Il santo Graal

Materie:Tesina
Categoria:Letteratura Francese

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Testo

IL SANTO GRAAL

Sconcertante, misterioso, imprevedibile, il Santo Graal è soprattutto un vero e proprio giallo storico che prende avvio da alcuni incredibili indizi ritrovati a Carcassone,centro della Francia Meridionale. Il quadro che ne emerge è quanto mai sconvolgente:Gesù non morì sulla croce,sposò Maria Maddalena da cui ebbe alcuni figli e,con una famiglia,si rifugiò in Francia presso una comunità ebraica;i suoi discendenti regnarono con il nome Merovingi,creando successivamente il Sacro Romano impero, maestoso disegno di un’Europa riunita. Fallito sul piano politico, questo progetto si sarebbe invece alimentato grazie a sette religioso-esoteriche come i templari ,gli Albigesi, i cavalieri Teutonici, e a società segrete facenti capo a un’organizzazione ancor più misteriosa,il “Priorato di Sion”di cui sono stati collegati ,nel corso dei secoli ,alcuni fra i più prestigiosi dell’arte, della scienza e del cattolicesimo. Insolito reportage su duemila anni di storia ,il Santo Graal trascina il lettore in un gioco affascinante di fatti, ipotesi, analisi, interpretazioni e
strabilianti coincidenze ,facendo rivivere il mistero della grande leggenda del Graal.

La leggenda del Santo Graal

Merlino comincia a narrare la storia del santo Graal
…Poiché questa era la volontà di Dio, Artù divenne primo fra i britanni in età molto giovane, sicché Merlino, già molto vecchio e molto saggio, fu sin dall’inizio suo amico e consigliere e gli suggerì come fare sempre il bene dei Britanni e dell’isola tutta. Un giorno in cui conversavano nella fortezza di Carlaeon , Merlino disse ad Artù: < E’ giunto il tempo che io ti dica le che cose che fanno parte della nostra tradizione primordiale, ma che segneranno anche i giorni del tuo regno, perché così è scritto che debba essere. E’ bene perciò che tu sappia che quando il creatore sedeva ancora nello splendore, alle origini del tempo, il pi bello tra gli angeli che lo circondavano, Lucifero, peccando di superbia, si ribellò a Dio e per questo motivo fù precipitato nel mondo dell’oscurità e del dolore che è chiamato Inferno. Ma all’atto della caduta uno splendido smeraldo incastonato nella sua fronte si staccò per finire nell’Eden. Qui la pietra venne affidata al primo degli uomini che era Adamo. Egli tuttavia la perse a sua volta, per aver avuto conoscere il frutto del bene e del male, quando fù scacciato dal Paradiso. Così la pietra rimase nell’Eden per molti millenni , fino al momento in cui rimase nel paradiso terrestre un uomo di nome Seth , che altri non era che nostro signore Gesù Cristo, ed egli le dette la forma di una coppa, qual è rimasta sino ai nostri giorni. Accade poi nel tempo in cui Gesù era venuto sulla terra per riscattare i peccati degli uomini, la Giudea si trovasse sotto il dominio di Roma, il cui governatore si chiamava Pilato. Costui aveva al suo servizio un mercenario, grande guerriero, che bene aveva servito Roma in Palestina e che tutti conoscevano come Giuseppe d’Arimatea. Egli incontrò Cristo e né ascoltò le prediche ed in cuor suo le amò e ne fu discepolo, ma non osò esternare i suoi sentimenti poiché i giudei lo odiavano e molti erano i suoi nemici e pochi i suoi seguaci. Fra questi ultimi ce n’era uno di nome Giuda, astioso poiché non riusciva a legare con gli altri e ad essere gradito. Fu così che coltivò invidia e risentimento verso Gesù e coloro che lo amavano. Sapendo che i Giudei volevano la sua sciagura, andò dal loro sommo sacerdote, che si chiamava Caifa, e denunciò il Cristo dopo averlo calunniato, ricevendo in cambio una borsa di trenta denari. Allora Caifa chiese a Giuda come fosse possibile riconoscere il falso Messia ed egli rispose : < Non vi preoccupate: prendete quello che bacerò >. Così Gesù fu catturato all’Orto degli Ulivi, battuto e condannato alla crocifissione come un ladro qualunque. Tuttavia Pilato, comprendendo che i Giudei volevano la morte di Gesù senza buone cause, di fronte ai dottori del Tempio e si fece portare dell’acqua, si lavò le mani e dichiarò che, come le sue mani erano pulite e lavate, così egli si riteneva innocente per la morte di quel giusto, condannato senza ragione >.
Qui Merlino concluse il suo racconto poiché in cielo cominciavano a brillare le prime stelle.

