Milano). Anche qui incontra scrittori di notevole spessore come Parini e Monti. Si innamora della moglie di quest’ultimo, Teresa Pikler. In un sonetto si oppone alla decisione del Consiglio Cisalpino di abolire l’insegnamento del Latino nelle scuole; così, attirata contro di sé l’inimicizia del Consiglio, torna a Bologna nel 1798 dove collabora nella realizzazione di giornali e riviste e realizza la prima stesura del romanzo epistolare “Ultime lettere di Jacopo Ortis”, che verrà però completata da un mediocre letterato (Sassoli) e pubblicata all’insaputa dell’autore a Bologna mentre Foscolo si trova a combattere per la Guardia Nazionale bolognese (alleata dei francesi contro gli austro-russi) nonostante non creda più nel personaggio di Napoleone. Viene ferito in battaglia e torna a scrivere: ristampa l’ode “A Bonaparte liberatore” (lettera dedicatoria critica nei confronti di Napoleone; la prima “A Napoleone liberatore” l’aveva scritta per elogiare il generale francese nel 1979 quando si era rifugiato nella Repubblica Cispadana a Bologna) e compone l’ode “A Luigia Pallavicini caduta da cavallo” (pubblicata nel 1799 a Genova). I francesi, sconfiggendo gli austriaci, riprendono il controllo dell’Italia, Foscolo viene inviato a Milano e nel 1800 a Firenze dove si innamora di Isabella Roncioni, già promessa al nobile marchese Bartolommei. Della passione per Isabella si trova traccia in alcuni sonetti, inoltre è ispirato a lei il personaggio centrale (Teresa, giovane destinata a nozze senza amore col ricco Odoardo) nella stesura finale di “Ultime lettere di Jacopo Ortis” (nella versione precedente personaggio centrale era una matura vedova). L’evoluzione delle opere di Foscolo è legata alle sue esperienze biografiche e sentimentali. Rientra a Milano dove ha una relazione (1801-1803) con la contessa Antonietta Fagnani (promessa del conte Marco Arese), alla quale dedica un’ode in stile neoclassico: “All’amica risanata”. E’ qui che pubblica, a sue spese, la seconda e completa edizione di “Ultime lettere a Jacopo Ortis” (1802). Gli giunge una brutta notizia: il fratello Giovanni si è suicidato per debiti di gioco; gli dedica il sonetto “In morte del fratello Giovanni”. Nel 1802 pubblica a Pisa a sue spese una raccolta di un’ode (“A Luigia Pallavicini caduta da cavallo”) e otto sonetti dal titolo “Poesie di Ugo Foscolo” e poi la stessa raccolta, ampliata (due odi e dodici sonetti), a Milano, che da Repubblica Cisalpina è diventata Repubblica Italiana. Nel 1803, sempre a sue spese, fa stampare la traduzione e il commento della versione latina di Catullo dell’opera “Chioma di Berenice” del poeta greco Callimaco. Nel 1804, in grave situazione economica, riprende la carriera militare come capitano e viene trasferito su sua richiesta in Francia e poi nelle Fiandre dove le truppe napoleoniche preparano un improbabile sbarco in Inghilterra che non verrà mai attuato nella realtà. In Francia traduce Sterne (“Viaggio sentimentale attraverso la Francia e l’Italia”), narratore razionale ironico precursore del romanzo moderno, dal quale trarra spunto per il nuovo personaggio autobiografico (pessimista come Jacopo Ortis ma capace di distaccarsi e sorridere amaramente ai difetti propri e altrui davanti ai quali Jacopo avrebbe invece reagito con spirito passionale e temperamento tragico) rappresentato in “Notizia intorno a Didimo Chierico”. In questi stessi anni invia a Monti traduzioni dell’“Iliade”. A Valenciennes diventa padre da una relazione con la giovane inglese Sofia Hamilton (o Emerytt); tuttavia, angosciato dalle responsabilità, rifiuta questo compito e lascia Sofia e la figlia Mary. Svanito il progetto napoleonico di sbarco in Inghilterra, nel 1806 torna in Italia dopo una breve sosta a Parigi presso il giovane Manzoni e sua madre Beccaria. Da Milano va a Venezia per trovare la madre, sostanto presso Cesarotti, Pindemonte e Isabella Teotochi Albizzi; da dialoghi avuti in questi incontri nasce il suo capolavoro, il carme “Dei sepolcri”, finito e pubblicato nel 1807. Decide di avere