Illuminismo e Parini

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Categoria:Letteratura Italiana

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Testo

Tempi e luoghi; definizione di Illuminismo e Neoclassicismo
Il periodo va dalla pace di Aquisgrana (1748) al Congresso di Vienna (1815).
Le tendenze economiche e sociali non mutano: sono ancora segnato della sviluppo demografico ed economico e dalla progressiva affermazione della borghesia, iniziata già dai primi anni del Settecento.
Il campo sociale, la borghesia arriva al potere attraverso due rivoluzioni, quella americana del 1776 e quella francese del 1789. in campo economico, in Francia viene abbattuto il sistema feudale, mentre in Inghilterra si afferma il sistema capitalistico. In campo politico, si diffondono idee nuove di tipo democratico e repubblicano in tutta Europa.
Il termine illuminismo indicava la coscienza di vivere in un periodo in cui il lume della ragione prevaleva sul buio dell’ignoranza e delle superstizioni. Sostenere il valore dell’intelligenza umana significava non obbedire più ad alcun dogma prestabilito né di tipo religioso né di tipo culturale o politico, e mettere al primo posto l’affermazione di libertà della ragione umana.
Per Kant l’illuminismo esprime il momento in cui l’uomo esce dallo stato di minorità e afferma la piena libertà e autonomia della ragione umana. Egli distingue un uso privato e pubblico della ragione. Da un punto di vista privato, ogni individuo esercita un lavoro e deve subordinare la ragione a un compito sociale (se è un militare, deve obbedire agli ordini, se è un prete deve insegnare il catechismo, ecc) da un punto di vista politico, la ricerca intellettuale del singolo non può invece conoscere limiti.
Da un lato Kant cerca un compromesso con il potere politico, dall’altro mira soprattutto a garantire la libertà di ricerca degli intellettuali.
In campo artistico, l’illuminismo si riconosce nel Neoclassicismo. Esso viene promosso dalla nascita dell’archeologia: si scoprono Ercolano e Pompei. Nel termine Neoclassicismo, il prefisso neo vuole indicare una differenza rispetto al classicismo dell’età precedente o di quella umanistico-rinascimentale.
Il tramonto dell’intelletuale cortigiano e “letterato”; il “partito degli intellettuali” e la sua organizzazione: le “Società”, i salotti, i caffè, l’editoria, la scuola
L’età dell’illuminismo segna la fine della figura dell’intellettuale cortigiano, dipendente dalla nobiltà e al suo servizio. Il ceto intellettuale viene a interpretare le esigenze della nuova classe borghese. L’intellettuale tende a porsi come il legislatore della società, capace di intervenire in ogni campo per proporre soluzioni più razionali rispetto al passato. Egli mira a creare un’opinione pubblica attraverso i propri pamphlets e i propri giornali. La crescita dell’alfabetizzazione, l’ampliarsi del pubblico e lo sviluppo dell’editoria gli consentono di occupare uno spazio nuovo e in parte autonomo rispetto al potere politico ed economico. L’intellettuale deve essere capace di intervenire in campi diversi, dall’economia al diritto, dalla storia alla filosofia, con uno stile incisivo, rapido e brillante. Deve diventare giornalista, autore di brevi trattati, non sistematici, che indicano un problema e ne propongono una soluzione. Nasce una nuova forma di trattatistica.
Si comincia a guardare con distacco alla figura del letterato. Mentre all’inizio del Settecento questo termine indicava generalmente l’intellettuale, ora passa a indicare chi si occupa esclusivamente di letteratura disinteressandosi dei problemi civili che stanno a cuore agli illuministi. Di qui la sfumatura negativa che il termine viene ad assumere.
Da un lato l’intellettuale può si influenzare l’opinione pubblica ma questa resta del tutto impotente se non influenza il governo dello stato: egli deve dunque tentare di diventare l’ispiratore o il consigliere dei principi rinunciando, in buona misura, alla propria autonomia, integrandosi nei meccanismi del potere divenendone un funzionario.
Le principali forme organizzative degli intellettuali e della cultura sono prevalentemente anti-istituzionali. A Parigi gli illuministi si organizzano in gruppi di lavoro e di discussione, che si riuniscono in salotti o in case private. Anche a Milano gli illuministi fanno gruppo formando una “Società” che si riunisce in casa Verri. Nasce così, nel 1761, l’accademia dei Pugni, a cui partecipano, fra gli altri, Pietro e Alessandro Verri e Cesare Beccarla, e da cui nasce la rivista «il Caffè» (1764-66).
L’accademia dei Pugni è molto diversa dalle accademie tradizionali, come l’Arcadia. Essa è attenta ai problemi concreti dell’attualità, e alle questioni di pubblica utilità, al dibattito delle idee, alla discussione collettiva delle opere recenti.