Il Graal e il sangue di Cristo
Quando tornarono a Carlaeon, Artù ed i suoi guerrieri furono accolti con grandi feste, le tavole vennero imbandite e i bardi iniziarono a cantare le ultime vittorie che avevano allontanato la minaccia dei Sassoni. A tarda sera Merlino che sedeva alla destra di Artù, attirò la sua attenzione e riprese il racconto del Graal.
< La notte in cui i Giudei arrestarono nostro signore, dopo che Cristo ebbe insegnato ai suoi discepoli, nell’ultima cena, il rito dell’eucarestia, uno degli uomini che lo catturarono prese dalla casa di Simone la coppa in cui Gesù aveva consacrato il vino e ne fece dono a Pilato. Quando Giuseppe d’Arimatea seppe che il Cristo era stato crocifisso, fu preso da grande dolore e si recò senza indugio dal governatore romano di cui era al servizio dicendogli < Io non ti ho mai chiesto premi né ricompense per la mia fedeltà e credo sia venuto il tempo che tu me ne conceda almeno uno >. Poiché Pilato lo teneva in grande considerazione, rispose che lo avrebbe accontentato. Giuseppe allora disse < Io chiedo il corpo di quel Gesù che i Giudei hanno ingiustamente appeso alla croce>. Pilato si meravigliò molto, ma non poteva negargli una così modesta ricompensa. Tuttavia, sapendo che i Giudei erano ben armati e che certo si sarebbero opposti alla sepoltura, gli consigliò di impadronirsi del corpo con un colpo di mano. Giuseppe si recò ai piedi della croce, ma le sentinelle lo scacciarono minacciandolo di ucciderlo: infatti si era sparsa la voce che Gesù sarebbe risorto il terzo giorno dopo la morte e perciò uomini armati né vegliavano il corpo continuamente. Giuseppe allora tornò da Pilato, il quale gli consigliò di impadronirsi di nascosto del corpo ed ordinò ad un sacerdote di nome Nicodemo di aiutarlo nell’impresa. Prima che Giuseppe si allontanasse , Pilato gli disse < Vedo che porti molto amore a quest’uomo ucciso dai Giudei e voglio farti dono di una coppa che gli è appartenuta> , e dette a Giuseppe la coppa in cui Cristo aveva bevuto durante l’ultima cena. Procuratisi una tenaglia per strappare i chiodi, Giuseppe e Nicodemo si recarono ai piedi della e ne staccarono il corpo di Gesù. Depostolo, Giuseppe lo lavò con cura e vedendo stillare il sangue dalle ferite che ancora sanguinavano, corse a prendere la coppa donatagli da Pilato e vi raccolse le gocce che colavano dal costato , dai piedi e dalle mani . Successivamente portarono il corpo in una tomba che Giuseppe aveva fatto preparare apposta ; Pilato intanto, poiché i Giudei rumoreggiavano temendo la profezia della resurrezione, mise dei soldati a guardia del sepolcro. Ma il terzo giorno il corpo di Nostro Signore non fu più trovato e tutti ne fecero un gran parlare ed un grande timore si sparse tra coloro che lo avevano crocifisso.> …

Gli studiosi del 1900 concordano nel ritenere che i romanzi del Graal poggino su un fondamenta pagane:un rito connesso al ciclo delle stagioni,la morte e la nascita dell’anno. Nel 1150 la base originariamente pagana dei romanzi del Graal subì una trasformazione curiosa e di straordinaria importanza. Il Graal fu associato esclusivamente e specificatamente al cristianesimo,anzi a una forma di cristianesimo non molto ortodossa. Il Graal venne collegato inestricabilmente a Gesù. Esso diede origini a una quantità di romanzi,o lunghi poemi narrativi che ancora oggi accendono la fantasia. Nonostante la disapprovazione della Chiesa,questi romanzi fiorirono per quasi un secolo e diedero origine a un vero e proprio culto. Nel 1470 il tema venne ripreso da Sir Thomas Malory nel famoso La morte d’Arthur;e da allora ha sempre avuto un posto più o meno rilevante nella cultura occidentale. Certi nazisti tedeschi credessero ver4amenten nell’esistenza fisica de Graal;e durante la guerra vennero effettuati scavi per ritrovarlo. Al tempo di Malory,il misterioso oggetto chiamato Graal si riteneva che fosse la coppa dell’ultima cena,nella quale Giuseppe di Arimatea aveva poi raccolto il sangue di Gesù. Giuseppe d’Arimatea portò il Graal in Inghilterra a Glastonbury. Secondo le leggende la Maddalena fuggì dalla Terrasanta e portò con sé a Marsiglia il Santo Graal. Il primo vero romanzo del Graal risale intorno al 1188,l’anno della caduta di Gerusalemme e la presunta rottura tra l’Ordine del Tempio e il Priorato di Sion. Il romanzo è intitolato Le Conte Del Graal,e fu composto da Chrètien de Troyes,che sembra avesse un ruolo imprecisato alla corte del cinte di Champagne. L’opera costituisce il prototipo e il modello dei successivi romanzi del Graal. Il protagonista è Perceval,che viene presentato come”il figlio della vedova”. Questo appellativo è significativo ed enigmatico. Perceval lascia la madre vedova per conquistarsi il rango di cavaliere. Incontra un enigmatico pescatore:il famoso “Re Pescatore” che gli offre rifugio per la notte nel suo castello. Quella sera appare il Graal,ma non era collegato a Gesù. La mattina seguente al suo risveglio Perceval scopre che il castello era vuoto. Più tardi viene a sapere che lui stesso appartiene alla “famiglia del Graal” e che il misterioso “Re Pescatore” ,sostentato dal Graal è suo zio. Perceval dopo la sua infelice esperienza con il Graal,dichiara,ha smesso di credere in Dio e di amarlo. Il poema di Chrètien è ancora più sconcertante perché incompiuto,infatti morì prima di completare l’ultima opera,che non ne è rimasta neppure una copia per l’incendio che nel 1188 ha colpito la cittadina di Troyes. Più tardi la storia del Graal venne collegata molto più strettamente a re Artù,che nella versione di Chrètien era un personaggio marginale. Inoltre venne collegata con Gesù. Fu Robert de Boron a cristianizzare il Graal. La versione di Robert,quindi,si distacca da quella di Chrètien. Per esmpio per robert il Re Pescatore era il nonno e non lo zio di Perceval e per lui la vicenda si svolse in Inghilterra e non nell’epoca di Artù,bensì in quella di Giuseppe d’Arimatea. C’è un altro romanzo del Graal che ha molto in comune con quella di Robert. Il romanzo è conosciuto come il Perlesvaus ma l’autore preferì restare anonimo.