un’esistenza più tranquilla e così nel 1808 ottiene, grazie all’aiuto di Monti, la cattedra di Eloquenza all’Università di Pavia. Lì si trasferisce per insegnare ma poco dopo Napoleone, diffidente nei confronti dell’indipendenza di pensiero degli intellettuali, sopprime molte cattedre, tra cui la sua. Tuttavia fa in tempo a condurre un’ottima “Orazione inaugurale” (“Dell’origine e dell’ufficio della letteratura”) e alcune lezioni d’alto livello. Lasciata Pavia dopo due relazioni sentimentali (con Maddalena Bignami e Francesca Giovio, della quale rifiuta l’intenzione di sposarlo con il pretesto che non vuole renderla infelice), il suo temperamento sempre più inasprito lo porta anche a litigare (attraverso sonetti) con l’amico Monti. Qui, a Milano, a causa del suo carattere (aggressivo e dotato di indipendenza di pensiero), è sorvegliato dalla Polizia del Regno Italico come sospetto antibonapartista. Nel 1811 rappresenta alla Scala la tragedia “Ajace” e in seguito a questo (poiché molti riconoscevano Napoleone nella figura di Agamennone, che poi si suicida) i suoi incarichi nel Regno d’Italia vengono aboliti e le sue recite proibite. Sdegnato e triste, torna a vagare per le città fino a fermarsi a Bologna, attirato dalla relazione con la contessa Cornelia Rossi Martinetti; è qui che abbozza il poemetto “Le Grazie”, dedicato alle divinità classiche dispensatrici di virtù e gioia, simbolo della gentilezza femminile che, secondo Foscolo, sa placare la ferocia maschile. Nel 1812-1813 il poeta trascorre un periodo a Firenze (villa di Bellosguardo) dove trascorre il tempo frequentando il salotto di Luisa d’Albany (compagna e ispiratrice di Alfieri), corteggiando Eleonora Nencini e consumando una relazione con la senese Quirina Mocenni. In questo periodo scrive molte parti di “Le Grazie” e rappresenta (1813) una terza tragedia, la “Ricciarda”. Nello stesso anno fa stampare a Pisa la traduzione del “Viaggio sentimentale attraverso la Francia e l’Italia” di Sterne e la “Notizia intorno a Didimo Chierico”. La sconfitta francese nella Campagna di Russia (1812) e l’abdicazione e l’esilio di Napoleone (1814) dopo la sconfitta a Lipsia (1813) spingono Foscolo verso Milano per difendere l’indipendenza del Regno d’Italia. Il piccolo Stato si trova di fronte a un bivio: l’indipendenza sotto il governo di Eugenio Beauharnais o la restaurazione austriaca. Foscolo ha difficoltà a schierarsi, tuttavia quando gli austriaci entrano in Milano, nonostante sia considerato da essi un sovversivo, ottiene un ruolo (attraverso trattative segrete col feldmaresciallo Bellegarde) all’interno del periodico “Biblioteca Italiana”, infatti gli austriaci intendono servirsi di lui per riacquistare il consenso dei sudditi. Foscolo collabora inizialmente ma il giorno precedente (31 Marzo 1815) al giuramento di fedeltà agli austriaci parte per un esilio volontario. Le ragioni di questa scelta sono espresse nell’“Epistolario”, raccolta di lettere di rimpianto per ciò che lascia in Italia e di angoscia per ciò che lo attende. Prima tappa del suo esilio è la Svizzera dove a Zurigo nel 1816 (l’edizione reca i falsi dati: Londra, 1814) pubblica la terza edizione di “Ultime lettere di Jacopo Ortis” compresa la lettera del 17 Marzo 1798 contro Napoleone; l’edizione definitiva (la quarta) sarà pubblicata a Londra lievemente ritoccata nel 1817. Perseguito dagli austriaci fugge a Londra dove cade in disgrazia e si ammala. Qui ritrova la figlia Floriana (Mary), avuta da Sofia Hamilton, che lo assiste per circa cinque anni. Scrive pregevoli saggi sulla lingua, il teatro e la letteratura italiani, critica personaggi e sistema del suo tempo. Conduce una vita al di sopra delle sue modestissime capacità economiche e, quando la morte per l’aggravarsi delle sue malattie lo sorprenderà nel 1827 nel povero villaggio londinese di Turnham Green, sarà indebitato e ricercato dai creditori. Le sue ossa verranno poi trasferite a Firenze e depositate tra quelle dei “grandi” in Santa Croce, nel luogo e trai personaggi lodati in “Dei sepolcri”.