Alcune di esse tendono a creare un partito degli intellettuali, capace di intervenire in ogni campo del sapere, altre in settori specifici: tale, per esempio, è l’accademia dei Georgofili (Firenze) con l’obbiettivo di studiare i processi di ammodernamento da applicare all’agricoltura.
Un’altra forma di organizzazione specifica degli intellettuali è la rivista o il giornale. Finisce l’epoca del giornalismo erudito, rivolto ad un pubblico ristretto di accademici e di antiquari. Ora si amplia il numero di lettori, anche perché cambiano gli argomenti trattati: non più teologia e scienze astratte, ma economia, diritto, educazione, scienza. Cambiano anche le figure dei direttori o dei curatori dei giornali: non più ecclesiastici, ma professionisti laici.
Due sono i modelli a cui si ispirano i giornali e le riviste italiane: quello inglese dello «Spectator», e quello francese dell’ «Encyclopédie». «Il Caffè» presenta caratteristiche sia del primo che del secondo tipo: da un lato, su modello dello «Spectator», finge di riportare i commenti e conversazioni che si svolgerebbero in un caffè milanese; dall’altro analizza problemi giuridici, economici, scientifici, religiosi, linguistici, educativi. Il giornale esce ogni dieci giorni dal maggio del 1764 al giugno del 1766.
Contemporaneamente si sviluppano sempre nuove iniziative editoriali, nascono e si moltiplicano le stamperie.
Gli illuministi rivolsero la loro attenzione anche al sistema educativo. A livello universitario si tende a privilegiare argomenti di maggiore attualità e studi storici di epoche recenti, e a incoraggiare le ricerche giuridiche e scientifiche. Si mira a creare un sistema scolastico statale, dalle elementari alle superiori, che sostituisca l’educazione dei parroci e, a livello superiore, dei collegi gesuitici. Si pone anche il problema di avviare i giovani a mansioni specifiche legate a particolari abilità manuali. Infine, particolare attenzione viene posta ai problemi d’infanzia.
Col regime napoleonico si verifica una scissione nel ceto intellettuale: una minoranza resta fedele agli ideali giacobini e si dedica alla propaganda ideologica e politica dei valori di libertà e di uguaglianza; la maggior parte si inserisce nella cultura ufficiale promossa dal regime.
Le ideologie e l’immaginario
I grandi temi dell’immaginario mantengono la loro validità anche nell’età dell’illuminismo. Vi è una tendenza ad individuare leggi meccaniche, a quantificare il tempo e lo spazio; al gusto del viaggio e alla concezione della vita come viaggio. Fabbricando macchine,l’uomo duplica la natura, costruendone una del tutto artificiale, ma fatta a sua immagine. La mentalità illuministica, la civiltà e la ragione dovevano comportarsi secondo natura, assimilandone e riproducendone le leggi.
La vita sempre più artificiale riguarda non solo la divisione del lavoro in fabbrica, ma anche la suddivisione minuta del tempo nell’organizzazione dell’esigenza quotidiana ormai finalizzata allo scopo. La natura, vista come maestra e regolatrice dello sviluppo civile, è considerata come origine della sensibilità dell’uomo, dei suoi sentimenti, delle sue passioni.
A mano a mano che l’uomo si ritrova a vivere nell’artificiale, la natura tende a trasformarsi in mito. Di qui la contrapposizione fra campagna e città.
Ne deriva dunque l’opposizione fra, da una parte la città, delle macchine e della quantificazione del tempo e dell’esistenza; dall’altro la campagna, dei valori dell’anima e della qualità della vita. Ma mentre il primo aspetto dilaga e diventa generalizzato, il secondo aspetto riguarda solo gli intellettuali e le élites borghesi.
L’ora diventa un’unità produttiva, la base del salario. Il tempo viene suddiviso in spazi distinti, in modo da organizzarlo in modo più efficiente. Il tempo non dedicato al lavoro diviene necessario per riacquistare le energie per l’attività lavorativa. Il tempo diventa denaro. Lo spazio diviene un ostacolo da superare nel minor tempo possibile: l’esigenza della velocità.
Parallelamente a tutto ciò che è rapido è considerato nuovo, giovane aggiornato; tutto ciò che è vecchio, appare invece lento, attardato superato.
La natura viene vista come organismo vivente, come incessante trasformazione della materia, come vitalità continua che si riproduce senza sosta.
La valorizzazione del sentimento e della spontaneità come valori etici, l’esaltazione dei sensi, del piacere, dell’erotismo.
In campo letterario si gioca sulla corrispondenza anima-natura, sentimenti-paesaggio, interiorità-campagna; nel secondo sulla corrispondenza fra la tendenza al piacere e la spinta che agisce nel corpo umano e che viene legittimata al di fuori di ogni morale precostruita.