Ma che cos’è il Graal ?

Esistono tre possibili approcci al "Graal". Un primo approccio considera il Graal come un oggetto dalle precise caratteristiche fisiche, nella maggioranza dei casi legato alla figura di Cristo. Tale connessione risale al 1200, quando il francese Robert de Boron scrisse il Roman de l'Estoire du Graal, dove il Graal venne identificato con il calice utilizzato da Gesù durante l'Ultima Cena; nello stesso si dice che fu raccolto il sangue versato durante la Crocifissione da Giuseppe d'Arimatea. Esistono numerose altre teorie circa la natura fisica del Graal: è stato variamente identificato con una pietra caduta dal cielo, di origine forse meteoritica, con l'Arca dell'Alleanza, con un libro scritto da Gesù stesso, con la Sindone di Torino, con un gioiello caduto dal cielo insieme a Lucifero, con la macchina che Mosé utilizzava per produrre la manna… Motivo comune degli studi dedicati a questa categoria "fisica" sul Graal è il tentativo di identificare con assoluta precisione il luogo ove dimorerebbe l'oggetto. Il filone di questi studi si può definire "Linea Archeologica". Una seconda categoria di studi preferisce accantonare le ricerche "sul campo", ritenendole soltanto l'aspetto vulgato e volgare di una ricerca dai tratti più simbolici e spesso esoterici. All'interno di questa visione, il Graal diventa un simbolo dal valore universale che si presenta in varie forme all'interno di differenti sistemi mitico-religiosi. Secondo Julius Evola, ad esempio, il Graal rappresenterebbe la Tradizione occidentale ghibellina, contrapposta a quella giudaico-cristiana. Per Jesse Weston, un simbolo sessuale e di fertilità. Come si potrebbe determinare con rigore storico-scientifico quale tra queste interpretazioni è la più aderente alla realtà? E' evidente che ognuna possiede una ricchezza di significato ed una funzionalità ben specifica nel contesto all'interno del quale è sorta. Si può far riferimento a questo tipo di studi con il termine di "Linea Simbolica".
Una terza categoria si limita a considerazioni di natura filologica intorno al tema del Graal, studiandone - così - le origini letterarie e individuando il progressivo evolversi del mito attraverso i secoli, con l'analisi delle diverse simbologie che man mano si sono delineate intorno a esso: si tratta di quella che può definirsi "Linea Filologica".
Non è possibile identificare una fonte univoca che abbia determinato la nascita del mito del Graal. Si può, invece, individuare con precisione l'anno in cui l'Europa vide comparire, per la prima volta, in un romanzo il termine "graal": è il 1190, anno in cui morì lo scrittore Chrétien de Troyes, lasciando incompiuto il suo ultimo romanzo cortese, il Perceval ou le Conte du Graal. Il fatto che il Perceval sia il primo romanzo a citarlo, però, non ci autorizza a concludere che sia stato Chrétien a creare quello che diventerà l'archetipo del calice, della coppa, del vassoio "graal". In Europa già erano presenti nella cultura celtica oggetti miracolosi in forma di vasi, caldaie e coppe: le più conosciute erano la Caldaia della dea Ceridwen e la Caldaia di Bran.
La sovrabbondanza di fonti e la evidente difficoltà a dipingere uno scenario contemporaneamente semplice e coerente ha fatto sì che nel corso dei secoli venissero avanzate le interpretazioni più bizzarre sulla genesi del mito del Graal.
Tra le più bizzarre, segnaliamo: la teoria di Henry Lincoln, Richard Leigh e Michael Baigent sul Santo Graal di Rennes-le-Chateau (sulla quale ha ampiamente ironizzato Umberto Eco sul suo Il pendolo di Foucault ) che può esser riassunta con le loro stesse parole: "Se la nostra ipotesi è esatta, il Santo Graal… era la stirpe e i discendenti di Gesù, il 'Sang real' di cui erano guardiani i Templari… Nel contempo il Santo Graal doveva essere, alla lettera, il ricettacolo che aveva ricevuto e contenuto il sangue di Gesù. In altre parole doveva essere il grembo della Maddalena." (Baigent, Leigh, Lincoln Il Santo Graal). La teoria viene analizzata in questo articolo che ne mostra l'estrema debolezza storica .
Una teoria propone come sede ultima del Santo Graal la città di Torino. La prima motivazione portata a sostegno di questo fatto è la presenza - nella stessa città - della Sindone, il lenzuolo che secondo la tradizione avrebbe avvolto il Corpo di Gesù dopo la morte. La leggenda affonda le sue radici in un libro scritto nel 1978 da una giornalista appassionata di esoterismo, Giuditta Dembech, che propose la teoria sul primo volume di Torino Città Magica. La teoria è affrontata in questo articolo, che confuta anche le affermazioni circa una identificazione del Graal con la Sindone di Torino, associate perché entrambe reliquie che, in qualche modo, "raccolsero" il sangue di Cristo dopo la Crocifissione.
Un'altra teoria afferma che il Graal si troverebbe nascosto sul fondo di un pozzo canadese, ad Oak Island. Le basi leggendarie e prive di fondamento di questa affermazione sono state messe in luce da Joe Nickell su Skeptical Inquirer e riprese, in italiano, da Mariano Tomatis.
La confusione sorta nel corso dei secoli intorno al Graal è ben riassunta da Piergiorgio Odifreddi, che sul suo Il Vangelo secondo la Scienza scrive: "Che cosa sia il Santo Graal si sa: è qualcosa di cui non si sa né cosa sia, né se ci sia."
Il termine Graal deriva dal latino Gradalis, con cui si designa una scutella lata et aliquantulum prufunda (Helimand de Froidmont): una tazza, un vaso, un calice, un catino. Questi umili oggetti rivestono nella mitologia un nobile ruolo: sono infatti i simboli del grembo fecondo della Grande Madre, la Terra, e, come l'inesauribile Cornucopia dei Greci e dei Romani, portano vita e abbondanza. La coppa della vita dei Celti è il "Calderone di Dagda", portato nel mondo materiale dai Tuatha De Danaan rappresentanti ultraterreni del "piccolo popolo". Molti eroi celtici (tra cui Asterix, il famoso personaggio dei fumetti) hanno avuto a che fare con magici calderoni; nel poema gaelico Preiddu Annwn Re Artù andò a recuperarne uno addirittura negli Inferi. La tradizione cristiana annovera almeno due sacri contenitori: il Calice dell'Eucarestia e - sorprendentemente - la Vergine Maria. Nella Litania di Loreto essa è descritta comeVas spirituale, vas honorabile, vas insigne devotionis, ovvero "vaso spirituale, vaso dell'onore, vaso unico di devozione": nel grembo (vaso) della Madonna, infatti, la divinità era divenuta manifesta.