Caratteristiche
L’epoca in cui vive Foscolo è caratterizzata da profondi contrasti che lo segneranno e lo porteranno anche a definire sé stesso ricco di contraddizioni: la Rivoluzione Francese (1789), gli sconvolgimenti delle guerre napoleoniche (combattute anche in Italia), la sconfitta di Napoleone e infine il ritorno degli austriaci. La filosofia foscoliana è bene espressa nell’“Orazione inaugurale” tenuta nel 1809 all’Università di Pavia. Incarna il modello di poeta civile (come Parini e Alfieri, che considera suoi maestri) ma è anche partecipe in prima persona delle vicende storiche.
In mezzo tra Settecento e Ottocento, assorbe caratteristiche di diverse correnti: temi e aspetti stilistici neoclassici e romantici, sensibilità preromantica e romantica contrastante con il pensiero razionale illuminista. Infatti, nonostante assuma come punti di partenza i caratteri illuministi (ateismo, materialismo che tra l’altro lo porta anche a non credere nella vita ultraterrena, meccanicismo, sensismo; da giovane si avvicina alla filosofia illuminista grazie alla pubblicazione dell’“Enciclopedie” di Diderot e D’Alembert), inserisce tematiche romantiche come l’importanza del sentimento e dell’amore, la melanconia, il tema dell’eroe bello di fama e di sventura, inquietudine e nostalgia per la morte. Inoltre gli amori appassionati e infelici, l’ideale patriottico, l’esilio e la sua morte tragica, lo avvicinano alla figura dell’eroe e del mito romantico (solitario e passionale) che egli stesso disegna nel personaggio di Jacopo Ortis. La sua terra d’origine e il legame con Monti (anche se lo differenzia da lui il fatto che Foscolo scrive riferimenti classici facilmente individuabili mentre Monti molto eruditi e riservati quindi ai dotti) lo avvicinano al Neoclassicismo. L’esistenza tra Illuminismo e Romanticismo gli porrà di fronte anche il problema dell’ideale e del reale uniti da una specie di religione dell’illusione. Le delusioni in campo politico gli porteranno una visione pessimistica e titanica. Funzione eternatrice della poesia che sostituisce l’impossibilità della vita ultraterrena.
“Ultime lettere di Jacopo Ortis”
Romanzo epistolare che trae ispirazione sul piano strutturale e narrativo da “I dolori del giovane Werther” di Goethe. Werther è un giovane che si suicida con un colpo di pistola a causa di una delusione amorosa; Jacopo, invece, più per motivi politici che sentimentali, dopo aver raggiunto una situazione di assoluto pessimismo, si suicida con una pugnalata al cuore (come gli eroi classici). L’opera è considerata autobiografica, infatti Jacopo rappresenta Foscolo, ma lo scrittore, a differenza del suo personaggio, preferisce vivere e affrontare coraggiosamente i suoi problemi.
La presenza di due narratori interni, Jacopo e l’amico a cui scrive (Lorenzo Alderani), consente all’autore di presentare due punti di vista: uno fortemente passionale, l’altro partecipe ma in modo più razionale.
Tema centrale dell’opera è il conflitto tra cuore e ragione; ha peso anche il tema politico.
Nella prima edizione (terminata da Sassoli; “Vera storia di due amanti infelici ossia Ultime lettere di Jacopo Ortis”, Bologna,1798) la protagonista femminile è una vedova matura (forse ispirato da Teresa Pikler, moglie di Monti) e molti riferimenti politici sono tralasciati per non essere censurati dagli austriaci; nella seconda, invece, pubblicata a proprie spese (Milano, 1802), Foscolo sostituisce la figura della donna Teresa con quella della giovane Teresa (ispirato da Isabella Roncioni, che ama ma è già promessa a un’altro): il potere del fidanzato di Teresa, Odoardo, prevale sull’amore che essa prova per Jacopo. Il romanzo ha successo e viene ristampato quattordici volte. La terza edizione (Zurigo, 1816) edita di nascosto, è più che altro una revisione linguistica, ma in essa viene anche aggiunta la lettera che critica Napoleone (“17 Marzo 1798”). Altri ritocchi vengono fatti nell’ultima edizione (Londra, 1817).