Nasce la nuova pedagogia che valorizza la naturale evoluzione del fanciullo e ne rispetta la spontaneità creatrice. Comincia a svilupparsi un tipo di autobiografia non più come testimonianza storica, ma come abbandono alla memoria, come trasparenza dell’anima.
L’uomo illuminista, per soddisfare il proprio desiderio sessuale, prepara ed esegue sempre nuove orge e nuovi crimini, nasce il sadismo.
I centri in Italia; la corrispondenza fra Illuminismo e Neoclassicismo
Le riforme illuministiche riguardano, in Italia, il Regno di Napoli, la Toscana, la Parma, la Lombardia.
In Italia i princìpi dell’illuminismo stentarono a conquistare l’intero ceto intellettuale e sono promossi gruppi ristretti di uomini di cultura. Gli illuministi italiani caratterizzano a loro attenzione ai problemi pratici, teorici, organizzativi.
La capitale italiana dell’illuminismo è Milano. La Lombardia era la regione in cui l’agricoltura si era maggiormente sviluppata, creando una borghesia agraria. Le prime industrie erano quelle della seta.
Negli anni Sessanta, Milano era appena agli inizi del suo rinnovamento culturale.
Per quanto riguarda la convergenza tra Illuminismo e Neoclassicismo: l’arte deve ispirarsi alla ragione, a criteri di regolarità, di semplicità e di armonia e, nello stesso tempo, dev’essere utile alla società, impegnarsi in senso civile ed etico.
I generi letterari, lo stile, il pubblico, la lingua
Il mutamento (da aristocrazia a borghesia) del pubblico, la crescente dipendenza dello scrittore dal mercato librario, l’espansione dell’editoria e dell’alfabetizzazione hanno una diretta influenza sullo stile e sul sistema dei generi letterari. La scrittura mira alla semplicità, alla linearità sintattica, alla chiarezza, a esprimere con evidenza i contenuti.
L’uso frequente dello stile epistolare è impiegato sia nelle relazioni di viaggio, sia nelle polemiche letterarie, sia nel romanzo. La trattatistica risente del mutato atteggiamento degli intellettuali verso la società: si diffonde il pamphlet, assai più breve, vivace, incisivo, e rivolto ad un pubblico molto più ampio e non necessariamente specialistico (Dei delitti e delle pene di Beccaria). Un’altra forma tipica di scrittura è il reportage giornalistico.
La letteratura umanistica predilige la modalità ironico-parodica, che si esprime nella satira, nel romanzo umoristico. Si diffonde con l’illuminismo il romanzo filosofico.
In un’area minoritaria dell’Illuminismo, si sviluppano anche tendenze patetiche e sentimentali, tematiche notturne e sepolcrali.
Inoltre la modalità patetico-sentimentale si manifesta nell’autobiografia, assumendo un aspetto di confessione. In quest’ultime l’attenzione è puntata piuttosto sulle esperienze interiori e psicologiche.
Dove la modalità patetico–sentimentale si realizza maggiormente è nel teatro, sia nel melodramma, sia nel dramma borghese.
Prevale la prosa sulla poesia: i due generi più frequentati sono il saggio (filosofico, scientifico, economico) e il romanzo. Appare invece assai di minor rilievo la produzione lirica in versi.
Gli illuministi avevano imposto una nuova maniera di intendere la lingua: essa viene concepita come uno strumento vivo, regolato dall’uso e non da norme precostruite; la retorica non è più vista come uno strumento per abbellire il discorso, ma come uno strumento per potenziare l’efficacia e le possibilità espressive; viene rifiutata l’idea di una lingua originaria universale e affermata invece la concreta evoluzione di ogni lingua, vista storicamente nella sua peculiarità e nella sua dimensione sociologica e antropologica.
L’attenzione verso il problema comunicativo disponeva gli illuministi a un atteggiamento benevolo verso il dialetto, che viene difeso da Parini in polemica con le tesi di padre Branda, il quale aveva denigrato quello milanese. Goldoni fa ricorso al dialetto di Venezia.
«il Caffè» mosse una dura polemica contro la Crusca e rivendicò il diritto d’inventare nuove parole e di italianizzare quelle straniere.
Il trattato
Con l’illuminismo entra in crisi la struttura e la concezione del sapere del Medioevo. Il sapere medievale aveva sistemi rigidi fondati sulla metafisica e affidata al principio di autorità, come le Sacre Scritture. La sua forma di rappresentazione filosofico-letteraria è il trattato. Il sapere illuministico va in opposizione a tale tradizione, rilanciando il filone laico, scientifico dal Rinascimento in poi. Gli illuministi rifiutano l’idea di sistematicità chiusa e fondano una visione molteplice e articolata del sapere.