Forse, quando alla fine del XII secolo, Chretien de Troyes decise di introdurre nella materia arturiana il motivo del "Vaso Sacro ", lo fece perché era al corrente dei miti celtici del Calderone, e l'argomento gli sembrò particolarmente in tema; o forse si trattò di una scelta casuale. Forse esisteva già una tradizione orale sul Graal, e Chretien si limitò a metterla per iscritto; forse (è l'ipotesi più probabile) elaborò in termini cristiani le antiche leggende sui contenitori sacri, o forse il Graal fu una sua geniale invenzione. Sta di fatto che - com è accaduto per ReArtù - da otto secoli il Graal continua a stimolare l immaginazione di generazioni di lettori: e questa, in un certo senso, è la prova tangibile del suo magico potere.

Il Graal di Re Artù

Il Graal arturiano fu descritto per la prima volta da Chretien intorno al 1190 in Perceval le Gallois ou le Compte du Graal; nel volgere di soli vent'anni (un tempo sorprendentemente breve rispetto a quelli, lunghissimi, lungo cui si sono sviluppate le saghe arturiane), esso era già perfettamente caratterizzato.
Così il poeta francese racconta la sua apparizione. La scena si svolge nel castello del "Re Pescatore", un personaggio su cui ritorneremo; qui il cavaliere Parsifal assiste a una processione che scorre accanto alla tavola su cui verrà servita la cena. Per primo passa un ragazzo con una lancia insanguinata, poi due giovani con un candelabro, e infine
Un graal entre ses deus mains
une damoisele tenoit
(...)
De fin or esmereè estoit
prescieuses pierres avoit
el graal de maintes manieres,
de plus riches et de plus chieres
qui en mer ne en terre soient.
("Una damigella teneva un graal tra le sue mani (...) Era fatto di oro puro, e c'erano nel graal molte preziose pietre, le più belle e le più costose che ci siano per terra e per mare"). La parola "Graal" è utilizzata con il significato generico di coppa (ma c è da chiedersi come mai Chretien avesse fatto uso di quel termine già allora arcaico); il calice fa parte di un gruppo di oggetti egualmente dotati di poteri mistici, e non ha comunque alcuna associazione con il sangue di Gesù.
Solo nel successivo Joseph d'Arimathie - Le Roman de l Estoire dou Graal, un testo arturiano del cosiddetto "Ciclo della Vulgata" (dove però Re Artù non compare) scritto da Robert de Boron intorno al 1202, il Graal viene descritto come il calice dell Ultima Cena, in cui Giuseppe d'Arimatea aveva raccolto il sangue di Gesù crocifisso. De Boron lo chiama "Graal" una volta sola, in un inciso (in verità un po' slegato dalla continuity del testo) da cui si evince che la coppa aveva già una storia e un nome particolare prima di essere utilizzata da Gesù: "Io non oso raccontare, né riferire, né potrei farlo (...) le cose dette e fatte dai Grandi Saggi. Là sono scritte le ragioni segrete per cui il Graal è stato designato con questo nome" .
Il Joseph di Arimathie fu continuato e integrato da un anonimo autore del XIII secolo, che, in Le Grand Graal introdusse alcuni nuovi elementi. Il Graal è associato (o "è" tout court) a un libro scritto da Gesù Cristo alla cui lettura può accedere solo chi è in grazia di Dio . Le verità di fede che esso contiene non potranno mai essere pronunciate da lingua mortale senza che i quattro elementi ne vengano sconvolti. Se ciò, infatti, dovesse accadere, i cieli diluvierebbero, l'aria tremerebbe, la terra sprofonderebbe e l'acqua cambierebbe colore . Il libro-coppa possiede dunque un temibile potere.
Il Grand Graal è collegato sia a tradizioni ebraiche (viene trasferito in Inghilterra in un contenitore identico all' Arca dell'Alleanza) sia islamiche: è infatti in relazione con una terra chiamata "Sarraz", impossibile da situare storicamente o geograficamente (non è in Egitto, ma si vede da lontano il Grande Nilo"; il suo Re combatte contro un Tolomeo, mentre la dinastia tolomaica si estinse prima di Cristo), ma situata comunque in Medio Oriente. Da essa, infatti - afferma l'autore - ebbero origine i Saraceni . Intorno al 1210, nel poema Parzival, il tedesco Wolfram Von Eschenbach conferì al Graal ulteriori connotazioni. Non si tratta di una coppa, bensì di " una pietra del genere più puro (...) chiamata lapis exillis. (Se un uomo continuasse a guardare) la pietra per duecento anni, (il suo aspetto) non cambierebbe: forse solo i suoi capelli diventerebbero grigi" . Il termine lapis exillis è stato interpretato come "Lapis ex coelis", ovvero caduta dal cielo": e, difatti, Wolfram scrive che la pietra era uno smeraldo caduto dalla fronte di Lucifero e portato a terra dagli angeli rimasti neutrali durante la ribellione. La tradizione esoterica delle pietre sacre, tramiti fisici tra l'uomo e Dio, è tipicamente orientale: la pietra nera conservata nella Ka' ba è l'oggetto più sacro della religione islamica; i seguaci della Qabbalah ebraica utilizzano il termine "Pietra dell'esilio" per designare lo Shekinah, ovvero la manifestazione di Dio nel mondo materiale; ancora più a Oriente, l'Urna incastonata nella fronte di Shiva della tradizione induista, simboleggia il "Terzo Occhio", organo metafisico che permette la visione interiore.
La ricerca del Graal