“Poesie”
Raccolta di odi e sonetti. La prima raccolta è pubblicata a Pisa (1802) sul “Nuovo giornale dei letterati” ed è composta da un’ode (“A Luigia Pallavicini caduta da cavallo”) e otto sonetti; la seconda (Milano, 1803), intitolata “Poesie”, è composta da due odi (viene aggiunto “All’amica risanata”) e dodici sonetti (sono aggiunti i quattro sonetti capolavoro di Foscolo).
“A Luigia Pallavicini caduta da cavallo”: il poeta si rivolge alle Grazie affinché assistano la bella marchesa nella guarigione e a lei augura di guarire e diventare più bella per l’invidia delle rivali.
“All’amica risanata”: paragone tra l’amata contessa Antonietta Fagnani Arese che si alza dal letto dopo la malattia e la stella di Venere che sorge dal mare mentre le Ore la adornano; in conclusione parla della fugacità della bellezza di cui la contessa non deve rammaricarsi perché i versi dell’ode renderanno la sua bellezza immortale.
Nei sonetti (dotati di una perfetta sintesi stilistica che unisce sentire romantico e compostezza formale classica) l’autore presenta il conflitto tra ragione e sentimento che sconvolge la sua mente; la sofferenza individuale diventa un canto universale in cui chiunque si può rispecchiare; l’esilio è simbolo di lontananza da ciò che è caro, condizione umana che ci lega alle cose irraggiungibili; la morte come porto di pace; il sepolcro è una possibilità di ricongiungersi ai propri cari; la poesia ha il ruolo di esternatrice della bellezza.
“Alla Musa”: sul tema del canto lirico e della disillusione, dello sconforto e dei tristi presagi. Il poeta si rivolge alla musa che un tempo lo ispirava.
“In morte del fratello Giovanni”: dedicata al fratello suicida per debiti di gioco. Richiamo ai temi dell’esilio, della morte considerata come un porto di pace dopo il viaggio tempestoso della vita. Esprime la speranza che da morto i suoi resti siano restituiti al petto della madre mesta (sua madre o l’isola di Giacinto).
“Alla sera”: si rivolge alla personificazione della sera ed esprime l’amore del poeta per il calare delle tenebre in quanto immagine di morte e nullificazione di ogni cosa.
“A Zacinto”: dedicato alla sua isola natale che nasce dallo stesso mare in cui nacque Venere. Paragone di sé stesso con Ulisse, è presente cioè il tema dell’eroe sconfitto e solo.
“Dei sepolcri”
Carme (dal Latino: componimento poetico), dedicato all’amico Pindemonte, collocato a metà tra genere poetico lirico (espressione di esperienze personali e sentimenti) e didascalico (esposizione di tesi e riflessioni). Tono di fondo elevato e solenne all’interno di un impianto classico; presenza di immagini romantiche. Struttura metrica: 295 versi endecasillabi sciolti; musicalità e ritmo dati, nonostante l’assenza di rime, dall’alternanza di virgole, enjambements, ripetizioni, consonanze, alliterazioni, assonanze. Caratteristiche stilistiche neoclassiche e romantiche.
I sepolcri, secondo Foscolo, sembrano, come prima impressione razionale, inutili e insignificanti, ma indagando più a fondo ci si accorge della loro utilità, non tanto per i defunti quanto per quelli ancora vivi.
Divisione del carme in due parti: la prima riguarda il sepolcro come istituzione storica e valore sociale (sepolcro, società, uomini), la seconda come custode di valori civili le cui funzioni sono eternate dalla poesia (sepolcro, memoria, poesia).