Si diffonde il saggio, che consente fra l’altro di intervenire in modo più incalzante ed efficace nel dibattito culturale, è il pamphlet. Ci sono poi forme di espressione ancor meno sistematiche, quali i pensieri o la lettera aperta. Anche i generi più tradizionali quali il dialogo o il commento possono divenire veicoli delle nuove idee. Ma gli intellettuali illuministici si dedicano pure a scritti d’occasione come articoli per giornali e riviste. Le nuove idee sono sostenute anche attraverso generi normalmente estranei al dibattito filosofico e ideologico come il romanzo e il poemetto.
La trattatistica si presenta priva di un rigore tradizionale, e risulta affidata a forme molteplici e diverse. Decisivo è il rapporto con il pubblico.
L’importanza del momento comunicativo è testimoniata dalla fortuna del discorso nella quale è ben presente il rapporto con il pubblico di ascoltatori. Egualmente può dirsi delle lettere.
L’intenzione divulgativa è finalizzata al diletto dei lettori anziché a un progetto di cultura e di società.
L’intellettuale illuminista deve saper adattare i propri strumenti espressivi alle varie circostanze. Lo stile individuale dei vari scrittori deve fare i conti con le condizioni della ricezione, e mutare a seconda che si cimenti con un breve articolo giornalistico oppure con un saggio filosofico o, ancora, con una prolusione accademica.
I temi che dominano la trattatistica del periodo sono in primo luogo quelli di maggior impegno sociale e civile: economia, finanza, agricoltura, diritto. Questo impegno nella realtà e questa attenzione concreta al presente segnano una novità profonda. Non meno significativo è il valore assegnato anche a temi più tradizionali: la ricerca storica, la discussione sull’arte e anche sulla letteratura e sulla lingua, il dibattito filosofico.
La ricerca storiografica assume una nuova valenza strategica.
La poesia
La cultura illuministica non produce un’unica poetica dominante. Gli intellettuali vengono ora concepiti quali “filosofi” piuttosto che quali letterati. È l’impegno nella ricerca del vero piuttosto che quello nella creazione della bellezza a caratterizzare gli scrittori della stagione illuministica.
Potrà accadere che il classicismo si fonda con la concezione illuministica, dando luogo al Neoclassicismo illuministico (Parini); ma anche che gli illuministi del «Caffè» respingano il classicismo e propongono modelli più moderni e vivi di scrittura.
È possibile in ogni caso individuare due aspetti di influenza dell’illuminazione sulla poesia.
Innanzitutto la poesia perde la primaria importanza nel sistema dei generi letterari, sostituita dalla saggistica e dal romanzo. In secondo luogo, anche la poesia si rivolge a tematiche sociali e civili. La maggior parte della produzione di Parini è orientata in tal senso. Ciò implica un’ulteriore ridefinizione nel sistema dei generi letterari: la lirica perde il primato all’interno delle varie forme di espressione poetica, mentre vengono rilanciate forme più utilizzabili in chiave impegnata (come l’ode, il carme e il poemetto).
Il Neoclassicismo e il Preromanticismo si configurano in parte come contrapposte e in parte come complementari. È comune ad entrambe il rifiuto della tradizione arcadica e di ogni forma di classicismo convenzionale e astratto. C’è nel Neoclassicismo un potenziale di turbamento (il passato dell’arte classica è guardato con nostalgia). C’è insomma nel Neoclassicismo la coscienza della modernità. Ciò rende l’arte neoclassica particolarmente adatta ad affrontare temi di attualità.
Questa ambivalenza della cultura illuministica e dei suoi effetti si manifesta in modo più netto e constante proprio nella poesia, per sua natura particolarmente sensibile al rapporto tra ideologia e immaginario.
Giuseppe Parini
Giuseppe Parini nasce nel 1729 a Bosisio (Como) da una famigli di piccoli commercianti. Si trasferisce a Milano da una zia e prosegue gli studi. Nel ’53 entra nell’accademia dei Trasformati mentre l’anno successivo è ordinato sacerdote. Fu precettore presso i duchi Serbelloni e anche di Carlo imbonati; fu poeta ufficiale del Teatro Regio; dirige la «Gazzetta di Milano»per qualche mese; fu professore presso le Scuole Palatine; fu sovrintendente delle Scuole comunali di Brera. Muore a maggio nel 1799.
L’ideologia e la poetica
L’ideologia pariniana è fondata sulla legge della moderazione. Infatti vivendo con tendenze e tradizioni diverse e spesso contrastanti, Parini risente dell’influenza, senza in realtà aderire a nessuna.
Egli vuole trasformare radicalmente i contenuti senza alterare le strutture.
La frequentazione degli ambienti aristocratici, negli anni /1754-’68) in cui fu al servizio presso famiglie della nobiltà milanese, getta le basi della critica antinobiliare del poeta: pubblica il Dialogo sopra la nobiltà (1857), che costituisce anche la struttura portante del Giorno. Parini mira ad un rinnovamento delle strutture sociali dell’ancien regime, non a una loro messa in discussione.