Perché il calice fu portato proprio in Inghilterra? Dal punto di vista letterario la risposta è ovvia: là erano nati i miti di Artù, e là, necessariamente, doveva svilupparsi la storia del Graal, a essi collegata. Ma i sostenitori della sua esistenza materiale avanzano altre ipotesi, in verità piuttosto ardite. Durante la sua permanenza in Cornovaglia, Gesù aveva ricevuto in dono una coppa rituale da un Druido convertito al cristianesimo, e quell'oggetto gli era particolarmente caro. Dopo la crocefissione, Giuseppe d'Arimatea aveva voluto riportarla al donatore ulteriormente santificata dal sangue di Cristo; il Druido in questione era Merlino, trait d'union tra la religione celtica e quella Cristiana. Sia come sia, le peripezie subite dal Graal dopo il suo arrivo in Inghilterra variano in modo considerevole a seconda delle varie fonti. Estrapolando dalla Materia di Bretagna gli episodi più ricorrenti, è possibile tracciare schematicamente il seguito della storia. Giunto a destinazione, Giuseppe affida la coppa a un guardiano soprannominato "Ricco Pescatore" o "Re Pescatore" perché, come Gesù, ha sfamato un gran numero di persone moltiplicando un solo pesce. A seconda delle versioni, il Re Pescatore è Hebron o Bron, cognato di Giuseppe d'Arimatea e nonno (o zio, o cugino) di Parsifal. Nel Parzival di Wolfram Von Eschenbach, è un Re chiamato Anfortas, la cui figlia sposa l'eroico saraceno Feirefiz e genera Prete Gianni. Secoli dopo, nessuno sa più dove si trovi il "Re Pescatore": il Graal è, di fatto, perduto. Sulla Britannia si abbatte una maledizione chiamata dai Celti Wasteland ("La terra desolata"), uno stato di carestia e devastazione sia fisica che spirituale. Il Wasteland è stato scatenato dal "Colpo Doloroso", ovvero da un colpo vibrato da Balin il Selvaggio con la Lancia di Longino (in altre versioni, da Re Varlans con la Spada di Davide) nei genitali del "Re magagnato". Il Maimed King si chiama Perlan, Pellehan, Pelles, Lambor, oppure è identificato con lo stesso "Re Pescatore". Per annullare il Wasteland - spiega Merlino ad Artù - è necessario ritrovare il Graal, simbolo della purezza perduta. Un Cavaliere (Parsifal "il Puro Folle", o Galaad "il Cavaliere vergine") occupa allora lo "Scranno periglioso", una sedia tenuta vuota alla Tavola Rotonda, su cui può sedersi (pena l'annientamento) solo "il Cavaliere più virtuoso del mondo", colui che è stato predestinato a trovare il Graal. Ispirato da sogni e presagi, e superando una serie di prove "perigliose" (il "Cimitero periglioso", il "Ponte periglioso", la "Foresta perigliosa", il "Guado periglioso", eccetera), Parsifal rintraccia Corbenic, il Castello del Graal e giunge al cospetto della Sacra Coppa. Non osa però porre le domande "Che cos è il Graal? Di chi esso è servitore?", contravvenendo così al suggerimento evangelico "Bussate e vi sarà aperto". Il Graal scompare di nuovo. Dopo che il Cavaliere ha trascorso alcuni anni in meditazione, la ricerca riprende. Finalmente Parsifal (o Galaad) pone il quesito, a cui viene risposto. "È il piatto nel quale Gesù Cristo mangiò l'agnello con i suoi discepoli il giorno di Pasqua. (...) E perchè questo piatto fu grato a tutti lo si chiama Santo Graal" (la frase, che comprende l'insolita etimologia grato-Graal - è tratta da La Queste del Saint Graal, romanzo di autore anonimo del "Ciclo della Vulgata" del 1220). Il Re Magagnato si riprende, il Wasteland finisce; Re Artù muore a Camlann e Merlino sparisce nella sua tomba di cristallo (o d'aria ). Il Graal viene riportato a Sarraz (o nel Regno di prete Gianni) da Parsifal e Galaad. Fuori dal canone Abbiamo escluso dal nostro immaginario canone le molte opere sul Graal posteriori al 1220, tra cui The Idylls of the King di Tennyson (1885), nel quale si racconta che Giuseppe d'Arimatea nascose il Graal nel Chalice Well di Glastonbury. Di un poco noto Graal non canonico italiano, del tutto indipendente dalla "Materia di Bretagna" si parla nella tradizione lucchese del "Volto Santo". Nel VIII secolo un vescovo di nome Gualfredo si recò a Gerusalemme per visitare i luoghi sacri; là il pellegrino compì varie penitenze, digiuni ed elemosine. Fu allora che, per compensarlo della sua devozione, gli comparve un angelo, il quale lo invitò a cercare con diligente devozione nella casa presso la sua: là avrebbe scoperto "il volto