Prima parte (1-90 funzione del sepolcro, 91-150 il sepolcro nelle diverse civiltà): funzione del sepolcro in rapporto all’idea di morte dal punto di vista oggettivo (razionale e materialista) e soggettivo (sentimentale e idealistico); funzione del sepolcro in ambito individuale, privato, familiare; l’editto di Saint Cloud (editto napoleonico che impone le sepolture lontane dai centri abitati per motivi igienici): buoni e cattivi mischiati; culto dei sepolcri come base delle civiltà; culto dei sepolcri in diverse epoche (esempio positivo dell’antichità classica e dell’Inghilterra moderna, negativo del cristianesimo medievale); inutilità dei sepolcri nelle società corrotte dove non sono che ostentazione di ricchezza per i nobili lussuosi (esempio italiano); Foscolo augura per sé un sepolcro dal quale i suoi amici ricavino affetti e un esempio di poesia libera.
Seconda parte (151-212 lode alle tombe dei “grandi”, 213-295 funzione eternatrice della poesia): tombe dei “grandi” come luoghi sacri per le diverse civiltà (perché inducono a compiere grandi imprese sulle loro orme e conservano la memoria e i valori storici di una nazione, esempio per il presente e il futuro); tombe dei “grandi” italiani a Firenze (Santa Croce); poesia come mezzo di ricordo che non si distrugge; esempi delle tombe dei greci e dei troiani perse materialmente ma eternate dalle opere di Omero.
Altre opere
“Notizia intorno a Didimo Chierico”: premessa alla traduzione foscoliana di “Viaggio sentimentale attraverso la Francia e l’Italia” dell’abate anglicano inglese Sterne (razionale, distaccato, ironico, bizzarro). Didimo (detto Chierico perché inizialmente è un ecclesiastico), studioso, abbandona la vita religiosa riservando però una certa altezza morale. E’ la parodia dello stesso Foscolo preso dai suoi studi e dai suoi elevati principi intellettuali. Questo personaggio è più simile allo scrittore rispetto a Jacopo Ortis dal punto di vista della sua reazione innanzi alle sventura; egli infatti, come Foscolo, ha imparato a sorridere amaramente e con un po’ di saggio distacco ai difetti del Mondo.
“Le Grazie”: poema allegorico in versi non terminato; doveva rappresentare il punto d’arrivo della sua concezione artistica e della vita; si era proposto di esaltare figure mitologiche greche attraverso tre inni dedicati alla natura come madre delle cose (Venere), al focolare domestico (Vesta) e all’ingegno (Atena). Nel primo inno il poeta finge d’innalzare (invitando il Canova, scultore neoclassico) un altare in onore delle tre dee su una collina di Bellosguardo (vicino a Firenze), poi narra della nascita delle Grazie (divinità intermedie tra cielo e terra, simboli di bellezza e bontà a cui viene attribuita una funzione civilizzatrice rispetto agli uomini) e infine di come Venere e le Grazie giungono sul monte Ida; nel secondo, ambientato ancora a Bellosguardo è descritto il rito in cui le tre donne che il poeta ama al tempo (Cornelia Martinetti, Eleonora Nencini e Maddalena Bignami; bellezza, virtù e ingegno) offrono come doni alle Grazie un dolce suono d’arpa e un canto all’armonia del creato, un favo di miele (simbolo di poesia che dona mitezza), un cigno e una stupenda danza; nel terzo (del quale restano solo due brevi frammenti) si narra delle Grazie fuggite da Atlantide minacciate dalla forza dell’amore e costrette a tenere un velo per proteggersi dalle passioni, il velo permetterà loro di tornare tra gli uomini. Il testo, di mirabile armonia ritmico-musicale rappresenta una specie di testamento poetico, infatti, abbandonate le idee politiche (perché consumato interiormente), il poeta si può dedicare a una poesia pura nella forma, incontaminata da delusioni e sentimenti tormentati.
Critiche
I suoi contemporanei: apprezzato dagli spiriti patrioti come Mazzini e Cattaneo e guardato con ostilità dai cattolici come Tommaseo. I preromantici come Cesarotti ne criticano l’eccessiva passionalità e oscurità.
De Sanctis (1871): lo apprezza soprattutto per essere stato trai primi ad avere il coraggio di criticare Napoleone.
Critica novecentesca: evidenziazione delle diversità di correnti riassunte in Foscolo, del conflitto romantico tra ideale e reale e dei quattro temi ricorrenti in Foscolo (morte, eroismo, bellezza, arte). Alcuni, come Gadda e Gramsci, lo disprezzano.
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