La diversa concezione delle strutture produttive separa Parini dagli illuministi più radicali. Questi ultimi sostenevano una nuova concezione economica, secondo la quale il ruolo-guida non spettava più all’agricoltura ma all’industria e al commercio, sole garanzie di progresso e di ricchezza per tutti. Ben diversa era la posizione di Parini che intendeva modernizzare ma non stravolgere le vecchie strutture sociali.
A differenza degli intellettuali del «Caffè», Parini non percepisce che la grande trasformazione in atto comporta di necessità l’affermarsi di una nuova classe sociale (la borghesia) e la riconversione (cioè l’imborghesimento) dei vecchi ceti dirigenti.
Parini era disposto a riconoscere la validità della scienza e a diffonderne le ragioni contro l’oscurantismo e i pregiudizi ancora diffusi; ma rifiutava di sottomettere alle ragioni della scienza ogni aspetto della realtà e della vita.
Gli illuministi facevano della letteratura uno strumento atto a diffondere cognizioni utili; sostenevano una finalizzazione pratica della letteratura. Parini rifiutava la riduzione della letteratura all’utile, sostenendo piuttosto che la poesia deve nascere dal difficile incontro tra finalità sociali e bellezza, cioè tra utilità e gratuità.
Mentre l’utilità della poesia dev’essere garantita dal rapporto vivo con la realtà storico-sociale presente, la bellezza risponde a una esigenza antropologica.
L’originale posizione di Parini presenta un’apertura alle nuove tematiche civili e sociali (l’utile), e una parte fedele alle forme della tradizione classica (la bellezza).
Le Odi
Parini scrisse svariate odi alle quali resta affidata, accanto al Giorno, la gloria del poeta. La contrapposizione delle odi abbraccia gli anni dal 1757 al 1795. In futuro esse furono uno degli strumenti fondamentali di mediazione tra le forme della tradizione arcadica e le nuove poetiche neoclassiche e classiche.
Le composizioni circolavano in stampe spesso precarie. Il legame con l’attualità politica, di costume e culturale gli consentirono una diffusione occasionale e incerta. Parini meditò lungamente di riunire le odi e di pubblicarle in un’opera organica e unitaria; ma il progetto non fu mai realizzato.
La disposizione dei testi denuncia una volontà di organizzazione tematica. Tale disposizione tematica non si presenta priva di una sostanziale coincidenza con la cronologia di composizione. Parini si dedicò in una prima fase prevalentemente a temi civili e impegnati, restringendosi poi ad argomenti ed esperienze personali e private. Si possono evidenziare per le Odi tre fasi compositive.
La prima fase va dal 1757 al 1770. le odi di questo periodo sono caratterizzate da temi sociali e civili. La salubrità dell’aria si basa sulla contrapposizione città-campagna e sull’esaltazione della vita agreste; essa presenta anche una denuncia della civiltà moderna come trionfo dell’individualismo e come perdita di ogni prospettiva comune.
La seconda fase non abbandona la dimensione civile, ma si concentra sulla funziona sociale della cultura e dell’educazione piuttosto che su grandi tematiche pubbliche. Tale fase si stende dal 1777 al 1785.
La terza e ultima fase abbraccia gli anni dal 1787 al 1795 ed è caratterizzata dal ripiegamento malinconico e nostalgico sui temi dell’interiorità esistenziale, spesso introdotti sobriamente in occasioni di galanti celebrazioni di bellezze femminili. Il tema amoroso è il movente del rimpianto per la vita che trascorre e per la giovinezza che si è allontanata.
La predilezione netta per i versi brevi, la disposizione studiata delle rime, lo stile elevato, la contabilità, sono tutte doti che mostrano la dipendenza pariniana dalla lirica dominante del tempo. C’è poi un recupero dei modelli classici.
Il tono di Parini non è giocoso, frivolo, disimpegnato, leggero o aggraziato, ma c’è un risentimento, un impulso polemico, un desiderio di concretezza. Le odi della giovinezza sono impegnate sul piano civile come critica della società presente e come proposta di rinnovamento; le odi della maturità e della vecchiaia sono valorizzate come dignità e coerenza individuale.
Le strutture metriche eleganti vengono portate al massimo grado espressivo, nella fase civilmente impegnata, con l’introduzione di un lessico crudo, piuttosto realistico che letterario, attraverso la definizione di uno stile giocato su contrapposizioni, rovesciamenti, simulazioni ironiche. Più sottili e raffinate risultano poi le tecniche impegnate nelle odi maggiori dedicate a temi amorosi o all’innalzamento della poesia e della figura stessa del poeta. La scelta raffinata del lessico e la costruzione sintattica sono sempre curate e lontane dalla norma. Di qui quel senso di malinconia e di estenuatezza che si sprigiona da alcuni testi del poeta.