del redentore", cui tributare degna venerazione. Così, nella dimora di un certo Seleuco, Gualfredo ritrovò il "Volto Santo", un antico crocifisso scolpito in cedro del Libano dall'apostolo Nicodemo, lo stesso che aveva aiutato Giuseppe d'Arimatea a togliere dalla croce il corpo di Gesù. In una cavità dietro la croce si trovava un'ampolla con il sangue di Cristo. Croce e ampolla vennero caricate su una nave di grandezza straordinaria, che, guidata dagli angeli e senz'altro equipaggio, attraversò il Mediterraneo in tempesta e approdò sulle coste della Lunigiana. Le reliquie furono disputate da Lucchesi e Lunesi, e si stabilì che il Volto Santo sarebbe stato portato a Lucca (dove è tuttora visibile nella cattedrale di San Martino), e l'ampolla sarebbe rimasta a Luni, dove se ne sono perse le tracce. Il destino del Graal Intorno al 540, dunque, stando alla "Materia di Bretagna" il Graal fu riportato in Medio Oriente. Per secoli non se ne sentì più parlare, finché, verso la fine del XII secolo, esso balzò (o tornò) improvvisamente alla ribalta. Come mai? Cos'aveva ridestato l'interesse nei confronti di un mito apparentemente dimenticato? La maggior parte degli studiosi concordano nel ritenere le Crociate l'avvenimento scatenante. A partire dal 1095, molti Cavalieri cristiani si erano recati in Terra Santa, ed erano entrati per forza di cose in contatto con le tradizioni mistiche ed esoteriche del luogo: sicuramente qualcuna di esse parlava del Graal, un sacro oggetto dagli straordinari poteri. Grazie ai Crociati, la leggenda raggiunse l'Europa e vi si diffuse. C'è anche chi ritiene che il Graal sia stato rintracciato dai Crociati e riportato nel Vecchio Continente. In tal caso vi si troverebbe ancora, ma dove? Quelli che seguono sono i nascondigli più probabili .
Il Graal si trova nel castello di Gisors.
I Cavalieri Templari avevano stretto rapporti con la Setta degli Assassini, un gruppo iniziatico ismailita che adorava una misteriosa divinità chiamata Bafometto . Per alcuni il Bafometto altro non era che il Graal; prima di essere sgominati, gli Assassini lo avevano affidato ai Templari, che lo avevano portato in Francia verso la metà del XII secolo; e del resto Wolfram aveva battezzato Templeisen i cavalieri che custodivano il Graal nel castello di Re Anfortas. Se le cose fossero davvero andate così, ora il Graal si troverebbe tra i leggendari tesori dei templari (mai rinvenuti) in qualche sotterraneo del castello di GISORS.
Il Graal si trova a Castel del Monte.
I Cavalieri Teutonici - fondati nel 1190 - erano in contatto sia con i mistici Sufi - una setta islamica che adorava il Dio delle tre religioni, Ebraica, Islamica e Cristiana - sia con l' illuminato Imperatore Federico II Hohenstaufen, a sua volta seguace di quella dottrina. Tramite i Cavalieri Teutonici, i Sufi avrebbero affidato il Graal all'Imperatore, affinché lo preservasse dalle distruzioni scatenate dalle Crociate. In tal caso, il Graal si troverebbe a Castel del Monte, un palazzo a forma di coppa ottagonale edificato apposta per custodirlo. Wolfram sembra fornire un appoggio anche a questa tesi: nel suo Parzifal aveva infatti evidenziato il legame tra le religioni cristiana, ebraica e islamica.
Il Graal si trova a Takht-I-Sulaiman.
Nella voce Artù è descritta l'ipotesi secondo la quale il Sovrano inglese era un rappresentante dello Zoroastrismo. Ebbene, il Castello del Graal descritto - al solito - da Wolfram Von Eschenbach, è sorprendentemente simile a Takht-I-Sulaiman, il principale centro del culto di Zoroastro. Qui, prima di venire dispersi e allontanati, i seguaci di Zarathustra adoravano il simbolico "Fuoco Reale", fonte della conoscenza. Takht-I-Sulaiman potrebbe essere dunque la mitica Sarraz, da cui il Graal (il Fuoco Reale ?) giunse, a cui ritornò, e dove forse si trova ancora.
Il Graal si trova nel Castello di Montsegur