La salubrità dell’aria
Questa ode fu letta da Parini nell’accademia dei trasformati durante il 1759 nella quale era stato dato come tema l’aria. Al clima malsano e alle terribili condizioni igieniche di Milano, Parini contrappone la sanità del clima delle sue terre natali, sui colli di Brianza. Il poeta accusa la ricerca del profitto privato che è causa della degenerazione milanese, contrapponendole una concezione della vita produttiva ispirata a criteri di bene pubblico.
Esso è composto in sestine di settenari piani con rime secondo lo schema ababcc.
Sul piano formale questa ode risulta frutto di una elaborazione raffinatissima.
La squisitezza della elaborazione può essere verificata nel lessico, nello stile, nelle figure retoriche.
Il lessico è semplice ricercato e raro, con ricorso frequente a termini classici e a latinismi. Anche gli oggetti più comuni vengono nobilitati (aria=aere o etere).
Lo stile esclude sempre la costruzione più ovvia e diretta, mirando a distinguersi dall’uso parlato. Anastrofi e iperbati sono dunque la regola.
Numerose sono le metafore, con la funzione di nobilitare la materia trattata. A volte però le metafore possono avere una funzione espressiva enfatizzante, volta a drammatizzare la denuncia. Frequenti sono anche le metonimie, sineddochi e ipallagi.
Il Giorno
Capolavoro di Parini è il Giorno, incompiuto poema in endecasillabi sciolti. Delle quattro parti in cui l’opera è divisa, il poeta né pubblicò un vita due: il Mattino (1763) e il Mezzogiorno (1765). Lavorò poi a più riprese e con grande impegno alla composizione delle due parti mancanti, il Vespro e la Notte, e alla correzione e alla riscrittura delle due parti già pubblicate.
La lunga elaborazione del Giorno risponde a due progetti fondamentali sostanzialmente diversi e tra loro incompatibili.
La prima fase pensò a tre poemetti intitolati il Mattino, Il Mezzogiorno e La Sera, dedicati a criticare sarcasticamente la corrotta aristocrazia cittadina da un punto di vista sostanzialmente alternativo. Di questo progetto furono pubblicati la prima e la seconda parte.
In una seconda fase Parini lavorò invece al progetto di un poema organico, da intitolarsi Il Giorno. Il secondo progetto prevedeva un unico poema suddiviso in quattro parti (Il Mattino, Il Meriggio, Il Vespro e La Notte). Ad esso è dedicato il medesimo tema delle prime due parti.
Oggetto del poema è il racconto di una giornata esemplare della vita di un giovane nobile, scandita nei quattro momenti della giornata, rispondenti alle quattro parti dell’opera. Il racconto è svolto dal punto di vista di un Precettore che intende guidare il «giovin signore» attraverso le distinte tappe della sua giornata, ovviamente tutta dedicata a frivolezze e divertimenti.
Il Precettore incarna una prospettiva critica e dissacratoria, manifestata attraverso il taglio ironico dominante. In questo modo le meschinità, la vanità, i vizi e la corruzione del mondo nobiliare divengono oggetto di una caricatura feroce e di una denuncia in linea con le posizioni antinobiliari degli illuministi europei.
Gli anni trascorsi da Parini presso cassa Serbelloni costituiscono un’esperienza biografica e culturale decisiva per l’ideazione del Giorno. Parini testimonia la crisi storica dell’aristocrazia e ne giudica i corrotti costumi.
Il Mattino e Il Mezzogiorno
Pubblicato rispettivamente nel 1763 e nel 1765, entrambi anonimi.
Il Mattino è preceduto da una dedica in prosa alla Moda. Il poeta dichiara di dedicare i propri versi alla Moda, assumendo un punto di vista ironico, fingendo di abbracciare un modo di pensare che rappresenta l’opposto del suo vero.
Il poemetto vero e proprio prende il via con la presentazione dei suoi protagonisti e con la disposizione della materia. Il narratore si presenta nei panni di «Precettor d’amabil Rito», cioè di educatore al piacere e al divertimento. Destinatario dei suoi insegnamenti è un «Giovin Signore». Questi è subito raffigurato come dedito all’ozio ed estraneo ad ogni impegno serio. La disposizione della materia annuncia che il Precettore dividerà i suoi insegnamenti di piacere in tre momenti: il Mattino, il Mezzogiorno e la Sera.
La funzione del precettore è quella di descrivere la vita reale del suo rampollo che non di educarlo veramente a qualcosa. La descrizione si apre all’alba, che vede tutti i comuni mortali riprendere i propri lavori mentre il Giovin Signore va finalmente a dormire, stanco del teatro e del gioco. Il narratore giustifica questa diversità affermando che tutti gli altri devono lavorare proprio perché il Giovin Signore possa invece oziare e divertirsi. Dietro si nasconde la denuncia della loro assurdità e ingiustizia.
Nel momento del risveglio, il Giovin Signore deve affrontare gravi preoccupazioni, legate alla esigenza di muoversi in modo studiato ed elegante (sbadigliare e stoppiciarsi gli occhi aristocraticamente). Levatosi dal letto, vestito, compiuto anche il rito della toeletta, e ben impomatato e incipriato, il Giovin Signore rivolge infine un pensiero affettuoso alla sua Dama; egli ne è non il marito ma il cicisbeo, ciè l’amante ufficiale.
Mentre il parrucchiere gli acconcia elegantemente i capelli, il signore può sfogliare qualche libro alla moda. Per uscire porta con se una serie di oggetti utili a rendere meno disagiata la sua permanenza fuori di casa: dal sacchetto contenente erbe profumante da annusare per non sentire il puzzo della gente comune, al giornale alla moda per ben figurare in pubblico.
Infine, il Giovin Signore, esce e si reca in carrozza dalla sua Dama che lo attende per il pranzo. E stiano ben attenti a spostarsi i passanti, se non vogliono essere investiti o travolti dalla sua carrozza, come molte volte è accaduto.
Nel Mezzogiorno il punto di vista del precettore si trasforma: cessa di essere l’accompagnatore delle azioni del Giovin Signore e ne diviene l’«umil Cantore». Mentre nel Mattino il Signore era raffigurato nel privato della sua abitazione, ora viene ritratto nel vivo della società nobiliare.
Al pranzo, la Dama si mostra tutta dedita a pettegolezzi, di continuo civettante con altri cavalieri sotto gli occhi del marito. Questi attende l’arrivo del cicisbeo della moglie, per potersi mettere a tavola.
La rappresentazione dei commensali dà modo al poeta di soffermarsi sui vari tipi umani di questa società; e tra di essi spicca il vegetariano, che condanna la crudele uccisione degli animali. La Dama versa una lacrima nel ricordo della sua cagnetta, colpita un giorno dal calcio di un vile servitore; questi naturalmente fu licenziato e condannato a chiedere senza risultato l’elemosina insieme alla moglie e ai figli, così da risarcire la «vergine cuccia» del suo dolore.
Concluso il pranzo, tutti seguono la Dama in un’altra stanza, per il caffè. Mentre si dispone il tric-trac (gioco) il Giovin Signore sceglie con cura la carrozza con la quale portare in giro la Dama nella passeggiata pomeridiana. La parte che conclude Il Mezzogiorno è la passeggiata in carrozza al tramonto.
Il risveglio
È presentata qui la parte iniziale del poemetto Il Mattino. Dopo la presentazione del protagonista, cioè del «Giovin Signore», e del narratore, cioè del «Precettor d’amabil Rito», viene annunciata la materia del poemetto. Questo descriverà la vita di un giovane nobile. Il risveglio del Giovin Signore avviene quando il sole è già alto. Tale risveglio si accompagna a una serie interminabile di rituali privi di ogni rilevanza, come scegliere tra cioccolata e caffè.
Scritto in endecasillabi sciolti.
Il brano costituisce la parte iniziale del poemetto. Le prime parole pongono subito al centro dell’attenzione il personaggio fondamentale del racconto, il Giovin Signore; così come la conclusione del primo presenta il secondo protagonista, il «Precettor d’amabil Rito».
È presente la scelta di un lessico raffinato, ricco di termini letterari e rari, e soprattutto fitto di latinismi. L’innalzamento stilistico, retorico e in genere formale è destinato tradizionalmente a conferire nobiltà e prestigio alla materia trattata. La raffinata scrittura pariniana diviene ironica e dunque paradisiaca, con effetto straniante. L’ironia si abbatte con particolare malizia sulla presentazione del protagonista, formatosi nelle bische, forse malato di sifilide, mal ridotto nel patrimonio, vigliacco e ignorante. L’ironia diventa feroce e amara riferendosi alla strage delle popolazioni americane, commesso per consentire al Giovin Signore i suoi inutili lussi; oppure assume un registro malinconico e commosso rappresentando la vita delle classi popolari e soprattutto dei contadini.
La rappresentazione del mondo nobiliare esprime dunque la ferma condanna di Parini. Il poeta fa però in modo di non limitarsi a un punto di vista critico e negativo, ma comunica al lettore anche i propri valori positivi.
La vergine cuccia
Udendo un ipocrita vegetariano sensibile al dolore degli animali ma del tutto insofferente delle sofferenze umane, alla Dama del Giovin Signore torna in mente quando la sua cagnetta e questi, avendola colpita con un calcio, fu licenziato e gettato con la numerosa famiglia in miseria. Ovviamente la pietà è tutta per la cagnetta. Metrica è in endecasillabi sciolti.