Dopo che il culto di Zoroastro era stato disperso, alcune delle sue dottrine furono ereditate dai Manichei, e, di seguito, dai Catari o Albigesi; questi ultimi erano giunti in Europa dal Medio Oriente, passando per la Turchia e i Balcani, e si erano stabiliti in Francia nel XII secolo. Nel 1244, dopo una lunga persecuzione da parte del Papato e dei francesi, furono sterminati nella loro fortezza di Montsegur; se avessero portato con sé il Graal durante le loro peregrinazioni, ora esso potrebbe trovarsi insieme al resto del loro tesoro in qualche impenetrabile nascondiglio del castello. È di nuovo Wolfram a fornire un indizio in proposito: il "Castello del Graal" (quello simile a Takht-I-Sulaiman) si chiama infatti "Munsalvaesche", cioé "Monte Salvato" o " Monte Sicuro". Negli anni '30 il tedesco Otto Rahn, colonnello delle SS e autore di Crusade contre le Graale La Cour de Lucifer, intraprese alcuni scavi a Montsègur e in altre fortezze catare con l' appoggio del filosofo nazista Alfred Rosenberg, portavoce del Partito e amico personale di Hitler: l'episodio fornì al romanziere Pierre Benoit, già autore del celebre L'Atlantide, lo spunto per il romanzo Monsalvat. Sull'attuale nascondiglio del Graal esistono altre teorie, se possibile ancor più fantasiose:
Il Graal si trova a Torino.
Importato forse dai pellegrini che si spostavano per l'Europa durante il medioevo o forse dai Savoia insieme alla Sacra Sindone, il Graal sarebbe giunto nel capoluogo piemontese; le statue del sagrato del tempio della Gran Madre di Dio, sulle rive del Po, indicano, a chi è in grado di comprenderne la complessa simbologia, il nascondiglio della Coppa.
Il Graal si trova a Bari.
Nel 1087, un gruppo di mercanti portò a Bari dalla Turchia le spoglie di San Nicola, e in loro onore venne edificata una basilica. In realtà la translazione del Santo era solo la copertura di un ritrovamento ben più importante, quello del Graal. I mercanti erano in realtà cavalieri in missione segreta per conto di Papa Gregorio VII. Il Pontefice era al corrente del potere del Calice, ma non intendeva pubblicizzare la sua ricerca, né l'eventuale ritrovamento, in quanto esso era un oggetto pagano, o comunque il simbolo di una religione ancor più universale di quella cattolica. Gli premeva di recuperarlo da Sarraz in quanto temeva che la sua presenza sul suolo turco avrebbe aiutato i Saraceni (in questo caso i Turchi Selgiuchidi) nella loro espansione ai danni dell'Impero Bizantino, e avrebbe nociuto al programmato intervento di forze cristiane in Terra Santa a difesa dei pellegrini. Non è dato di sapere dove si trovava la coppa (che, forse, era passata per le mani di San Nicola nel VI secolo, e che gli avrebbe conferito la fama di dispensatore d'abbondanza ) e chi comandò la spedizione; sta di fatto che, in una chiesa sconsacrata di Myra, i cavalieri prelevarono anche alcune ossa, poi ufficialmente identificate come quelle del Santo. Il recupero delle spoglie giustificò la spedizione in Turchia e l'edificazione di una basilica a Bari; la scelta di custodire il Graal in quella città anzichè a Roma fu determinata da due motivi: da lì si sarebbero imbarcati i cavalieri per la Terra Santa (la prima crociata fu bandita sei anni dopo il ritrovamento) e il Graal avrebbe riversato su di loro i suoi benefici effetti; in più la sua presenza avrebbe protetto Roberto il Guiscardo, Re normanno di Puglie, principale alleato del Papa nella lotta contro Enrico IV. A ricordo dell'avvenimento, sul portale della cattedrale (edificata parecchi anni prima della divulgazione della "Materia di Bretagna") si trova l'immagine di Re Artù e un'indicazione stilizzata del nascondiglio; la tomba di San Nicola continua a emanare un liquido chiamato "manna" che, oltre a essere altamente nutritivo, come il Graal guarisce da ogni male.
La natura del Graal Vale la pena, a questo punto, di tracciare un sunto delle caratteristiche del Graal descritte dal canone e dalle tradizioni celtiche fino al momento in cui esso raggiunge l'Inghilterra. - Il Graal è un oggetto materiale e spirituale insieme. Non si conosce esattamente la sua natura: forse è una pietra, forse è un libro, forse un contenitore; è certo che permette di abbeverarsi (l'ultima cena), ma vi si può anche versare qualcosa (il sangue di Cristo crocefisso). Può guarire le ferite, dona una vita lunghissima, garantisce l'abbondanza, trasmette e garantisce la conoscenza, ma è anche dotato di poteri terribili e devastanti. - La tradizione sull'esistenza di un oggetto con questi poteri è antichissima e diffusa in una vasta zona dell'Asia, del Nord Africa e dell'Europa; il Graal è forse stato identificato con nomi diversi (la "Lampada di Aladino", il "Vello d'Oro", l'"Arca dell'Alleanza", la coppa "Amonga" dei Sarmatiani del Caucaso). In qualche modo ignoto