Anche in questo episodio la narrazione è condotta dal punto di vista del mondo aristocratico. In particolare qui è assunta l’ottica della Dama. Ciò spiega l’umanizzazione della cagnetta,la sua esaltazione e perfino divinizzazione; e spiega la criminalizzazione del servo il cui piede è dapprima definito «villan» e quindi addirittura «sacrilego». D’altra parte, se la cagnetta è una piccola dea, colui che la colpisce è un «sacrilego».
Al punto di vista del potere si affianca ad un certo momento un punto di vista alternativo che ne prende in larga misura il posto. La posizione del poeta emerse affiorando il tono della tragedia.
La seconda fase dell’opera: Il Giorno
Per questa seconda fase è legittimo parlare in senso proprio del Giorno, considerabile come un poema unitario suddiviso in quattro parti. Rispetto al primo progetto, questo comporta la presenza di una parte in più (la Sera si divide di Vestro e Notte), nonché la modifica dell’intitolazione, che da Mezzogiorno diviene Il Meriggio.
Le maggiori diversità tra il primo progetto pariniano e il secondo riguardano l’ideologia e la poetica.
La satira antinobiliare del Giorno si trovava spiazzata rispetto alla nuova situazione politica entro la quale il poeta operava. Non si trattava più di mettere sotto processo la imbelle aristocrazia milanese, ma semmai di distinguere tra quei settori disponibili a collaborare con le nuove riforme e le manifestazioni invece di resistenza di altri gruppi nobiliari.
Alla rappresentazione minuta della vita del Giovin Signore si sostituisce un affresco più mosso e vario del suo ceto di appartenenza.
Un’aggiunta operata nella revisione del Mattino è la passeggiata del Giovin Signore nella galleria dei ritratti degli antenati. Qui il poeta mette in risalto la decadenza dell’aristocrazia, confrontando l’aspetto fiero e la capacità reale degli avi, con la fisicità e il carattere debole del loro discendente. In tal modo alla contrapposizione tra popolo (sano) e nobiltà (corrotta) si aggiunge una nuova contrapposizione, tra nobiltà antica (sana) e nobiltà attuale (corrotta).
Il Vesprosi tratta di una parte sostanzialmente incompiuta dl poema.
Il Vespro è occupato dalla passeggiata in carrozza del Giovin Signore e della Dama; passeggiata però interrotta per alcune visite. Una di queste porta i protagonisti nella casa dell’amica della Dama, colta il giorno precedente da una crisi di convulsioni; qui il Giovin Signore che le punzecchiature tra dame si trasformino in guerra aperta.
La passeggiata in carrozza è ripresa con il proposito di recarsi a visitare una giovane nobile che ha da poco partorito il suo primogenito. L’ironia di Parini si abbatte sui numerosi poetastri che hanno celebrato l’evento.
I risultati più convenienti e originali vengono raggiunti da Parini nella Notte. Il poeta presenta una inquietante rappresentazione della notte, segnata dall’ignoto e dalla minaccia. Segue una contrapposizione tra la notte dedicata al riposo dai nobili del passato, stanchi delle imprese quotidiane, e la notte invece tutta occupata dai nuovi piaceri per i nobili attuali.
Il poeta ritrova il Giovin Signore che prende serenamente il fresco con la sua Dama. Annoiati, essi si recano così ad un grande ricevimento notturno. Nella stanza più esclusiva del palazzo sta la «matrona», distesa su un canapè. Intanto il Giovin Signore passeggia tra i suoi pari, descritti dal poeta ad uno ad uno, ognuno dedito a un hobby.
Con la sistemazione dei tavoli da gioco termina la Notte.
La metrica e lo stile
La scelta dell’endecasillabo sciolto, cioè privo di rime, rientra nella tradizione di poesia didascalica, divulgativa, polemica, satirica. È interessante notare che Parini, nella dedica Alla Musa, non giustifica la scelta di tale metro.
I ricorso frequente all’enjambement da solennità al costrutto sintattico, sottolineandone le potenti e raffinate inversioni, e enfatizzandone il registro stilistico.
La satira pariniana non agisce abbassando il registro eroico in modo da deformarlo sconvolgerlo; un simile effetto è affidato alle inversioni e alle perifrasi.
Lo spazio e il tempo
Prevalgono nel Giorno il momento descrittivo su quello drammatico-destrittivo. È possibile distinguere due tipologie spaziali: gli interni e gli esterni. I primi sono assai più numerosi e qualificati: è in essi che il Giovin Signore svolge le proprie tappe insignificanti. Gli interni rappresentati corrispondono ai vari luoghi del palazzo nobiliare. La più significativa rappresentazioni di esterni costituisce una sorta di colonizzazione simbolica dello spazio da parte dell’aristocrazia; e non un suo confronto con la naturalità (carrozza contro i passanti). Non minore importanza ha poi il tempo. Il poema è centrato sulla corrispondenza tra ore della giornata e capitoli del racconto.
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Esempio



  


  1. fiorito maria

    analisi del testo l avergine cuccia