Gesù ne è entrato in possesso. - Le varie leggende a proposito del Graal (Tuatha De Danaan, Smeraldo di Lucifero, Occhio di Shiva, eccetera) concordano nel conferirgli un origine ultraterrena. Basandosi su questi capisaldi, molti commentatori hanno dedotto la vera natura del Graal. Nell'interpretazione più realistica, è una favolosa invenzione letteraria stimolata da miti antecedenti, attecchita su un terreno particolarmente fertile e arricchita di nuovi particolari da successive generazioni di autori; in quella più materialistica è semplicemente la coppa dell'ultima cena, preziosissimo oggetto di antiquariato. Per gli antropologi è un corpus di dottrine elaborato attraverso i secoli ("vi ci si può abbeverare e vi ci si può versare"), forse supportato fisicamente da un testo scritto. Per la tradizione cristiana, il Graal rappresenta l evangelizzazione del mondo barbaro, operata dai missionari (Giuseppe d'Arimatea), stroncata dalle persecuzioni e ripresa da un gruppo di uomini di buona volontà guidati da un sacerdote (Merlino), o ancora, la cacciata dall'Eden (il Wasteland ) e la successiva redenzione grazie all'intervento di Gesù. Per gli esoteristi Renè Guenon e Julius Evola il Graal è il cuore di Cristo, potente simbolo della Religione Primordiale praticata ad Agharti, di cui Gesù sarebbe stato un esponente; per gli alchimisti rappresenta la conoscenza, e la sua ricerca equivale a quella della Pietra Filosofale o dell Elisir di lunga vita. Per Carl Gustav Jung è un archetipo dell inconscio; per Jesse Weston è un simbolo sessuale e di fertilità; per Walter Stein, autore di The Ninth Century and the Holy Grail, il Graal è connaturato con l'intero pianeta: un generatore di energia spirituale, ma anche politica e socioeconomica. Per Rudolf Steiner è "il simbolo degli eventi dell'epoca primitiva percepiti dalla sensibilità dell animo"; quando, nel 1913, progettò l'edificio chiamato Gotheanum, il filosofo tedesco intese realizzare un nuovo "Castello del Graal". Per Adolf Hitler è uno strumento magico con cui ottenere il potere assoluto; per gli autori di romanzi di fantascienza e i fautori dell Ipotesi extraterrestre è un'apparecchiatura proveniente dallo spazio, o qualcosa che ha a che vedere con i terribili poteri della fusione nucleare. E, per i giornalisti Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln è ancora un altra cosa... Linea di sangue Una delle possibili etimologie di Graal comprende l'attributo "San": "San Graal" sarebbe l'errata trascrizione di "Sang Real", ovvero "Sangue Reale". Il sangue è, evidentemente, quello di Cristo contenuto nella coppa, ma per altri commentatori il termine sangue designa una dinastia (per Dion Fortune, quella dei sacerdoti di Atlantide). La stirpe di cui i ricercatori Baigent, Leigh e Lincoln hannno scoperto l'esistenza dopo un appassionata ricerca è quella di Gesù. Salvatosi dalla crocefissione, il Redentore avrebbe generato dei figli, da cui sarebbe nata la dinastia francese dei Merovingi. L'ipotesi, descritta in The Holy Blood and the Holy Grail (Il mistero del Graal, 1982) non si ferma qui. Certe misteriose carte rinvenute nel 1892 dal parroco Berenger Saunière nell'altare della chiesa di Rennes-Le-Chateau sarebbero state il punto di partenza per il ritrovamento di altri documenti i quali proverebbero che, lungi dall'essersi estinti nel 751, i Merovingi (e quindi gli eredi diretti di Cristo) sono ancora tra noi, accuratamente protetti da un'antica società iniziatica denominata Il "Priorato di Sion", il cui scopo è ripristinare la monarchia al momento opportuno. Come i "Superiori Sconosciuti" di Agharti, i membri del Priorato - di cui sono stati Gran Maestri, tra gli altri, Nicolas Flamel, Leonardo da Vinci, Ferrante Gonzaga, Robert Fludd, Victor Hugo, Claude Debussy, Jean Cocteau - costituiscono una "Sinarchia" o governo occulto che, ormai da quasi un millennio, influisce sulle scelte (politiche o d'altro genere) dei governi ufficiali. Purtroppo - fanno rilevare Baigent, Leigh e Lincoln nel seguito di The Holy Blood and the Holy Grail, intitolato The Messianic Legacy (L'eredità messianica, 1986), negli ultimi tempi il "Priorato" si è parzialmente corrotto, e alcune sue frange mantengono stretti contatti con la Mafia, la P2 e alcuni uomini politici italiani.

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